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Umicini e Liverani
La notte tra il diciassette e il diciotto settembre è mancato Giovanni Umicini (1931), fiorentino di nascita e padovano d’adozione. Il diciannove settembre è mancato Vito Liverani (Vitaliano; 1929), friulano di nascita e milanese d’adozione: due personalità della fotografia distanti per interessi, uno orientato all’autentica street photography (quella vera, non come certa vuota parodia dei nostri giorni) e l’altro fotogiornalista di sport, ma accomunati da una stessa partecipazione emotiva, che ha contraddistinto i rispettivi tragitti professionali.
Due fotografi che ci sono stati vicini in tante occasioni, e con i quali abbiamo condiviso vicende ed esperienze. Ora, e qui, per quanto sia doveroso ricordarli, all’indomani delle loro scomparse, in giorni immediatamente conseguenti, è oltremodo doloroso farlo. Ma!
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Per quanto ciascuno di noi abbia avuto opinioni diverse riguardo ciò che è degno di Memoria, tutti insieme siamo stati convinti che se possiamo rubare un momento all’aria, magari con una Fotografia, ne possiamo anche creare uno tutto nostro, magari con una Fotografia. Li ricordiamo così come e per quanto li abbiamo conosciuti e frequentati. A proposito di Giovanni Umicini, lo abbiamo apprezzato al pari di quegli autori fotografi che sanno evitare gli stereotipi, per osservare con l’esplicita capacità di vedere per far vedere. In questo senso, tra tanto, almeno due sono i riferimenti meritevoli di particolare attenzione. Con il ricordo, torniamo all’inizio del Duemiladue, quando, al Museo Civico di Piazza del Santo di Padova, fu allestita l’imponente personale StreetPhotography, con relativo volume-catalogo pubblicato da Federico Motta Editore. E, poi, approdiamo all’autunno Duemilasette, quando le stesse sale espositive raccolsero una altrettanto possente selezione fotografica Per Padova, con volume-catalogo realizzato da Biblos Edizioni. In entrambi i casi, ampie raccolte di immagini, rigorosamente in bianconero (lui, anche abile stampatore), datate dai primi anni Cinquanta.
Nel proprio agire, Giovanni Umicini ha rivelato anche che la Fotografia è come la Parola che vola nell’aria, dove è raccolta da coloro i quali sanno riconoscerne i tratti distintivi, con i quali mettersi in immediata simpatia: empatia, addirittura. Ovvero, comprensione e condivisione delle emozioni e dei pensieri espressi dall’autore, con il quale ci si allinea. Sempre e comunque.
Due rilevanti fotografie di sport di Vito Liverani, ognuna a proprio modo, una iconica l’altra sociale: il diretto al volto con il quale, il Primo settembre 1960, l’italiano Duilio Loi debellò la resistenza del portoricano Carlos Ortiz, conquistando il mondiale Welter Juniors davanti a cinquantatremila spettatori, allo Stadio di San Siro, di Milano; la prima fotografia pubblica con Giulia Occhini (la Dama bianca), sul palco del mondiale su strada vinto da Fausto Coppi a Lugano, il 30 agosto 1953, con oltre sei minuti di vantaggio sul secondo.
Vito Liverani. La mia vita in pugno - Settant’anni di fotogiornalismo sportivo, a cura di Federico Meda e Sergio Meda; Bolis Edizioni, 2019; 128 pagine 14x21cm; 18,00 euro.
La sua Fotografia è stata inviolabilmente fedele a princìpi stabiliti da una identificata e consolidata consecuzione di applicazioni lessicali. Non generica fotografia per la strada, ma appassionata e partecipe street photography (con frequentazioni personali più che qualificate, a partire dagli statunitensi Walter e Naomi Rosenblum; rispettivamente, 1919-2006 e 1925), che prosegue idealmente la fotografia sociale e umanista, che -a cavallo del Novecento- è fantasticamente esplosa in un mondo -appunto quello fotografico- che, in precedenza, si contorceva su proprie presunte appartenenze all’arte espressiva.
La sua Fotografia, ancora, non ha ignorato le contraddizioni esistenziali dei nostri giorni, ma non le ha rivelate colpendo l’osservatore a tradimento. Al contrario, Giovanni Umicini è stato tanto e talmente partecipe della propria azione, che lui prima di tutto si è allineato con il proprio osservatore. Lo ha preso per mano, e lo ha accompagnato lungo un tragitto costellato di osservazioni, riflessioni e annotazioni: mai soluzioni! E di tutto questo gli siamo stati sempre grati.
Esponente di spicco di una genìa/famiglia molto presente nel fotogiornalismo italiano, Vito Liverani è soprattutto legato alle agenzie fotogiornalistiche Fotocronache Olympia, prima, e Omega Fotocronache, poi, che ha creato per lo sport (con relativo autorevole Premio Omega Fotocronache annuale). Però, bisogna ricordare che, prima di passare dietro le scrivanie di gestione, è stato eccellente fotografo, soprattutto indirizzato alla boxe (lui fu anche pugile dilettante) e al ciclismo, per il quale è stato fotografo ufficiale del Giro d’Italia per molti anni, tra i Cinquanta e Sessanta del Novecento.
Da qui, due momenti significativi della sua Fotografia.
