l'Industria Meccanica 727 - numero 2 2021

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727 NUMERO 2 2021 MAGAZINE UFFICIALE ANIMA | CONFINDUSTRIA

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L’Industria Meccanica - Pubblicazione bimestrale di ANIMA/Confindustria Registrazione Tribunale di Milano N. 427 del 17.11.73 Direttore responsabile Alessandro Durante - durante@anima.it Direttore editoriale Carlo Fumagalli - fumagalli@anima.it Comitato tecnico-scientifico Pierangelo Andreini, Antonio Calabrese, Roberto Camporese, Alessandro Clerici, Rodolfo De Santis, Marco Fortis, Ennio Macchi, Giovanni Riva, Pietro Torretta, Giuseppe Zampini In redazione Carlo Fumagalli - fumagalli@anima.it Simone Gila - gila@anima.it Federica Dellisanti (Segreteria di Redazione) - dellisanti@anima.it Hanno collaborato a questo numero: Lucrezia Benedetti, Daniele Bettini, Giuliana Crocco, Mauro Ippolito, Fabio Targa, Vilma Zamboli In copertina: Giordano Poloni Impaginazione: Abc Production Fabio Lunardon - lunardon@anima.it Raccolta pubblicitaria Simonetta Galletti - redazione@anima.it Direzione e Redazione Anima Confindustria Meccanica Varia Via Scarsellini 13 - 20161 Milano | Tel. 02 45418.500 - Fax 02 45418.545 www.anima.it - anima@anima.it Online: www.industriameccanica.it | Twitter: @IndMeccanica Gestione, amministrazione, abbonamenti e pubblicità A.S.A. Azienda Servizi ANIMA S.r.l. Via Scarsellini 13 - 20161 Milano - Tel. 02 45418.200 Abbonamento annuo Italia 80 euro - Estero 110 euro Si comunica ai Sigg. abbonati che, avvalendosi del contenuto dell’art. 74 lettera C del D.P.R. 26.10.1972 N. 633 e del D.M. 28.12.89, A.S.A. S.r.l. non emetterà fatture relative agli abbonamenti Stampa Bonazzi Grafica - Sondrio - www.bonazzi.it È vietata la riproduzione di articoli e illustrazioni de “L’Industria Meccanica” senza autorizzazione e senza citarne la fonte. La collaborazione alla rivista è subordinata insindacabilmente al giudizio della Redazione. Le idee espresse dagli autori non impegnano né la rivista né ANIMA e la responsabilità di quanto viene pubblicato rimane degli autori stessi.

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12 Donne e Uomini al timone

16 Export&Mercati 18 La dittatura delle commodities di Mauro Ippolito

24 Materie prime, ma a che prezzo di Lucrezia Benedetti

26 La rivoluzione digitale delle dogane: dalla smaterializzazione dei documenti doganali all’introduzione della tecnologia della blockchain di Team Ricerca e Sviluppo Easyfrontier

32 Host ritorna con buyer internazionali

34 SOMMARIO N. 727

LOGISTICA&MOVIMENTAZIONE 36 L’intelligenza rapidissima dei magazzini di Daniele Bettini


48 Aspettando Intralogistica Italia Latteria Soresina investe nella digitalizzazione del magazzino

52 AUTOMAZIONE&PRODUZIONE 54 Additive a portata di Pmi di Carlo Fumagalli

58 Cyber-pandemia 66 Idrogeno per edifici green, Italia ed Europa si preparano di Daniele Bettini

72 Goccia dopo goccia

di Simone Gila e Lucrezia Benedetti

75 Quando il sistema funziona: la water efficiency dell’acquedotto Pugliese 78 Le pompe superano la prova dell’efficienza e si concentrano sul controllo da remoto 80 Rubinetteria sanitaria: bonus per il risparmio idrico, malus per i decreti attuativi 82 RUBRICA | Tecnologia, novità da tenere d’occhio 92 Manuale oggi e information service domani: cosa cambia con la digitalizzazione di Vilma Zamboli

96 Alla conquista del lavoro. Donne e Saldatura: un percorso storico di emancipazione tra stereotipi e professionalità di Giuliana Crocco e Fabio Targa

102 RUBRICA | Recensioni 104 Tabelle ANIMA - Bianche, Blu, Arancio

SOMMARIO N. 727 in copertina: Giordano Poloni per l’Industria Meccanica


RUBRICA | Donne e Uomini al timone

Andrea Testi nuovo Direttore

Stefano Covi è il nuovo direttore

Generale Cascade Italia

commerciale di Hörmann Italia

Sarà responsabile delle attività produttive di Cascade in Italia e di alcune funzioni Europee, quali Finanza e Risorse Umane. Testi è entrato a far parte di Cascade Italia oltre 10 anni fa come European Finance Manager ed ha sviluppato una conoscenza approfondita del modello di business finanziario di Cascade e dell’organizzazione societaria.Durante la sua carriera, Andrea Testi è riuscito a creare un team forte che ha supportato la solida crescita di Cascade in Europa, con importanti sviluppi in Italia e l’acquisizione di Booforge.

Una novità nel top management della società ma non una reale novità per l’azienda: Stefano Covi – che succede oggi a Edoardo Rispoli, al vertice commerciale della nota realtà fin dalla sua fondazione – vanta infatti già un’esperienza pluriennale all’interno di Hörmann Italia, dove, dal 1994, ha ricoperto il ruolo di Area manager per il nord-est. Con una formazione tecnica, Stefano Covi era approdato nella filiale dell’importante gruppo a seguito di un’iniziale percorso in una realtà trentina operante sempre nel settore delle chiusure.

Giacomo Frizzarin è il nuovo

Marco Beltramo alla guida delle

Giacomo Frizzarin è stato nominato nuovo direttore della divisione small, medium and corporate di Microsoft Italia e fa parte del leadership team della filiale. Entrato in Microsoft nel 2015, Giacomo Frizzarin ha guidato il team di vendita nei mercati retail e telecomunicazioni nella divisione Enterprise Partner Group dove ha realizzato importanti progetti d’innovazione in ambito Cloud, Ai e Mixed Reality. Prima di entrare in Microsoft, ha ricoperto ruoli di crescente responsabilità, sia in Italia sia a livello internazionale, in aziende leader del settore Ict come Hp, Cisco, Autodesk e Nokia.

Rs Components, marchio di Electrocomponents plc, ha nominato Marco Beltramo head of field sales. In questo ruolo, Beltramo avrà la responsabilità di guidare l’organizzazione commerciale nella transizione dalla vendita di prodotti all’offerta di soluzioni e servizi a valore aggiunto per i clienti di Rs Components Italia. Marco Beltramo vanta un’esperienza manageriale ventennale nella gestione di team commerciali all’interno di aziende multinazionali quali Omron, Hager, Urmet Domus, Bocchiotti, Siram, spaziando dall’automazione industriale, all’energy e facility management per il mondo industriale.

direttore di Microsoft Italia

vendite per Rs Components Italia

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Donne e Uomini

Filippo Busato nuovo Presidente

AiCarr

Ingegnere, lavora come libero professionista e consulente. Si occupa di sostenibilità energetica, ed è professore associato di fisica tecnica presso l’Università telematica Mercatorum. Socio AiCarr dal 2000, Busato ha ricoperto in Associazione numerosi incarichi, fra cui quello di componente della giunta esecutiva in due trienni e revisore dei conti per altri due, di delegato territoriale per il Veneto, di docente dei corsi di formazione e di autore e coautore di volumi pubblicati da AiCarr.

Luca Brignoli nuovo sales

manager di Consys.it

Brignoli vanta un’esperienza ultraventennale nel team commerciale di aziende leader del settore Ict. Entra in Consys a luglio 2018 nel ruolo di account manager, con la responsabilità di ricercare nuove opportunità di business nelle aziende di grandi dimensioni, sviluppando collaborazioni con noti system integrator e con società Ict operanti in Italia. In precedenza, ha lavorato in Cytrix, gestendo la vendita delle soluzioni di endpoint protection e dei servizi professionali basati sull’analisi delle security policy, sui penetration test delle infrastrutture di rete, sulle soluzioni di virtualizzazione e sulla gestione del data center. Prima ancora, ha coordinato la vendita di corsi di certificazioni Cisco, VMware e Check point in Global knowledge e presso il distributore Azlan.

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i 400 caratteri Ambiente

Lockdown: la natura ringrazia Il periodo di lockdown ha ridotto l’ozono inquinante nella troposfera, a confermarlo è uno studio condotto da Arpa Lombardia e dal Snpa in Italia, che ha studiato il fenomeno. La diminuzione delle emissioni, dovuta alle restrizioni, potrebbe aver causato riduzioni della fascia di ozono tra 1 e 8 chilometri di altitudine. A sostenerlo è anche uno studio condotto dal servizio meteorologico tedesco Deutscher Wetterdienst, con il contributo del Copernicus Atmosphere Monitoring Service (Cams) dell’Ue. La scoperta è rilevante, perché se nella stratosfera l’ozono svolge un ruolo chiave per proteggere la vita sulla superficie terrestre dalle dannose radiazioni Uv, l’ozono nella troposfera è un inquinante, oltre che un importante gas serra. Dall’Europa

La nuova proposta di Regolamento Macchine Dallo scorso 21 aprile la Commissione Europea ha proposto la revisione della Direttiva Macchine 2006/42/Ce. L’obiettivo principale del nuovo regolamento mira a garantire l’integrazione sicura dei sistemi di intelligenza artificiale nelle macchine, apportare una maggiore chiarezza giuridica ad alcune disposizioni attuali e di consentire formati digitali per la documentazione di accompagno della macchina. Vi sono tuttavia una serie di preoccupazioni. In particolare riguardo la procedura di valutazione della conformità proposta per i macchinari ad alto rischio perché, l’introduzione di nuovi requisiti di sicurezza sulle nuove tecnologie digitali, potrebbe minare la neutralità tecnologica del regolamento. Questo limiterebbe la capacità di innovazione ostacolandone la capacità in merito alla proposta di concedere potere alla Commissione, di adottare specifiche tecniche armonizzate e sviluppate al di fuori dei comitati normativi del Cen. La proposta finale della Commissione ora passerà in discussione al Consiglio e Parlamento Europeo e solo dopo sarà ufficialmente pubblicata in versione definitiva.

Zero waste

Energia

Micro-Val contro la plastica

Dal carbone all’idrogeno

Microrganismi per la Valorizzazione di rifiuti della plastica (MicroVal), è questo il nome del progetto dell’Università di Milano-Bicocca in collaborazione con Corepla e guidato da Jessica Zampolli. L’obiettivo è liberare i rifiuti organici dai residui di plastica a base di polietilene utilizzando i batteri in grado di digerirla. Sarà il primo trattamento italiano applicabile negli impianti di gestione dei rifiuti, in grado di trasformare e degradare microbiologicamente la plastica a base di polietilene. Infatti il 65% dei prodotti plastici prodotti contiene polietilene, che però, purtroppo contamina anche rifiuti di natura organica nella fase di raccolta differenziata che molto spesso avviene in modo scorretto.

A Moorburg, ad Amburgo, l’enorme centrale tedesca di carbone potrebbe diventare centro per energia pulita, con un elettrolizzatore da 100 MW per produrre idrogeno verde. Per ora niente di concreto, solo una lettera d’intenti siglata da Vattenfall, compagnia elettrica svedese proprietaria della centrale, Shell, Mitsubishi Heavy Industries e la società municipale Wärme Hamburg. Tutto dipenderà dagli investimenti futuri, condizionati da diversi fattori, tra cui soprattutto l’ottenimento di finanziamenti. Infatti Berlino pagherà Vattenfall per mettere offline l’impianto, nell’ambito della transizione energetica che prevede l’uscita definitiva dal carbone entro il 2038.

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La dittatura delle commodities

Le oscillazioni dei prezzi delle materie prime mettono in allarme le aziende manifatturiere. Dietro il fenomeno la pandemia, la ripresa della Cina, nuovi trend e un effetto domino sulla catena di approvvigionamento. di Mauro Ippolito

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L

e quotazioni delle commodities sono tornate a scambiare su livelli massimi riportandosi stabilmente oltre i livelli pre-pandemia. Tuttavia, questi rialzi non sono sempre frutto della ripresa economica nell’era post-Covid19. Questa crescita a macchia di leopardo è caratterizzata dalla presenza di paesi che, beneficiando dei programmi di stimolo economico e organizzazione sanitaria, sono riusciti a tornare a correre a discapito di altri ancora alle prese con un sistema sanitario in forte sofferenza, come ad esempio Brasile e India. La ripresa economica ha visto la Cina come apri fila per rilanciare la propria economia nella primavera dello scorso anno, dopo aver affrontato per prima l’avvio della pandemia e i lockdown nazionali. Il forte incremento delle attività produttive è apparso come un barlume di speranza per le economie ancora ferme e attive solo nel contrasto della prima ondata pandemica. I piani di stimolo messi in atto dal governo cinese hanno spinto la seconda economia mondiale a rivolgersi alle altre nazioni alla ricerca di materiali che potessero soddisfare le proprie necessità. Questo fenomeno ha causato un’affluenza eccezionale di navi container verso i porti cinesi, creando lunghe code di ingresso nei porti e dilatando i tempi di consegna di oltre 30 giorni. Di conseguenza, si è registrata un’impennata dei costi dei noli navali e allo stesso tempo un calo delle disponibilità di container con il rispettivo aumento dei prezzi di oltre il 300% per spedizioni dal Mediterraneo a Shanghai. Le ripercussioni, accusate su tutta la catena di approvvigionamento, han visto crescere in modo esponenziale anche i costi di trasporto e i beni deperibili utili per la spedizione di prodotti e merci – come, ad esempio, i bancali aumentati tra il 20% ed il 30% nell’ultimo anno.

La crescente domanda di metalli per nuove finalità di utilizzo ha spinto le principali banche d’affari a rivedere le stime di prezzo delle commodities.

A questo si è aggiunto anche l’incagliamento, nel canale di Suez, di una delle navi portacontainer più grande al mondo, la Ever Given di proprietà della società taiwanese Evergreen, che ha interrotto il traffico tra Asia ed Europa per una settimana allungando i tempi di transito, nonché i costi. Tuttavia, gli enormi sforzi economici messi in atto dalle economie mondiali, hanno favorito una ripresa che ha interessato principalmente i metalli ferrosi e non ferrosi. A questo si è aggiunta anche la decisione della Cina di ridurre la propria impronta di carbonio nel mondo favorendo una politica “green”, nel tentativo di rientrare nei parametri stabiliti entro il 2050. Questo si è tradotto in una riallocazione delle industrie “energivore”, tra le quali, quelle relative alla produzione di alluminio che ricopre un mercato da 45 milioni di tonnellate. In questo modo la Cina rappresenta il primo produttore al mondo con lo spostamento di importanti ed enormi siti produttivi dall’Inner Mongolia verso la regione dello Yunnan, che può beneficiare di impianti idroelettrici fondamentali per la produzione di alluminio. A quanto detto va sommata una crescente domanda di metalli, come rame e nichel, per la produzione di batterie per auto elettriche o ibride elettriche (Hev, Phev e Ev) soprattutto in Cina, dove la crescita della vendita di queste nuove auto ha registrato tassi in netto rialzo. Il settore automotive ha fornito uno slancio anche all’alluminio che, grazie alla sua leggerezza, è in grado di favorire il contenimento del peso, aumentandone la performance e riducendone i consumi, con conseguente aumento delle applicazioni di metalli in mercati nuovi e dal forte potenziale.

Rame, nuovo petrolio Inoltre, la crescente domanda di metalli per nuove finalità di utilizzo ha spinto le principali banche d’affari a rivedere le stime di prezzo di queste commodities. Tra tutte, l’americana Goldman Sachs ha rinominato il rame come il “nuovo petrolio”, considerando che il metallo rosso sarà sempre più al centro della transizione dell’economia basata sull’elettrificazione e meno dipendente dai combustibili fossili. Infatti, non si potrà avviare una nuova rivoluzione green mondiale senza rame, viste le ampie applicazioni nei settori come quello elettromagnetico (solare), cinetico (eolico) e geotermico. Il rame è alla base della decarbonizzazione economica che entro il 2030 dovrebbe spingere la domanda di metallo, in crescita del 600%, a 5,4 milioni di tonnellate con un potenziale picco del 900% a 8,7 milioni di tonnellate in

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I costi dei noli navali impennano, mentre cala la disponibilità di container, con un aumento dei prezzi di oltre il 300% per spedizioni dal Mediterraneo a Shanghai. caso di adozione della tecnologia verde da parte dell’intero pianeta. Non a caso Goldman Sachs stima prezzi in netta crescita entro il 2025, attesi 15mila dollari per tonnellata per il metallo rosso, con un trend crescente già a partire dall’anno in corso. Complice la difficoltà che una domanda simile sia supportata da una crescita dell’estrazione e produzione di rame e dall’aumento dei tassi di riciclo di metallo. A questo si aggiungono anche i tempi di invio di prodotto estratto nei siti di lavorazione e produzione, spesso distanti migliaia di chilometri tra loro. Basti pensare che le più importanti miniere di rame sono situate tra Cile e Perù – rispettivamente primo e secondo produttore al mondo – mentre le principali fonderie di rame sono in Cina, a questo vanno sommate le problematiche climatiche a dettarne i tempi. Un esempio di come le forze della natura possano incidere sui tempi si è registrato in gennaio, quando a causa delle forti mareggiate, si è verificata un’interruzione dei collegamenti marittimi dai porti cileni. Inoltre, la stagione dei monsoni asiatici e quello degli uragani nel golfo del Messico pongono delle limitazioni nei tempi di consegna in determinati periodi dell’anno. Questo senza tenere conto di eventi naturali, quali i terremoti, che potrebbero limitare in parte o del tutto le attività produttive. Dello stesso avviso anche la World Bank che ha pronosticato un rialzo generalizzato per l’anno in corso con aumenti dei metalli non ferrosi del 30% e prezzi stimati in rialzo grazie proprio agli stimoli fiscali delle principali economie mondiali. I metalli interessati sono rame, alluminio e minerale di ferro, ovvero tutti quei metalli indispensabili allo sviluppo di progetti infrastrutturali.

La Russia torna al centro dell’attenzione Se da una parte la domanda di metalli non ferrosi rappresenta la nuova corsa all’oro delle economie avanzate, di contro, quelle legate al petrolio sono in fase calante. Le quotazioni del petrolio, infatti, dovrebbero subire un netto calo, visto il minor interesse nel combustibile fossile e dei suoi derivati. Secondo alcune stime, dovrebbe spingere i prezzi a 40 dollari al barile entro il 2030, escludendo shock di mercato, implicando una riconversione delle economie basate sull’estrazione del petrolio. Gli Emirati Arabi Uniti sono un perfetto esempio di mutazione dell’economia basata sullo sfruttamento delle risorse minerarie in un’economia basata sul turismo di lusso. Questo cambiamento economico ha implicazioni anche sul potere geopolitico rappresentato dai paesi produttori di oro nero verso quelli incentrati sullo sfruttamento dei metalli. Non a caso la questione geopolitica è al centro dell’attenzione mondiale, con l’aumento delle tensioni tra paesi chiave, tra cui Usa e Russia. In particolare, la Russia ricopre un sempre crescente ruolo sul mercato, con la presenza di importanti società estrattive, sia di metalli che di petrolio. Negli ultimi anni, infatti, è entrata a far parte di quel gruppo di nazioni produttrici di petrolio non facenti parte dell’Opec, denominato Opec+, al fine di controllarne la produzione a livello mondiale e di conseguenza indirizzare i prezzi del greggio. Arabia Saudita e Russia, pertanto, hanno sempre più intensificato i loro colloqui per monitorare l’andamento delle quotazioni in una fase di forte calo della domanda, in modo da gestire al meglio le quote produttive e non avviare una corsa al rialzo nella produzione al fine di aumentare le proprie quote di mercato. Le tensioni geopolitiche, inoltre, hanno visto la Russia nuovamente al centro dell’attenzione mondiale in particolare sul mercato dell’alluminio. Nell’aprile del 2018 gli Stati Uniti hanno sanzionato una serie di oligarchi russi, vicini al presidente russo Vladimir Putin, accusati di aver interferito nelle elezioni americane del 2016 che avevano portato alla vittoria di Donald Trump. Il Tesoro americano, pertanto, aveva imposto sanzioni all’oligarca Oleg Deripaska, proprietario della società Rusal, sanzionando chiunque avesse avuto rapporti commerciali e privati con la società russa. L’effetto sui mercati è stato immediato, con le quotazioni dell’alluminio passate in due settimane dai 2 mila dollari per tonnellata a 2 mila e 720 dollari per tonnellata, mettendo letteralmente in

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ginocchio un importante settore dell’economia mondiale. L’uscita di Deripaska dalla gestione della società aveva calmierato i prezzi, ma non le tensioni tra i due paesi, che tornano ora nuovamente in contrasto, complice il recente schieramento di truppe al confine con l’Ucraina, e forte anche del controllo delle forniture di gas dalla Russia verso l’Europa.

La Cina punta a diventare la prima potenza mondiale Escludendo tuttavia i grandi attori mondiali, negli ultimi anni alcuni stati “minori” hanno avuto un ruolo sempre più di rilievo grazie alla ricchezza del proprio sottosuolo. L’Indonesia è il primo produttore di nichel e stagno al mondo, ed ora che la domanda di metalli per nuove batterie è in forte crescita, ricopre un ruolo chiave nel controllo del mercato. Ricca dei componenti chiave nella produzione di batterie per auto, di vecchia e nuova generazione, al fine di poter sviluppare la propria economia interna ha avviato una serie di politiche di controllo dell’export di minerali grezzi estratti nel paese. Secondo alcune normative messe in atto dall’Indonesia, l’esportazione di minerale grezzo è vietato a partire dal 2020, così come lo era già stato nel 2014 quando in seguito ad una serie di eccezioni vennero meno le restrizioni. Tuttavia, la scelta di bloccare l’export di nichel ha inizialmente favorito le Filippine che, come importante produttore nell’area del pacifico e secondo produttore al mondo, ha sfruttato il blocco all’esportazione dell’Indonesia per aumentare la propria quota sul mercato cinese. Negli ultimi anni, però, la voglia di sviluppare l’economia locale aveva portato il presidente filippino Rodrigo Duterte a seguire l’esempio indonesiano limitando l’export di minerale grezzo, e favorendo la costruzione di fonderie per trasformare il minerale in prodotti semilavorati.

