14 minute read
Ledoux
from Inside Utopia
IL MODELLO UTOPICO NEOCLASSICO DI LEDOUX
Durante il periodo illuminista nuovi principi di razionalità governano le discipline. Anche l’architettura risponde a nuove istanze, di natura igienica, politica, sociologica ed economica. Claude-Nicolas Ledoux, architetto Neoclassico e rivoluzionario, progetta la città ideale di Chaux: questa nasce come rielaborazione del progetto per le saline reali di Arc-et-Senans, ed è organizzata su pianta circolare, secondo principi di funzionalità.
Advertisement
Mappa generale dei dintorni delle “Saline di Chaux”. Tavola 14 ,Architettura considerata in relazione ad arte, costumi e legislazione, Parigi, 1804 L’opera utopica che andremo a narrare in questo capitolo è la città di Chaux, in Francia. Teorizzata dall’architetto francese Claude-Nicolas Ledoux, la città è concepita secondo gli ideali illuministi. Le geometrie e forme degli edifici riprendono la corrente neoclassica, anche se con alcune modifiche. Queste correnti del pensiero e delle arti erano le predominanti all’epoca di Ledoux, ovvero il ‘700.
L’arte neoclassica è strettamente legata all’Illuminismo, si può infatti definire come “l’arte della ragione”; si manifestò all’incirca tra la metà del Settecento e i primi dell’Ottocento, concludendosi con la caduta di Napoleone, nel 1815. Gli artisti neoclassici condividono la volontà di indirizzare l’arte verso un’indagine scientifica della realtà. Poco spazio viene quindi lasciato all’evasione fantastica e alle deformazioni e distorsioni emozionali, mentre ci si concentra sui valori di rigore, equilibrio, chiarezza. La geometria, le proporzioni e il calcolo anche nel dosaggio dei colori e dei toni chiaroscurali soppiantano gli svolazzi, l’arbitrarietà, la visione spensierata e le frivolezze del Rococò e diventano gli elementi fondamentali con cui si può riconoscere il nuovo stile. Le basi razionali su cui si fondano il disegno, le tecniche e le composizioni delle opere neoclassiche riflettono una profonda necessità di affermare la libertà dell’uomo moderno, raggiungibile attraverso la ragione, la conoscenza e l’intelligenza.
Il Neoclassicismo non si è sviluppato soltanto sulla sperimentazione artistica condotta dagli atelier e dalle accademie ma anche su una riflessione teorica articolata ed erudita con una base filosofica nettamente il-
luminista. L’estetica neoclassica, infatti, non è stata teorizzata da artisti ma da intellettuali aderenti all’Illuminismo. Centrale fu la figura dello storico dell’arte e archeologo tedesco Johann Joackim Winckelmann che elaborò la concezione di bellezza ideale.
Due furono i suoi scritti principali: le Considerazioni sull’imitazione delle opere greche nella pittura e nella scultura, del 1755 e la sua Storia dell’arte dell’antichità, del 1764. In queste opere fissò i principi del Neoclassicismo, fondati su 4 punti: • una particolare reinterpretazione dell’arte classica, ritenuta come esempio di perfezione assoluta e assunta come modello. • la “nobile semplicità e quieta grandezza”, che si contrappone agli eccessi e alle irregolarità del Barocco e del Rococò. • la “grazia” intesa come armonia, equilibrio e “gradevolezza secondo intelletto”. • l’arte intesa come espressione di valori morali e stimolo al miglioramento etico della società.
A differenza di altri architetti del tempo, Ledoux non ebbe esperienza diretta dell’architettura classica con un viaggio a Roma, ma l’acquisì dai suoi maestri. Tuttavia Ledoux maturando sviluppò un linguaggio proprio, lontano dalla ricerca del bello assoluto di matrice greca.
Ledoux si discosterà leggermente dalla corrente neoclassica, in quella che verrà chiamata a posteriori Architettura Rivoluzionaria. La sua architettura prediligerà forme pure e subirà il fascino del simbolismo, ovvero, forme futuristiche, con alto valore simbolico e visionario e la stretta correlazione tra forma e funzione, divenendo l’incarnazione di quella che, nel 1852, Léon Vaudoyer definirà “architettura parlante”. Purtroppo i progetti più innovativi di Ledoux sono quelli che meno hanno avuto la possibilità di prendere forma, avendone noi una testimonianza per lo più attraverso incisioni e illustrazioni.
A sinistra: Claude Nicolas Ledoux, Progetto per l’officina dei carbonai,
Sopra: Jean-Baptiste Hilair, Illustrazione del Panthéon di Parigi, 1795, Bibliothèque nationale de France.