Per la boxe, si registra il diretto al volto con il quale, il Primo settembre 1960, l’italiano Duilio Loi (1929-2008) debellò la resistenza del portoricano Carlos Ortiz (1936), conquistando il mondiale Welter Juniors davanti a cinquantatremila spettatori, allo Stadio di San Siro, di Milano. Autentica icona dello Sport, questa fotografia è stata pubblicata mille e mille volte, testimonianza visiva di una classe capace di sopperire a mancanza di potenza. Ancora, è stata anche interpretata in molte illustrazioni, alla maniera e con la continuità che è propria delle fotografie che hanno superato i propri confini specifici per imporsi nell’immaginario collettivo.
Ancora e ancora, questa stessa fotografia di Duilio Loi è stata iconica del professionismo di Vito Liverani, che l’ha evocata nel titolo della sua biografia, leggendaria Bianchi, dopo una notte d’amore con Giulia Occhini (1922-1993). Questa fotografia fu venduta a peso d’oro ai rotocalchi e ai quotidiani di allora, che si avventarono sulla love story come avvoltoi. Non è facile tradurre quei tempi oscurantisti sul nostro costume attuale, che spesso fa bandiera della vita privata dei personaggi pubblici (società dello spettacolo!). Ma, in quei primi anni Cinquanta, il clamore fu enorme, peraltro amplificato dalla contrapposizione generalizzata tra i due fenomeni del ciclismo italiano, sport popolare per eccellenza: il buon cattolico Gino Bartali (1914-2000) e il “comunista” (?) Fausto Coppi, colpevole di amore proibito. La prima fotografia pubblica della coppia data al mondiale su strada vinto da Fausto Coppi a Lugano, il 30 agosto 1953, nell’anno in cui aveva già vinto il Giro d’Italia: in Svizzera, oltre sei minuti di vantaggio sul secondo (6’22’’), il belga Germain Deijcke. Qui, ancora in fotografia di Vito Liverani, Giulia Occhini apparve sul podio di premiazione. Quindi, il successivo 12 giugno 1954, alla penultima tappa del Giro d’Italia, sul palco di Sankt Moritz, il giornalista francese Pierre Chany, inviato del quotidiano di sport L’Équipe, notò Fausto Coppi porgere a Giulia Occhini il mazzo di fiori ricevuto. In quel gesto, il giorpubblicata nel febbraio 2019 da Bolis nalista colse e raccontò l’intimità tra i Edizioni: La mia vita in pugno. Set- due; e da allora la relazione extracotant’anni di fotogiornalismo sportivo. niugale divenne di pubblico dominio,
Per il ciclismo, approdiamo con il soprannome di “Dama a Fausto Coppi (1919-1960), Nell’intensa e qualificata bianca”, dovuto al montgoaddirittura in due occasioni bibliografia di Giovan- mery bianco indossato da temporalmente successive. ni Umicini spiccano due Giulia Occhini. La prima è relativa a uno dei più clamorosi scandali italiani degli anni Cinquanta del Novecento, quando il ciclivolumi-catalogo di sue maestose e vigorose retrospettive fotografiche. In tempi più recenti, Vito Liverani ha legato una volta ancora il proprio nome a quello di Fausto Coppi attrasmo era tanto popolare da In ordine temporale in- verso l’agenzia Omega Foessere addirittura specchio verso, Per Padova (a Pa- tocronache, che ha avuto in della nazione. Ricordo bene dova, dal 7 ottobre 2007 distribuzione esclusiva una il racconto che mi ha più vol- al 13 gennaio 2008; Bi- icona del Ciclismo (e dello te ripetuto Vito Liverani, su blos Edizioni, 2007; 204 Sport); probabilmente, la fomie continue sollecitazioni a pagine 28x28cm; 40,00 tografia di sport più signifarlo, e che ha sempre confermato, anche in occasioni e interviste pubbliche. Nel 1953, Vito Liverani fu euro) e StreetPhotography (a Padova, dal 2 dicembre 2001 al 3 marficativa del fotogiornalismo italiano del Novecento. La scena, l’inquadratura è impressa nella memoria colil primo a fotografare Fau- zo 2002; Federico Motta lettiva: Fausto Coppi, mezzo sto Coppi dopo una notte di Editore, 2001; 144 pagi- pedale davanti a Gino Bartali, intimità con Giulia Occhini, ne 28x28cm, cartonato; con il braccio teso all’indiesposata con il dottor Enrico 46,00 euro). tro per prendere o porgere Locatelli, grande tifoso del una borraccia (dopo decenCampionissimo. Circa così: dopo una ni di dilemma, oggi si sa: è Bartali che notte passata al riparo di un cespuglio, porge a Coppi). nei pressi dell’ingresso di un discreto e Era il 6 luglio 1952, sul Col du Teleappartato albergo in campagna, lonta- graphe, tappa da Losanna-Alpe d’Huez, no dai clamori giornalistici, alle quattro la decima del Tour de France. La paterdel mattino, riuscì a fotografare Fau- nità è certa: è stata scattata dal fotoresto Coppi, sposato con Bruna Ciam- porter romano Carlo Martini. polini (1921-1979), che, in tenuta di al- In ricordo di Giovanni Umicini e Vito lenamento, lasciava il luogo sulla sua Liverani. ■ ■