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Inside Nature

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Biofilia

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Inside nature. Le soluzioni migliori sono quelle ideali?

Arrivati ormai alla fine del libro, forse è giunto il momento di guardare l’utopia da altre prospettive, molto attuali. Se spesso, anche nell’ambito architettonico, si parla della soluzione migliore, perché invece non pensare a quelle soluzioni ideali, da adottare di fronte a quei problemi reali? In questo capitolo parleremo dell’utopia in un senso più generale, da una prospettiva diversa, meno conosciuta, che spazia dal cinema alla moda, passando “naturalmente” anche per l’architettura. Non si tratta solo di progettare con la natura, ma soprattutto per la natura. Perché ad esempio i bachi da seta devono morire per donarci il loro prezioso prodotto? L’orologio fa tic tac, il ghiaccio è in fiamme, bisogna sbrigarsi: l’unico modo è farlo ora per domani, non domani.

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La natura dal suo interno — Ice on fire, Domani Dalla natura per la natura — Silk Pavilion, Ocean Pavilion Il corpo, l’abito — Wanderers

Il cambiamento climatico è reale. Sta accadendo proprio ora, è la minaccia più urgente per tutta la nostra specie e dobbiamo lavorare insieme e smettere di procrastinare.

Ice on fire. Le soluzioni esistono ma l’orologio fa tic tac

Fotogramma tratto dal film Ice on Fire che riprende il metano fuoriuscente dal permafrost. Ice on Fire è un documentario del 2019 che esplora il potenziale evento del livello di estinzione causato dal rilascio di metano artico e le nuove tecnologie sviluppate che potrebbero invertire il riscaldamento globale sequestrando il carbonio dall’atmosfera. Il documentario è un viaggio per il mondo alla scoperta di soluzioni mai viste prima per rallentare l’aumento delle temperature, riducendo in particolare le emissioni di anidride carbonica. Dalla Norvegia all’Alaska, dall’Islanda al Colorado, dalla Svizzera alla Costa Rica, veniamo a conoscenza delle storie di chi ogni giorno lotta per impedirci di raggiungere il “punto di non ritorno”. Le soluzioni alla crisi climatica, sostiene il film, si sono concentrate prevalentemente sulle energie rinnovabili. Ma dato che le cifre suggerite dall’Accordo di Parigi sul clima sembrano sempre più simili a sogni irrealizzabili, saranno necessari altri metodi. Tra i più efficaci vengono segnalate le misure di drawdown, volte a prelevare l’anidride carbonica dall’atmosfera e dagli oceani per poi stoccarla sottoterra o trasformarla in altro, l’allevamento di ostriche e alghe (le mucche nutrite con alghe producono apparentemente il 90% in meno di metano, uno dei gas serra più aggressivi) e foglie artificiali e bioniche prodotte da Harvard che possono teoricamente trasformare l’anidride carbonica in carburante. I nuovi metodi verdi di generazione di energia includono la produzione di energia di marea e acqua salata.

Il documentario, girato in nove paesi in tutto il mondo, vede gli interventi di visionari e scienziati, giovani e anziani, che stanno lavorando per mitigare i cambiamenti climatici e minimizzare gli eventi legati al clima, nonostante il pianeta sia sottoposto a un rapido e crescente riscaldamento. Ice on Fire ha lo scopo di far aprire gli occhi ai più e si concentra sulle molteplici soluzioni, mai viste prima, per rallentare la nostra crescente crisi ambientale. Viene sottolineata la necessità di un approccio immediato e duplice per invertire la crisi: occorre ridurre le emis-

Sopra, fotogramma tratto dal film Ice on Fire che ritrae lo scioglimento dei ghiacci.

Sotto, fotogramma dal film Ice on Fire che ritrae la misurazione dello scioglimento dei ghiacci.

Domani. Adesso per domani

sioni di anidride carbonica attraverso le tradizionali fonti di energia rinnovabili e non, e attuare misure di prelievo, concentrandosi sui metodi di abbattimento del livello di anidride carbonica nell’atmosfera, compresi gli allevamenti marittimi, le fattorie urbane e il biochar. Mentre gran parte dell’attenzione politica ed economica si focalizza sul settore energetico, il film sottolinea che l’estrazione di CO2 dall’atmosfera e dagli oceani è forse la migliore speranza per mitigare il cambiamento climatico. I luoghi simbolo in cui la produzione ha fatto tappa sono la Usal Redwood Forrest Foundation, nel nord della California, la fattoria urbana di Ron Finley a Los Angeles, la Thimble Island Ocean Farm, al largo delle coste del Connecticut, e Zurigo. Il documentario vanta il contributo speciale di Lenardo DiCaprio che, oltre ad essere uno dei produttori, presta la voce alla narrazione nella versione originale.