Decisione recentemente rivista a causa del contraccolpo negativo all’economia dato dall’esplosione della pandemia. Per ovviare a questo problema la Cina ha avviato nel corso degli anni una serie di acquisizioni e aiuti economici ai paesi poveri, in cambio però dello sfruttamento delle proprie ricchezze minerarie. La Cina, infatti, ricopre un ruolo importante nella Repubblica Democratica del Congo, in Nigeria, in Ghana, in Zambia, in Chad, in Tanzania e in Namibia solo per citarne alcuni. Di fatto il dragone rosso ha investito nell’80% dell’Africa, grazie al Forum sulla Cooperazione Africa-Cina (Focac), una cifra di circa 60 miliardi di dollari nel biennio 2015-2016, delineando questi investimenti come una sorta di neocolonialismo cinese. In cambio, ha ottenuto i diritti di sfruttamento di miniere e giacimenti con lo scopo di alimentare la forte richiesta di materiale per le proprie industrie. Inoltre ha costruito strade, ferrovie e porti per rendere più facile l’invio di questi importanti minerali verso la madrepatria, seppur queste infrastrutture non sembrano aver giovato all’economia del continente africano. Anche la costruzione di agglomerati urbani in prossimità delle miniere, al fine di minimizzare gli spostamenti dei lavoratori, ha avuto l’effetto di una cementificazione incontrollata e inutile in un paese dove spesso mancano i beni di prima necessità, con il risultato dell’abbandono delle città e un ulteriore impoverimento del territorio anche e

La Cina ha investito nell’80% dell’Africa, grazie al Forum sulla Cooperazione AfricaCina (Focac). Con circa 60 miliardi di dollari nel biennio 2015-2016, si parla di questi investimenti come una sorta di neocolonialismo cinese.

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soprattutto in termini agricoli. Inoltre l’irrompere della pandemia ha rafforzato la presenza delle società cinesi in Africa in cambio di mascherine protettive, guanti, respiratori e materiale sanitario di ogni genere, tutto ciò con un costo altissimo per la popolazione locale. Ma la Cina ambisce a diventare la prima potenza mondiale a discapito degli Stati Uniti d’America, dopo il sorpasso del Giappone una decina di anni fa. La pandemia e le spinte governative hanno accelerato i tempi. Si stima che questo traguardo possa essere tagliato già nel 2028, in anticipo di almeno 5 anni rispetto alle precedenti ipotesi, anche grazie alla netta ripresa dell’economia cinese che nel primo trimestre di quest’anno ha segnato un balzo del Prodotto Interno Lordo del 18,3%. Tuttavia, la spinta economica e di conseguenza la domanda di materie prime, potrebbe scontrarsi con l’ennesima crisi sulla catena di approvvigionamento, rendendo difficile il processo di sostituzione delle vecchie tecnologie con le nuove.

La crisi dei microchip minaccia l’economia green

Il rame è alla base della decarbonizzazione economica che entro il 2030 spingerà la domanda di metallo. In crescita del 600%, vede un potenziale picco del 900% in caso di adozione della tecnologia verde da parte dell’intero pianeta.

La carenza di microprocessori però, sta rallentando tutto il processo di rinnovamento tecnologico e ambientale, basti pensare che oggi la tecnologia consente di controllare e gestire ogni attività ed è centrale per la riconversione energetica rispettosa dell’ambiente. Senza i microprocessori è difficile utilizzare l’energia eolica o solare e destinarla alle centrali elettriche che a loro volta la distribuiscono nelle abitazioni e negli uffici assecondando la domanda. Inoltre è difficile gestire la forza motore per consentire alle auto di nuova generazione di ottimizzare il consumo delle batterie e la distribuzione della forza per metterle in movimento, oppure controllare i sistemi Gps navali per favorire rotte più brevi e approdi in porti sicuri anche con condizioni avverse. L’assenza di un elemento piccolissimo, ormai sempre più presente nella nostra vita, renderà difficile il cambiamento verso un’economia green. Le stime di un maggior consumo di materie prime potrebbero registrare una battuta d’arresto e avere l’effetto contrario portando a un eccesso di offerta e un calo della domanda, con conseguente flessione dei prezzi che allontanerebbe l’economicità di sostituire i combustibili fossili. L’economia green è il futuro prossimo, ma non è detto che sia così immediato come appare oggi.

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EXPORT&MERCATI

Materie prime, ma a che prezzo Dall’Università di Brescia e l’Ufficio Studi Anima uno spaccato sul mondo della meccanica italiana

L

a ripresa facile e soprattutto veloce che tanto si sperava, tarda ad arrivare. L’Ufficio Studi Anima in collaborazione con Achille Fornasini, professore di Analisi tecnica dei mercati finanziari all’Università degli Studi di Brescia, delineano uno scenario internazionale ben preciso, governato da dinamiche complesse. Dai dati raccolti ed elaborati relativi alle cause della crisi, analisi economica e possibili scenari futuri per il mercato di materie prime, petrolio, gas e polimeri il mercato sta vivendo una fase di profondo disequilibrio dato da una forte crescita della domanda e da un’offerta che non riesce a farvi fronte perché quasi inesistente. In un futuro prossimo ci si aspetta

e ci si augura, una ripresa economica generalizzata, ma il problema del prezzo delle materie prime continuerà a rimanere. Il rame, per esempio, potrebbe raggiungere il massimo storico già nei prossimi mesi. A preoccupare il mondo della meccanica però sono i prezzi dell’alluminio e dei prodotti piani d’acciaio, che difficilmente subiranno un significativo ribasso durante il 2021 e attualmente aumentati rispettivamente del 18% e del 40% nel solo primo trimestre dell’anno. Inoltre, come avvenuto per molte delle materie prime e dei metalli in campo industriale il mercato cinese, e asiatico in generale, ha fatto scorte strategiche di diverse commodity già durante il

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2020. La politica di investimenti cinese ha «puntato tutto sulla lungimiranza e sull’accumulo con scorte strategiche». Spiega Achille Fornasini, durante un Webinar organizzato da Anima «Gli Stati Uniti, colti alla sprovvista dalla crisi hanno azzerato i tassi indebolendo il dollaro, rendendo ancor più convenienti le materie prime – generalmente appunto, vendute in dollari – agevolando in questo modo chi si trovava sul mercato. Con la ripresa della domanda i prezzi cominciano a muoversi in una traiettoria rialzista che in Europa ha comportato un’incertezza data dalla persistente insistenza del Covid con continue ondate». «In Europa però», prosegue sempre


Fornasini, «uno dei problemi è rappresentato anche dall’incombenza di provvedimenti come la Plastic Tax, che mette in difficoltà chi pensa di approvvigionarsi di elementi plastici. Così anche le clausole di salvaguardia europee per materiali ferrosi e dell’acciaio che ha frenato la ricostruzione dei magazzini in modo consistente». Gli indici delle materie prime, ma così anche quelli dell’energia che ha subito un crollo del 60,5% nei primi tre mesi del 2020 e un recupero del 172% nel mese di marzo, recuperando ora un ulteriore 33% che traina con sé il prezzo dell’elettricità. Infine i metalli perdono il 15% e recuperano il 68%. Fornasini ci offre una spiegazione anche per questo «In questo momento, per quanto riguarda l’alluminio, siamo nell’iper comprato con un accesso di acquisti. I compratori ne acquistano in eccesso per paura di rimanere senza e i prezzi tendono a

risentire di questa predisposizione. In questo momento siamo in una massima di salita e molto probabilmente supereranno quelli del 2018. Anche in questo caso entrano in gioco le clausole di salvaguardia dell’Unione Europea che riguardano anche l’alluminio. Ci auguriamo vengano attenuate perché in questo momento stanno bloccando la fluidità dell’import e degli acquisti, che producono questi effetti». Prosegue il professore con la sua analisi «Il rame, che è una componente fondamentale in questo

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momento ha dei prezzi esasperati, in ipercomprato e aumenterà ancora il suo prezzo. Sul fronte dell’offerta manca e a trainare il rame sarà la transizione energetica, indispensabile per i circuiti a batteria e componenti elettriche». Tutto questo mix di concause è confluito in una tempesta, ma adesso ci aspetta una ripresa, anche se i prezzi continuano a preoccupare. Questo disequilibrio verrà recuperato, ma per ora il grosso del problema è la mancanza dell’offerta. l.b.


La rivoluzione digitale delle DOGANE: dalla SMATERIALIZZAZIONE dei documenti doganali all’introduzione delle tecnologie BLOCKCHAIN Team ricerca & digital transformation Easyfrontier

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S

i comincia a pieno ritmo dal 1 luglio 2021: l’e-Commerce transfrontaliero, completamente riformato in ottemperanza a quanto previsto dal Vat e-Commerce Package, prevede che le merci di modico valore (fino a 150 euro) importate in Ue devono essere oggetto, per ogni singola spedizione, di una specifica dichiarazione doganale, seppur presentata utilizzando un set di dati super ridotto. Fra i dati necessari per lo sdoganamento delle spedizioni di modico valore – dati che, fino al 30 giugno 2021, non sono necessariamente richiesti – vi sono, tra gli altri, il codice Hs (codice di sistema armonizzato a 6 cifre, utilizzato per identificare, a fini doganali, ogni tipologia di merce), la descrizione verbosa e dettagliata di ogni bene importato, la massa lorda e il valore. Viene, inoltre, eliminata la soglia di esenzione Iva, precedentemente pari a 22 euro, mentre rimane inalterata, anche dopo il 1 luglio 2021, la soglia di esenzione del dazio applicabile ai beni di valore inferiore ai 150 euro: pertanto, l’Iva dovrà essere assolta su ogni importazione, sia pure di valore modestissimo. La riforma, finalizzata da un lato a recuperare l’ingente ammontare di Iva non versata grazie alla soglia di esenzione fino ai 22 euro e, dall’altro, a combattere le frodi, non solo di natura erariale, che affliggono il commercio elettronico transfrontaliero, è stata resa possibile grazie ad interventi profondi nei sistemi informativi doganali, necessari per razionalizzare la gestione dell’enorme numero di dichiarazioni presentate agli uffici doganali di tutta l’Unione europea. Al riguardo, sono state introdotte numerose semplificazioni fra cui, in particolare, il completamento del cosiddetto Moss (mini one stop shop dedicato all’acquisto di servizi Tbe - Television,

Broadcasting and Electronic services), che si estende, nella forma di Oss (One Stop Shop) sia a tutti gli altri servizi acquistati nel commercio elettronico indiretto sia al commercio di beni tra Paesi membri della Ue. E, soprattutto, è stato introdotto l’Ioss (Import One Stop Shop), soluzione che consente alle cosiddette “interfacce elettroniche” (si tratta degli “intermediari elettronici” ossia degli operatori che mettono a disposizione cataloghi, listini e strumenti di pagamento per conto di venditori unionali e non unionali) di riscuotere l’Iva dovuta dal consumatore al momento dell’acquisto per poi versarla, periodicamente, all’erario. L’evoluzione dei sistemi informatici doganali dell’Unione europea non si ferma qui: a partire dal 2017 è stato introdotto il sistema di decisioni doganali (Cds – customs decisions system) che ha fatto sparire la carta dalla maggior parte delle domande e delle decisioni di competenza delle autorità doganali e, dal 25 gennaio 2021, al sistema si è aggiunta la possibilità per gli operatori che scambiano beni con Canada, Vietnam, Giappone e Uk di richiedere in forma totalmente informatizzata l’iscrizione al Rex – Registered Exporter (il database degli esportatori registrati). A partire da luglio 2021 verrà poi estesa progressivamente, su tutto il territorio nazionale, la presentazione delle dichiarazioni doganali relative alle merci in arrivo da Paesi extra Ue utilizzando i nuovi set di dati previsti dal Codice Doganale dell’Unione (Cdu): le dichiarazioni doganali verranno completamente smaterializzate e arricchite di informazioni utili ad una più razionale e penetrante analisi dei rischi nonché ad una significativa valorizzazione delle autorizzazioni Aeo e all’incremento dell’efficacia delle semplificazioni già previste e utilizzate oggi da molte imprese.

TRACCIATO h1

Immissione in libera pratica e regime uso speciale - uso specifico - dichiarazione di uso finale

h2

Regime speciale - custodia - dichiarazione per il deposito doganale

h3

Regime speciale – uso speciale – dichiarazione per l’ammissione temporanea

h4

Regime speciale – trasformazione – dichiarazione per il perfezionamento attivo

h5

Dichiarazione per l’introduzione di merci nell’ambito degli scambi con territori fiscali speciali

h6

Dichiarazioni in dogana nel traffico postale per l’immissione in libera pratica

h7

Dichiarazioni in dogana per l’immissione in libera pratica di spedizioni che beneficiano di una franchigia dal dazio all’importazione a norma dell’articolo 23, paragrafo 1, o dell’articolo 25, paragrafo 1, del Regolamento (Ce) n. 1186/2009

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I set di dati introdotti dal Cdu sono descritti dettagliata mente negli specifici tracciati riportati in tabella a pagina 27. Le “nuove” dichiarazioni doganali per merci in arrivo nell’Unione europea verranno individuate facendo riferimento al “titolo” del tracciato: H1 indicherà le dichiarazioni di immissione in libera pratica, ossia le classiche importazioni, H2 si riferirà alle introduzioni in deposito doganale e via di seguito. La reingegnerizzazione farà dunque scomparire la “bolletta doganale” come oggi la conosciamo: non si farà più riferimento alle caselle del Dau, ma a Data group e Data element. Il nuovo sistema consentirà poi di superare i limiti dovuti alla precedente architettura: fra le principali novità, l’invio incrementale dei dati della dichiarazione, l’aumento del numero massimo di articoli per dichiarazione (da 40 a 999 singoli), lo svincolo delle merci per articolo, una nuova gestione del fascicolo elettronico e una revisione della dichiarazione (rettifica o annullamento) basata sui dati trasmessi informaticamente dall’operatore economico. La reingegnerizzazione cui abbiamo fatto riferimento non va confusa con il cosiddetto Ics (Import Control System) che è il sistema attraverso il quale verranno gestite progressivamente le dichiarazioni sommarie in entrata (Ens – Entry summary declaration), di competenza di vettori e corrieri internazionali – i quali già oggi forniscono i dati necessari alle autorità doganali seppur in modo meno sistematico e strutturato. L’ulteriore passo verso la smaterializzazione definitiva delle dichiarazioni doganali avverrà, per l’Italia, nel primo trimestre del 2023, quando anche le dichiarazioni di esportazione diverranno set di dati: B1: Aes - Automated Export System. Per il transito (T1 e T2), nello stesso trimestre, si entrerà nella Fase 5 del Ncts (New Computerized Transit System). L’impatto della smaterializzazione di export e transito, grazie alle registrazione diretta sui sistemi informatici doganali, consentirà alle nostre imprese una notevole accelerazione dei processi di sdoganamento, collegati a controlli automatici e totalmente trasparenti per gli operatori. L’evoluzione tecnologica assicurata dall’adozione di strutture di dati (Eucdm - Eu Customs Data Model) pensate nella logica di una progressiva e intensa integrazione fra le diverse banche dati apre ad un futuro dialogo fra tutti gli strumenti e i database utilizzati dalle autorità pubbliche dell’Unione europea e non solo,

visto che l’Eucdm è a sua volta basato sul Data Model (attualmente giunto alla versione 4.0) sviluppato dalla Wco - World Customs Organization, proprio al fine di giungere alla possibilità di assicurare lo sdoganamento fluido delle merci fin dalla partenza dallo stabilimento del produttore e fino al destinatario finale. Contestualmente all’evoluzione tecnologica delle dogane a livello globale (non a caso la direzione centrale dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli che segue tale evoluzione ha assunto la denominazione di “Direzione Organizzazione e Digital Transformation”), nell’ambito degli scambi internazionali di merci si stanno affermando tecnologie, come quelle blockchain, che consentiranno maggiore sicurezza nella trasmissione e nella validazione dei dati. E pur se le blockchain “pubbliche” saranno assoggettate a limitazioni e restrizioni (ad esempio sul numero minimo dei nodi di validazione), è possibile ipotizzare l’utilizzo di blockchain permissioned per lo scambio di dati fra operatori economici, dati che possono essere di rilievo per i controlli doganali e di altre autorità: ad esempio, per fornire certezza in ordine alle informazioni contenute in una BoL (Bill of Lading) o in un contratto di compravendita o, ancora, per garantire sicurezza nella gestione degli inventari connessi all’utilizzo dei depositi doganale e, infine, per garantire validità alle dichiarazioni ed attestazioni di origine quando richieste nell’ambito di accordi di libero scambio. Il Servizio Dogana Facile di Anima Confindustria è a disposizione per supportare le aziende nell’implementazione delle procedure digitali introdotte dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, anche nell’ottica di una integrazione con i sistemi informativi aziendali e con le altre soluzioni che semplificano notevolmente l’intera gestione dei processi industriali connessi agli scambi internazionali.

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Dogana Facile

Servizi strategici per il business delle imprese Al passo con i cambiamenti nel mondo ci stiamo rinnovando per voi

PER INFORMAZIONI Carmela Massaro Responsabile Dogana Facile ANIMA Confindustria Meccanica, via Scarsellini 13 Milano Tel 02.45418305 Email massaro@anima.it 29 | l’industria meccanica 727 | No 2 2021

con la collaborazione


Informazione pubbliredazionale

Gli Usa cercano fornitori europei, alcune regole per non sbagliare Il Covid ha reso drammaticamente evidente che qualcosa già non andava. L’assetto geopolitico globale era precario perchè erano evidenti la pervasiva presenza cinese nell’economia mondiale e una sbilanciata catena del valore, la tanto delicata e strategica “supply chain”. In un mondo sempre più interconnesso e digitalizzato, dipendiamo ancora dalle forniture asiatiche di beni cruciali quali i dispositivi medici, elettronica, macchinari e beni strumentali. Forniture che, con il virus, si sono improvvisamente arrestate ed hanno paralizzato il commercio internazionale, mettendo in crisi soprattutto gli Stati Uniti. Inoltre, anche la politica commerciale e la definizione di accordi tra Paesi era diventata sempre più farraginosa: le misure protezionistiche e ritorsive – dove i dazi americani erano al centro del dibattito – hanno alterato i mercati, provocando incertezza nelle imprese e negli investitori. In un contesto di questo tipo, la contrazione dell’export era inevitabile ed è stata acuita dalle misure restrittive, imposte per arginare la pandemia.

L’amministrazione USA ha programmato oltre 4 mila miliardi di dollari di interventi diretti nell’economia americana. Un nuovo piano di stampo keynesiano che si ripropone di riammodernare tutto il sistema delle infrastrutture e che vede le prime clausole “no China” scritte nero su bianco negli appalti. Di conseguenza gli appaltatori americani si rivolgeranno sempre più ai partner europei, in particolare alle imprese italiane leader del settore. L’America non dispone, infatti, del know-how e della strumentazione per dare attuazione a progetti così complessi in maniera autonoma. Ma come funziona il mercato USA? Quali sono i segreti per diventare competitivi negli States per un’azienda che produce macchinari e beni industriali? Alcuni consigli di ExportUSA permettono di entrare in sintonia con un mercato in rapida ripresa. Se esistesse un passaporto per vendere con successo macchinari negli Stati Uniti, dovrebbe contenere le seguenti caratteristiche:

Dopo un 2020 burrascoso, assistiamo ad un più ottimistico 2021 che riposiziona, al centro degli interessi commerciali USA, l’Europa e l’Italia soprattutto per i settori dei macchinari, beni industriali e beni strumentali. L’era Biden sta aprendo, infatti, ad una nuova iniezione di capitale nel mercato americano che, combinata con il ripensamento della “supply chain” e il congelamento dei dazi punitivi del caso Airbus Boeing, farà slittare il sistema di fornitura dall’Asia all’Europa. l’industria meccanica 727 | 30


1- Affrontare il mercato sapendo che gli americani NON sono uguali a noi NON bisogna incappare nella “Netflix Fallacy”: spesso l’imprenditore italiano crede di conoscere la mentalità americana perché la vive quotidianamente. Netflix e i Media ci avvicinano agli Stati Uniti e, a volte, la nostra interpretazione della “business etiquette” è viziata da una comunicazione che rende la cultura imprenditoriale degli States facile da approcciare. Bisogna tenere presente che il modo di lavorare e di fare business in America è estremamente distante da quello europeo. 2- NON dare per scontate le aspettative del proprio interlocutore. Cosa si aspetta, quindi, il partner commerciale americano dall’imprenditore italiano? Ricevere e-mail sintetiche e dritte al punto, senza giri di parole Ricevere telefonate chiare, sintetiche ed essere ASCOLTATO Che l’imprenditore italiano abbia costituito o sia intenzionato a costituire una società negli States Che l’imprenditore italiano abbia organizzato un servizio di “customer care” negli States Come in qualsiasi mercato, anche negli USA vi sono regole scritte - facili da identificare - e regole NON scritte, più complesse da decifrare. NON dare per scontato la controparte americana, significa mettersi nei suoi panni ed approcciare, quindi, la cultura imprenditoriale con il giusto atteggiamento. 3- Fare del marketing il proprio mantra per entrare nel mercato: “People buy from people … they like !!!” la comunicazione NON va associata solo alla moda, al food o al design. La comunicazione va attribuita all’INTERLOCUTORE. Negli Stati Uniti, investire in marketing è FONDAMENTALE per far conoscere la propria azienda. Bisogna declinare una comunicazione adeguata alle generazioni e quindi: Approcciare tutte le generazioni (Generazione Z, Baby Boomers, Generazione Y [Millennials], Generazione X) Avere una padronanza impeccabile della lingua angloamericana Raccontare la storia della propria azienda in maniera incentivante Avere un sito internet ben posizionato Investire in tutti i canali social Creare il giusto branding Partendo dall’assunto che “chi compra un trapano, ha in realtà bisogno di un buco nel muro”, anche chi compra un macchinario in America, ha bisogno di conoscerne le caratteristiche e di leggerle in maniera adeguata. I codici della comunicazione cambiano nel tempo. E c’è stato un evento tellurico qualche anno fa: sono nati i Millennials, la prima generazione NATIVE DIGITAL. La loro vita è permeata da internet, in tutte le sue forme. I millennial, tra poco, avranno la possibilità di decidere nelle aziende. Bisogna adattarsi ai codici comunicativi di questa generazione e al loro modo digitale di lavorare. Le loro aspettative sono tutte legate al web e all’interazione social. Restare nel mercato americano e crescere, significa cambiare mentalità e affinare le tecniche di comunicazione partendo dal digitale. ExportUSA è una società di consulenza specializzata esclusivamente nel mercato statunitense. Fondata all’inizio del 2000 dal Presidente Lucio Miranda e dall’Amministratore Delegato Muriel Nussbaumer e con quartier generale a Brooklyn (New York) Centro Logistico a Dayton (Ohio) e due uffici europei: Italia, (Rimini) e Belgio (Bruxelles), l’azienda supporta e struttura, da più di vent’anni, centinaia di imprese italiane nel mercato americano operando di concerto con tutti e 50 gli Stati. La società conta una ventina di dipendenti tra Stati Uniti ed Europa. www.exportusa.us I servizi: Costituzione di società di diritto americano, apertura del conto corrente, ricerca uffici / domiciliazione, consulenza legale, fiscale ed amministrativa, gestione pratiche visti, assunzione del personale in America e buste paga, ricerca dei canali distributivi, marketing, comunicazione strategica e rebranding, e-commerce e logistica. Anna Breda

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Host ritorna con buyer internazionali L’appuntamento per tutto il comparto dell’Horeca sarà “live” dal 22 al 26 ottobre 2021, tra opportunità di business, nuovi trend e un programma di oltre 800 eventi.

