FOTOgraphia 249-250 marzo aprile 2019

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Intervista a Giuliana Scimé

Quale pensi debba essere il ruolo delle riviste cartacee rispetto all’online? «Per quanto riguarda le riviste di fotografia, è ovvio che sono le immagini. Le immagini online, io le guardo, ovviamente, ma non si possono godere abbastanza. Adesso è molto diffuso, spero non troppo, l’eBook. L’eBook è una paginetta, e di questa paginetta si leggono due o tre paragrafi, non di più, il che è molto diverso rispetto al leggere un libro o una rivista. È chiaro che non si può fermare non il progresso -perché questo non è progresso-, ma non si può fermare la tecnologia». Rivista o pubblicazione, trovi differenze? La differenza potrebbe essere l’approfondimento dei contenuti? «Le riviste mensili sono riviste mensili. Anche FOTOgraphia, che ha una cadenza mensile, può essere vista come pubblicazione. Non riesco a capire la differenza». Quali sono le riviste o pubblicazioni fotografiche che ti hanno più influenzata? «Mi hanno influenzato le riviste straniere, che però non esistono più. Come ad esempio Print Letter e Camera. Erano riviste molto complesse e guardavano molto avanti. Oggi, per quanto riguarda la fotografia ad esempio messicana, sappiamo abbastanza. «All’epoca, Print Letter e Camera furono le prime riviste che fecero scoprire questi Paesi ricchissimi di storia e di fotografia, come può essere il Messico, e come può essere Cuba. Di Alberto Korda non si sapeva niente; si vedeva la fotografia del Che, ma non si sapeva nemmeno chi l’avesse ripresa». Secondo te quanto conta la qualità dei contenuti? «È fondamentale, senza qualità non si può fare nulla». Pensi sia giusto che le pubblicazioni cartacee di fotografia continuino a dibattere argomenti in approfondimento? «Certo. Anche se queste riviste non le leggo praticamente più da anni. L’unica che ho sempre guardato e letto è FOTOgraphia, e questa non è pubblicità per FOTOgraphia. È la verità. Per esempio, Progresso Fotografico, per cui ho scritto non so per quanti anni, è diventata una rivista assolutamente tecnica e non riesco a leggerla più. Eppure, io ci ho lavorato per tantissimi anni, ma finché è rimasta vicina alla fotografia d’autore. A un certo punto, la mia presenza non era più necessaria, proprio perché la rivista non era più culturale, era cambiata». Cosa trovi ci sia di particolare nel cartaceo? «Il fatto che lo si possa leggere tranquillamente e che le fotografie siano anche riprodotte in dimensioni generose. È chiaro che la qualità qui è fondamentale, perché le fotografie devono essere riprodotte con qualità. Altrimenti non servono». Quali qualità riconosci a una rivista come FOTOgraphia? «Intanto, la riproduzione delle immagini; poi, gli argomenti, che sono sempre estremamente validi. E poi le notizie che contano: sicuramente FOTOgraphia le dà. «Per quanto riguarda le notizie rapide, solo divulgative e in cronaca, cioè l’informazione sulle mostre, dove sono e quanto durano, le abbiamo già in internet, non c’è bisogno d’altro. È molto più agile e aggiornato».

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