Domani, Demain, è un film documentario francese diretto da Cyril Dion e Mélanie Laurent, del 2015. Di fronte a un futuro che secondo gli scienziati è un grande motivo di preoccupazione il film ha la particolarità di non cedere al catastrofismo. Ottimisticamente, individua iniziative che si sono affermate in dieci paesi del mondo: esempi concreti di soluzioni alle sfide ambientali e sociali del ventunesimo secolo, che si tratti di agricoltura, energia, economia, democrazia e istruzione. Dopo aver letto un report pubblicato da un gruppo di scienziati sulla rivista Nature nel 2012, che ribadiva la necessità di correre ai ripari, perché il nostro pianeta non può sostenere ancora a lungo l’attuale ritmo di sfruttamento delle sue risorse, Cyril Dion e Mélanie Laurent hanno deciso di intraprendere un viaggio in cerca di soluzioni.

Domani è dunque un documentario on the road: dalla Danimarca agli Stati Uniti, dall’India all’Islanda, dalla Francia all’isola della Réunion passando per l’Inghilterra, alla ricerca degli esempi virtuosi in cinque campi, che indicizzano il film in capitoli: dall’agricoltura passando per la democrazia, all’istruzione. Si propone dunque di parlare con chiarezza di tutte quelle strategie già attuate in diverse parti del mondo per riequilibrare la biosfera, superare le crisi economiche, livellare quelle ineguaglianze e rispettare l’ambiente tornando ad essere legati ad esso. Nel film Domani quindi vediamo orti urbani, piantagioni e agricoltura sostenibile e diversificata, perma-

Sopra, fotogramma tratto dal film Domani, che ritrae Mélanie Laurent e Cyril Dion insieme agli altri membri del gruppo.

Sotto a sinistra, fotogramma tratto dal film Domani. Un vigile si complimenta con la responsabile del progetto ecofriendly Incredible Edible.

Sotto a destra, fotogramma tratto dal film Domani. Un esempio di scuola in Svezia, in cui “amare la natura” fa parte della formazione basica. culture, fonti energetiche rinnovabili, compostaggio, città come Copenhagen nella quale il 65% dei cittadini non usa l’automobile; e ancora troviamo revisioni di un modello economico che mirano alla crescita indefinita, trovando una soluzione nell microvalute e in monete locali per ecosistemi economici complementari. Non solo, si prosegue con modi di lavorare all’interno del sistema per portare il cambiamento o contro di esso con iniziative alternative per raggiungere obiettivi al di fuori del sistema, leggi della Terra e diritti umani e un modello educativo basato su fiducia, tolleranza e collaborazione. In tal proposito Cyril Dion enuncia tali parole:“Volevamo dimostrare che è tutto collegato. Che non è possibile affrontare i problemi separatamente. L’agricoltura occidentale, per esempio, è totalmente dipendente dal petrolio. Cambiare il modello agricolo significa cambiare anche il modello energetico. Ma la transizione energetica costa cara, e quindi bisogna affrontarla in termini economici. Purtroppo, al giorno d’oggi l’economia crea disuguaglianze ed è in larga misura responsabile della distruzione del pianeta, quindi è necessario regolamentarla in modo democratico. Ma perché una democrazia funzioni, bisogna che faccia affidamento su cittadini illuminati ed educati ad essere liberi e responsabili”. Ci sono alcune statistiche ed esempi sorprendenti che confermano la validità delle iniziative proposte dal film. Apparentemente la maggior parte della nostra agricoltura commestibile proviene da piccole fattorie, non dall’agrobusiness, che sono estremamente affamate di energia e dannose per la terra. Ora ci sono piccole fattorie in tutta la città di Detroit che sono sorte nelle aree abbandonate e stanno fornendo cibo fresco e privo di pesticidi a un ampio segmento della popolazione.