I

l comparto dell’Horeca riparte con l’appuntamento di Host, a Fieramilano, l’hub dell’equipment globale che quest’anno – come spiegano gli organizzatori – si svolgerà in presenza e in sicurezza, seguendo i protocolli già utilizzati lo scorso settembre. Una manifestazione che, per la sua 42esima edizione, vede la partecipazione di oltre 1000 espositori, provenienti da 40 Paesi oltre alla fitta schiera di buyer e associazioni dei mercati globali più interessanti per il settore, a cominciare dagli Stati Uniti. «Per il mondo della ristorazione, le fiere “fisiche” continueranno a essere location ideali per vedersi di persona e sviluppare il network. Proprio quello che accade di solito ad Host, che quest’anno svolgerà ancora di più, rispetto al passato, il proprio ruolo innovatore, mettendo in mostra le ultime tendenze del settore, dal green agli sviluppi della tecnologia», afferma Andrew Riie, Executive Director di Nyc Hospitality Alliance. Per l’intero comparto, infatti, dopo i mesi della pandemia la sfida riguarderà soprattutto la pianificazione di un futuro differente. «Servirà cambiare e continuare a reinventarsi adottando nuovi format e mantenendosi aggiornati sull’evoluzione di un comparto in costante mutamento» conferma Michael Jones, Editorial Director of Progressive Content e Consultant di Fcsi. Sulla necessità di rimanere aggiornati, soprattutto in questo momento di ripartenza, insistono anche due

buyer provenienti da aree diverse, Regno Unito ed Egitto, ma entrambi uniti dalla consapevolezza che la “nuova normalità” è già arrivata. «Già ora, per l’Horeca si tratta di raddoppiare il focus sul concetto di esperienza», spiega Edward Harvey, Founder and Food&Beverage Strategist della società inglese Concept Development, che aggiunge: «gli operatori che sapranno vincere la sfida dovranno capire in anticipo cosa vogliono adesso i consumatori, diventati molto più attenti ed esigenti nelle loro scelte». Del resto, è anche il monito che arriva da Medhat Etman, architetto e partner di Integration Egypt, una delle sfide del futuro sarà tutta giocata sulla sostenibilità «in concreto, tutto ciò si traduce nella necessità di maggiori partnership tra i produttori locali e le controparti straniere. Proprio come accade ad Host, una manifestazione dove architetti e designer possono rimanere aggiornati su quanto di meglio il made in Italy, e non solo, ha da proporre». Per i giorni della fiera sono programmati oltre 800 eventi, a cui si aggiungono: l’appendice virtuale offerta dalla piattaforma mymatching, con agende aperte e appuntamenti prefissati con gli espositori di interesse; e la possibilità di contare sullo svolgimento in contemporanea di Tuttofood, l’evento leader dell’ecosistema agroalimentare. l.b.

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LOGI STIC MOVI MENT


IA & ITA-


LOGISTICA&MOVIMENTAZIONE


L’intelligenza rapidissima dei magazzini di Daniele Bettini

L’intralogistica è una delle prime protagoniste del processo di digitalizzazione che sta spostando il focus dall’hardware al software. La gestione di operazioni e flussi diventa integrata e coordinata, così come la comunicazione tra tutti i sistemi e il monitoraggio in tempo reale dei risultati. Automazione, integrazione, tecnologia IoT, sistemi di Intelligenza artificiale e Data Analytics sono già oggi strumenti che costruttori e utilizzatori di magazzini automatici e di sistemi intralogistici sfruttano per una gestione del magazzino più efficiente, sicura e smart. In linea con le richieste di un mercato in veloce e continua evoluzione

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C

i sono una serie di fattori concomitanti che, in modi diversi, hanno portato al centro del dibattito pubblico la supply chain e il tema della logistica. La pandemia, pur “congelandoci” in casa, ha accelerato processi e trasformazioni in corso legati alla transizione digitale e alla disintermediazione stressando le catene logistiche. Come se non bastasse, sono state messe ulteriormente alla prova dall’incidente della nave portacontainer Ever Given, che ha evidenziato la fragilità delle interconnessioni, dando, metaforicamente, il via all’ondata inflazionistica che si è riversata sulle materie prime, anche non super strategiche o rare. Tutti fenomeni che, in qualche modo, vedono come attore non protagonista il magazzino al centro di una trasformazione epocale sotto la spinta di cambiamenti sociali e tecnologici. Le realtà italiane che abbiamo intervistato derivano (attuando ovviamente una semplificazione) principalmente da due grandi gruppi di aziende: quelle che partono dal software, quindi definibili più genericamente come aziende dell’Ict legate in origine alla composizione dei quadri elettrici; e quelle che provengono dal mondo della meccanica, cioè dalla più classica produzione, per esempio, di scaffalature o convogliatori. Sono aziende che nel tempo si sono integrate verticalmente andando in buona parte a sovrapporsi. La differenza è che tutte quelle che sono partite dalla “meccanica” sono poi andate a sviluppare software, o comunque lo integrano nelle loro soluzioni. Mentre chi parte dal software non si è spostato, necessariamente,

sulle componenti meccaniche perché in parte considerate una sorta di commodity, dal valore aggiunto meno importante e dai costi di ingresso sul mercato più alti.

L’effetto della digitalizzazione nell’intralogistica «L’intralogistica è una delle prime protagoniste di questo processo di digitalizzazione continuo che ha spostato il focus dall’hardware al software, permettendo la gestione integrata e coordinata di operazioni e flussi, la comunicazione tra tutti i sistemi e il monitoraggio in tempo reale dei risultati. Ed è qui che si gioca l’innovazione: l’intelligenza contenuta all’interno del software permette infatti di eliminare bottleneck e single point of failure, di incrementare la sicurezza e l’efficienza dei processi, di garantire nel tempo le performance grazie alla flessibilità delle soluzioni, dando vita a nuoMagazzino automatizzato miniload (foto Automha)

L’order picking system ricopre un ruolo essenziale per aumentare i volumi garantendo maggiore precisione e velocità delle operazioni, oltre a incrementare la sicurezza per le persone

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Per realizzare questa indagine abbiamo intervistato alcune importanti aziende produttrici

1.

2. 3. 4. 5.

Modula

ferretto group

Automha

Elettric80

lcs group

Sistemi di stoccaggio verticali

Soluzioni di stoccaggio e material handling

Sistemi e soluzioni automatizzate di intralogistica

Soluzioni logistiche automatizzate

Logistica integrata

HQ: Salvaterra, Reggio Emilia

HQ: Vicenza

HQ: Azzano San Paolo, HQ: Viano, Bergamo

Reggio Emilia

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HQ: Monza e Brianza


Flotte di Robot mobili Lgv, Laser Guided Vehicles (foto Eletric80)

vi modelli di business con workflow automatizzati che permettono di tenere il passo dei cambiamenti, raggiungere gli obiettivi definendo le priorità e rispondere alle esigenze dei clienti». Riassume un po’ il tutto così Alberto Lodini As/Rs Product Manager del gruppo Elettric 80 offre un’analisi del contesto. «L’effetto della digitalizzazione si fa

sentire e le nuove tecnologie aprono sicuramente nuove e interessanti possibilità per la logistica. Automazione, integrazione, tecnologia IoT, sistemi di Intelligenza artificiale, Data Analytics sono già oggi strumenti che tante aziende utilizzano per una gestione del magazzino più efficiente, sicura e smart, in linea con le richieste di un mercato in veloce e continua evoluzione. Per

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questo, pur continuando a offrire una gamma di soluzioni complete per tutti i sistemi di magazzinaggio, negli ultimi anni abbiamo spinto con decisione sull’automazione. E continueremo a farlo, visto anche un trend di sviluppo del settore che in Europa continuerà a crescere nei prossimi anni a tassi superiori a quelli della crescita del Pil, grazie anche alle risorse del Recovery Plan


Il ruolo del magazzino sta cambiando radicalmente la sua funzione passando dall’essere la pancia, all’essere il cuore pulsante dell’azienda

e alla spinta verso Industria 4.0», aggiunge Otello Dalla Rosa, Direttore Generale di Ferretto Group, che traccia una linea di sviluppo che vale per tutti i player del settore. Software e dati tornano centrali anche per Gianni Togni, vicepresidente di Automha, che sottolinea il momento di passaggio che stiamo vivendo e anticipa il ruolo sempre

più strategico del magazzino. «La digitalizzazione sta letteralmente cambiando la logistica portando miglioramenti ai processi grazie all’immediatezza e alla disponibilità del dato, facendo così si ottiene più tracciabilità, incrementando la qualità e l’efficienza. L’analisi dei Kpi e il monitoraggio costante dei processi può essere efficiente solo se a monte tutte le informazioni sono rese di dominio dell’azienda e non del singolo reparto, permettendo quindi un controllo di gestione e dei flussi verificato e bilanciato». Continua Gianni Togni: «Siamo produttori e integratori, cioè costruiamo internamente tutti i prodotti che consegniamo al cliente, convogliatori, miniload, Pallet Runner, tutte le componenti di un magazzino automatico, software compresi. Per questo si può targettizzare l’impianto, utilizzando però macchinari standard, cosa che ci aiuta molto anche per gestire, per esempio, la manutenzione». In un’ottica di piena standardizzazione lavora Modula che, rimasta all’interno di una business unit del gruppo System Logistics fino al 2015, si è sganciata diventando una SpA, come ad evidenziare la crescente importanza del settore. Oggi, con

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un fatturato che oscilla tra i 163 milioni del 2019 e i 138 del 2020, vende circa 2.500 macchine per 1.500 clienti. Ha anche diversi cluster settoriali che rispondono a classi di problemi/esigenze fra i più diversi, con macchine che vanno dai 40mila ai 100mila euro, ma senza soluzioni super customizzate, come ha spiegato il Ceo Massimiliano Gigli. L’idea del “vestito imbastito”, poi completato con le soluzioni che più rispondono alle necessità del cliente, è sviluppata anche dall’azienda Lcs. «Un magazzino automatico è come un’automobile», spiega la sales engineer Emanuela Baracchetti, «può costare dai 50mila ai 500mila euro, tutto dipende da quali sono aspettative e performance richieste. Noi progettiamo insieme al cliente, sviluppiamo internamente il software a tutti i livelli gerarchici e acquistiamo da partner selezionati le parti meccaniche e le componenti che servono a creare questo mosaico eterogeneo che viene progettato in Lcs. Un esempio su tutti: la scaffalatura o la rulliera vengono acquistate sul mercato su nostre indicazioni e diamo poi il magazzino chiavi in mano completo di manutenzione ordinaria e straordinaria».


«È uno dei nostri punti di forza rispetto ai giganti giapponesi e tedeschi. Noi italiani – evidenzia Alberto Lodini di Elettric80 – riusciamo a fare un prodotto standard molto flessibile», sembra un ossimoro, ma significa «progettare il magazzino insieme al cliente, entrando nei suoi processi cercando di coglierne i colli di bottiglia e i punti deboli, progettando le eventuali ridondanze di sicurezza e realizzandolo in modo che sia “abilitato” a gestire i futuri cambiamenti dell’azienda». Continua Lodini, «Il vero valore aggiunto è quindi, fin dalla prima fase di ingegnerizzazione del progetto, realizzare sistemi smart che consentano alle imprese di essere sempre resilienti al cambiamento, capaci di innovare in velocità. Altro elemento fondamentale: assicurare questo valore nel tempo attraverso un customer service veloce, puntuale e costante che permetta di non fermare la produzione, di intervenire riducendo inefficienze, sprechi ed errori. È poi interessante vedere come l’evoluzione del business e una certa attenzione al mercato, abbia portato le nostre imprese a concentrarsi sulla gestione del magazzino trasformandole in veri e propri system integrator che hanno il compito di portare più efficienza nella supply chain e nell’intralogistica aziendale. Tutti gli esperti che abbiamo consultato hanno sottolineato, infatti, come l’aspetto consulenziale risulti centrale fino ad arrivare all’analisi del business del cliente. Questo per svariate ragioni: da un lato il tasso di targetizzazione delle soluzioni è spesso molto elevato, sia nella parte Ict sia in quella meccanica, dall’altro perché in buona parte il ruolo del magazzino sta cambiando radicalmente la sua funzione passando dall’essere la

pancia, all’essere il cuore pulsante dell’azienda».

Cambia il ruolo del magazzino Un cambiamento radicale che ha portato il magazzino, soprattutto nelle nuove costruzioni, al centro dell’impresa. Rappresenta lo spazio attorno al quale si costituisce il processo produttivo in cui è integrato. È difficile generalizzare, molto dipende dal modello di business e dal business stesso di cui parliamo, ma è certo che la velocità e la rapidità dei passaggi sono il fattore chiave in qualsiasi settore. Un mutamento innegabile che emerge anche dall’analisi dei contratti di manutenzione, come chiarisce bene Emanuela Baracchetti di Lcs, «Oggi i contratti di manutenzione prevedono una risposta entro mezz’ora dalla chiamata e l’intervento diretto nella mezza giornata successiva. Mentre fino a pochi anni fa la risposta poteva avvenire entro 1-2 giornate lavorative. Tutto questo è possibile grazie alle nuove tecnologie che ci permettono di avere contatti immediati e diretti con clienti e con chi è direttamente in campo». Dagli smart glasses, in realtà poco utilizzati, alla realtà aumentata, ma soprattutto dai telefonini ai normali device che diventano elementi fondamentali negli interventi da remoto. L’impressione è che il just in time sia così connaturato nel modello di business dell’industria dal supera-

re l’idea stessa di magazzino. Tutti, infatti, tendono a scaricare la flessibilità sulla supply chain in un gioco di rimbalzo che ha la conseguenza, portata all’estremo, di cancellare il concetto di pallet. E così, l’unità di misura che qualche decina di anni fa era il bancale è diventata prima il pallet, poi il singolo pezzo, con la necessità di un’automazione spinta che racchiude in sé passaggi rapidi veloci e precisi e una conoscenza perfetta della disposizione degli oggetti in magazzino. Distribuzione in magazzino che raggiunge il suo culmine dentro realtà come Amazon, dove, dietro a un’apparente casualità, si nascondono algoritmi che connettono i prodotti in modo da affiancare quelli che più si vendono “correlati” in modo da velocizzare ulteriormente la presa. Un’ansia di rapidità che rappresenta l’essenza della globalizzazione. Forse ancor meglio dell’incidente della portacontainer Ever Given. Perché se sui container, feticci del global, i prodotti possono fermarsi anche per mesi, il consumatore è abituato ad averli a casa un secondo dopo aver cliccato sul suo computer come se, toccata terra, le merci si volatilizzassero. Ed è quella velocità, l’intelligenza del sistema e chi la “abilita” il vero fattore chiave. «Dal confronto costante con i nostri partner – chiarisce Otello Dalla Rosa di Ferretto Group – si vede chiaramente come si stiano sviluppando nuove esigenze trasversali ai diversi settori. Una logistica sempre più just in time richiede alle aziende un controllo costante e completo dell’intera Supply Chain, una gestione veloce e precisa dei processi,

Un magazzino automatico per pallet (foto Ferretto Group)

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la disponibilità di sistemi flessibili per adattarsi ai cambiamenti, una interconnessione efficiente tra i reparti. La digitalizzazione mette poi a disposizione una grande quantità di dati che possono trasformarsi in una miniera di informazioni per pianificare le azioni future. Non ultimo, cresce nelle aziende l’attenzione per la sicurezza, aspetto sul quale le nuove tecnologie e l’automazione possono essere di grande aiuto. Oggi i clienti chiedono sempre più affidabilità: per questo, la nostra azienda ha strutturato un robusto sistema di assistenza e supervisione degli impianti, in linea con le richieste del mercato più esigente».

L’importanza del picking e dell’intelligenza artificiale Aggiunge Lodini: «Uno degli ambiti di sviluppo tecnologico più significativi, dal punto di vista della robotica e del software, per rispondere a queste esigenze è relativo ai sistemi

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di picking. Ossia: sistemi di preparazioni di ordini misti, completamente automatizzati o che combinano attività automatiche e manuali. L’order picking system ricopre un ruolo essenziale per aumentare i volumi garantendo maggiore precisione e velocità delle operazioni, oltre a incrementare la sicurezza per le persone. Permette di massimizzare il prelievo di merci, semilavorati e prodotti finiti dal magazzino, di accelerare i processi di movimentazione delle unità di carico, ottimizzando costi, consumi, riducendo gli errori e il carbon footprint. I vantaggi connessi all’implementazione di questa soluzione intralogistica sono


Magazzino automatico (foto Lcs Group)

dunque innumerevoli: garantiscono massima flessibilità per rispondere in modo efficiente ai cambiamenti di mercato e scalabilità per incrementare le performance dell’impianto». «Questa trasformazione prevede l’introduzione di molta intelligenza in magazzino – continua Gianni Togni di Automha – non solo nell’avere mezzi a guida autonoma, e nel favorire assistenza da remoto, ma anche nella capacità di implementare un sistema di manutenzione predittiva sull’impianto, in modo da poter programmare per tempo gli stop». Un’infrastruttura digitale e di sensori che rappresenta un primo es-

senziale passo per il digital twin del magazzino, uno strumento che viene utilizzato come leva di marketing, ma soprattutto in fase di progettazione per abilitare gli eventuali futuri sviluppi dell’azienda e che garantisce importanti risparmi in fase di installazione. Velocità e precisione sono poi le caratteristiche più richieste dai nuovi player quelli della Gdo e degli ecommerce, più focalizzati sul B2C e che stanno crescendo, anche a causa della pandemia, in maniera esponenziale. Qui velocità e capacità di rispondere puntualmente rappresentano anche un elemento fonda-

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mentale per competere sui mercati: interviene Lodini «Se le aziende devono essere capaci di mettere a punto delle offerte personalizzate e di intervenire in maniera proattiva per garantire al cliente finale il migliore servizio possibile nel minor tempo possibile, la sfida che sono chiamate ad affrontare è quella della mass customization. Per affrontarla richiedono soluzioni che permettano loro di essere scalabili e versatili, responsiveness, in grado di asservire qualsiasi prodotto e differenti tipologie di Sku (Stock keeping unit), ma anche e soprattutto di incrementare il livello di sostenibilità e di sicurezza di prodotti, processi e operazioni.


L’intralogistica gioca un ruolo chiave in questa partita con effetti su tutta la supply chain, sia per le aziende che lavorano in ottica Mto (Made to order), sia per quelle che adottano un approccio Mts (Made to stock)». Un mutamento in corso evidenziato anche dalle considerazioni dal Ceo di Modula Massimiliano Gigli: «Spostandosi verso un mondo che è sempre più spostato dallo storage al picking (e quindi che vira dal risparmio di spazio verso la velocità di risposta), è chiaro che gli investimenti legati all’ottimizzazione degli ordini richiedono l’introduzione di algoritmi e di elementi di intelligenza artificiale, altrimenti le performance che si riescono ad ottenere non sono ottimizzate. Per quanto ci riguarda

possiamo riassumere il cambiamento seguendo due direttrici: specializzazione delle applicazioni delle macchine verso un ampliamento della gamma – gestione del fresco, camere bianche di laboratori o ospedali, sistemi di spegnimento automatici – e sviluppo parte software per avere un sistema più ottimizzato e performante».

