La Fotografia si intreccia con la Vita
Dai, parliamo di noi. In verità, lo facciamo costantemente alle conferenze stampa, al bar, alle inaugurazioni delle mostre, durante le chiacchiere che ci si scambia nelle più diverse occasioni. Lo facciamo -chi più, chi meno-, a seconda del proprio desiderio di esibirsi, della propria aggressività, del proprio garbo, del proprio rispetto delle altrui visioni del mondo. Ma è la prima volta che mi capita di parlare di noi per iscritto. Quindi: dai, scriviamo di noi! Sono amico di Maurizio Rebuzzini da mille anni. Sì da molto prima che nascessimo. Se crediamo alla reincarnazione, se crediamo alla vita dopo la morte (e se crediamo anche a molte altre cose), mi sia concesso di credere che io possa essere stato amico di Maurizio mille e forse più di mille anni fa, prima di nascere, quando eravamo confinati nell’Iperuranio (o mondo delle idee: concetto proprio di Platone, espresso nel Fedro). Condividiamo, infatti, le stesse idee sulla nostra specie (Homo sapiens), condivisione che ha trovato conferme sulle riflessioni del nostro lavoro di docenti universitari, su orrori e meraviglie dei nostri studenti, ma anche sulle convinzioni di cosa sia la Fotografia. Condivisione che più recentemente ha trovato altre conferme nella lettura di Sapiens. Da animali a dèi, di Yuval Noah Harari. E che si è ulteriormente rafforzata durante gli anni della mia collaborazione alla rivista, e nei colloqui sempre più frequenti con Maurizio, al telefono o al ristorantino non lontano da via Zuretti 2a, prima gestito da egiziani, oggi da bengalesi che ci ho messo un po’ a convincere a trovarmi del peperoncino abbastanza piccante per il solito piatto di fusilli al pomodoro. Ma scrivere di noi implica soprattutto scrivere di FOTOgraphia. FOTOgraphia è un po’ come il settimanale The New Yorker, che, pur navigando nel mare omerico delle infide lusinghe delle sirene che lo vogliono digitale, resistendo alle pressioni di coloro che vorrebbero abbassare il suo livello culturale, continua a pubblicare con successo una rivista stampata su carta, che riporta articoli di non facile lettura, certo più complessi dei best seller di Fabio Volo, per intenderci. È evidente che noi -FOTOgraphia- non siamo neanche lontanamente il New Yorker. Ma la profondità e l’importanza culturale dei nostri testi non hanno nulla da invidiare, considerato il ristretto ambito di cui ci occupiamo, a quella del settimanale americano. Lo dico sempre a Maurizio che i testi della rivista, per un buon ottanta percento, hanno l’importanza di articoli universitari. Quindi, sono articoli di lettura impegnativa. Diamo per scontata la accurata e competente scelta delle immagini pubblicate insieme a questi testi, immagini che coprono tematiche affrontate anche da altri magazine di fotografia, ma che sulle nostre pagine hanno sempre un taglio particolare, perché non c’è nessuno, non dico in Italia, ma nel mondo, che parla in modo così profondo di Fotografia. E ultimo, ma non meno importante, la rivista offre spazio anche a temi che riguardano la vita, la società e la scienza. Solo negli ultimi tre anni abbiamo pubblicato un riquadro sul concetto matematico del caos (in collegamento con l’articolo Epopea
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