29 minute read

Il futuro che immaginiamo

L’architettura della science fiction IL FUTURO CHE IMMAGINIAMO

(A destra) Dal fumetto di Moebius, la vista di un mondo tanto fantastico quanto realistico. Una navetta fluttua in un paesaggio naturale quasi riconoscibile, dove sorgono edifici di chiave fantascientifica. (A sinistra) Una vista aerea della cittadella di Wakanda, centro ipotetico di una comunità formata dalla commistione di tutte le tribù.

Advertisement

Quando, durante il ‘900, le Utopie si sono esaurite, la ricerca nel campo delle architetture visionarie resta prerogativa della fantascienza e del fantasy, del cinema e del fumetto. Gli stimoli visivi cui la nostra immaginazione è continuamente sottoposta ci hanno, infatti, reso familiari architetture di fantasia, del cinema, della letteratura e dei fumetti, ormai entrate a far parte del nostro immaginario. La forza di queste ambientazioni sta nel rendere accessibili tramite linguaggi più immediati e dalle qualità semantiche, quei luoghi che attraverso le immagini di progetti utopici e città futuribili, per quanto dettagliati e realistici, rimangono pur sempre di difficile diffusione. Le visioni urbane del cinema di fantascienza, della letteratura fantastica e del fumetto, si sono avvicinate a descrivere un mondo per lo più distopico. In effetti negli ultimi vent’anni il cinema ci ha abituati ad una visione distopica del futuro. Una forma di utopia distorta, un’illusione di progresso, a cui il vecchio cinema ci aveva abituato, ma che invece di farci progredire ci fa sprofondare in un oscuro baratro. La distopia sembra aver trovato nel grande schermo un terreno fertile per seminare dubbi e far nascere messaggi preoccupanti. C’è forse il rischio che il cinema, non sia più in grado di raccontare una liberazione, ma solo in grado di raccontare l’attualità, la drammaticità di una crisi, senza però saper indicare una via d’uscita? Viviamo in una realtà a tal punto problematica che la distopia è il tono che più di ogni altro contribuisce a definire il mood a cui si accordano la maggior parte delle visioni del futuro prodotte dalla nostra cultura. La nostra capacità di immaginare ciò che verrà domani appare dominata da visioni cupe e pessimistiche. Tuttavia proprio nel cinema, nei fumetti non mancano esempi positivi di futuri idilliaci dove l’umanità vive in ambienti di straordinaria bellezza e benessere. Come afferma Gianni Rodari nel suo libro La grammatica e la fantasia: «occorre una grande fantasia, una forte immaginazione per essere un grande scienziato, per immaginare cose che non esistono ancora, per immaginare un mondo migliore di quello in cui viviamo e mettersi a lavorare per costruirlo».

Metropolis, Fritz Lang, 1927 MEGALOPOLI DEL XXI SECOLO

La fantascienza al tempo del muto

La città di Metropolis, mostra uno scorcio di una società in cui le metropoli futuristiche distopiche sono progettate e costruite in verticale, gli strati sono basati sul riflesso dei vari status sociali. Oggi l’architettura di Metropolis potrebbe essere facilmente vista e riconosciuta in diverse grandi città di tutto il mondo, mostrando influenze di una serie di stili architettonici, tra cui lo stile futurista, Art Déco e gotico. Il film presenta due distinti ambienti urbani, ciascuno dei quali rispecchia il modello dello stile di vita che vige. Nella città dei designer, torri moderne e scintillano tra le vie di transito fluide, gli edifici sono imponenti ma agraziati, con forme diverse che suggeriscono una ricchezza di dettagli e materiali. La gerarchia sociale è presente in tutto l’ambiente urbano: più alto e decorato è l’edificio, più potere e ricchezza vengono espressi. Così l’ufficio di Frede l’immensa Torre di Babele, diventa l’edificio più alto e iconico della città. Questa città sopraelevata è in netto contrasto con la parte sotterranea dedicata ai lavoratori, che rimarca l’idea di stratificazione sociale basata sulla cosmologia medievale che prevede la distinzione di parte sacra, che sta in alto e profana, situata in basso. Questa gerarchia diventa poi tecnica comune per costruire le distopie sociali all’intarno di molti film. Nella Città dei Lavoratori tutti gli edifici si assomigliano e hanno dimensioni nettamente inferiori rispetto a quelli del soprasuolo. Gli stessi lavoratori in uniforme sono identici gli uni agli altri. Gli edifici di ispirazione brutalista qui sembrano non avere alcun dettaglio, nessuna decorazione, vengono solo costruiti per pura necessità. Aleggia ovunque un senso di monotonia che si aggiunge alla sensazione di un ambiente disumano. Lo stile di vita della classe operaia è così rispecchiato nella banalità dell’ambiente urbano, in contrasto con l’abbondanza e le comodità delle classi superiori chiaramente rappresentate nei graziosi ma imponenti spazi urbani soprastanti.

