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IL REVIVAL DELLA MUSICA OCCITANA

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DA NOVARA AL MONDO

DA NOVARA AL MONDO

Danze e suoni della tradizione rivivono nelle valli cuneesi

di Daniela Bernagozzi

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Fisarmonica cromatica a bottoni e clarinetto: il connubio protagonista delle feste in Val Vermenagna (© Museo della fisarmonica di Robilante).

Il centro innova, la madrepatria innova, cambia, inventa. Ma le periferie invece conservano: le periferie, gli esuli, le comunità, più distaccate e più lontane dalla loro origine, conservano usi e costumi, idee e tecniche, conservano per nostalgia dei padri, per fedeltà ai padri, e per l’orgoglioso bisogno di affermare la propria identità di fronte alle comunità estranee e più potenti dalle quali si trovano circondate e a volte oppresse.

Così un racconto di Mario Soldati del 1979, dal titolo Estate gelati nicotina, pubblicato poi in volume nel 1982 nella raccolta La Casa del perché. La storia prende lo spunto dalla ricerca da parte di Soldati, ormai vecchio, di un tipo particolare di gelato “il pezzoduro” che mangiava a Torino all’inizio del secolo e dal fatto che sia passato di moda in modo irreversibile. Ebbene, dopo molte ricerche, il “pezzoduro” verrà ritrovato proprio a Torino, da un gelataio di origine siciliana che conserva le vecchie tradizioni, mentre sarebbe impossibile trovarlo in Sicilia, o in altre città più tipiche nell’innovazione dell’arte gelataia.

Un simile senso di vertigine per l’affiorare di un passato remoto si può provare scorrendo i nomi delle danze occitane più tradizionali e ancora oggi ballate nelle feste tipiche di molte valli montane della provincia di Cuneo: Contraddanza (che è probabilmente una deformazione di Countrydance), Rigoudin, Giga, Courenta (o Correnta in italiano) ecc. Sono forme che già nel nome parlano di tradizioni antiche: la periferia conserva, appunto, come dice Soldati. Le valli piemontesi occidentali, quelle che chiamiamo “occitane”, da sempre più in contatto con la Provenza e il Delfinato che con la tradizione della pianura padana, le hanno ereditate. Passaggi di eserciti, emigrazioni, contatti secolari: chi balla queste danze dai nomi antichi nelle feste popolari estive della Val Varaita non ne è sempre consapevole, ma lo sono stati tutti coloro (e sono tanti ormai) che dagli anni Settanta si sono impegnati per il recupero della musica tradizionale delle valli piemontesi e che è di fatto oggi spesso un tuffo nel passato con uno sguardo al futuro. Cominciamo da loro: i raccoglitori.

I pazienti raccoglitori: Andè a spas

Nelle valli cuneesi (o nelle prime valli torinesi come la Val Germanasca o Chisone) dagli anni Settanta partì un movimento che puntò al recupero della musica tradizionale con i suoi strumenti: da quelli più antichi e medievali come ghironda e cornamusa, fino ai più moderni suonati magari con tecniche popolari come il violino, l’organetto diatonico o semidiatonico (il semitoun), la fisarmonica, il clarinetto. I primi “raccoglitori” cercarono innanzitutto di salvare una tradizione che in gran parte era orale, e che si stava spegnendo con la morte dei suonatori tradizionali. Complice di questa decisione è stato il fatto che negli anni Settanta lo spopolamento della montagna si stava compiendo ma sia il gruppo Comboscuro delle origini, sia libri di linguisti come Corrado Grassi, il cui Correnti e contrasti di lingua e cultura nelle valli Cisalpine di parlata provenzale e franco-piemontese è del 1958, mossero molti alla riscoperta di quelli che allora venivano chiamati “i provenzali d’Italia” e ci si cominciò a interessare alla cultura e alla lingua peculiari delle valli montane.

Di questo momento abbiamo parlato con Gianpiero Boschero (Jan Peire de Bousquìer), avvocato di Saluzzo ormai in pensione, che nella sua casa di Borgata Grande di Frassino conserva i risultati di questo straordinaria stagione di raccolta e di queste autoproduzioni: vinili, musicassette, riviste, o addirittura dispense per spiegare le tecniche delle danze. Il pathos di conservare lo accompagna da tutta la vita. È in gran parte grazie a lui se queste melodie sono ancora note. Lo abbiamo incontrato dopo la grande fatica di partecipare e contribuire alla Baìo, la grande festa della Val Varaita che nel 2023 si è ripresa dopo 6 anni, e gli abbiamo chiesto un bilancio del suo lavoro:

Ho respirato il profumo delle radici e so che i miei avi discendono da queste borgate di Frassino almeno dal 1500. Già a 17 anni, mentre studiavo a Saluzzo, ho cominciato a trascorrere lunghi periodi estivi nella baita di un mio zio a Carlevari, sopra la frazione di S. Maurizio (nel comune di Frassino ndr.) e lì a conoscere qualche suonatore. Ce n’era uno che suonava l’armonica, Bartolomeo Civalleri, e si provava a ballare con qualche amico. Ma io non conoscevo le danze e mia mamma, che pure le conosceva subito non me le insegnò. Le vidi anche a qualche festa estiva nei paesi, a Elva, a Vinadio, e ne fui affascinato. Piano piano cominciammo a fare dei gruppi misti di villeggianti e turisti e a chiedere ai vecchi delle frazioni di insegnarcele. Imparammo e facemmo rivivere danze difficili che grazie a noi sono sopravvissute e che ora tutti ballano.

Abbiamo poi cominciato negli anni ‘70 ad andare con il registratore a cassette in giro a farci eseguire danze e melodie. Qui a

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