Quello che colpisce è che non si tratta solo delle utopie di qualche piccola comunità neo-hippie o di estremisti arrabbiati e antisistema, ma di possibilità concrete e reali che riguardano tanto i cittadini con i loro movimenti dal basso, quanto iniziative e coinvolgimenti di governi locali e nazionali. In molti casi si tratta di un ripensamento del nostro stile di vita che, con una necessarietà filosofica prima ancora che comportamentale, porti a rivalutare i concetti di lentezza e limite e considerarli elementi positivi e propulsivi e non zavorre che frenano il progresso.

L’ideale sarebbe riuscire a cogliere sempre un frutto da un albero da frutto per piantarlo ed ottenere un albero. È semplice, un frutto per un frutto.

Dalla natura per la natura

Silk Pavilion. Progettare architetture naturali

Dettaglio di due bachi da seta mentre stanno producendo la loro seta. Il Silk Pavilion è un’installazione progettata nel 2013 da Neri Oxman e il suo Team. È stato notato per il suo metodo di fabbricazione tanto quanto per la sua forma finale. È stato tessuto da 6.500 bachi da seta all’aperto su una cupola con telaio in nylon. Gli esperimenti con i bachi da seta hanno identificato come avrebbero reagito a diverse superfici e cosa li avrebbe incoraggiati a ruotare su una struttura esistente piuttosto che filare un bozzolo. La cornice di una grande cupola poliedrica è stata tessuta da un braccio robotico con sottili fili di nylon e sospesa in una stanza aperta. La cupola è stata progettata con spazi vuoti dove sarebbe stata più calda. I bachi da seta sono stati rilasciati sul telaio a ondate, dove hanno aggiunto strati di seta prima di essere rimossi. Ciò ha coinvolto ingegneria e sericoltura, modellando il sole nella stanza. L’installazione risultante è stata appesa in modo che le persone potessero stare all’interno.

Il suo lavoro incarna la progettazione ambientale e la morfogenesi digitale, con forme e proprietà determinate dal contesto. Ha coniato la famosa frase “ecologia materiale” per definire il suo lavoro, inserendo i materiali nel contesto. Generalmente i marchi di fabbrica stilistici includono superfici dai colori vivaci e ruvide con struttura a molte scale e materiali compositi la cui durezza, colore e forma variano su un oggetto. I risultati sono spesso progettati per essere indossati o toccati e ispirati dalla natura e dalla biologia. Associando la creazione di tecnologie su misura per la costruzione digitale con applicazioni del mondo reale, la Oxman e il suo team hanno generato nuovi modi di produzione che si traducono in strutture le cui proprietà fisiche sono state progettate per adattarsi perfettamente all’ambiente in cui vivono. Rigidità, elasticità, colore, trasparenza, conduttività, persino odore e gusto, possono essere regolati individualmente per ogni pixel 3D di un oggetto fisico. La costruzione di prodotti ed edifici non è quindi più limitata a raccolte di parti discrete con proprietà omo-

Sopra, dettaglio macroscopico di un baco da seta.

Al centro, dettaglio di bachi da seta laboriosi.

Sotto, dettaglio di tessitura della seta.

A destra, un addetto all’opera all’interno della struttura.

A sinistra, dettaglio della superficie della struttura.

In alto a destra, interno della struttura.

In basso a destra, la struttura nel suo complesso.

Ocean Pavilion. Noi ospiti della natura

genee. Piuttosto, gli oggetti, come gli organi, possono essere coltivati computazionalmente, fabbricati in modo additivo e aumentati biologicamente per creare costrutti eterogenei e multifunzionali.

“Ma la natura è ideale? Non ci sono parti in natura? Come la Bibbia racconta: Il terzo giorno della creazione, Dio comanda alla Terra di crescere un albero da frutto. Per questo primo albero da frutto, non ci sarebbe stata alcuna differenziazione tra tronco, rami, foglie e frutti. L’intero albero era un frutto. Invece, la terra ha cresciuto alberi che hanno corteccia e fiori e steli.” Così hanno cercato quel materiale biblico, che è sia frutto albero che frutto come tipo di materiale, e lo hanno trovato. Il secondo più abbondante biopolimero del pianeta si chiama chitina, e circa 100 milioni di tonnellate di esso vengono prodotte ogni anno da organismi come gamberi, granchi, scorpioni e farfalle. Hanno pensato che se avessero potuto accordare le sue proprietà, si sarebbe potuto generare, da una singola parte, strutture che sono multifunzionali.