I settori di destinazione Certo, molto dipende dal settore di riferimento e dal contesto competitivo, perché per alcune realtà può essere difficile capire quale sia il tasso di automazione da intro-

durre in azienda, perché portarsi troppo avanti potrebbe non servire o risultare addirittura dannoso dal momento che mutare il flusso delle merci interne (o semplicemente la velocità con cui queste circolano) comporta un pieno coinvolgimento di quasi tutto il sistema azienda. Come processo ricorda molto quello della digitalizzazione, che, non a caso, accompagna l’introduzione di un magazzino automatico in impresa; questo deve essere compiuto dopo aver analizzato attentamente tutti i passaggi delle informazioni e dei prodotti, perché potrebbe comportarne un cambiamento, anche radicale. Per questo tutti gli intervistati hanno sottolineato l’importanza di par-

Una batteria di 8 magazzini automatici utilizzati per order picking e stoccaggio (foto Modula)


Uno sguardo ad attrezzature e componenti Lift-Tek Elecar progetta e realizza montanti per carrelli elevatori su misura, sollevatori idraulici, meccanici, elettrici e telescopici, in grado di rendere i carrelli elevatori altamente performanti. 200 dipendenti a Piacenza, 300 negli Stati Uniti, perdite dovute alla pandemia già recuperate a inizio anno, rappresenta il tipico esempio di realtà italiana capace di “coltivare” una nicchia molto labor intensive ad alto contenuto tecnologico. È un pezzo della filiera della logistica che però, investendo in ricerca e sviluppo e continuando ad aggiornare le sue componenti è riuscita a ritagliarsi un mercato florido e sufficientemente stabile. Sono prodotti che devono lavorare in sicurezza: «Per noi la manutenzione predittiva è un plus, non possiamo correre rischi quindi rispettiamo tutti gli adempimenti progettuali e normativi internazionali» spiega Diego Colombi Group Engineering Director. Un prodotto in cui si investe tanto per poter essere in grado di garantire una elevata customizzazione «se ci

tire, con ogni cliente, dallo stato dell’arte e una mappatura precisa dei processi, perché gli obiettivi del cambiamento rappresentano solo in termini generici quello a cui si arriverà. Certo tra i parametri che si prendono in considerazione c’è sempre il Roi, ma l’idea è che il magazzino e tutto quello che si andrà a costruire e progettare non deve risolvere i problemi dell’oggi, bensì deve anticipare i cambiamenti di domani. Un po’ come i ponti costruiti agli inizi del 900 che venivano progettati (quelli più lungimiranti) per sostenere un traffico decine di volte superiore a quello circolante in quel momento, dal momento che si intuiva che le automobili si sarebbero presto diffuse. Anche perché in alcuni settori i mercati cambiano molto velocemente, anche nella meccanica, si pensi all’e-

arriva un ordine di 20 pezzi è un miracolo» che richiede forti investimenti e competenze nella fase di progettazione e realizzazione. Caratteristiche rafforzate dal mercato che, inventandosi nuove modalità di trasporto e stoccaggio, si pensi ai magazzini a doppia o tripla profondità o la necessità, per ragioni produttive, di spostare più pallet contemporaneamente, rafforza la necessità di avere attrezzatura e componenti molto particolari e specializzati. «Per dare un’idea della complessità che dobbiamo gestire» conclude Colombi, «il sollevatore di un carrello normale ha una distinta base di 200-300 componenti, quello di uno a guida autonoma arriva a 800. E sono oggetti così diversi che sfido a riconoscerli, ma anche in questo nuovo mondo il sollevatore, per quanto completamente ricoperto di sensori e trasformato nell’aspetto, svolge sempre la stessa funzione e rimane uno degli asset fondamentali delle flotte di carrelli che andranno ad ad animare i magazzini».

splosione dei veicoli elettrici. Per questo le soluzioni adottate devono spesso essere sufficientemente flessibili per accompagnare la crescita o il cambiamento dell’azienda. Insomma la capacità di chi fa i magazzini in questo momento non è solo quella di gestire lo stato dell’arte delle tecnologie fornendo servizi avanzati ai loro clienti, ma anche, un

po’ paradossalmente, quello di riuscire a offrire strutture e strumenti polifunzionali e in grado di rispondere con efficienza alla volatilità e alla variabilità dei mercati. Una sfida complessa a cui le nostre “multinazionali” tascabili stanno rispondendo, non solo con una grande capacità di adattamento, che è storicamente riconosciuta, ma anche con un aumentato impegno in ricerca e sviluppo.

Il monitoraggio costante dei processi può essere efficiente solo se a monte tutte le informazioni sono rese di dominio dell’azienda e non del singolo reparto

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ASPETTANDO

INTRALOGISTICA ITALIA

LOGISTICA&MOVIMENTAZIONE

Il punto di vista del Logistic Manager

Latteria Soresina investe nella digitalizzazione del magazzino «Anche noi siamo entrati nel vortice della velocità e del just in time a tutti i costi. Tutto quello che è preparato in un giorno, quel giorno deve partire. Uno dei fattori critici è rappresentato dallo spazio dedicato alla merce in partenza che deve essere adeguato per poter gestire tutte le spedizioni. Il picking è quasi frenetico, ma deve essere gestito».

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I

n cantiere c’è il progetto per un nuovo magazzino automatico. «Possiamo parlarne poco, però, perché siamo ancora in gara, stiamo parlando con molti player di settore e abbiamo le nostre idee». Ci accoglie così, apparentemente abbottonato, Alberto Spinelli, Logistic and S&OP manager di Latteria Soresina, fra le più importanti cooperative italiane nel lattiero-caseario. Poi però, parlando, si lascia trascinare dalla passione per la logistica. «Nel settore del fresco lavoriamo sul picking, in questo ambito vedrei difficile passare a un magazzino automatico, il nuovo progetto coinvolgerà una categoria di prodotti più tranquilla e facile da gestire. Per il resto, al momento, riusciamo a gestire tutto con un Wms (Warehouse management system, un software che supporta la gestione operativa dei flussi NdR)». La notizia, però, è che l’azienda sta lavorando, anzi, «è già molto avanti»

secondo Alberto Spinelli, a un magazzino semi-automatico per la gestione del Grana Padano di cui, con circa 550mila forme, Latteria Soresina è il primo produttore. «Abbiamo scelto di automatizzare alcuni passaggi» continua Spinelli «anche perché si tratta di forme davvero molto pesanti, siamo riusciti a introdurre una macchina che dialoga con l’Agv e riesce a lavorare anche nei piani più bassi, i primi tre, cosa che fino a ieri era fatta a mano. Di fatto l’Agv porta la forma dal finesalina al magazzino, qui la macchina la prende in consegna e la posiziona segnalando l’operazione al Wms che registra ora, giorno e posizione». Tornando al magazzino automatico in fase di progettazione, «stiamo valutando tra una serie di soluzioni molto diverse tra loro» spiega il logistic manager, «abbiamo bisogno di ottimizzare gli spazi, che purtroppo non sono enormi. E ci interessa una soluzione che sia tecnologicamente dimensionata anche per le

In un settore come quello alimentare tracciabilità e rintracciabilità rappresentano un dovere ineludibile, ma la digitalizzazione del processo che deriva dall’introduzione in azienda di un magazzino automatico è un investimento che si ripaga nello snellimento delle procedure e nell’automazione dei passaggi. Che significa, necessariamente, meno errori

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caratteristiche del nostro prodotto, che non avendo un valore aggiunto molto alto non può giustificare investimenti troppo elevati. Anche perché siamo una cooperativa dove i proprietari sono i conferenti, quindi i margini servono a remunerare i nostri soci». «In generale comunque è evidente che anche noi siamo entrati nel vortice della velocità e del just in time a tutti i costi. Diciamo che per una realtà come la nostra l’impatto è più morbido perché tutto il fresco ha dei tempi di rotazione molto rapidi. Abbiamo poco da stoccare, dobbiamo garantire una shelf life residua molto lunga e in pratica tutto quello che è preparato in un giorno, quel giorno deve partire. In questo senso uno dei fattori critici è rappresentato dallo spazio dedicato alla merce in partenza che deve essere adeguato per poter gestire tutte le spedizioni. Il picking è quasi frenetico, ma deve essere gestito e quello che si prepara deve essere preso prontamente in carico». Dal lungo dialogo con Alberto Spinelli emergono altri due elementi chiave: il magazzino automatico, anche per una realtà come Soresina nasce per rispondere alle esigenze del presente, ma deve essere sufficientemente flessibile per gestire i prodotti futuri. Tenendo presente che flessibilità vuol dire costi, e che quindi ogni scelta va calibrata. Il secondo elemento è legato alla tracciabilità: un magazzino automatico porta necessariamente con sé l’introduzione del digitale in azienda. In un settore come quello alimentare tracciabilità e rintracciabilità rappresentano un dovere ineludibile a prescindere dalle tecnologie introdotte, ma la digitalizzazione del


processo rappresenta sicuramente un investimento che si ripaga dallo snellimento delle procedure e dall’automazione dei passaggi che significa, necessariamente, meno errori. Per Soresina il passaggio diventa dalla tracciabilità “carta penna” alla completa integrazione con il Warehouse management system,

e quindi a un controllo della filiera che va dall’allevamento alla gestione delle stalle fino alla distribuzione del prodotto. Un’integrazione verticale, insomma, che introduce una razionalizzazione dei processi gestionali, ma che rappresenta anche un elemento

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molto interessante dal punto di vista del marketing, nonché un primo passo verso una potenziale disintermediazione o quanto meno un punto di forza importante anche per la valorizzazione del brand. d.b.


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AUTOMAZIONE&PRODUZIONE

Additive a portata di PMI

Il parco scientifico tecnologico Kilometro Rosso ha investito in un nuovo training lab dedicato alla stampa 3D di materiali metallici. Si chiama Lisa Tech e vuole aiutare le aziende manifatturiere a gestire la tecnologia dell’additive manufacturing e integrarla direttamente nella propria realtà. di Carlo Fumagalli


«S

ono arrivato qui lo stesso giorno della macchina» dice sorridendo Giuseppe De Marco, 26 anni, ingegnere meccanico fresco di specializzazione e ora Additive Manufacturing Engineer al Kilometro Rosso, il distretto dell’innovazione di Bergamo. La “macchina” in questione è una Eos M290, una stampante 3D per metallo a letto di polvere. Fa parte del nuovo investimento, di circa 1 milione di euro, del parco tecnologico che apre ora un punto di contatto tra aziende manifatturiere (Pmi in testa, ma non solo) e la tecnologia dell’additive manufacturing. Il progetto si chiama Lisa Tech. Acronimo che sta per “Living Space for Additive Technologies” e che ne descrive la filosofia: uno spazio pensato per sviluppare percorsi di formazione per aziende e professionisti, promuovere progetti di R&D, ma anche per dare la possibilità alle aziende di sperimentare. «L’idea è quella di aiutare le aziende a imparare a gestire questa tecnologia per integrarla direttamente nella propria impresa» spiega Giuseppe De Marco, «nel training lab si possono capire vantaggi e criticità di una produzione additive e poi sviluppare i propri progetti». L’additive manufacturing ha oggi la maturità per poter portare trasformazioni nel sistema di produzione, ma la sua diffusione in azienda non è sempre capillare. Ciò può accadere per specifiche barriere all’ingresso: «Spesso una questione di costi, che porta molte aziende ad affidarsi a service esterni» spiega Giuseppe De Marco, «ma non avere il controllo diretto sulla tecnologia non aiuta a formare le competenze necessarie». Un ostacolo legato all’esperienza quindi, più che alla tecnologia, che si può colmare sviluppando il proprio know how e prendendo consapevolezza del valore della stampa 3D, che non sostituisce, ma completa, quella

La macchina Lisa Tech è equipaggiato con una macchina Eos M290, che utilizza la tecnologia di fusione a letto di polvere. Per mezzo di un raggio laser mobile, la polvere metallica viene fusa localmente in modo selettivo strato per strato, solidificando così una sezione trasversale del componente. La camera di lavoro misura 250 x 250 x 325 mm e possono essere stampati oggetti in alluminio o titanio.

Spesso è una questione di costi che porta molte aziende ad affidarsi a service esterni, ma non avere il controllo diretto sulla tecnologia non aiuta a formare le competenze necessarie sottrattiva. Il percorso formativo studiato dal Kilometro Rosso segue infatti una serie di step che puntano a trasferire le competenze in fabbrica: «La prima fase in cui affianchiamo le aziende è l’analisi dei componenti già prodotti, per imparare a selezionare quelli che potrebbero essere realizzati in additive» spiega De Marco, «da lì si passa alla realizzazione di un business case e poi alla parte tecnica vera e propria: prima con un training nella progettazione additive, e poi lavorando direttamente con la stampante». Nel laboratorio Lisa Tech i materiali trattati sono due: alluminio e titanio. «Entrambi i metalli non semplici da gestire per sicurezza e processo» spiega ancora Giuseppe De Marco, «ma sono stati scelti anche in base alle potenziali esigenze del tessuto manifatturiero del territorio». Ma come funziona, dopo la fase di progettazione, il processo di stampa vera e propria? Dopo aver caricato la polvere, nella macchina viene installata una piattaforma di costruzione, dove una lama stenditrice deposita strati di polvere che – in questo caso – possono andare dai 20 ai 90 micron (con alluminio generalmente si lavora a 30/60 micron, con il titanio fra i 40 e i 60). Subito dopo agisce un laser in fibra ottica nelle zone di interesse per dare forma all’oggetto, e in seguito viene recuperata la polvere rimasta. Il processo è controllato da un tomografo ottico, uno strumento composto da una fotocamera a raggi infrarossi capace di scattare 60 fotogrammi al secondo durante la lavorazione. In questo modo viene digitalizzato il processo e attuato un monitoraggio real time dell’operazione, valutando così eventuali difetti e ottimizzando il progetto. Oltre al tomografo interviene anche il supporto di un Meltpool, che svolge un’attività supplementare di controllo lavorando sull’emissione della luce riflessa dalla polvere. Come ricorda il direttore del Kilometro Rosso, Salvatore Majorana, «L’additive manufacturing cambia il modo di guardare i sistemi produttivi. Non sostituirà sicuramen-

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Il progetto Lisa Tech nasce al Kilometro Rosso dal progetto Ircram 4.0, finanziato da Regione Lombardia per creare una rete di laboratori dedicati alla progettazione meccanica tramite l’utilizzo delle tecniche di additive manufacturing e robotica. È costituito dalla partecipazione di 5 partner, ossia Camozzi, D&G Impianti elettrici, Fae Technology, Istituto Italiano di Tecnologia e Kilometro Rosso, a cui è affidato il ruolo di dissemination e R&D. Lisa Tech è stato avviato nel 2020 in pieno lockdown, e lo scorso 8 febbraio ha presentato l’attività di formazione (a giugno il via al terzo ciclo), di prototipazione assistita e di stampa a disposizione delle imprese.

te l’intero sistema produttivo, ma in moltissimi casi ci regalerà un nuovo modo di vedere soluzioni per indirizzare i problemi che possiamo avere tutti i giorni». Per un’azienda meccanica, ad esempio, introdurre materiali “nuovi” può avere dei risultati importanti. Il titanio, per rimanere nel raggio d’azione di Lisa Tech, può garantire specifiche proprietà meccaniche a componenti oggi realizzati in altro materiale, come l’acciaio: un’azienda

produttrice di valvole pneumatiche – spiegano nel laboratorio del Kilometro Rosso – ha potuto partecipare ad appalti con grandi contractor grazie all’introduzione della tecnologia additive in una serie di valvole. Da una variazione tecnologica, insomma, possono aprirsi nuovi mercati. «Credo che un’azienda oggi non possa permettersi di non studiare l’additive» spiega ancora il direttore Majorana, «probabilmente non la sceglierà come sua tecnologia principale, ma serve a tutti poter comprendere le tecniche, la progettazione in additive: offre possibilità straordinarie, non soltanto a chi è grande e capace di fare investimenti, ma anzi, soprattutto a chi è più piccolo o di taglia media e ha delle caratteristiche particolarmente ricercate da poter essere soddisfatte tramite l’additive manufacturing».

L’additive manufacturing cambia il modo di guardare i sistemi produttivi, non sostituirà l’intero sistema produttivo ma regalerà un nuovo modo di vedere soluzioni

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AUTOMAZIONE&PRODUZIONE


CYBER-PANDEMIA La remotizzazione di interi reparti aziendali e lo smart working hanno comportato “l’apertura” di canali di collegamento, tutti potenziali touch point per eventuali attacchi informatici. Le soluzioni tecnologiche per difendersi vanno accompagnate da formazione del personale e da un’accurata analisi dei rischi e delle vulnerabilità.


L

a recente pandemia ha rappresentato un cambiamento anche da un punto di vista della penetrazione del digitale nelle imprese Italiane che si sono trovate necessariamente costrette ad aprirsi e trasformarsi. Monitoraggi da remoto, costruzione di digital twin e quindi analisi di dati sono argomenti all’ordine del giorno, magari non sperimentati direttamente (dato evidenziato anche dal report Istat agosto 2020 - “Digitalizzazione e tecnologia nelle imprese italiane” - che evidenziava come solo il 3,8% delle imprese si caratterizzasse per un utilizzo integrato delle tecnologie disponibili - stampa 3D, big data, IoT, simulazione, ecc…), ma di cui si parla e si incominciano ad analizzare costi e benefici. Un esempio tra tutti sono le aziende più tradizionali e “delicate”, come quelle del settore farmaceutico, che l’anno scorso si sono trovate costrette a spingere sulla digitalizzazione degli impianti necessari per portare avanti la produzione in un momento in cui era complicato accedere agli stabilimenti. Molto più banalmente la remotizzazione di interi reparti, con lo smart working, ha comportato “l’apertura” di canali di collegamento, tutti potenziali touch point per eventuali attacchi. Non a caso in questi mesi sono usciti infiniti report che hanno evidenziato come siano aumentate enormemente azioni criminali dirette contro aziende, ma non solo. Diverse fonti tra cui l’Osservatorio del Politecnico di Milano e il rapporto sulla Digital Maturity in Cybersecurity hanno evidenziato come nell’ultimo anno il phishing sia aumentato del 6000% e il 40% delle aziende dichiari un aumento del numero degli attacchi subiti. Fabio Sammartino, head of pre-sales di Kaspersky evidenzia l’evoluzione in corso sottolineando come sia aumentata la consapevolezza da parte delle aziende che, mentre prima non capivano bene perché fosse opportuno investire in sicurezza informatica adesso: «Vengono direttamente a cercarci». Spiega Sammartino: «È bene chiarire che in questo senso la prima cosa da fare, in termini di asset, architettura IT e logica di business, è una accurata analisi dei rischi e delle vulnerabilità. Poi bisogna essere pronti ad adattare velocemente i propri piani in funzione delle nuove minacce in rapida evoluzione». Il rapporto sulla Digital Maturity in Cybersecurity, realizzato da Minsait (maggio 2021), mostra che il 90% delle aziende non ha professionisti specializzati in cybersecurity, l’82% non ha registri aggiornati degli asset digitali da proteggere, il 73% non ha implementato meccanismi di consapevolezza per i propri dipendenti e solo il 55% ha un Cybersecurity Operations Center per rilevare e rispondere a un attacco informatico.

Come a dire che, a fronte di un aumento di consapevolezza, mancano gli investimenti (considerati probabilmente difensivi e non portatori diretti di fatturato) o forse la possibilità, più che la volontà di realizzarli.

Aumentano i rischi durante la pandemia «Tutti gli indicatori segnalano che durante la pandemia una serie di attori ha sfruttato il massiccio ricorso al lavoro agile e alla remotizzazione forzata di attività di svago, studio e lavoro, per bersagliare aziende strategiche e infrastrutture critiche» conferma Marco Castaldo, consigliere delegato Yoroi, «che si sia trattato di nation state hacker, cybercriminali e hacktivisti, è stato confermato anche dall’ultimo rapporto dei servizi segreti inviato al Parlamento». Dall’uso improprio delle Vpn, al phishing a tema Covid fino alle campagne ransomware contro l’industria manifatturiera, tutti questi elementi hanno contribuito ad aumentare rischi per cittadini e imprenditori e profitti per i criminali. «In particolare» prosegue Castaldo, «ci sono stati attori statali che, mescolando campagne disinformative e attacchi cibernetici, hanno cercato di trasformare la pandemia in un vantaggio strategico di lungo termine influenzando l’opinione pubblica e i processi decisionali nazionali, nonché a danneggiare i nostri assetti economici». E l’oggetto dell’attacco, sottolineano tutti i nostri interlocutori, sono stati i campioni del Made in Italy e dell’industria energetica, che sono stati tra i soggetti più colpiti in termini di informazioni esfiltrate, perdita di operatività e competitività e dispendio di risorse economiche per la loro mitigazione. Il settore finance, invece, è sempre tra i più attaccati, ma è anche uno di quelli che è più capace di difendersi.