Ledoux pur facendo parte del movimento del Neoclassicismo se ne discostò in alcune caratteristiche. Comparando il suo progetto per l’Officina dei carbonai con il Panthéon di Parigi si nota la caratteristica delle opere di Ledoux: la ricerca nella costruzione dell’intersezione di figure geometriche e il rifiuto di ornamenti.
Claude Nicolas Ledoux, architetto. (21 marzo 1736, Dormans, Francia; 18 novembre 1806, Parigi, Francia).
Maison du Directeur costruita dall’architetto Claude Nicolas Ledoux, situata presso le saline reali di Arc-et-Senans.
Ledoux: Dalle Saline Reali alla città ideale di Chaux
Nato a Dormans nel 1736, pur provenendo da una famiglia modesta Ledoux ebbe l’opportunità di studiare a Parigi al Collège Beauvais, grazie ad una borsa di studio. Presto padroneggiò l’arte dell’incisione al punto da riuscire a mantenersi vendendo scene di battaglie. Col passare del tempo però, si interessò all’architettura, e si iscrisse all’Ecole des Arts, fondata dall’architetto J.F. Blondel, per poi mettere in pratica i suoi insegnamenti dal 1757, presso la bottega di L. F. Trouard. Dal 1771 e per i successivi ventitré anni l’architetto fu ispettore delle saline statali nella Franca Contea. Grazie all’incarico ebbe modo di progettare e far costruire le saline di Chaux, presso il villaggio di Arc-et-Senans, vicino Besançon. All’epoca il sale era un bene di primaria importanza, usato per conservare i cibi e pesantemente tassato. Nella regione si estraeva attraverso pozzi salini, vaporizzando l’acqua con l’uso di forni a legna. Proprio per questo la salina si trova vicino alla foresta, per avere a disposizione legname, mentre l’acqua veniva portata lì attraverso un canale. Le saline furono progettate con nuovi principi di razionalizzazione degli spazi per essere funzionali all’attività industriale. Attorno al progetto delle Saline Reali, Ledoux progettò un’intera città impostata su un anello ellittico il cui perimetro era formato da due serie concentriche di edifici: l’interno riservato agli uffici amministrativi, l’esterno ad edifici per attrezzature, residenze di vario tipo infine l’asse sul diametro minore veniva a coincidere con la casa del direttore e con le officine.
Dal 1775 lavorò alla realizzazione del teatro di Besançon, con l’obiettivo di creare qualcosa di nuovo. Il teatro fu il primo ad introdurre la buca d’orchestra, ovvero il golfo mistico di Wagner, oltre a prevedere balconate ad anfiteatro al posto dei palchi e posti a sedere per la platea. Nello stesso periodo realizzò l’Hôtel Thélusson, residenza famosa come una delle principali attrazioni parigine, introdotta da un arco trionfale ed un giardino all’inglese. Uno degli ultimi grandi progetti di Ledoux a prendere vita fu la cinta daziaria attorno a Parigi, grazie alla quale veniva riscossa la tassa della concessione, per le merci trasportate in città dai contadini. I lavori cominciarono nel 1785, e nonostante i tentativi di nascondere la natura dell’opera Ledoux divenne ben presto impopolare. Critiche arrivarono anche per lo stile architettonico, che combinava bugnato, dorico, forme geometriche semplici e prototipi antichi e rinascimentali, risultando troppo moderno per molti. Ad oggi rimangono solo quattro dei caselli daziari: Barrière de la Villette, Barrière de Chartres, Barrière du Trône, Barrière d’Orléans. Le ultime commissioni a cui stava lavorando Ledoux, il palazzo per il governatore, i tribunali e le prigioni di Aix-en-Provence, furono interrotte nel 1790 a causa della rivoluzione scoppiata l’anno prima. Nel 1793 venne imprigionato, sospettato di legami con la corte francese, e scampò per poco la ghigliottina.
Negli ultimi anni si dedicò alla stesura del suo trattato, “L’architecture considérée sous le rapport de l’art, des moeurs et de la législation”, cui aveva cominciato a lavorare durante la prigionia, e che raccoglie i suoi progetti e le sue idee sull’architettura. In particolare questa è l’opera grazie alla quale possiamo ammirare gli studi per la città ideale di Chaux e i suoi edifici, nati da una reinterpretazione dei progetti per le saline di Arc-et-Senans.
Saline Reali di Arc-et Senans. Esse si trovano nella foresta di La Chaux, presso Besançon, in Francia.
Vista prospettica della città di Chaux. Architettura considerata in relazione ad arte, costumi e legislazione. (Parigi, 1804)
La storia della città di Chaux, progettata interamente da Ledoux a partire da un insediamento industriale esistente, ovvero la Salina Reale, è una storia importante perché non solo parla della progettazione di una città ideale, con tutti i suoi edifici, che anticipano le tipologie edilizie come le conosciamo oggi, ma anche una progressiva riflessione sulla città e sui suoi spazi.
