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Editoriale
Fotografia è il contenitore entro il quale condividiamo, dovremmo condividere, il nostro stare insieme periodicamente. Come chiaro e palese a tutti -soprattutto a noi, prima che ad altri-, non ci occupiamo mai di Fotografia in profilo basso e sventurato, magari per appagare l’autostima di un autore o esaudire o assecondare bramosie di distributori e/o venditori di attrezzature, a partire dalle macchine fotografiche. Fatto salvo che ognuno ha diritto di agire come meglio crede, e non ci permetteremmo mai di misurare nessuno (osservare, piuttosto che giudicare e pensare, invece di credere), siamo fermamente convinti che tutti siano nel lecito, quantomeno con se stessi. Dunque, Fotografia: qualsiasi cosa questa significhi per ciascuno di noi. Una volta protocollati questi princìpi, non negoziabili, rimarrebbe ancora da intendersi tra le nostre rispettive Fotografia. In ennesima ripetizione, una volta ancora, una di più, per quanto mai una di troppo (?), e in acconto su altre future occasioni, ribadiamo che per noi la Fotografia non rappresenta un arido punto di arrivo (magari, «guarda le mie fotografie; che domani toccherà a me apprezzare le tue»), ma un fantastico e privilegiato s-punto di partenza: per la Vita, verso la Vita. Detta meglio, forse, attraverso la frequentazione volontaria, consapevole e disciplinata della Fotografia, avviciniamo realtà del mondo, che altrimenti sarebbero evanescenti ed effimere, se non addirittura irraggiungibili. E, dalla Fotografia verso... Relativamente, per quanto in sostanza, questo significa applicare con mente e cuore aperti quella fantastica combinazione di teoria-pratica-teoria che sovrintende, gestendola da par suo, alle formazioni individuali, alla comprensione degli altri e alla propria cultura. Certo, non quella nozionistica e finalizzata a urgenze (kultura?), ma quella che si cura e coltiva giorno dopo giorno, istante su istante, sia con mediazioni preposte, sia guardandoci intorno con curiosità. Comunque, non cerchiamo mai parole che facciano la differenza nella nostra Vita. Però, a volte, le incontriamo. Base di tutto questo è una certa volontà presto individuata e certificata: non è mai un problema di sapere (cultura?), ma di voglia di condividere. E, forse, capacità di farlo. Da cui, è sempre indispensabile una consistente dose di onestà, individuale e anche intellettiva, nell’affrontare tutto quanto il mestiere ci consente di avvicinare per ciò che ogni singolo momento rappresenta. A differenza, anche tra noi, in Fotografia (e, per quanto ci interessa, qui da noi, in Fotografia), c’è chi agisce su terreni e territori diversi da quelli annunciati: in particolare, agisce solo a proprio beneficio momentaneo, a dispetto di mandati che imporrebbero di anteporre priorità pubbliche a quelle private. In definitiva, costoro si reputano e considerano furbi (beata ingenuità, serena inconsapevolezza!) Sanno di non avere capacità, non possedere alcun talento e non riuscire a collegare tra loro i puntini che la Vita indica (in stile enigmistico); per cui, sostituiscono la necessaria intelligenza con una buona dose di presunta furbizia. Certo, in molti casi (in tutti!), questo appaga ogni esigenza utilitaristica del momento, che si traduce in conseguente tenore di vita. Però, alla fin fine, costoro non sono neppure furbi, ma soltanto furbetti. Quelli della parrocchietta. E noi, senza alcuna incertezza, rimaniamo con la Fotografia: per quanto questa significhi... per noi. Maurizio Rebuzzini
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