Le soluzioni per difendersi Detto questo grandi imprese tecnologiche come la già citata Kaspersky alternano soluzioni di difesa tecnologiche al mantra della formazione delle persone, la principale arma in grado di spuntare ogni tipo di attacco: avere collaboratori aggiornati e consapevoli. Ciononostante anche dal punto di vista tecnologico, sebbene sia frustrante inseguire le continue evoluzioni degli “assalitori”, si fa molto. «Una delle nuove frontiere della cyber security è l’Ot

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Il 90% delle aziende non ha professionisti specializzati in cybersecurity, l’82% non ha registri aggiornati degli asset digitali da proteggere, il 73% non ha implementato meccanismi di consapevolezza per i propri dipendenti e solo il 55% ha un Cybersecurity Operations Center per rilevare e rispondere a un attacco informatico (Operational technology); per evitare che le linee di produzione possano essere compromesse da un attacco è importante si sviluppi una cultura delle macchine industriali “cyber safe”, cioè dotate direttamente di tecnologie di monitoring che impediscano la trasmissione di un malware» sottolinea Marco Castaldo. «Noi proteggiamo l’edge, il dispositivo sul campo dai più comuni e frequenti attacchi delle botnet» spiega Giuseppe Cardinale Ciccotti fondatore di UniquID, «che, come indicano le statistiche, prendono principalmente il controllo dei dispositivi attraverso credenziali non gestite o mal gestite. La nostra soluzione sta nell’eliminare i principali punti di attacco – le credenziali e la loro gestione – garantendo al tempo stesso un livello di sicurezza allo stato dell’arte, e le repository centralizzate delle informazioni critiche. Il tutto grazie alle caratteristiche crittografiche e di decentralizzazione della blockchain che utilizziamo come infrastruttura della nostra soluzione». Soluzioni anche prettamente tecnologiche, quindi, tenendo conto che, come riassume Castaldo, «la difesa cyber si fonda su 4 pilastri: tecnologia all’avanguardia di monitoraggio e di threat intelligence, le ripetute verifiche di sicurezza dei potenziali perimetri di attacco, la messa a punto di procedure interne efficaci per limitare i

rischi e la formazione dei dipendenti, in termini di consapevolezza dei pericoli e di best practice da adottare». Chiarisce Ciccotti: «La consapevolezza e l’addestramento dei lavoratori e delle persone in genere è sicuramente la miglior arma di difesa, tuttavia cambiare le abitudini richiede investimenti in tempo e risorse che non sono sempre sostenibili e spesso gli strumenti per loro natura non facilitano il compito. Inoltre nelle infrastrutture industriali, si pensi agli impianti, i dispositivi connessi sono per lo più non supervisionati; molto spesso l’interazione con l’operatore è minimale e la manutenzione deve incidere il meno possibile per non impattare sulla produzione e non deve richiedere personale specializzato difficile da reperire». Alla domanda forse banale su quanto sia necessario investire anche in termini di tempo per sentirsi un po’ al sicuro risponde con una certa decisione Marco Castaldo, Consigliere Delegato Yoroi: «La ricerca e il mantenimento di una adeguata postura di sicurezza all’interno di un’organizzazione non è un’attività con una scadenza, ma è un processo di adattamento continuo sia alle nuove minacce che agli sviluppi del business. I risultati, se il management destina le risorse necessarie per ottenere un adeguato livello di difesa, possono venire rapidamente, abbassando il rischio di subire danni catastrofici in conseguenza di un attacco cibernetico. d.b.

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i 400 caratteri Agricoltura

Il futuro è nel vertical farming Coltivare ortaggi indoor può essere la soluzione per il futuro delle nostre città, ma servono capitali e tanta ricerca. Il vertical farming è una tecnologia recente, che consente di ridurre il consumo di suolo e di risorse naturali, con laboratori automatizzati, disposti su più piani, per coltivare ortaggi e frutta nelle grandi città. Questa tecnologia consente un minor consumo di risorse naturali, anche se restano aperti alcuni problemi, come il consumo dell’energia elettrica dipendente da fonti fossili. In Italia è pronta ad immettersi sul mercato la produzione di Planet Farms, con una struttura di 9 mila metri quadrati a Cavenago alle porte di Milano, mentre Agricola Moderna distribuisce da tempo i suoi prodotti attraverso i canali di Carrefour e di Cortilia. EDILIZIA

Isolante con le alghe Arriva un biopolimero efficace come isolante termico e acustico, ricavato dalla lavorazione delle alghe rosse in grado di sfruttare materiali plastici per realizzare una schiuma efficace per l’isolamento acustico e termico delle abitazioni. L’ invenzione è del ricercatore Marco Caniato della Facoltà di Scienze e Tecnologie Università di Bolzano e permette di recuperare le microplastiche e le materie plastiche derivate dai rifiuti industriali e domestici. Il progetto prevede l’uso dell’alga agar agar, un polisaccaride normalmente usato come gelificante naturale che, dopo essere stato addizionato con carbonato di calcio, può essere mescolato alla plastica polverizzata. Il materiale ottenuto sarà poroso e potrà essere utilizzato come, ad esempio, lana di roccia.

Energia pulita

Crescono le rinnovabili L’80% di tutta la nuova capacità elettrica aggiunta l’anno scorso era rinnovabile, lo si legge nell’International Renewable Energy Agency (Irena). Nel 2020 nel mondo sono stati aggiunti più di 260 gigawatt (Gw) di capacità di energia, superando l’espansione nel 2019 di quasi il 50%, con il solare e l’eolico che rappresentano il 91% delle nuove energie rinnovabili. A incrementare questa crescita nel 2020 sono Cina e Stati Uniti, aggiungendo rispettivamente 136 GW (72 GW di vento e 49 GW di solare) e gli Usa installando 29 GW (quasi l’80% in più rispetto al 2019), inclusi 15 GW di solare e circa 14 GW di eolico. L’Africa, in continua espansione, ha aumentato di 2,6 GW, leggermente superiore al 2019. L’Oceania è rimasta la regione in più rapida crescita con + 18,4%, sebbene la sua quota di capacità globale sia ridotta e quasi tutta l’espansione si sia verificata in Australia.

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RICAVI STABILI

MARGINE SUPERIORE

DIFFERENZIAZIONE

FEDELTÀ DEL CLIENTE

ANTI-CICLICO

Ridurre la ciclicità dei ricavi e delle attività legate alla vendita e sviluppo dei prodotti

Ricavi aggiuntivi con margini più elevati

Differenziazione competitiva e maggiori barriere all’ingresso

Rapporto più forte durante l’intero ciclo di vita del prodotto

Garantire i ricavi e profitti anche quando il mercato è più debole

Ruolo sempre più strategico del Customer Service nel settore manifatturiero In occasione di un webinar organizzato lo scorso 28 Aprile, insieme a Caprari, e con la collaborazione di Anima Confindustria, NiEW ha presentato i risultati di una ricerca sul tema della Servitization nel settore manifatturiero in Italia. I risultati confermano il ruolo sempre più strategico dei Servizi avanzati a valore aggiunto e la consapevolezza che non esiste un’unica soluzione per tutte le realtà aziendali, ma la necessità di adottare quella più congeniale ai propri obiettivi. L’area aziendale dedicata alla funzione di After Sales e Service rappresenta ad oggi ambiti ricchissimi di opportunità per tutti i produttori di beni industriali, sia per effetto dell’elevata redditività tipica di questi business, sia per le implicazioni strategiche e di marketing ad essi correlate. Dal punto di vista dei costruttori di macchine, gli OEM, i risultati confermano la crescente importanza dell’area After Sales e Service, espressa anche attraverso la volontà di migliorare la Value Proposition, oggi principalmente orientata al prodotto, ponendo maggior focus sull’offerta di servizi a valore aggiunto. Nel percorso verso questo miglioramento, emergono alcuni ostacoli che gli OEM associano principalmente al tema della cultura aziendale, a problematiche tecniche e infrastrutturali, e all’introduzione di nuove competenze per gestirle.

Dal punto di vista degli End Users, i risultati dell’indagine mostrano come tali aziende attribuiscono un giudizio complessivamente positivo ai servizi di tipo tradizionale di cui usufruiscono, come ad esempio l’Assistenza tecnica sul campo. Quando si parla di servizi avanzati il pensiero va al PaaS (Product as a Service) come punto massimo di arrivo dell’evoluzione dei Servizi, ed è su questo che è stata posta la maggiore attenzione. I principali vantaggi rilevati dagli End Users riguardano la prevedibilità dei costi unita ad una migliore efficienza dell’impianto e quindi la possibilità di maggior focus sul core business dell’azienda. Le criticità sollevate riguardano la forte dipendenza dagli OEM, e un minor controllo sull’impianto produttivo. Per sfruttare al massimo i benefici del servizio, occorre quindi valutare caso per caso la combinazione “value proposition-cliente-mercato” per indentificare il mix di servizi più adatto alla propria realtà. Visita il nostro sito web www.niew.it Seguici su linkedin.com/company/niew-design-srl

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Consigli per un 2021 all’insegna dell’ottimizzazione dei costi Abbiamo chiesto ad alcuni degli esperti del network di consulenti di Expense Reduction Analysts un consiglio sulle aree più delicate a cui le aziende dovrebbe prestare attenzione per evitare un aumento dei costi nel 2021.

ENERGIA ELETTRICA

ASSICURAZIONI L’impatto del 2020 sui costi assicurativi è stato forte. Il cosiddetto “Hard Market” per le principali coperture e i diversi settori industriali particolarmente colpiti ha prodotto aumenti di premi, limitazioni delle condizioni di garanzia, fino ad arrivare alla necessità di cambiare Compagnia o adottare coassicurazioni. Nel 2021 la situazione molto probabilmente non cambierà. Ecco il percorso di miglioramento in 3 step: •

effettuare un’analisi indipendente del programma assicurativo attraverso specialisti di mercato che non siano i Broker o le Compagnie assicurative;

trasferire al mercato solo il rischio residuo determinato dopo un’approfondita analisi dei rischi strategici, operativi e finanziari del business;

gestire in modo proattivo la relazione con gli intermediari assicurativi attuali o potenziali.

Il 2021 sarà caratterizzato da un andamento crescente dei prezzi dell’energia, soprattutto a causa dell’incremento della domanda di petrolio. Se, da un lato, la tensione sui prezzi richiederà maggior cautela, dall’altro l’impatto ambientale di ogni progetto diventerà un fattore sempre più determinante. I motivi di ciò sono due: •

i capitali dei grandi investitori si stanno concentrando sempre più verso attività con emissioni nette pari a zero entro il 2050;

i consumatori, attraverso i loro acquisti, premieranno sempre più le aziende con “filiere sostenibili”.

Ne consegue che catene di approvvigionamento sostenibili diventeranno sempre più strategiche, visto il trend al ribasso delle fonti rinnovabili. Per esempio, si prevede che i prezzi dei PPA (Power Purchase Agreement) fotovoltaici scenderanno a nuovi minimi. In uno scenario del genere diventa cruciale coniugare opportunamente l’acquisto di energia elettrica con le scelte di sostenibilità in ottica strategica.

FLOTTE I costi della flotta automezzi sono oggi più che mai soggetti a notevoli cambiamenti in virtù della sempre più impellente necessità di scelte green, che, ancorché incentivate, spesso sono ancora le meno economiche. Di seguito i principali trend del momento: •

Con la legge di Bilancio 2020, si è assistito ad un inasprimento della tassazione per le auto aziendali ad uso promiscuo immatricolate dal 1/7/2020 e ad elevata emissione di CO2. Infatti, i fringe benefit per le auto ad elevate emissioni (oltre 160 e 190 g/Km) arriveranno rispettivamente a 50% e 60%.

Importanti strette sono in vista anche per i veicoli ad uso 100% aziendale. In alcuni paesi europei si va verso l’individuazione di zone a zero emissioni, e anche se al momento in Italia queste zone non esistono, è chiaro che le aziende, se vorranno continuare ad utilizzare veicoli ad emissione di CO2, dovranno orientarsi verso contratti di noleggio di durata limitata oppure evitare l’acquisto.


NOLI MARITTIMI A causa della difficile situazione dei trasporti via mare, il mercato dei noli marittimi continuerà per diversi mesi ad essere caratterizzato da incertezza e difficoltà per i caricatori. Le principali problematiche emerse a causa dell’emergenza COVID-19 si possono così sintetizzare: •

I blank sailing delle Compagnie marittime aumentano l’incertezza nella programmazione e i transit time dello shipping diventano meno affidabili;

lo scenario del trasporto via mare sarà ancora orientato in ottica “seller’s market” e i cargo owners si troveranno a subire le scelte degli armatori;

bisognerà imparare a convivere ancora per molti mesi con prezzi dei noli molto più alti rispetto agli anni 2018-2019.

Alla luce di queste nuove dinamiche di mercato, le aziende si trovano di fronte a nuove sfide nella gestione della Supply Chain che impongono azioni adeguate per evitare di subirne gli effetti in maniera pesante: • •

focalizzazione continua sui trend di mercato; attenzione puntuale alla pianificazione delle spedizioni e prenotazione anticipata degli spazi;

valutazione di soluzioni alternative rispetto a modus-operandi consolidati pre-COVID;

revisione critica dell’utilizzo di termini di resa più adeguati con i propri fornitori/clienti (INCOTERMS© 2020);

valutazione dell’adeguatezza delle coperture assicurative legate ai rischi di “Supply Chain disruption”.

TELECOMUNICAZIONI Le aziende hanno ormai da tempo iniziato a prestare maggiore attenzione all’Information Technology, trascurando però spesso una parte che necessita di evoluzione e flessibilità: la rete aziendale (WAN). L’informatica è incentrata sulla rete: il cloud, il mobile computing, l’Internet of Things, i big data e lo smart working, di cui tanto si parla in questo periodo, sono in cima all’elenco delle priorità di quasi tutte le aziende. Questi nuovi servizi sono però tutti incentrati sulla rete e gran parte del successo di queste iniziative dipende dalla qualità della WAN. Inoltre, diversamente dal passato, le scelte dei servizi TLC sono più efficienti se fatte con soluzioni innovative e integrate (es. SD-WAN, VoIP, Disaster Recovery, Unified Communication & Collaboration...) e con attenzione a nuove tecnologie e nuove recenti esigenze di business. È chiaro che cambiamenti così importanti debbano essere gestiti al meglio, per evitare di fare scelte errate, legate ad analisi inadeguate di requisiti e/o di mercato.

cloud computing e hosting on-premise: i requisiti di cybersecurity ed i relativi costi indicano il cloud come strada maestra, ma il processo decisionale dovrebbe passare da una rigorosa analisi del TCO (Total Cost of Ownership), nonché delle diverse soluzioni disponibili sul mercato.

Approvvigionamento di device: vige il dilemma “lease vs buy”. Molte aziende hanno adottato da anni modelli di leasing operativo che consentono risparmi a doppia cifra su tre anni, benefici fiscali e minore overhead sull’organizzazione IT.

Sul fronte printing, la dematerializzazione documentale e il lavoro decentrato impongono una ripianificazione secondo l’ottica “pay-per-use”, con forme di conguaglio annuale dei costi e un’automazione quasi totale dei processi di gestione.

Un’ulteriore buona pratica è la revisione sistematica degli approvvigionamenti software.

IT & INNOVAZIONE DIGITALE Il suggerimento chiave è di rivedere le spese IT guardando ad una governance allineata alle necessità funzionali dell’azienda e agli obiettivi strategici, per il raggiungimento dei quali innovazione e tecnologia rappresentano un fattore abilitante. La recente pandemia ha portato alla ribalta il tema dello smart working e un concetto di “collaboration” più estesa, basata sul “lavoro da dovunque”, in sicurezza, efficienza e tramite l’ottimizzazione dei costi e dei processi legati a questo cambiamento. Di seguito, in particolare, le principali tendenze:

L’ottimizzazione dei costi deve e dovrà essere un punto di partenza per ogni azienda che voglia migliorare la redditività del proprio business nel 2021. Expense Reduction Analysts è specializzata nell’assistere le aziende a trarre valore aggiunto dai rispettivi fornitori diretti in diversi ambiti di gestione dei costi generali, con l’obiettivo complessivo di migliorare il servizio riducendo i costi. Contattaci per sapere come possiamo favorire lo sviluppo e la sostenibilità della tua azienda.

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TM


Idrogeno per edifici green, Italia ed Europa si preparano Per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione e di neutralità climatica fissati dall’Europa è necessario spingere su un mix di tecnologie e di fonti energetiche. L’idrogeno è una di queste. Abbiamo intervistato i membri italiani del “Clean hydrogen for buildings” uno dei pillar dell’European Clean Hydrogen Alliance. di Daniele Bettini

«L’anno scorso si muoveva davvero poco, quest’anno invece ci sono giorni in cui l’80% del mio tempo lo passo a lavorare sull’idrogeno; è un tema che è cresciuto con una forza e un impeto davvero incredibile». Si presenta così Federica Sabbati segretaria generale dell’Ehi (European Heating Industry), l’associazione europea che riunisce le maggiori industrie e associazioni del riscaldamento, e coordinatrice del tavolo “Clean hydrogen for buildings” il sesto pillar dell’European Clean Hydrogen Alliance.

Il motivo è abbastanza chiaro: «Tutti si sono resi conto che, se vogliamo davvero raggiungere gli obiettivi di

decarbonizzazione e di neutralità climatica che abbiamo fissato, dobbiamo spingere su un mix di tecno-

Nell’edilizia l’elettrificazione riuscirà a coprire dal 34 al 50% delle necessità, il resto va coperto con altre fonti. L’idrogeno è stata individuata come una delle migliori soluzioni alternative l’industria meccanica 727 | 66


L’Italia vive il paradosso di un sistema industriale in cui la parte finale, quella delle soluzioni, è praticamente pronta: abbiamo le caldaie a condensazione, e un apparato industriale forte nella componentistica. Ma manca ancora la produzione di idrogeno e l’infrastruttura per distribuirlo logie e di fonti energetiche. L’idrogeno è una di queste», spiega Federica Sabbati, «dai dati che indica la Commissione Europea, nell’edilizia l’elettrificazione riuscirà a coprire dal 34 al 50% delle necessità, il resto va coperto con altre fonti. E l’idrogeno è stata individuata come una delle migliori soluzioni alternative». Il tutto in un contesto in cui, continua Sabbati, «l’Italia vive il paradosso di un sistema industriale in cui la parte finale, quella delle soluzioni, è praticamente pronta: abbiamo le caldaie a idrogeno, gli ibridi, le celle a combustibile, la cogenerazione, e un apparato industriale forte nella componentistica. Ma manca ancora la produzione di idrogeno e un’infrastruttura appositamente adattata per distribuirlo». Anche a sentire i partecipanti al tavolo le iniziative e le soluzioni non sembrano mancare: «Ovviamente lavoriamo per far progredire le tecnologie di coibentazione ed efficientemento della casa» chiarisce Federico de’ Stefani, amministra-

tore delegato di Sit, gruppo attivo nella produzione di soluzioni per il controllo del clima e la misurazione dei consumi, «ma non si può neanche pensare che l’idrogeno si possa utilizzare solo per i grandi impianti industriali o i trasporti, altrimenti lasciamo fuori tutto il mondo del riscaldamento domestico che in caso contrario continuerebbe a inquinare. Per questo lavoriamo sulle caldaie. Certo – continua de’ Stefani – il fatto che una caldaia utilizzi idrogeno al 20-30% o 100% cambia molto dal punto di vista delle emissioni, ma stiamo ottenendo risultati importanti. A questo proposito, con le nostre componenti per caldaie e con

i nostri contatori siamo stati selezionati dal ministero dello Sviluppo economico inglese per partecipare a Hy4Heat, un progetto che prevede, tra le altre iniziative, la costruzione di case con utenze domestiche completamente alimentate a idrogeno». «È un tema delicato, come Ici Caldaie lavoriamo da anni sull’idrogeno e lo facciamo fuori dalla nostra zona di comfort, il nostro è stato da sempre un investimento sul futuro» spiega Alberto Zerbinato, Ceo dell’azienda che progetta e realizza generatori di calore industriali, caldaie murali a basamento a gas e civili in acciaio. «E adesso è ora di partire. Noi realizziamo generatori in ambito industriale, certamente non sono dedicati a industrie energivore come nel caso delle acciaierie, ma siamo pronti a proporre soluzioni con l’idrogeno ai nostri clienti. Siamo sicuri che nel 2050 sarà tutto “verde”» continua Alberto Zerbinato, con uno sguardo agli obiettivi fissati dall’Europa per i prossimi trent’anni, «ma nel frattempo non possiamo stare fermi e aspettare. Anche le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza vanno investite entro due anni. Ci vogliono progetti concreti, magari migliorabili, ma bisogna partire. Noi come azienda lavoriamo con molte Università, abbiamo collaborazioni aperte in molti paesi europei, ma abbiamo bisogno e vogliamo che si crei un ecosistema proattivo e virtuoso». Dal punto di vista della progettua-

Il plus sarebbe quello di portare nuove tecnologie in un contesto pubblico, al servizio della cittadinanza

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Off-grid Living Lab Airport Electivillage Fish-farm

H100 Fife

Research Centre

GREEN OCTOPUS ReHeat EU

HYDROBUST

THyGA

Hy4Heat HyDeploy 2

Westkűste 100

HyNet Norty West GREEN OCTOPUS Hydrogen Energy-Yard

HyDeploy 1

Grasshopper The Green Village

HeavenN Uithoorn Wettringen

Stad aan’t Haringvliet Hypos

THyGA

GRHyD

mySMARTLife HyNet(H2-IQ)

Apeldoorn ReHeat EU THyGA Rotterdam-Rozenburg

H21

H2-Island Kemnitz Hamburg-Othmarschen project

Sustainable Ameland

THyGA

ADH2x THyGA

Energieregion Stassfurt

Erdgas Mittelsachsen Thűgagroup Haßfurt city Sachsenenergie ReHeat EU

GREEN OCTOPUS SmartQuart Neue Weststadt - Esslingen Energiepark Mainz

Chateauneuf

Project KRUH2

get-H2 Nord DVGW H2-Quality

GREEN OCTOPUS

Wasserstoffmodellregion Saar

“H2-20” AVACON

Tauron

Wunsiedel Fichtelgebrige

Hephaestus Hydrogen Silesia Power SBB Energy

LAVO

ReWest 100

Sticky Stack

ReHeat EU

Thűgagroup

Öhringer-H2-Insel

BLUE DANUBE

Industrial Innovation Campus Roadmap Gas 2050

H2 Loop

Augsburg

Wasserstoffhau Irschenhausen H2SmartGrid erdgas Schwaben H2-Ready Gas Metes H2GasQualityTracking

Badenova

Thűga AG

ReHeat EU

BLUE DANUBE GREEN OCTOPUS

ReHeat EU Italgas

ReHeat EU THyGA ReHeat EU

Gruppo Hera & Snam

KRL HYDROGEN INNOVATION CENTER GREEN CRANE H2SAREA White Dragon

POWER SKID Seixal

AHLAS PROJECT ASTURVALCAR

Mappa elaborata su dati European Clean Hydrogen Alliance (giugno 2021) La maggior parte dei progetti è attiva o inizierà entro il 2024

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edilizia e IDROGENO, I PROGETTI IN CORSO E FUTURI

Cluster of buildings

River Wind

Progetto per rete di distribuzione 100% idrogeno

ReHeat EU

Miscele di idrogeno e metano (bio/synthetic) nella rete del gas (fino al 20% di idrogeno)

ZEBRA Hydrogenica

Calore ed energia centralizzati con utilizzo di idrogeno per reti di teleriscaldamento e raffreddamento

Calore ed energia off-grid e decentralizzati con utilizzo di idrogeno

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European Clean Hydrogen Alliance, cos’è? Il progetto europeo mira alla diffusione delle tecnologie dell'idrogeno entro il 2030, ponendosi come obiettivo la costruzione di una sua leadership globale in questo settore, per raggiungere la neutralità del carbonio entro il 2050. La Clean Hydrogen Alliance riunisce l'intera catena del valore: investitori, partner governativi, istituzionali e industriali nel tentativo di realizzare una catena di approvvigionamento completa ed efficiente per fare dell'Europa un continente leader nel settore dell'idrogeno verde. Inoltre la Clean

lità l’impegno delle imprese che partecipano al sesto tavolo dell’European Clean Hydrogen Alliance non è certo di poco conto, Federica Sabbati, Ehi, sta mappando i “lavori in corso” anche per dare un’idea di quelli che sono i progetti in campo (ovviamente nel suo settore di riferimento) che a oggi sono poco meno di un centinaio. Dalla mappa, è bene sottolinearlo emergono pochi progetti italiani, ma questo deriva dal fatto che molti player del nostro paese realizzano componenti che poi vengono utilizzati in tutti i progetti europei. «L’obiettivo del tavolo non è direttamente operativo, ma piuttosto una raccolta di tutta una serie di esperienze e necessità da sistematizzare» spiega Massimiliano Riva, Chairman di Gelsia, fornitori di gas metano e di energia elettrica, la terza azienda italiana presente in questo panel, «un modo per mettere a fattore comune conoscenze e competenze anche da un punto di vista

Hydrogen Alliance ha lo scopo di coordinare l'azione e fornire un ampio forum per coinvolgere la società civile, in un contesto della nuova strategia di integrazione del sistema energetico. Per questo motivo sono state istituite sei tavole rotonde responsabili del lavoro operativo dell'alleanza; tra queste, la Clean hydrogen for buildings per parlare di riscaldamento domestico, cogenerazione e solid oxide fuel cells, e operare in gruppi di lavoro tematici.

normativo, per esempio, perché il contesto si sta evolvendo molto velocemente. Come Gelsia abbiamo un progetto – siamo al 70% del percorso – che vorremmo applicare in un centro sportivo già sotto la nostra gestione per tutti gli aspetti di fornitura di gas, elettricità ed efficientamento. Stiamo lavorando

per installare una serie di fuel cells (celle a combustibile NdR) con pile ad ossido solido che, avendo come input gas, sono in grado di produrre elettricità in maniera efficiente. Il plus sarebbe quello di portare nuove tecnologie in un contesto pubblico, al servizio della cittadinanza».