Alla fine del Settecento si sviluppano nuove idee di pensiero scisse all’origine dal corpus tradizionale della conoscenza architettonica, che si nutre di informazioni e di istanze economiche, sociologiche, igieniche, e soprattutto politiche. Dall’altra parte il “sapere architettonico” rinuncia al ruolo universalistico che aveva caratterizzato l’arte settecentesca, divenendo tecnica combinatoria del tipo architettonico. Tutte queste novità sono espresse nella vasta produzione di Ledoux, in particolare nei progetti per la città utopica di Chaux.
Tale idea sembra decadere completamente nella veduta prospettica della città di Chaux, ove a fronte del permanere della forma geometrica della città, e dell’ovale centrale formato dalla salina e dalle caserme, il carattere chiuso, geometrico, lascia il posto a un aspetto più aperto, quasi pittoresco, che certamente riflette l’influenza della nuova moda paesaggistica dei giardini composti secondo gli esempi inglesi.
Chaux è presentata come una città ad impianto radiale con 16 viali
che si prolungano verso la campagna. Il progetto comprende una chiesa a est e il primo schema di un mercato, in sostituzione del tribunale, a ovest. Sul retro sono visibili i bagni pubblici e quello che sembra un primo progetto di borsa. Sono scomparse, invece, le schiere regolari di case, sostituite da edifici vecchi e nuovi: ville neopalladiane, fattorie, monasteri e magazzini. Nella versione definitiva, Chaux diviene una città ideale, la cui forma ellittica ripete il corso del sole. Ledoux sceglie l’immagine del cerchio per rappresentare la genesi e la tendenza ad allargarsi, come i cerchi prodotti da un sasso caduto nell’acqua.
Abbandonando via via il superfluo dell’ornamento, le figure elementari della geometria semplice divengono elemento fondante dell’architettura della nuova città. È un atto di forza del progetto, tutto costruito per incastro di solidi platonici, nel significato simbolico dei quali risiede la premessa di un efficace rapporto empatico con l’osservatore. Per quel che riguarda gli edifici privati, una dozzina di diverse “Maisons de campagne” insegnano modi decorosi di abitare a seconda del proprio ceto sociale. Alcuni progetti rispondono a tematiche dimostrative, del tutto al di fuori della realtà, con una geometria di costruzione molto astratta: la casa dei Sorveglianti del fiume Loue è un cilindro ad asse orizzontale attraverso il quale passa, con un sistema di cascate, l’acqua del fiume; la casa delle Guardie Campestri è una sfera, dalla quale dominare il paesaggio naturale; infine la casa del Fabbricante di Cerchi, che altro non è che un ripetersi di intrecci di archi completi che si intersecano a crociera. I segni di questa architettura sono per lo più figure della geometria elementare: Ledoux sembra accettare le estreme conseguenze di un procedimento irreversibile di riduzione culturale, per la quale la casa è un cubo, la colonna è un cilindro, la volta è una sfera, il tetto è una piramide. Ledoux usa un sistema combinatorio per la costruzione dei suoi diversi edifici , instaurando variazioni e sperimentando diverse soluzioni per lo stesso tipo di progetto. Per insediare lavoratori e impiegati, Ledoux predispone una collezione che raccoglie tutti i generi di edifici usati nell’ordine sociale, come afferma nel frontespizio del suo trattato. Si ritrovano anche rielaborazioni degli schizzi di case progettate per il nuovo paese di Mapertuis, nella tenuta del Marchese di Montesquieu, e reinserite nel “l’Architecture” come case della città di Chaux, che si possono individuare nella veduta. Di questa schiera di progetti fanno parte i vari laboratori, con abitazioni per taglialegna, segatori, carbonai, guardie forestali. Dopo la Rivoluzione e la disavventura carceraria, Ledoux stila dei progetti ideali di carattere più astratto, in cui la volontà di salvare la propria reputazione distrutta fa sposare l’idea di una società con valori comuni, riprende infatti le idee di Rousseau e quelle della Massoneria, con un programma simbolico-architettonico che provveda all’istituzione un nuovo ordine della società.
Alcuni di questi edifici, come la Casa del Direttore, sono stati regolarmente costruiti e si possono ancora visitare; ad Arc-et-Senans esiste anche un piccolo museo dove sono raccolti disegni, immagini e modelli dai progetti di Ledoux.
A destra: il progetto de “la casa delle Guardie Campestri”, è una sfera. Architettura considerata in relazione ad arte, costumi e legislazione, (Parigi, 1804)
Il lascito di Ledoux
A sinistra: Progetto de La casa dei Sorveglianti del fiume Loue, riprende la forma di un cilindro ad asse orizzontale,attraverso il quale l’acqua del fiume passa con un sistema di cascate. Architettura considerata in relazione ad arte, costumi e legislazione, (Parigi, 1804)
In basso a sinistra: Wilhelm Wagenfeld & Karl J. Jucker, Lampada Wagenfeld, (1924)
In basso a destra: Le Courbusier, Villa Savoye, (1928-1931).