Ecco, Ocean Pavilion. Abbiamo ordinato un mucchio di conchiglie di gamberetti, li abbiamo macinati e abbiamo prodotto pasta-chitosan. Variando le concentrazioni chimiche, siamo stati in grado di realizzare una vasta gamma di proprietà: dal buio, rigido e opaco, alla luce, morbida e trasparente. Per stampare le strutture su larga scala, abbiamo costruito un sistema di estrusione controllato da robot con più ugelli. Il robot varierebbe le proprietà del materiale in tempo reale e può creare questi 12 piedi di lunghezza delle strutture in un unico materiale, riciclabile al cento per cento. Quando le parti sono pronte, sono lasciate asciugare fino a prendere forma in modo naturale al solo contatto con l’aria. Allora perché stiamo ancora progettando con la plastica? Le bolle d’aria che erano un sottoprodotto del processo di stampa sono state usate per contenere microrganismi fotosintetici che fecero la loro prima apparizione sul nostro pianeta 3,5 miliardi anni fa. Insieme ai nostri collaboratori a Harvard e del MIT, noi abbiamo batteri incorporati che sono stati geneticamente modificati per catturare rapidamente carbonio dall’atmosfera e convertirla in zucchero. Per la prima volta, siamo stati in grado di generare strutture senza soluzione di continuità e sono la transizione da un fascio di maglia, e se scalato sono ancora più grandi, per le finestre.

La Terra è una risorsa biologica dalla quale trarre le regole per creare microrganismi in armonia con essa che soddisfino le necessità comuni della vita quotidiana.

Il corpo, l’abito

Wanderers. Un’esplorazione astrobiologica

Modella che indossa un capo della Collezione Wanderers, Al-Qamar. Foto di Yoram Reshef. L’impostazione di questo progetto utilizza gli stessi principi con cui si è originato il sistema solare. L’obiettivo è quello di creare abiti che sostengano la vita per i viaggi interplanetari. Per fare questo, è necessario contenere i batteri ed essere in grado di controllare il loro flusso. Così come la tavola periodica, abbiamo anche noi la nostra propria tabella degli elementi: nuove forme di vita che sono state computazionalmente coltivate, additivi fabbricati e biologicamente aumentati. La Oxman crede fortemente che la biologia sintetica sia come l’alchimia liquida, solo che invece di trasmutare i metalli in preziosi, si stanno sintetizzando nuove funzionalità biologiche dentro molti piccoli canali.

Si chiama microfluidica. Il team ha stampato in 3D i canali per controllare il flusso di queste colture batteriche liquide. Nel primo pezzo di abbigliamento, si combinano due microrganismi. Il primo è formato da cianobatteri, comuni batteri che vivono negli oceani e negli stagni d’acqua dolce. Poi il secondo, l’E. coli, è il batterio che abita nell’intestino umano. Uno converte la luce in zucchero, l’altro consuma lo zucchero per produrre biocarburanti utili per l’ambiente costruito. Questi due microrganismi non interagiscono in natura, in realtà, non si sono mai incontrati. Sono stati progettati per la prima volta in laboratorio per avere una relazione all’interno di un capo di abbigliamento. Pensate all’evoluzione non tramite la selezione naturale, ma attraverso la progettazione. Al fine di contenere queste relazioni, hanno creato un unico canale che ricorda il tratto digestivo, che aiuterà il flusso di questi batteri ed alterare la loro funzione lungo la strada. L’idea è poi quella di coltivare questi canali sul corpo umano, variando le proprietà del materiale secondo la funzionalità desiderata. Dove serve avere più fotosintesi, si progettano canali più trasparenti. Questo sistema digestivo indossabile, quando è svolto fino alla fine, si estende per 60 metri. Questa è la metà della lunghezza di un

A sinistra, modella che indossa un capo della Collezione Wanderers, Zuhal. Foto di Yoram Reshef.

A destra, Collezione Wanderers, Mushtari. Foto di Yoram Reshef.