Non si può pensare che l’idrogeno si possa utilizzare solo per i grandi impianti industriali o i trasporti, altrimenti rimarrebbe escluso tutto il mondo del riscaldamento domestico che in caso contrario continuerà a inquinare

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ACQUA

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GOCCIA DOPO GOCCIA Innovare e automatizzare i sistemi di pompaggio può ridurre lo spreco di acqua nelle reti di Simone Gila e Lucrezia Benedetti

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Su quali progetti puntiamo per migliorare le infrastrutture degli acquedotti Intervista ad Armando Carravetta, professore del dipartimento di Ingegneria civile, edile e ambientale dell’Università Federico II di Napoli

I

nvestire per innovare e automatizzare i sistemi di pompaggio è importante, ma perché? Quando si parla della necessità di investire nelle infrastrutture acquedottistiche ci si riferisce in genere alla riduzione delle perdite idriche. Questo significa semplificare eccessivamente il problema ambientale ed economico legato al trasferimento idrico nei settori idropotabile, irriguo e industriale. E i gestori e le multiutilities che vantaggi possono ottenere da questi investimenti? Occorre ragionare su tre aspetti fondamentali nella gestione delle reti idriche: la disponibilità della risorsa, la qualità dell’acqua e l’energia necessaria al suo trasferimento. Questi tre aspetti, da cui dipendono le caratteristiche del servizio idrico in ciascun

ambito territoriale, concorrono a determinare il prezzo a metro cubo per l’utente finale. Le innovazioni tecnologiche degli ultimi anni possono ridurre in maniera consistente questo costo, senza alcun aggravio nella gestione degli impianti. E nella visione di futuro che stiamo creando, sempre più in ascolto della natura e delle sue esigenze, cercando di avere un minor impatto i nuovi sistemi di pompaggi potrebbero aiutarci? Dobbiamo chiederci innanzitutto se le reti idriche rispondono ai requisiti di sostenibilità ambientale che sono richiesti ai nostri giorni. A distanza di decine di anni dalla progettazione delle opere idrauliche e con ampliamenti e modifiche avvenuti in tempi successivi, abbiamo perso ormai la visione unitaria del

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sistema idrico. L’assenza di adeguati investimenti ha, poi, determinato vere e proprie crisi infrastrutturali in ampie aree del paese. Il peso relativo dei tre diversi aspetti sopra citati – disponibilità, qualità e energia – è cambiato nel corso degli ultimi decenni. L’attenzione per l’ambiente è diventata un aspetto fondamentale per l’economia mondiale. In questo intervengono anche misure europee. La Comunità Europea mira a ridurre con decisione le dispersioni idriche e i costi energetici connessi con il trasferimento dell’acqua, garantendo standard di qualità adeguati. Le recenti direttive e norme sull’ecodesign di pompe e motori rendono i prodotti più efficienti e meglio integrati con il sistema idrico di cui fanno parte. Assopompe, federata Anima, che raggruppa le industrie italiane produttrici di elettropompe, ha contribuito a sviluppare queste norme in modo da favorirne una più immediata applicazione per gli end user. Attraverso periodici audit energetici degli impianti di sollevamento è possibile riconfigurare la gestione delle reti in modo da ri-


durre i consumi idrici ed energetici. Questa complessa operazione può essere affrontata costituendo gruppi di lavoro che mettano insieme le competenze interne dei gestori con quelle di esperti esterni. Il laboratorio HELab dell’Università di Napoli Federico II ha già in corso questo tipo di attività in supporto a importanti multiutilities. Sarebbe utile incentivare queste iniziative, consentendo al gestore di disporre di una quota percentuale più consistente dei risparmi ottenuti con gli interventi di efficientamento energetico, rispetto alla quota minimale attualmente prevista. Nell’ambito europeo, nello specifico del progetto Redawn, di cui lei è membro attivo, che mira a promuovere l’adozione della tecnologia di recupero dell’energia idroelettrica nelle reti idriche costruite nell’Area Atlantica, ci sono esempi da cui l’Italia può prendere esempio? L’intero ciclo idrico presenta notevoli criticità in tutti i paesi europei. Le infrastrutture idriche sembrano elementi forti e molto duraturi essendo spesso in opera da molti decenni, ma sono invece intrinsecamente poco resilienti. Per effetto delle variazioni climatiche sono oggi sottoposte a maggiori sollecitazioni. C’è una scarsità generalizzata della risorsa idrica di migliore qualità per uso idropotabile e si registra una maggiore domanda

Attraverso periodici audit energetici degli impianti di sollevamento è possibile riconfigurare la gestione delle reti in modo da ridurre i consumi idrici ed energetici nel settore irriguo. Un’altra conseguenza è la presenza di eventi meteorici estremi, al momento non prevedibili, con piogge brevi e intense, smaltite con difficoltà dalle reti di drenaggio esistenti. Proprio per effetto della scarsità della risorsa, le preoccupazioni sull’eccessiva entità delle perdite idriche sono piuttosto generalizzate a livello europeo. Gli studi scientifici e la pratica tecnica hanno portato a metodi di riabilitazione condivisi a livello europeo. In aggiunta alla sostituzione dei tratti di condotta maggiormente deteriorati, una riduzione generalizzata delle perdite idriche può essere ottenuta tramite un controllo dinamico delle pressioni in rete, in modo da mantenerle costantemente su valori ottimali. Questo obiettivo può essere risolto dissipando l’energia idraulica in esubero con valvole di regolazione, o regolando dinamicamente la pressione fornita dalle centrali di pompaggio. Questo secondo approccio è quello suggerito dalle norme sull’ecodesign delle pompe in modo da ridurre anche i consumi energetici.

Opere idrauliche di decine di anni fa e l’assenza di adeguati investimenti hanno determinato vere e proprie crisi infrastrutturali in ampie aree del Paese

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Il progetto europeo quindi come si sta muovendo? Il progetto Redawn si spinge ancora più avanti dal punto di vista tecnologico, proponendo un recupero energetico nei punti della rete in cui c’è da dissipare una pressione in esubero. Questa energia potrà essere immessa nella rete elettrica o utilizzata localmente. Infine, dato che i piani di investimento dovrebbero destinare una buona parte di risorse al sud, quali sono, secondo lei, gli investimenti più urgenti da attivare? Le infrastrutture idrauliche concepite nell’ambito degli interventi della Cassa per il Mezzogiorno garantiscono i grandi trasferimenti idrici a livello regionale e interregionale. Alcuni di questi grandi adduttori possono presentare una naturale obsolescenza e la necessità di interventi di riabilitazione. A livello di ambito territoriale occorre uno sforzo maggiore, perché l’intensa urbanizzazione ha portato a una crescita incontrollata delle reti idriche con funzionamenti non compatibili. Spesso si osservano anomale riduzioni delle pressioni anche nelle condotte degli acquedotti esterni per effetto di serbatoi di compenso di capacità insufficiente per garantire le variazioni di domanda. In molte realtà sono presenti serbatoi e pompe di rilancio private al piede degli edifici, per garantire la pressione minima nelle abitazioni.


Come intervenire quindi? Queste situazioni vanno affrontate con decisione perché pregiudicano la buona qualità delle acque, determinano stress nelle condotte, incrementano le perdite idriche e aumentano i consumi energetici. A livello generale, indipendentemente dall’area del Paese in cui vengono destinate le risorse, occorrerebbe determinare

la priorità degli investimenti. Tutti i gestori dovrebbero dotarsi di un piano di interventi incentrato sulle criticità precedentemente esposte che soddisfi due prerequisiti: inquadrare gli interventi in una visione organica del funzionamento della rete e valutare i benefit economici e ambientali di ciascun intervento in maniera completa.

Quando il sistema funziona: la water efficiency dell’Acquedotto Pugliese Intervista a Francesca Portincasa, coordinatore industriale e direttore reti e impianti

L

’Italia si colloca tra i paesi più ricchi di risorse idriche, potendo vantare una disponibilità teorica annua di 2.700 m3 pro-capite; tuttavia, la domanda idropotabile non risulta soddisfatta. Acquedotto Pugliese, nel nostro paese, rappresenta una realtà virtuosa nella gestione delle reti idriche, con reti per 20.000 km al servizio di oltre 4 milioni di cittadini, 12.000 km di reti fognarie e 184 depuratori. L’azienda rappresenta uno tra i mag-

giori player nazionali nella gestione del ciclo idrico integrato e una delle opere d’ingegneria civile più complessa d’Europa, in grado di garantire l’approvvigionamento di acqua potabile alla Puglia (100% della popolazione), alla Basilicata (25%) e alla Campania (2%). Le stime della Commissione Nazionale di Vigilanza sulle Risorse Idriche rilevano una perdita media di circa il 40% di acqua da

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parte delle reti idriche italiane. A cosa è dovuta questa situazione, e come migliorarla? La tutela e la valorizzazione della risorsa idrica oggi è un impegno irrinunciabile, come testimoniato, tra l’altro, dai cambiamenti climatici in atto. Noi siamo impegnati nel fronteggiare le conseguenze legate ai cambiamenti climatici in atto e ridurre la vulnerabilità del sistema nel lungo periodo a causa della scarsità di


Grazie alle strategie messe in campo e l’introduzione di innovative tecnologie per la pre-localizzazione delle perdite, gli operatori di Acquedotto Pugliese sono in grado di investigare in modo mirato porzioni di rete, pianificando le attività sulla base di obiettivi di efficacia ed efficientamento acqua. In quest’ottica, l’azienda sta puntando allo sviluppo di quattro direttrici di azione: il risanamento delle perdite, la ricerca di nuove fonti, la dissalazione delle acque e il riuso delle acque di depurazione. Per il risanamento delle reti, Acquedotto Pugliese – con un livello di perdite in linea con i dati nazionali – ha varato una manovra straordinaria da oltre 2 miliardi di euro. Un piano partito nel 2021 che vedrà il suo completamento nel 2043. Intanto, con una spesa di 80 milioni, destinati alla realizzazione di 155 chilometri di nuove reti in 21 comuni, ha preso il via il progetto denominato “Risanamento Reti 3”. A seguire, prenderanno l’avvio il progetto di “Risanamento Reti 4”, che prevede un investimento di 637 milioni di euro per la sostituzione e la distrettualizzazione di reti in 94 comuni, e il progetto di “Risanamento Reti 5”, che riguarderà 115 comuni per un importo di 1,2 miliardi. Come avviene il monitoraggio delle perdite e la manutenzione delle reti idriche? Oltre alle azioni straordinarie, Acquedotto Pugliese è impegnato quotidianamente in interventi ordinari di manutenzione delle condotte idriche. Nel 2020 le squadre di Acquedotto Pugliese hanno infatti ispezionato complessivamente 4.900 chilometri di rete, localizzando 3.900 perdite.

Nell’ambito della ricerca di nuove fonti sono allo studio progetti per poter sfruttare fonti idriche importanti e attualmente inutilizzate lungo la direttrice Adriatica. Al contempo, la società è impegnata nei progetti di dissalazione delle acque. Alle Isole Tremiti, entro il 2026, entrerà in esercizio il primo moderno dissalatore idropotabile della Puglia. Un altro tema di grande rilevanza è il riuso acque di depurazione. Acquedotto Pugliese promuove una gestione sostenibile delle acque di depurazione e in particolare il loro riuso. Attualmente sono dieci gli

sul comparto depurativo, segno della nostra costante attenzione al tema. Tecnologia e innovazione rappresentano due punti cardine nel vostro continuo processo di sviluppo. Come si sta muovendo Acquedotto Pugliese in questo senso? Per l’ottimizzazione della gestione idrica, Acquedotto Pugliese ha diversificato il proprio approccio puntando in particolare su strategie di asset management e innovazione tecnologica. Tra gli interventi strategici vi è il

La capacità di sviluppo dell’azienda risiede nella sua storia, infatti la società gestisce il servizio idrico integrato per l’intera Puglia da un secolo, fin dall’inizio con un approccio innovativo che tuttora consente di essere al passo con i tempi impianti di affinamento per il riuso delle acque depurate, di cui quattro per il riuso in agricoltura e due per il riuso ambientale. Con l’introduzione di nuove tecnologie e processi sostenibili nel 2020 abbiamo investito oltre 66 milioni

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pressure management, inteso non solo come uno strumento di controllo delle perdite, ma anche di gestione della domanda idrica, di conservazione della risorsa e di miglioramento del servizio ai clienti, grazie al minor numero di interruzioni del servizio.


A tali interventi si sono aggiunti la realizzazione dei Distretti (Dma, District Metered Area) per la redazione di bilanci delle reti di distribuzione e il controllo attivo dei volumi di perdita e di recente la campagna massiva di sostituzione di oltre un milione di contatori meccanici con smart meter di ultima generazione. Oggi, grazie alle strategie messe in campo e l’introduzione di innovative tecnologie per la pre-localizzazione delle perdite (satellitari, georadar, microonde, correlatori), gli operatori di Acquedotto Pugliese sono in grado di investigare in modo mirato porzioni di rete, pianificando le atti-

vità sulla base di obiettivi di efficacia ed efficientamento. Allo stesso tempo, visto il forte legame tra acqua ed energia nei sistemi in pressione, Acquedotto Pugliese sta portando avanti, ormai da diversi anni, analisi energetiche associate all’analisi idraulica, al fine di individuare le migliori strategie di “watergy efficiency” dei sistemi. Il risultato è il soddisfacimento della domanda con il minor impiego possibile di risorse idriche e di energia. Pnrr, un’occasione di ammodernamento per le reti idriche in tutta Italia.

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Gli incentivi previsti dal Pnrr possono costituire un’opportunità senza precedenti per il nostro paese, potranno consentire l’adozione di progetti strategici volti a colmare le criticità strutturali del settore. Per dare la dimensione del fenomeno, si evidenzia in ogni caso che Acquedotto Pugliese ha candidato, attraverso la Regione Puglia, interventi per un ammontare complessivo superiore a 200 milioni a fronte di risorse presenti nel Pnrr e destinate alla Tutela del Territorio e della risorsa idrica nel Mezzogiorno, che sarebbero pari a 330 milioni.


Le pompe superano la prova dell’efficienza e si concentrano sul controllo da remoto Intervista a Vanni Vignoli, nuovo presidente di Europump

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è incentrata solo sul prodotto – afferma Vanni Vignoli – ma è, più in generale, sul discorso di soluzione. A livello europeo stiamo ragionando sul prodotto nel suo complesso, partendo dalla sviluppo di apparati

garantire la soluzione più completa - prosegue Vignoli - con sempre più elettronica di controllo, e una manutenzione predittiva consentita nel momento in cui la pompa, spesso installata in punti poco accessibili

Il settore continua a finanziare attività di ricerca e sviluppo per migliorare l’efficienza energetica dei prodotti e il risparmio idrico, ma lo sviluppo di tecnologie “intelligenti” è attualmente in primo piano

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fficienza energetica e risparmio idrico: dopo avere compiuto notevoli passi avanti nell’ultimo decennio in questi campi, il comparto delle pompe civili e industriali ora si concentra sull’analisi dei dati e l’integrazione dei prodotti con le reti idriche. «Il settore continua e finanziare attività di ricerca e sviluppo per migliorare l’efficienza energetica dei prodotti e il risparmio idrico, ma lo sviluppo di tecnologie “intelligenti” è attualmente in primo piano» sono queste le parole di Vanni Vignoli, Corporate marketing manager di Caprari Spa e presidente neoeletto di Europump, l’associazione di categoria che rappresenta a livello europeo i costruttori di pompe. «L’attività di ricerca e sviluppo non

di controllo e monitoraggio del funzionamento dei prodotti stessi, che possano essere sorvegliati principalmente da remoto». Oltre a fabbricare prodotti efficienti, è quindi fondamentale controllare da remoto i malfunzionamenti per una manutenzione tempestiva, al fine di intercettare eventuali cali di prestazione in tutta la rete idrica, non solo nel motore o nella pompa in funzione. Tramite i prodotti di ultima generazione è quindi possibile controllare con sempre maggiore precisione il funzionamento del prodotto e eventuali anomalie della rete idrica; l’esigenza è nata proprio dalle richieste dei gestori di reti idriche, con i quali le aziende del settore e le associazioni di categoria collaborano da diversi anni. «Dobbiamo

Per incentivare eventuali cali di prestazione in tutta la rete idrica è fondamentale controllare da remoto i malfunzionamenti per una manutenzione tempestiva 79 | l’industria meccanica 727 | No 2 2021

e non a contatto quotidiano con il lavoratore (es: un pozzo), può essere continuamente monitorata». Vengono valutati diversi parametri di vibrazione, pressione, portata, assorbimento di potenza, con dati costantemente inviati a una cabina di regia; quando si presentano determinate variazioni nei parametri, allora si interviene per manutenere la pompa in funzione, anticipando il problema. A livello italiano ed europeo, le associazioni di categoria stanno lavorando anche sul tema dell’Internet of Things. Come conferma Vignoli, «Attualmente sono attivi diversi tavoli di lavoro in seno ad Assopompe ed Europump sull’IoT. La discussione si svolge principalmente sul modello di comunicazione e di controllo. Stiamo lavorando a un sistema aperto ad “esterni”, per fare in modo che i modelli stessi delle varie aziende possano essere interconnessi e che possano comunicare con sistemi esterni, per esempio, di elettronica. Questa è sicuramente un’importante sfida per il futuro: trasformare quello che, oggi, è un sistema chiuso, in un sistema “open”».