In questi due esempi del Movimento Moderno, è evidente la similitudine, con Ledoux, nella scelta di forme pure (sfere, cilindri, parallelepipedi) per la costruzione delle forme e dello spazio.
Dopo la Rivoluzione, la Francia subì un rallentamento dell’attività edilizia, che fu caratterizzata da costruzioni di scarsa originalità. Le promesse di un’architettura completamente nuova vennero meno, schiacciate dalle incertezze legate alla crescita rapida e disordinata delle città ottocentesche, che spinsero molti architetti a cercare un rifugio ideale e sicuro nel passato. Inoltre, i loro principali committenti appartenevano a quella nuova classe borghese arricchitasi rapidamente e animata da grandi energie, ma dotata di scarsa cultura, che sentendosi slegata da ogni obbligo verso le regole del buon gusto, disgregò quell’unità stilistica che aveva caratterizzato l’architettura fino al Settecento, avviando il XIX secolo verso l’eclettismo. In questo contesto, gli architetti rivoluzionari, come Ledoux e Boullée, furono dimenticati dalla storiografia accademica.
Successivamente, l’ideale razionalista che caratterizzerà le avanguardie a partire dagli anni venti e trenta del Novecento, con i Bauhaus e Le Corbusier, porterà a una riscoperta del rigore geometrico degli architetti rivoluzionari. Venne ripresa l’idea della dicotomia forma-funzione, la costruzione con forme essenziali e il rifiuto di ogni forma di decoro.
La correlazione tra i due stili ha interessato anche il mondo accademico. Lo storico dell’arte Emil Kaufmann, nel suo saggio Von Ledoux bis Le Corbusier, del 1933, troverà molti punti in comune con il mondo neoclassico di Ledoux e l’architettura moderna, inoltre riconoscerà nelle opere dell’architetto le anticipazioni di una architettura sociale e innovativa.
LA CITTÀ DEL FUTURO DI ANTONIO SANT’ELIA
Nella pagina a sinistra: particolare della Città Nuova, 1914
In alto: foto di Antonio Sant’Elia
Agli inizi del '900, in un’Europa in continua evoluzione per via dello sviluppo industriale, subentra il capitalismo in modo sempre più prepotente e imperialistico; una straordinaria quantità di innovazioni tecnologiche rivoluzionano nel giro di pochi anni la vita quotidiana e continuano a evolvere a gran velocità. Accanto ai treni compaiono motociclette, automobili, dirigibili ed aerei. La luce elettrica sostituisce l’illuminazione a gas e accanto al telegrafo si afferma il telefono. Il fonografo permette una riproduzione quasi illimitata dei suoni, una moltiplicazione della musica nella vita quotidiana e il cinematografo si avvia a diventare uno spettacolo popolare. La produzione industriale stessa viene rivoluzionata dalla standardizzazione, dal formarsi di “cartelli” (trust) e soprattutto dall’introduzione della lavorazione in serie. Dalla consapevolezza che l‘uomo non si è ancora adeguato a questo mondo industriale che cambia così in fretta nasce il Futurismo, questa esigenza di progredire diventa violenta in un paese coinvolto nella trasformazione industriale ma ancora molto arretrato rispetto ai grandi paesi europei e agli Stati Uniti; non a caso la sua città d’origine è Milano, capitale industriale d’Italia. Questo movimento è proiettato verso l’avvenire e verso l’acquisizione di nuovi concetti e di nuovi mezzi espressivi, ma gran parte delle sue energie sono assorbite dalla polemica contro l’eredità del passato, che in Italia è particolarmente pesante e viene sentita come una zavorra intollerabile. Tuttavia il Futurismo non si limita a perseguire lo svecchiamento della cultura italiana, ma, come si è visto, ha l’ambizione di creare un modo di sentire e di esprimersi all’altezza dei tempi nuovi, che ancora manca anche nei Paesi più avanzati. Questo pensiero nasce e si diffonde grazie al Manifesto del Futurismo scritto da Filippo Tommaso Marinetti e pubblicato nel 1909. Per riportare le parole di Marinetti stesso: “Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno”. Celebrano l’idea di dinamismo e velocità, l’avanzamento tecnologico e industriale, ma anche la violenza e la guerra come soluzione ai problemi del mondo. Successivamente nel 1914 sul modello del Manifesto del Futurismo si sviluppa quello dell’Architettura Futurista, che proclama che la nuova architettura deve essere basata sul calcolo, l’au-