verhoven_Layout 1 06/07/21 10:37 Pagina 9
Il cinema di Paul Verhoeven
Prefazione di Antonio Pettierre e Fabio Zanello
Quando leggerete queste righe la proiezione di!Benedetta, il diciassettesimo lungometraggio di Paul Verhoeven con locations a Bevagna, Montepulciano!e!Perugia, è passato in concorso al 74° Festival di Cannes dopo il rinvio della sua uscita a causa della pandemia del Covid 19, pagando l’attesa di una cinefilia già duramente provata dal!lockdown dei cinema, che ha particolarmente penalizzato l’industria cinematografica come pochi altri settori.!E, pandemia a parte, da qui sorge anche il dubbio che vista la materia incandescente (Benedetta Carlini, badessa del XVII secolo con fantasie erotiche che viene demonizzata per il suo lesbismo) questa ultima fatica del maestro olandese sia nata davvero sotto pessimi auspici. Un racconto filmico pregno di libertinaggio all’interno di un convento,!scritto da David Birke, già sceneggiatore di!Elle, che lo ha ricavato dal romanzo!Atti impuri (1986) di Judith C. Brown,!che ci riporterà sicuramente agli scandali cinematografici di Walerian!Borowczyk, Andrzej Zulawski!e Ken Russell, che toglievano il sonno negli anni Settanta al Vaticano e ai censori, anche se come sempre ciò che conta davvero è la qualità artistica del prodotto. Eppure, Verhoeven non è mai stato un artista ermetico come David Lynch, con cui condivide l’interesse per le narratologie del sogno, o Terrence Malick, a cui possiamo accostarlo per le revisioni soggettive della Storia, ma al contrario l’olandese è sempre stato ben disposto a sviscerare la sua poetica ai media e (ri)mettersi in gioco. E, nonostante le tematiche scabrose, iconoclaste e caustiche dell’opera verhoeveniana, quella del regista è una modalità di mettersi a nudo assai elegante, priva di narcisismi autoriali, che insegna a pubblico e critica come vorrebbe
9