Dettaglio del capo di abbigliamento Al-Qamar. Foto di Yoram Reshef.

campo di calcio, e dieci volte il nostro intestino tenue. Per la prima volta si assiste alla prima serie di fotosintetici indossabili: dei canali di liquido incandescente che hanno la vita all’interno di un abbigliamento da indossare. Mary Shelley disse: “Siamo creature senza stile, ma solo la metà è stata composta.” Che cosa succederebbe se il design potesse prevedere quale è l’altra metà? Che cosa accadrebbe se potessimo creare strutture in grado di accrescere la materia vivente? Che cosa accadrebbe se potessimo creare microbiomi personali che scansionano la nostra pelle, riparano il tessuto danneggiato e sostengono il nostro corpo? Pensate a questo come ad una forma di biologia modificata. Questa intera raccolta, non è moda di per sé, ma fornisce l’occasione per speculare sul futuro della nostra etnia, sul nostro pianeta, su come combinare conoscenze scientifiche e di abbandonare l’età della macchina per una nuova era di simbiosi tra i nostri corpi: i microrganismi che abitiamo, i nostri prodotti e anche i nostri edifici. Usando le parole della Oxman: “Io chiamo questo materiale ecologia”. Ormai, si sa che la stampante 3D stampi a strati. Ma sappiamo anche che la natura non è fatta così: cresce, aggiunge con raffinatezza.

Viaggiare verso destinazioni oltre il nostro pianeta Terra comporta viaggiare verso paesaggi ostili e probabilmente ambienti mortali. Gravità schiacciante, aria monotona, oscurità prolungata e temperature che farebbero bollire il vetro o congelerebbero l’anidride carbonica, eliminando la probabilità di visite umane. Il progetto esplora la possibilità di viaggiare nei mondi al di là dell’immaginario, visitando i mondi interni. I capillari indossabili stampati in 3D progettati per i pellegrini interplanetari sono infusi con microrganismi ingegnerizzati al livello sintetico per rendere l’ostile abitabile e il mortale vivo. I dispositivi indossabili sono progettati per interagire con un ambiente specifico caratteristico della loro destinazione e generare quantità sufficienti di biomassa, acqua, aria e luce necessarie per sostenere la vita: alcuni fotosintetizzano convertendo la luce del giorno in energia, altri bio-mineralizzano per rafforzare e aumentare l’osso umano e un po’ di fluorescenza per illuminare la strada nell’oscurità totale.

Biofilia

IL BENESSERE SOCIALE NELL’UTOPIA CONTEMPORANEA

Dall’alba dei tempi l’uomo ha utilizzato tutto ciò che l’ecosistema aveva da offrirgli per la propria evoluzione. Durante questo processo egli ha dimostrato il suo bisogno di costruire sempre più nuove soluzioni, sfruttando gli elementi della natura che lo circondavano, che rispondessero alla sua domanda iniziale di protezione fino al soddisfacimento di ogni suo tipo di bisogno. Mano a mano dunque, la natura è diventata sempre più bacino di risorse da sfruttare perdendo progressivamente la sua naturale funzione di rifugio e di complemento necessario della vita umana. Rivolgendo lo sguardo al passato si nota come in ogni periodo storico considerato di progresso, la natura avesse un ruolo esclusivamente utilitaristico piuttosto che di unica risorsa inderogabilmente legata al benessere e alla sopravvivenza dell’umanità. Questo progressivo allontanamento dal binomio uomo-natura della società moderna ha portato a sviluppare delle abitudini e dei cicli umani totalmente asincroni dalla natura e per tanto a danneggiarla quasi irreparabilmente. Considerando che un ritorno al rapporto uomo-natura primitivo sia utopico per le società odierne, è necessario considerare di tornare a trovare un equilibrio tra i due. Negli ultimi anni infatti, vistosi le gravi ripercussioni degli operati delle ere passate sull’intero pianeta e la sua salute, l’attenzione per l’aspetto green si sta sempre più assottigliando in ogni campo, grazie a numerose campagne e movimenti che hanno aumentato la consapevolezza della nostra società e risvegliato sempre più coscienze. In questo capitolo intendiamo illustrare, attraverso diverse declinazioni del termine con alcuni esempi, il concetto di biofilia, ovvero quella tendenza innata dell’uomo a concentrare il proprio interesse verso i processi vitali, creare connessioni con la natura e altre forme di vita (Biophilia, 1984, E.O.Wilson). In architettura, intesa come uno dei massimi rapporti di interazione tra l’uomo e l’ecosistema circostante, questa pulsione ha trovato diverse espressioni nel corso della storia e ad oggi la biofilia si esprime tramite il tentativo di eliminare il divario tra l’architettura che rispetta esigenze umane e ecosistemi.

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