Rassegna Stampa Dolomiti UNESCO | Aprile 2020

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Roberto Curto feltre Dal via libera al Piano triennale da 2,5 milioni di euro di investimenti al corposo piano di interventi per la sede di Villa Binotto finanziati dal Ministero con 300 mila euro, fino alla chiusa del bando per la nomina a direttore che ha registrato 65 manifestazioni di interesse. È stato un direttivo del Parco ricco e corposo malgrado qualche problema di collegamento tra il presidente Ennio Vigne e gli altri membri: il vice presidente Alessandro Maguolo e i consiglieri Camillo De Pellegrin, Stefano Deon, Giampietro Frescura, Ennio De Simoi e Augusto De Nato.Una seduta che è servita per riprendere in mano parecchi aspetti gestionali dell'area naturale e spingere sull'acceleratore su quegli aspetti dove il Parco deve confrontarsi con gli altri enti, soprattutto il Ministero. Il tutto, compatibilmente con l'emergenza sanitaria in corso che ha bloccato i cantieri già aperti, come quello, ad esempio miglioramento del ristorante Antica Torre di Col dei Mich a Sovramonte, oppure in Pian Falcina.MANCA UN REVISORE DEI CONTIIl Parco aspetta la nomina dell'ultimo componente del Collegio dei Revisori dei conti che è di scelta ministeriale: «Attendiamo con impazienza», afferma il presidente Vigne, «perché noi siamo pronti ad approvare il conto consuntivo 2019 che ci dirà qual è l'avanzo di gestione e dunque permetterci di utilizzare i fondi a disposizione. Però serve che il Collegio dei Revisori dei conti sia al completo».DIRETTORE, 65 CANDIDATIÈ un ruolo certamente ambito a livello professionale e strategico per portare a pieno regime la macchina gestionale del Parco: «La risposta è stata notevole», dice ancora Vigne, «ora con il direttivo dovremo decidere come attuare una prima scrematura delle candidature in base ai curriculum che sono pervenuti nelle due finestre valide di presentazione. Una volta arrivati a una rosa più ristretta di candidati si passerà a dei colloqui fatti di persona».300 MILA EURO PER LA SEDEI fondi del Ministero sono già a disposizione e riguardano i danni causati a Villa Binotto dalla tempesta Vaia. «È arrivato il momento di passare ai fatti. Il progetto di fattibilità c'è, ora spingerò affinché l'iter proceda spedito perché vorrei affidare i lavori subito dopo l'estate».L'intervento prevede la sistemazione del tetto, la realizzazione di un montacarichi per consentire l'accesso ai disabili, un accordo con l'Istituto agrario di Vellai per la riorganizzazione del giardino esterno con la messa a dimora di alberi da frutto e piante caratteristici dell'area del Parco, la realizzazione di un nuovo fabbricato da adibire ad autorimessa e deposito. «Su quest'ultimo aspetto», afferma Ennio Vigne, «vogliamo farci trovare pronti visto che nei prossimi cinque anni è in programma il completo rinnovo del parco automezzi puntando su veicoli ibridi o elettrici e mi rifiuto di lasciare veicoli nuovi alle intemperie come avvenuto finora. E poi ci manca un deposito per materiale e attrezzi che attualmente sono sparsi qua e là in altri edifici di proprietà del Parco».CANTIERI E INCARICHIIl Parco, compatibilmente con le disposizioni della Regione e della Presidenza del consiglio conta di riaprire i cantieri nell'area pic-nic di Candaten e ai Cadini del Brenton dove le opere possono essere assimilabili alla manutenzione del verde. Inoltre si punta a nominare i professionisti che dovranno redigere i progetti per la riqualificazione energetica del Museo Rossi a Belluno, della ristrutturazione del rustico di Pian Falcina e del Centro visitatori della Valle Imperina. --© RIPRODUZIONE RISERVATA

INTERVISTE Corriere del Trentino | 3 Aprile 2020 p. 7 «Crisi molto seria, il consumo conduce all’autodistruzione. È ora di rinunciare» Reinhold Messner vive le restrizioni a Monaco Con l’arrivo del Covid-19 alpinismo e turismo d’alta quota si sono fermati su scala planetaria: quest’anno non sono stati concessi i permessi per le salite all’Everest, ma anche in Trentino-Alto Adige la montagna ha sospeso il vincolo che la lega all’uomo. La natura vive i propri spazi alleggerita della presenza antropica, e sono le persone a sentirne la mancanza. Dal canto suo Reinhold Messner sta trascorrendo il proprio periodo di quarantena a Monaco di Baviera e lo affronta attingendo al proprio bagaglio d’esperienza: «Sopravvivo bene. Nella mia storia di alpinista mi sono formato: ho imparato a vivere negli spazi ristretti di un bivacco, o a passare lunghe settimane al campo base in attesa di una scalata. Il base camp è una specie di carcere di ghiaccio e neve, ti devi impegnare per affrontare la quotidianità». Come vive questo periodo di quarantena? «Ho una mia struttura che mi permette di affrontare la situazione. Ogni giorno passeggio un’oretta sull’Isar, secondo quanto è concesso fare, poi mi dedico alla scrittura. Seguo anche molto le notizie, sicuramente più di prima. Non mi annoio, sono allenato: nella vita non mi sono mai circondato di cose o persone con l’idea di distrarmi». Da cosa è dipesa la scelta di Monaco? «Recentemente sono stato in Etiopia, dove ho portato avanti degli studi sui popoli di montagna e ho fatto alpinismo. Al rientro avevo delle conferenze in Baviera che poi sono state annullate, essendo eventi con più di mille persone. Ma ormai ero a Monaco e c’erano già problemi a tornare in Sudtirolo. In più la mia signora è del Lussemburgo e così siamo rimasti qua, per la reciproca compagnia». Nella vita di montagna in Etiopia ha riscontrato più differenze o similitudini con il nostro territorio? «Quando ero là il coronavirus non era ancora arrivato, ora purtroppo sì. Ma nel mio viaggio ho potuto muovermi liberamente e se la montagna è molto diversa la cultura ha tratti comuni. Le loro montagne sono vulcaniche, sono nate dal fuoco e non dall’acqua come le nostre Dolomiti, ma nel modo di vivere si riscontra questa tendenza al valore dell’autosufficienza. Non è certo una vita ricca come la nostra, ma ho avuto un’impressione positiva dei loro equilibri. È stato un viaggio importante per il nostro museo della montagna».


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