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IL PIEMONTE DEL GUSTO

Viaggio nell’enogastronomia della regione in compagnia di Luca Iaccarino

Non è stato semplice intercettare Luca Iaccarino, critico gastronomico ligur-piemontese saldamente radicato sotto la Mole ma spesso in viaggio, tra una degustazione di acciughe del Cantabrico nei Paesi Baschi e l’intervista con qualche chef stellato lungo la Penisola. E quale momento si addice di più a incontrare un gourmet come Iaccarino se non quello che si può ricavare in pausa pranzo, di fronte a una pietanza preparata con cura? Così, qualche mese fa è nato il nostro incontro. La location l’ha scelta lui, ovviamente: il giardino nient’affatto segreto di Petronilla, ristorante torinese nel quartiere Regio Parco, peraltro incluso tra le migliori “piole” della città nella guida I Cento, bibbia laica della gastronomia torinese compilata da Luca Iaccarino insieme ai fidati Stefano Cavallito e Alessandro Lamacchia.

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Tra Piemonte e Liguria

Luca è appena tornato da un viaggio in famiglia, in Belgio, e l’esperienza gastronomica non è stata delle più memorabili, così il pensiero corre a un ricordo simile che riemerge dal passato.

Sono passati quasi vent’anni ma ricordo bene la prima vacanza che feci con Lisa, la donna che sarebbe poi diventata mia moglie. Andammo in Croazia. Non apprezzai molto la cucina locale e per due settimane mangiai solo totani e patate fritte. Me la cavai, ma tornai a casa con sei chili in più.

Non è un caso che il primo cibo nominato in questa conversazione sia un piatto di pesce. Fatto che potrebbe incuriosire, a latitudini sabaude, se non fosse che Iaccarino è mezzo ligure e questo suo essere vissuto a cavallo delle Alpi Marittime non può che essere il punto di partenza per capire la sua personalità e, soprattutto, il suo approccio al cibo. Una storia che parte dal 1972, quando Luca Iaccarino nasce a Torino:

È per merito di mia nonna se sono nato a Torino – ricorda. I miei vivevano stabilmente a Pegli, in Liguria, ma avevano anche casa a Torino e mia nonna, che era di Ciriè, ci teneva che nascessi qui, per una questione di orgoglio sabaudo. Così accadde, ma dopo pochi giorni siamo tornati a Pegli, dove ho trascorso tutta la mia infanzia.

Iaccarino cresce in una famiglia “normale”: il padre lavora all’Italsider e la mamma è insegnante. Di sicuro non una famiglia dove il cibo fosse il primo dei pensieri, tutt’altro.

A casa mia si mangiava piuttosto male, per la verità. Non avevamo una tradizione gastronomica, forse perché la priorità è sempre stata il lavoro. L’anomalia ero io, che con l’adolescenza ho scoperto un mio lato gaudente, legato non tanto, non solo al cibo in sé, quanto al piacere di stare a tavola, di fare festa insieme agli amici.

Adolescenza trascorsa a Torino, dove il giovane Luca si stabilisce a metà anni Ottanta, complice la crisi della siderurgia che costringe papà Iaccarino a trovare un nuovo lavoro all’Aeritalia. La città che accoglie la famiglia trasferitasi dalla Liguria è ancora quella operosa ma un po’ grigia della monocultura industriale: le Olimpiadi e i grandi eventi sono di là da venire, i distretti che oggi pullulano di locali, come il Quadrilatero Romano e San Salvario, quartieri degradati in cerca di un futuro.

Per me, abituato alla vista del mare, quella città sembrava sconosciuta, livida, perennemente avvolta da una nebbia che allora era molto più frequente di adesso. Prima del trasferimento (tra il 1984 e il 1985) ci venivo per andare dal dentista: l’unico ricordo che ho di quei primi anni era il grande neon “Martini” all’uscita della stazione di Porta Nuova, che a me pareva una promessa di modernità.

Dalla cucina popolare ai grandi ristoranti

A poco a poco, però, la città inizia a mutare e il suo cambiamento accompagna la crescita di quel ragazzino importato dalla Liguria. Con esso, nasce la passione per la scrittura, qualche anno più tardi applicata al cibo.

Ho iniziato a scrivere attorno ai diciotto anni, poi, qualche anno dopo, ho pensato che avrei potuto scrivere di cibo. Così nel 1993 ha preso il via la mia prima rubrica su Repubblica. Ho iniziato coi kebab poi, per tantissimi anni, mi sono occupato solo di cucina popolare: pizzerie, trattorie, ho fatto la gavetta come i cuochi che iniziano dalla cucina del ristorante sotto casa. Poi, circa quindici anni fa, ho capito che non avrei potuto comprendere appieno la cucina popolare senza conoscere i grandi ristoranti, e viceversa. Come accade anche per la moda, alto e basso in cucina sono interdipendenti. Basti pensare al Tortino cuore caldo di cioccolato: oggi lo puoi trovare in qualunque pizzeria, ma è stato inventato da un cuoco a 3 stelle, lo chef francese Michel Bras.

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