Rubinetteria sanitaria: bonus per il risparmio idrico, malus per i decreti attuativi Previsti incentivi per rubinetti e soffioni doccia di ultima generazione, che permettono una riduzione dei consumi

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e, da un lato, l’Italia (e l’Europa intera) sta lavorando per ridurre le emissioni di almeno il 55% entro il 2030, dall’altro lato è stato momentaneamente messo da parte un discorso altrettanto importante come quello del risparmio idrico. O meglio, sono stati previsti investimenti e incentivi (grazie ai fondi del Recovery Fund) per ridurre le consistenti perdite degli acquedotti italiani, ma non c’è ancora stato un intervento concreto per quanto riguarda la riduzione dei consumi di acqua da parte di edifici e abitazioni. Le istituzioni stavano infatti lavorando al cosiddetto “Bonus idrico”,

la cui effettiva entrata in vigore era prevista per il 1° marzo 2021 - per poi essere slittata a data da definirsi. Si tratta di un’incentivazione fiscale dedicata al risparmio idrico nelle riqualificazioni edilizie, introdotta nella legge di bilancio 2021. La norma, non ancora attiva a causa della mancanza dei decreti attuativi, prevede la possibilità per i contribuenti persone fisiche di usufruire di mille euro, da utilizzarsi entro la fine del 2021, per interventi di sostituzione di rubinetterie sanitarie, soffioni e colonne doccia a portata ridotta, oltre alla sostituzione di vasi sanitari in ceramica con apparecchi

L’entrata in vigore del “Bonus idrico” era prevista per il 1° marzo 2021, ma mancano ancora i decreti attuativi. La norma prevede la possibilità di usufruire di mille euro per interventi di sostituzione di rubinetterie sanitarie

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nuovi aventi un volume massimo di scarico non superiore a sei litri. Le nuove tecnologie nel settore della rubinetteria e dei sanitari permettono infatti di ottenere gli stessi risultati, in termini di praticità e di comfort, utilizzando una quantità minore di acqua del 15-20%. Moltiplicando questo dato per tutti i potenziali utenti che potrebbero sostituire rubinetti e soffioni doccia, il risultato significa migliaia di metri cubi di acqua risparmiati in un solo mese. Come dichiarato dal vicepresidente Avr, l’associazione federata Anima Confindustria che rappresenta i produttori italiani di valvolame e rubinetteria, Maurizio Bellosta, «in un momento storico in cui l’utilizzo delle risorse e le tecnologie green ricevono un’attenzione sempre crescente, è di fondamentale importanza l’attuazione del Bonus Idrico in un’ottica di risparmio della risorsa idrica. Le nuove tecnologie del settore della rubinetteria permettono infatti un notevole risparmio di


acqua, che si riflette inoltre su una maggiore efficienza delle caldaie e una riduzione dell’inquinamento». Per quanto riguarda la mancata entrata in vigore dei decreti attuativi, «è comprensibile il ritardo a causa dei grandi cambiamenti politici che l’Italia ha vissuto in questi mesi – prosegue Bellosta – ma adesso è il momento di agire. Tutto il settore era fiducioso di avere una risposta concreta dalle istituzioni, che però tarda ad arrivare. Adesso è il momento giusto per attivare il Bonus idrico, l’acqua è un bene comune fondamentale: ribadiamo quindi l’importanza del Bonus, non solo per il vantaggio concreto che potranno avere tutti gli acquirenti e gli utenti finali, ma soprattutto per l’opportunità di risparmio idrico per l’intera nazione. Abbiamo l’opportunità di effettuare un cambiamento importante, ora è necessario agire».

Adozione volontaria dell’Art.137 per la manutenzione delle reti idriche Tema importante per il risparmio di acqua è certamente l’ammodernamento della rete idrica italiana, che attualmente spreca il 40% di acqua a causa della vetustà degli acquedotti e dell’uso di materiali di bassa qualità importati da paesi terzi che rendono spesso difficile, se non impossibile, una efficace manutenzione. Una prima soluzione potrebbe essere l’adozione volontaria dell’Art. 137 del “Codice appalti” per destinare alle aziende italiane ed europee almeno il 50% degli importi totali delle commesse pubbliche potrebbe sanare velocemente la situazione provocando un duplice effetto “virtuoso”: • gli enti appaltanti dovrebbero necessariamente acquistare tecnologie prodotte in Italia ed in Europa, riconosciute qualitativamente superiori a livello mondiale, che consentirebbero agli enti

appaltanti di ammodernare gli acquedotti e far risparmiare nel lungo periodo le amministrazioni, le società di gestione e di conseguenza i cittadini. • verrebbe assicurato lavoro alle aziende italiane ed europee grazie alla destinazione del 50% dell’ammontare di ogni singola commessa che permetterebbe di contribuire concretamente alla creazione e al mantenimento di posti di lavoro in Italia e in Europa. Su questa scia si è già mossa negli scorsi mesi la Francia, il cui Ministero dell’Industria ha avviato iniziative significative per favorire l’adozione volontaria dell’articolo 137 da parte delle stazioni appaltanti francesi. Come risultato, già lo scorso autunno ben 80 tra le maggiori stazioni appaltanti francesi avevano aderito a questa normativa e sempre più ne sono attese considerando il forte impegno in questo senso da parte del Governo francese.

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Tecnologia, novità da tenere d’occhio Una selezione delle soluzioni più interessanti per la meccanica

RUBRICA

Approfondimenti su www.industriameccanica.it

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controllo della temperatura Il comfort si fa smart Caleffi Code è il sistema di controllo della temperatura, adatto sia per impianti di riscaldamento a radiatori sia a pavimento. La sostituzione dei vecchi comandi termostatici per radiatori permette il controllo del comfort di ogni ambiente diventando così più preciso tramite l’uso dello smartphone. Il sistema è composto da quattro elementi che comunicano tra loro: il comando termostatico Comfort Control da applicare ai radiatori, il sensore da installare negli ambienti, il Gateway o centralina IoT che controlla tutti i comandi installati e l’app per la programmazione e controllo in remoto. Per gli impianti radianti è disponibile il Sensor versione Pro. www.caleffi.com

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EFFICIENTAMENTO Pompe a cassa divisa La serie Skd Saer, consta di più 80 modelli (da 15 a 1200kW), con portate sino a 4500 m³/h. I doppi anelli di usura di serie, ed il disegno a doppia voluta garantiscono resistenza nel tempo, con elevate capacità di aspirazione, oltre all’attenzione per il design. Disponibile sia in configurazione orizzontale o verticale, in diverse tipologie di materiali (ghisa, Aisi 316, bronzo, super duplex) e tenute; la serie trova impiego in svariati settori ed applicazioni: civile, industriale, agricolo, minerario ecc. www.saerelettropompe.com

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POMPE K+ Energy con sistema non-stop K+ Energy è l’elettropompa Caprari dedicata alla gestione delle acque reflue. Grazie al brevetto internazionale del sistema di raffreddamento Dry Wet System, permette di utilizzare un solo modello di elettropompa sia in applicazioni in camera asciutta che sommersa. La gamma K+ Energy si amplia e comprende tutti i modelli per piccole e medie portate ed è affidabile anche quando i livelli dei liquidi presenti nella vasca non sono conosciuti. Inoltre dispone della sonda di conduttività in camera olio, delle sonde di temperatura e della presenza della doppia tenuta meccanica, soluzioni costruttive volte a garantire la protezione della parte elettrica. www.caprari.it

VALVOLE Meno giunzioni idrauliche Le nuove valvole Reverso di Enolgas Bonomi spa presentano un raccordo per multistrato direttamente innestato nella valvola, per connessione sotto caldaia o per collettori. Questa gamma unisce la praticità delle valvole per attacco collettore maschio o girello ai raccordi per tubo multistrato. La serie comprende valvole dritte, a squadra con levetta superiore e a squadra con levetta frontale. Con la serie Reverso multistrato non serve più utilizzare un ulteriore raccordo per la connessione al tubo multistrato perché si avranno meno giunzioni idrauliche e un’installazione più compatta e più funzionale. www.enolgas.it

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FILTRI ELETTRICI Riduzione del rischio di contagio Clivet offre una gamma di soluzioni per ricambio, purificazione e sanificazione dell’aria come i sistemi di ventilazione meccanica controllata con recupero termodinamico attivo. ElfoFresh Eevo è pensato per abitazioni e ambienti medio-piccoli, ElfoFresh Large e Zephir3 per edifici più grandi, e sono dotati di filtri elettronici. I sistemi Rooftop, come ClivetPack2 con portate aria da 3.200 a 60.000 m3/h, sono ideati per la climatizzazione di grandi spazi a medio e alto affollamento o applicazioni in cui sia necessario il ricambio totale dell’aria. Inoltre possono essere applicati filtri elettronici e lampade UV-C ad azione germicida. www.clivet.com CLIMATIZZAZIONE Un sistema monoblocco integrato, classe energetica A++ Aquapump Hybrid, di Apen Group, è un’unità monoblocco per esterno, composto da caldaia a condensazione e pompa di calore idronica con inverter, già assemblate elettricamente e idraulicamente con circuito frigorifero chiuso e collaudato. È progettata per la produzione di acqua calda e fredda attraverso l’utilizzo di energia rinnovabile in un sistema ibrido in un solo prodotto in configurazione one-package. AquaPump Hybrid è un prodotto plug and play con regolazione integrata. È sufficiente il collegamento idraulico della mandata e del ritorno dell’acqua all’impianto, il collegamento della linea gas e quello dell’alimentazione elettrica e poi si inserisce la spina. Il sistema è inoltre gestito da un controllo avanzato con Sistema Touch-screen intelligente. www.apengroup.com

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SICUREZZA Unità di comando portatile L’ Enabling&Stop è la soluzione Autec progettata per le pulsantiere wireless, che permette l’avvio del radiocomando monitorando in continuazione la presenza dell’operatore grazie al pulsante laterale che deve essere mantenuto premuto durante l’uso. Il rilascio o la pressione a fondo del pulsante a 3 posizioni arresta la macchina in sicurezza. Le unità di comando portatili inoltre possono essere fornite di display a colori personalizzabili da 1.8”, 4.3” e 7”, programmabili per diventare un’interfaccia uomo-macchina remota e monitorare le funzioni di lavoro di macchine di sollevamento/movimentazione, magazzini automatici e simili. www.autecsafety.com

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LOGISTICA F 4010 Cold: meno dispersioni termiche La porta rapida a impacchettamento di Hörmann, la F 4010 Cold, è ideale per ambienti interni con temperature fino a -30°C. Questa chiusura, non solo vanta un manto triplo, in tessuto antistrappo, in grado di ridurre le dispersioni termiche, ma presenta anche una velocità di apertura di 1 m/s ed è dotata di telaio riscaldato che agevola lo scorrimento. F 4010 Cold soddisfa i requisiti della norma Din En 13241-1 in materia di sicurezza. www.hormann.it

STOCCAGGIO Neos Tri Cushion, trilaterale per esterni Progettato e concepito per la movimentazione di carichi in corsie di lavoro strette, il nuovo Neo Tri Cushion di Omg consente di stoccare pallet dal peso di 1250 kg a 7500 mm oppure 1500 kg a 6750 mm di altezza. Le ruote cushion permettono sono di ampie dimensioni e ne permettono l’uso in magazzini esterni, che per esigenze logistiche, debbano essere maggiormente compatti (con corsie con distanza tra i carichi di 1800 mm). La macchina è dotata sia di una funzione di brandeggio del montante sia di una funzione di rotazione in corsia che consente di spostare un carico da un lato all’altro senza la necessità di uscire dalla corsia stessa. www.omgindustry.com

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TH

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AUTOMAZIONE

MOVIMENTAZIONE

Robot per automatizzare flussi logistici Agilox Ocf (Omnidirectional Counterbalanced Forklift), è il robot omnidirezionale e controbilanciato di Cls, dotato di Ia e sviluppato per il trasporto autonomo delle merci. Progettato per automatizzare flussi logistici, è in grado di prelevare pallet e altre unità di carico con un peso massimo di 1.500 kg, trasportarli a destinazione e appoggiarli ad altezze che possono arrivare fino a 1.600 mm. Inoltre, è in grado di organizzare in totale autonomia i percorsi migliori per portare a termine i task secondo i principi decentralizzati dell’intelligenza collettiva degli sciami.

Carrelli elevatori elettrici L’efficienza del traslatore Elecrix di Cascade è dovuta alla tecnologia dei cuscinetti a rulli, che garantisce un movimento fluido e a basso sforzo dell’unità. Inoltre, il sistema di attuatori completamente elettrici fornisce la massima precisione nel posizionamento, in modo che le forche e il carrello siano sempre esattamente dove serve per la movimentazione del carico. Il collegamento elettrico consente facili funzionalità “plug and play”, quindi anche l’installazione è più semplice. Un sistema completamente elettrico offre anche l’opportunità per acquisire informazioni preziose per l’ottimizzazione delle attrezzature per gli Agv. www.cascorp.com

www.cls.it

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8th Edition

S AV E E ! T T H E DtoAber ‘21

An exhibition audited by

7- 9 Oc a, Italy Piacenz

106/2017 GISX17S1

106/2019 GISX19R

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Giornate Italiane del Sollevamento RR e dei Trasporti Eccezionali

GiornateItaliane Italianedel del Sollevamento Sollevamento ee dei Giornate dei Trasporti TrasportiEccezionali Eccezionali The Lifting, Industrial & Port Handling and Heavy Transportand Show TheLifting, Lifting,Industrial Industrial & Port Port Handling Handling Heavy The & and HeavyTransport TransportShow Show Piacenza, Italy October 2021 Piacenza, 7-97-9 Ottobre 2021

Piacenza, 7-9 Ottobre 2021

AMONG THE CONFIRMED EXHIBITORS AT GIS 2021 ANNA

iTek4

SOLUTIONS ON THE MOVE

BLU PANTONE 294

CONFINDUSTRIA PIACENZA

ANNA

TALIANA PRESSURE NE I EQ ZIO UI IA

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Supporting Associations FOUN

DED 2014

Dal 1946

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1975

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For info and stand bookings ph. +39 010 5704948 - info@gisexpo.it Associazione Porti Italiani (ASSOPORTI) · Via dell’Arco De’ Ginnasi, 6 · 00186 Roma C.F. 80213650585 · phone +39 06 6876193 · fax +39 06 6876550 · www.assoporti.it · info@assoporti.it

www.gisexpo.it 91 | l’industria meccanica 727 | No 2 2021


Manuale oggi e information service domani: cosa cambia con la digitalizzazione di Vilma Zamboli, titolare e direttore tecnico Writec, in collaborazione con Crit e Icim Group

Oggi i manuali sono a corredo di tutti i prodotti fisici e degli applicativi software. Direttive comunitarie e norme internazionali ne hanno sancito l’importanza per l’utente finale, il cliente. E proprio perché sono le persone quelle che interagiscono con questi “oggetti”, la loro modalità di interazione muta nel tempo, in base all’evoluzione della tecnologia cambiano aspettative e comportamenti. Da questi presupposti parte la visione moderna dell’informazione tecnica, che convogliata su canali diversi e distribuita ai clienti ne soddisfa le esigenze e può essere trasformata in un servizio.

1.

A livello di singola interazione: per esempio, telefonare per chiedere assistenza tecnica (quindi un solo compito da portare a termine, e normalmente un solo dispositivo da usare)

2.

Customer o user experience

A livello di viag g io verso un obiettivo (customer journey): la telefonata all’assistenza può proseguire con la condivisione dello schermo, o con l’interazione con degli occhiali per l’assistenza remota. Successivamente può produrre un report per accettazione dell’intervento di assistenza, o segnalare un componente o un utensile danneggiato (più canali e dispositivi)

Ogni business si focalizza sempre di più nel garantire ai clienti un’eccellente esperienza con i loro prodotti e servizi. Secondo Gartner (2019), oltre il 75% delle organizzazioni hanno aumentato gli investimenti nelle innovazioni della customer experience. Cos’è la customer experience (CX) o user experience (UX)? Una volta c’era la netta distinzione tra l’esperienza del cliente con l’azienda che offre un prodotto o un servizio, e l’esperienza dell’utente con il prodotto o servizio stesso. Ora con il termine customer experience, si considerano tutte le interazioni che un cliente ha nel tempo con l’azienda e con il prodotto o servizio. Si definisce quindi l’esperienza del cliente a tre livelli diversi:

A livello di relazione: per tutta la durata della vita di una macchina la disponibilità delle parti di ricambio, l’attenzione a fornire rapidamente parti critiche, l’attenzione a proporre dei retrofit per migliorare la produzione o a proporre macchine in alternativa a quella con tecnologie ormai desuete. A questo livello riportiamo le relazioni cliente-azienda vissute nelle loro totalità e le impressioni generali del cliente verso l’azienda, fino alla dismissione del prodotto o alla chiusura del servizio

3.

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Visual design

User psychology

Interaction Design

IA

Content strategy

Anticpating user actions

Seamless transitions

Orchestrated based on data

Interaction level UX

Consistency across channels

Navigation

Interaction level

Streamlined journey steps

Journey level

Mailers & packages

Customer service

Interaction and journey UX

Brand

Value & offerings

Ad Campaigns

Relationship level I tre livelli della UX, Nielsen Normann Group

Dal customer journey alla Omnichannel User Experience Dei tre livelli di customer experience consideriamo il customer journey. Come avviene questo viaggio oggi:

• Con diversi dispositivi: computer, cellulari, tablet,

viaggio, dall’acquisto fino alla dismissione del prodotto o alla chiusura del servizio

• Creazione del valore per il cliente finale, per offrirgli un servizio completo che possa rendere più efficienti le sue attività quotidiane e quelle in emergenza

• Attenzione e un corretto uso delle tecnologie per comunicare: i reparti di comunicazione/marketing e comunicatori tecnici esperti possono unirsi per definire le corrette tecnologie e i canali migliori da adottare

smartglass, e così via

Tramite diversi canali: sito web, app, SMS, e-mail, forum e così via

• Con una costante alternanza tra il digitale e l’esperien-

za reale. Per esempio, dall’allarme sul display si passa all’app, e poi si torna sulla macchina per regolare il sensore, e poi si passa al portale documentale per scaricare il manuale del fornitore, oppure si chiama per ottenere assistenza da remoto. Questo mix di interazioni con canali diversi, con dispositivi diversi ma tutti parte di un viaggio dell’utente verso il suo obiettivo viene chiamata omnichannel user experience. È subito chiaro che progettare questa esperienza richiede:

• Collaborazione di tutti i reparti per infrangere i si-

“Technical documentation” journey Immaginiamo un customer journey di un utente di fronte a una macchina ferma e un manuale di istruzioni cartaceo o anche in formato Pdf. Si presenteranno diversi attriti in quanto il manuale è difficilmente rintracciabile, spesso è chiuso nell’armadio dell’Ufficio Tecnico. C’è quindi anche un fattore

Con il termine customer experience si considerano tutte le interazioni che un cliente ha nel tempo con l’azienda e

los e creare un servizio verso l’utente che copra l’intero

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con il prodotto o servizio


temporale che rende l’esperienza insoddisfacente: il tempo che si perde per raggiungere l’informazione che serve a portare a termine un compito. Oppure il manuale è troppo generico, non corrisponde alla macchina che si sta usando, si vede che si è cercato di risparmiare sui costi di stampa e di traduzione. Qui l’insoddisfazione è legata a un’assenza di design dell’informazione. L’utente non la sente sua né tanto meno pensata per lui/lei. O forse la ricerca nel Pdf non porta al risultato sperato, forse l’argomento c’è ma etichettato da altri termini quindi non si trova, oppure proprio non c’è. Il Pdf offre uno spazio di ricerca limitato. L’insoddisfazione dell’utente è dovuta alla frustrazione e all’incertezza. L’utente non si sente autonomo nel cercare l’informazione. O l’assistenza parla un’altra lingua e non ci sono riferimenti numerici ai capitoli e le pagine non corrispondono. Qui c’è anche una insoddisfazione relazionale. Non si riescono a costruire relazioni soddisfacenti con l’azienda. Il viaggio del cliente si interrompe. Le esperienze vissute durante il viaggio verso ciò che si vuole portare a termine generano insoddisfazioni, screditano il valore del manuale e intrinsecamente dell’azienda che lo ha pubblicato. La percezione di scarsa qualità dell’esperienza vissuta e della documentazione consultata si trasforma in svalutazione del prodotto e del suo produttore. Mancano totalmente i tre livelli in cui si sviluppa la customer experience: la singola interazione non va a buon fine, il customer journey viene interrotto e la relazione con l’azienda è compromessa.

Manca la consapevolezza delle conseguenze di una pessima documentazione tecnica, ovvero dei costi indiretti: un aumento delle richieste di assistenza, un aumento di cause legali dove la documentazione tecnica è stata ritenuta “colpevole” e una riduzione dei volumi delle vendite

Perché il “technical documentation” journey è scadente? Quello che accade sul palcoscenico di un teatro è il frutto di quanto ci si sia organizzati, coordinati e preparati dietro le quinte. Offrire un manuale di istruzioni che produca una pessima esperienza dell’utente spesso è indice di carenze strutturali. Per molti fabbricanti il manuale di istruzioni è ancora oggi ritenuto un semplice costo e paradossalmente è anche un costo non controllato. Manca quindi la percezione del prezzo in relazione a coefficienti che possono peggiorarlo. Per esempio, sistemi di redazione ormai diventati reperti archeologici di antichi processi, oppure modalità di redazione che non tengono conto dei costi di traduzione o reparti di redazione che hanno bisogno di formazione per abbracciare le nuove tecnologie. Manca anche la consapevolezza delle conseguenze di una pessima documentazione tecnica, ovvero dei costi indiretti: per esempio un aumento delle richieste di assistenza, un aumento di cause legali dove la documentazione tecnica è stata ritenuta “colpevole” e anche una riduzione dei volumi delle vendite. Inoltre, le aziende sono ancora divise in silos, raramente il reparto documentazione sa quello che fa il reparto service o training e viceversa. Non c’è alcuna progettazione di una informazione tecnica che possa accompagnare il cliente nel suo viaggio verso i compiti che vuole portare a termine. Come mai i fabbricanti accettano questo stato di cose? Perché la documentazione tecnica è vista solo come un costo, un male necessario che un fabbricante deve sopportare per poter completare la dichiarazione di “conformità” del proprio prodotto. Reduci dalle prime battaglie della Direttiva macchine del 1996, i fabbricanti sono ancora sensibili a questo argomento e accettano, pur loro malgrado, di subire il costo della documentazione tecnica. Ci sono però frange di resistenza di qualcuno che cerca di ridurre il prezzo e decide di stampare o tradurre il minimo necessario. O peggio, accettare traduzioni di dubbio valore.

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Come si può intuire qui i rischi ci sono ed è sempre meglio avvalersi di un comunicatore tecnico professionista che può condurre verso un compromesso che fa salve Direttive e la soddisfazione degli utenti.

Un cambio epocale: la digitalizzazione in tempi di Covid Covid sì o Covid no, ci siamo improvvisamente digitalizzati tutti. Ciò che sembrava impensabile solo un anno fa adesso è possibile: aziende hanno creato 3D interattivi per permettere al cliente di vivere le emozioni tipiche di una fiera, altre hanno filmato l’intero assemblaggio di una linea di produzione sotto il capannone per poi disassemblarla e spedirla al cliente con una guida composta da video e schede di installazione. Altre hanno spedito smartglass e assistito da remoto i clienti durante il montaggio. E alcune hanno formato a distanza gli utenti. Quindi cosa hanno fatto? Hanno ascoltato le esigenze dei loro clienti, riprogettato dei processi, scelto diverse tecnologie e sfruttato diversi canali per comunicare. Digitalizzare non vuol dire portare online gli stessi processi e le stesse pubblicazioni del mondo fisico. Non vuol dire prendere un manuale di istruzioni e renderlo disponibile online in formato Pdf, ovvero cambiandone semplicemente il formato. Occorre ripartire da zero, dalle necessità degli utenti e sposare le loro necessità nel rispetto degli aspetti cognitivi. Seguirli nel loro viaggio verso un obiettivo finale e identificare i possibili punti di contatto (touchpoint) con l’azienda, i suoi prodotti e tutta l’informazione che ci gira intorno. Ma i rischi della digitalizzazione fai-da-te ci sono e come ogni cambio tecnologico occorre prestare attenzione ai rischi. Così come le prime pagine web degli anni ’80 e ’90 erano un mix di effetti wow di dubbia funzionalità, adesso corriamo il rischio di abbracciare nuove tecnologie e nuovi canali di comunicazione senza avere ben chiaro l’effetto che avranno sulle persone. Per esempio, i dispositivi Vr spesso provocano ancora malesseri e sono usati meno di una volta al giorno. Un video di 10 minuti provoca l’impazienza di qualsiasi tecnico e un oggetto 3D che si muove vorticosamente non raggiunge il risultato sperato.

È fondamentale scegliere con attenzione le piattaforme, controllare se è più orientata ai contenuti e alle loro complessità (varianti, lingue, dati ecc.) o se è più orientata ai dispositivi e ai canali. Evitare quindi piattaforme che creano contenuti senza riuscire a condividerli con altri. Inoltre, è importante appoggiarsi a esperti che sappiano suggerire il canale migliore e che sappiano organizzare e presentare al meglio i contenuti per quel canale, o istruire per farlo. Questo cambio epocale può illuminare nuove prospettive per le aziende:

• Cogliere l’occasione per formare le risorse alle nuove tecnologie comunicative

Aggiornare gli strumenti ormai appartenenti a logiche antiche

• Analizzare i processi che presentano dei punti di

contatto con i clienti e renderli un servizio per i loro bisogni. Partire da zero riprogettando le informazioni tecniche per le nuove tecnologie

Misurare l’efficacia dei processi grazie all’analisi dei dati e focalizzare gli interventi di ampliamento dell’offerta

• Dismettere o gestire congiuntamente il paradigma del “documento” con il paradigma dell’ “informazione fluida”

Sono passaggi affrontabili con una certa gradualità e con modalità agili, quindi procedendo passo passo e misurando rapidamente rischi e benefici.

Occorre ripartire da zero, dalle necessità degli utenti e sposare le loro necessità nel rispetto degli aspetti cognitivi. Seguirli nel loro viaggio verso un obiettivo finale e identificare i possibili punti di contatto con l’azienda, i suoi prodotti e tutta l’informazione che ci gira intorno

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Alla conquista del lavoro Donne e saldatura: un percorso storico di emancipazione tra stereotipi e professionalità Il settore della saldatura industriale è uno specchio interessante per raccontare il percorso verso la parità di genere nel mondo del lavoro. di Giuliana Crocco e Fabio Targa* Giuliana Crocco si è occupata per molti anni di prodotti e servizi per la saldatura per un gruppo internazionale; attualmente opera nel settore dei gas industriali. Fabio Targa è presidente di Anasta (Associazione Nazionale Aziende Saldatura, Taglio e Tecniche Affini) che raccoglie i principali produttori italiani di materiali per la saldatura dei metalli. *L’articolo è pubblicato sul numero 6/2020 della Rivista Italiana della Saldatura

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E

ra inevitabile che nel lungo percorso verso la parità di genere, le donne facessero il loro ingresso anche nel mondo industriale e quindi in quello della saldatura; quando questo accadde, nel 1914, allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, non c’era tuttavia ancora nessun fervore femminista che incitasse le donne ad impugnare un cannello. Si trattò piuttosto di emancipazione lavorativa. L’assenza di molti uomini chiamati al fronte in tutte le nazioni coinvolte nel conflitto, spinse le donne delle classi popolari a sostituirsi ai loro mariti e figli in tutti quei settori necessari alle sopraggiunte esigenze belliche, compresi quello meccanico e metallurgico. Malgrado l’atteggiamento bigotto e androgenico del tempo, «nelle fabbriche metalmeccaniche, la presenza femminile era talvolta avvertita, come un sovvertimento dell’ordine naturale ed un attentato alla moralità», le

donne diventarono operatrici nei trasporti pubblici e nei servizi, impiegate e operaie a supporto dell’industria meccanica e bellica per la produzione di armi, equipaggiamenti e tecnologie militari. In questo contesto, tra le mansioni professionali da ricoprire vi erano ovviamente anche quelle dei saldatori. Nonostante la scarsa o del tutto assente conoscenza del triangolo del fuoco, del dardo, della zona riduttrice o del pennacchio, ciò non impedì alle donne di eseguire saldature con processo ossiacetilenico qualitativamente equivalenti a quelle dei loro colleghi maschi. In Inghilterra, Francia, Germania, Austria e Italia, grazie agli ingenti investimenti statali legati alle commesse militari, i segmenti industriali di maggior richiamo per le donne che saldavano e tagliavano i metalli erano quelli delle armi e munizioni e dei mezzi di trasporto terrestri

Partecipanti al campionato di saldatura femminile dei cantieri navali Ingalls, Pascagoula, Missisipi, US, in posa durante un corso di formazione, 1943. Fotografia di Beebe Spencer, U.S. National Archives.

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Due membri del Women’s Army Corps osservano il lavoro di una donna saldatore presso l’Alabama Dry Dock and Shipbuilding Company (US), 1943, Doy Leale McCall Rare Book and Manuscript Library, University of South Alabama (US).

e navali. È in questo contesto storico che in Italia si consolidarono molte realtà industriali quali Ansaldo, Fiat, Breda, Riva, Beretta e vari cantieri navali come quelli di Riva Trigoso, Livorno e Taranto, per citarne alcuni. Le fabbriche di munizioni, dove la saldatura ossiacetilenica trovava impiego per la finitura di bombe e siluri, rappresentavano un alto rischio per la salute e la sicurezza della forza lavoro. In Inghilterra le lavoratrici di questo settore furono soprannominate Munitionettes e in seguito tristemente ricordate come Canary Girls con i loro Canaries Babies. Il soprannome “ragazze canarino” era dovuto agli effetti dell’esposizione ripetuta al Tnt, che avendo conseguenze tossiche per l’organismo, trasformava la pelle in un colore giallo-arancio che ricordava il piumaggio di un canarino.

La costruzione su scala industriale di sommergibili era allora distribuita in Europa tra Inghilterra, Germania e, in misura minore, in Austria. Quella dei Mas (Motoscafo Armato Silurante), utilizzati dalla Regia Marina Italiana, fu realizzata in Italia inizialmente nelle officine Fraschini di Milano e successivamente dal Cantiere Orlando di Livorno, da dove uscirono quelli impiegati da Gabriele D’Annunzio nella famosa “Beffa di Buccari” del febbraio del 1918. Un esempio interessante dell’impiego delle donne nella saldatura riguarda la compagnia di aviazione Sopwith Aviation di Kingston upon Thames (Uk), dove tra il 1914 e il 1918 vennero prodotti oltre 13.000 aerei, incluso il famoso caccia Sopwith Came, nella quale una buona parte della forza lavoro era di sesso femminile. È proprio

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qui che nel 1916 venne istituita la Society of Women Welders (Ssw, società delle donne saldatrici), nata per migliorare le condizioni economiche e lavorative delle donne saldatore delle grandi aziende della contea inglese che, per lo stesso tipo di lavoro, venivano pagate il quaranta per cento in meno dei saldatori maschi. Alcune di queste erano suffragette già abituate alle campagne politiche, come Ray Strachey, divenuta in seguito scrittrice e politica di livello nazionale. Così, con l’aiuto della Women’s Trade Union League (lega sindacale femminile) e della London Society of the National Union of Women’s Suffrage Societies (lega delle suffragette), le ragazze della Ssw riuscirono a negoziare con successo un aumento di stipendio da 8 a 9 pence l’ora, avvicinandole alla paga oraria dei saldatori maschi di uno scellino. Negli Stati Uniti, invece, dove le aziende di munizioni e armamenti richiamavano oltre 2 milioni di donne, inizia ad affermarsi anche l’industria aeronautica con il successivo sviluppo della produzione delle prime portaerei per consentire il trasporto dei velivoli. Va ricordato che la prima portaerei americana, Uss Langley, è entrata in servizio subito dopo il primo conflitto mondiale nell’aprile 1922. Questa Invasione di campo femminile scemò però rapidamente e, con la fine della guerra, si assistette ad un progressivo licenziamento delle donne in gran parte dei settori industriali, ad eccezione del tessile e dell’alimentare. Ben presto decine di migliaia di donne tornarono al focolare originario nei rispettivi Paesi. Di lì a poco, ci penserà ancora una volta lo spirito politico del tempo, che non aveva fatto tesoro delle tante croci piantate su ossari e cimiteri di guerra, a fornire alle donne una seconda occasione per sostituirsi massicciamente ai maschi e tornare, ancora una volta, nelle industrie a saldare e tagliare con l’acetilene e a sperimentare l’emergente tecnologia della saldatura ad arco.

Fra le due guerre A cavallo delle due guerre si assistette ad una corsa all’industrializzazione civile e militare nella maggior parte dei paesi industriali con e senza regimi totalitari al potere. In Italia, questo periodo di “tregua”, fu caratterizzato dall’espansione coloniale con le guerre di Etiopia e Corno d’Africa, dalla successiva costituzione del vicereame dell’Africa Orientale Italiana e dal supporto alla Spagna totalitaria franchista. Successivamente il Paese vide un crescente sviluppo dell’industria bellica con grande

dispiegamento di mezzi. Solo in Spagna, ad esempio, furono inviati 763 aerei, 1.930 cannoni, 149 carri Ansaldo, 8 autoblindo Lancia, oltre 240.000 fucili e 7.663 automezzi. La maggior parte degli armamenti destinati alle conquiste espansionistiche andarono perduti, per la lontananza, usura o per gli oneri per riportarli a casa (come quelli rimasti in Africa), o ancora lasciati al Generale Franco che non li pagò mai. Il tutto per un valore di circa 12 miliardi di lire dell’epoca. La Francia, nonostante il disordine finanziario in cui versava nel dopoguerra, fu in grado – grazie ad una politica di ammodernamento e di produzione in serie – di riprendersi velocemente. Nel 1923 il reddito nazionale, considerato al netto dell’inflazione, era tornato al livello del 1913 e nel 1929 (prima della grande depressione) era superiore ad esso di un terzo. Questa ripresa, iniziata durante la guerra, continuò nel decennio successivo alla sua conclusione e si sostanziò sia in una forte crescita della produttività del lavoro operaio (anche femminile), sia nell’espansione dei settori più avanzati (chimica, elettricità, produzione di mezzi di trasporto),. In Germania invece tra il 1933 ed il 1939, dopo anni di crisi economica e sociale alleggerita in parte dal piano Dawes, la politica di Hitler mobilitò grandi risorse verso l’industria soprattutto metallurgica, meccanica e chimica; infatti, del 1936 la pianificazione al riarmo, secondo cui la Germania doveva essere in grado di sostenere una guerra entro quattro anni. Negli Stati Uniti, si assistette ad un’alternanza di periodi più o meno floridi, passando dai ruggenti anni Venti alla grande depressione, per approdare infine al New Deal di Franklin Roosevelt, che guidò il paese fino al superamento della crisi avvenuto definitivamente dopo la seconda Guerra Mondiale. Questo rilancio generalizzato delle attività produttive incoraggiò l’assunzione delle donne in tutta Europa, Stati Uniti e Unione Sovietica, soprattutto nel settore tessile, chimico e ovviamente anche in quello meccanico e bellico. Durante il ventennio che precedette la Seconda Guerra Mondiale i procedimenti di saldatura cambiarono. Grazie a potenti generatori elettrici si approdò alla saldatura ad arco, (già largamente utilizzata negli Stati Uniti e in Inghilterra), dapprima quella ad elettrodo non protetto, in seguito quella ad elettrodo rivestito. È del 1933 la prima nave interamente saldata in Italia, la cisterna Sesia di mille tonnellate, realizzata a Monfalcone per la Regia Marina Militare. Fino ad allora infatti, le navi presentavano lo scafo con lamiere interamente chiodate, con

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qualche eccezione nella metà degli anni Venti, dove si sperimentarono saldature lontane dai punti critici dello scafo e delle sovrastrutture. Un ulteriore passo in avanti, si verificò con lo scoppio della Seconda guerra mondiale che impose ritmi produttivi elevati che la sola saldatura a filo continuo, in particolare l’arco sommerso per saldature di grossi spessori, era in grado di garantire. È di questo periodo anche l’introduzione di impianti automatici per il taglio ossiacetilenico dei metalli.

Nella Seconda guerra mondiale L’esperienza maturata dalle donne nella Prima guerra mondiale non aveva offerto loro più opportunità, ma di certo le aveva lasciate con una visione ed una prospettiva più ampia. Con l’arrivo della Seconda guerra mondiale fu molto più facile: il sentiero era stato spianato, le donne non avevano bisogno di dimostrare nuovamente il loro valore (Birkett, 2014). Dal 1939 al 1945 il richiamo di questo “esercito femminile senza armi” è nuovamente imponente. Molte meriterebbero di essere citate, in questo articolo riportiamo alcune esperienze che a noi sono parse particolarmente significative e talvolta ingiustamente dimenticate. «Due donne possono fare il lavoro di tre uomini» è soltanto uno dei numerosi detti che circolavano nella Gran Bretagna degli anni Quaranta, dove le donne erano spesso chiamate Wonder Women, espressione presa in prestito dal fumettista William Moulton, che nel 1941 ideò il suo personaggio più famoso: l’eroina Wonder Woman. Esattamente nello stesso anno, a Londra, iniziarono i lavori di ricostruzione del Ponte di Waterloo, che durarono 4 anni e coinvolsero 350 donne saldatori. Nel 1945, durante la sua inaugurazione, il Primo Ministro Herbert Morrison dichiarò: «Tutti gli Uomini che hanno costruito il ponte di Waterloo sono uomini fortunati». Dovranno passare ben 70 anni per un riconoscimento ufficiale a quelle donne. Nel 2015 infatti, grazie alla testimonianza della figlia di Peter Lind (Peter Lind & Company era l’azienda ingaggiata per la ricostruzione del ponte) e soprattutto alle foto trovate presso il Museo Nazionale di Scienza e Media, l’Ente Storico Ufficiale di Conservazione del Governo britannico, ha riabilitato e incorporato queste donne saldatore nei registri di storia del Ponte di Waterloo. Questa pagina di storia industriale è ben documentata anche dal cortometraggio “The Ladies Bridge Documentary” di Karen Livesey (Livesey, 2005). Restando in Europa, ma sul fronte orientale dell’Unione

Sovietica, il coinvolgimento delle donne nelle dinamiche industriali e belliche, era già iniziato all’alba della Rivoluzione d’Ottobre, con la propaganda e l’impiego massiccio delle donne nell’industria degli armamenti (Figure 26 e 27). Va ricordato inoltre che, al contrario delle altre nazioni in guerra, la Russia zarista già dal 1917 fu l’unico stato belligerante a reclutare, addestrare e utilizzare in combattimento battaglioni di unità volontarie interamente femminili, i cosiddetti “Battaglioni Femminili della Morte” (McDermid e Hillyard, 1999). Nel dicembre 1941 gli Stati Uniti entrarono in guerra organizzando un imponente piano di riconversione industriale con l’obiettivo di trasformare la produzione civile in produzione bellica. Il nuovo modello femminile, simbolo delle lavoratrici impegnate in professioni faticose, era rappresentato nell’immaginario collettivo da Rosie the riveter (Rosie la rivettatrice), canzone di Redd Evans e John Loeb del 1942, a cui si ispirò Howard Miller per il manifesto propagandista che sosteneva l’impegno femminile nell’industria degli Stati Uniti durante la Seconda Guerra Mondiale. In realtà all’epoca il poster originale di Miller venne visto pochissimo: rimase esposto solo un paio di settimane, nel febbraio 1942, all’interno di uno stabilimento della Westinghouse, ed era stato pensato per tenere alto il morale delle lavoratrici in fabbrica e non per reclutare nuova manodopera. I poster furono rimossi su pressione dei lavoratori maschi sindacalizzati, rimasti sul fronte interno, che erano contrari all’idea di far lavorare le donne come operatori di saldatura, di rivettatrici e operai edili, temendo che la femminilizzazione di queste professioni portasse ad una conseguente diminuzione dei salari. Il poster però ricomparve con successo tra gli anni Settanta e Ottanta, diventando un’icona del movimento femminista. Nel 1999 diventò un francobollo da 33 cent per le poste americane e nel nuovo millennio Hillary Clinton lo utilizzò nella sua campagna presidenziale del 2016. Una di queste famose Rosie fu Peggy Cittarella, di Somerville, impiegata di una fabbrica di caramelle, che poco prima dello scoppio della Guerra, volendo migliorare la propria situazione economica e sapendo che il mestiere del saldatore era molto richiesto e ben retribuito, riuscì ad iscriversi alla Newton Trade School come apprendista saldatore. La sua naturale bravura la portò a diventare insegnante nella stessa scuola. Allo scoppio della guerra, si offrì come saldatore presso il cantiere navale di Charlestown, dove dovette insistere e mostrare sul campo la propria

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abilità per poter essere assunta. Lavorò per 13 mesi consecutivi e fu la prima donna a ricevere un premio ufficiale come miglior saldatore. Finita la guerra, tutte le donne che come lei saldavano nel cantiere sapevano di avere i giorni contati e furono infatti in grandissima parte licenziate. Peggy non ebbe più la possibilità di svolgere la propria mansione in un’officina, ma non smise mai di saldare presso la propria abitazione (Daniel, 2016). Durante la guerra, Franklin Roosevelt proibì la discriminazione razziale nelle industrie belliche, questo permise alle donne di colore di poter lavorare raggiungendo un’indipendenza economica e una ricchezza mai registrata in precedenza. Una delle operaie della Boeing, la signora Lou Annie Charles e altre donne saldatore descrissero, in un artico-

lo apparso sulla piattaforma antirazzista inglese Shades of Noir, non solo quanto fosse duro lavorare, ma soprattutto la bellezza e la vitalità che tutto questo aveva portato loro. Tra le tante donne lavoratrici di colore, prevale la figura di miss Gladys Theus nota per la sua efficienza e per il suo talento nel saldare. Lavorò per la Company Permanent Metals Corporation, vicino ad Oakland, in California.

La saldatrice-apprendista Josie Lucille Owens durante la costruzione della nave Liberty, SS George Washington Carver, varata il 7 maggio 1943. I cantieri navali Kaiser di Richmond, in California, occupavano durante l'ultimo conflitto mondiale quasi un migliaio di donne afroamericane, molte centinaia erano impegnate nella saldatura e taglio. National Archives at College Park, US.

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TABELLA GENNAIO 2021 | Rilevazioni statistiche delle quotazioni medie delle tariffe per prestazioni di personale

IN ITALIA

SETTORE INDUSTRIA MECCANICA VARIA ED AFFINE January 2021

Statistical survey on average tariff quotation for staff ’s services in Italy Sector mechanical and engineering industries

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TABELLA GENNAIO 2021 | Rilevazioni statistiche delle quotazioni medie delle tariffe per prestazioni di personale in Italia


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TABELLA GENNAIO 2021 | Rilevazioni statistiche delle quotazioni medie delle tariffe per prestazioni di personale in Italia


TABELLA GENNAIO 2021 | Rilevazioni statistiche delle quotazioni medie delle tariffe per prestazioni di personale

ALL’ESTERO

SETTORE INDUSTRIA MECCANICA VARIA ED AFFINE January 2021

Statistical survey on average tariff quotation for staff ’s services abroad Sector mechanical and engineering industries

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TABELLA GENNAIO 2021 | Rilevazioni statistiche delle quotazioni medie delle tariffe per prestazioni di personale all’estero


TABELLA GENNAIO 2021 | Rilevazioni statistiche delle quotazioni medie delle tariffe per prestazioni di personale

nei Paesi europei ed extra europei

SETTORE IMPIANTI E COMPONENTI DI GRANDE DIMENSIONE PER LA PRODUZIONE DI ENERGIA January 2021 Statistical survey on average tariff quotation for staff services in Europe and outside Europe Sector energy generation plants and large components

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TABELLA GENNAIO 2021 | Rilevazioni statistiche delle quotazioni medie delle tariffe per prestazioni personale nei Paesi europei ed extra europei


TABELLA GENNAIO 2021 | Rilevazioni statistiche delle quotazioni medie delle tariffe per prestazioni personale nei Paesi europei ed extra europei

Janvier 2021

Enero 2021

Relevés statistiques des cotations moyennes des tarifs pour les prestations du personnel en europe et en dehors de l’europe Secteur installations et composants de grandes dimensions pour la production d’energie Estudio estadìstico de las cotizaciones medias de las tarifas por prestaciones del personal en europa y fuera de europa Sector instalacionesy grandes componentes para la producción de energía

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TABELLA N. 27 - 31 GENNAIO Costo| orario di un operaio del settore della meccanica generale TABELLA N. 27 - 2021 GENNAIO| 2021 Costo medio orario medio di un operaio del settore della meccanica generale


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TABELLA N. 27 - GENNAIO 2021 | Costo orario medio di un operaio del settore della meccanica generale

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TABELLE TABELLE 1^ QUINDICINA DI DIMAGGIO 2021| Listino | Listino Prezzi Materiali di Interesse Meccanica N. 760 (Piazza di Milano) 1^ QUINDICINA MAGGIO 2021 Prezzi Materiali di Interesse delladella Meccanica VariaVaria N. 760 (Piazza di Milano)

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