(Sopra) Vista attraverso l’enorme stradone dell’edificio principale, la Torre di Babele, che si staglia imponente sulla città, diventando il centro dell’intera narrazione. (A sinistra) Una panoramica della città sopra il suolo, gli edifici in cemento di impronta brutalista si collocano gli uni affianco agli altri creando una sorta di piramide che culmina nella torre.

Thor, Kenneth Branagh, 2011 IL MONDO DI ASGARD

L’utopia delle divinità

(Sopra) Vista completa del regno di Asgard. (Sotto) Uno scorcio della città costituita da alte guglie e ponti di collegamento, in particolare il ponte Bifrost attraversa l'intero abitato e collega i nove regni.

Asgard fa parte dei Nove Regni ed è la patria degli Asgardiani, si trova nella distesa infinita dello spazio; vivere nello spazio significa imparare a guadagnare ciò che è necessario per sopravvivere. L’architettura dell’insediamento è progettata specificatamente per stare in orbita ed avere strutture in grado di soddisfare le mutevoli ed estreme esigenze. Il mondo è costituito da edifici molto complessi con delle guglie inserite al loro interno. Il collegamento a tutti e nove i regni è il ponte Bifrost. All’interno della città si trova il palazzo di Odino, circondato da statue e colonne disposte come canne di un organo. La cittadella di Asgard era una delle caratteristiche più importanti della serie Thor. Creato principalmente con software per computer, il regno di Asgard aveva dettagli architettonici intricati e la città stessa è stata influenzata dalla geometria frattale per creare un mondo di caos organizzato. Molte scene dei film presentano colonne decorative che prendono ispirazione dall’architettura greca. Dobbiamo ricordare che Asgard, la sua gente e la sua cultura sono presentate come eclettiche. La tecnologia che usano è così avanzata che la maggior parte di noi non può distinguerla dalla magia, ma in realtà è solo il frutto di uno sviluppo tecnologico e scientifico. In Thor: The Dark World, vediamo armi energetiche e macchine antigravitazionali, simili rispettivamente a lance e barche. Quando si utilizza questo tipo di tecnologia, i moduli utilizzati riflettono le preferenze e la cultura delle persone. Ci sono diverse città nel mondo di Asgard: Skinngard è la città splendente, Svartgard è la città oscura di Jotunheim e Steinngard è la città di pietra. Le statue di Steinngard sono diverse dalle statue di Skinngard, quest'ultime sono enormi, dorate e lucenti, esse rappresentano figure di guerrieri, che spesso impugnano asce di metallo lucido, spigoli vivi completati da curve spezzate, indossano elmi secondo l’esplicita tradizione asgardiana dell’eccessivo ornamento. A volte compaiono teste di animali, attorno a un trono, in stile dell’Odinismo asgardiano. Troviamo luminarie d’oro scintillanti in tutta Asgard che illuminano le strade. In particolare ne vediamo una nelle prime scene del film.

Oblivion, Joseph Kosinski, 2013 L’AVAMPOSTO ESTREMO

Quando un pianeta diventa invivibile

La visione avvincente di Joe Kosinski per l’architettura, la tecnologia e il mondo di Oblivion ha richiesto l’invenzione di un design unico basato sulla trama e il coordinamento di quel linguaggio tra gli artisti in tutto il progetto. Lo scenografo, Darren Gilford, ha fissato un livello estremamente alto per l’eccellenza del design e ha mantenuto un ambiente collaborativo molto stimolante nonostante la produzione del film a volte fosse disseminata in luoghi diversi. Andree Wallin ha creato centinaia di illustrazioni sviluppate nel corso di quattro anni che sono state fondamentali per definire l’atmosfera e l’aspetto generale del film. La maggior parte del lavoro di progettazione di Thom Tenery per Oblivion si è concentrato sullo sviluppo della Sky Tower. A Futuristic Modern Architecture Box – soprannominato Sky Tower – si libra sopra le nuvole nell’ambientazione surreale del film. La casa prende un’ovvia ispirazione dalla Stahl House dell’architetto Pierre Koenig. La casa ha alcuni evidenti miglioramenti con l’esteso eliporto sopra la piscina a sfioro in acrilico trasparente. Le fondamenta della casa sono su un’unica colonna incredibilmente sottile, che sembra non subire l'influenza del vento per l'intera durata del film. Quando si guarda la Sky Tower, non si può fare a meno di pensare alla somiglianza della struttura della casa Farnsworth di Mies van der Rohe, caratterizzata da linee orizzontali e verticali e dal suo sembrar fluttuare sopra il terreno. Il direttore Joseph Kosinski ha concepito il design della torre del cielo con i primi rendering di modellazione 3d che ha realizzato. Joseph Kosinski si è laureato in Architettura alla Columbia University e ciò spiega i forti elementi di design moderno nel suo lavoro. Kosinski ammette che il suo team di scenografi ha perfezionato le sue prime idee in una realtà compiuta. La casa ha un design nitido e pulito e le pareti di vetro prive di cornice si aprono automaticamente. L’aereo, chiamato Bubbleship, è un veicolo incredibilmente moderno e si adatta perfettamente alla casa. Il concept designer del veicolo è Daniel Simon. Sorprendentemente i progettisti hanno costruito un set completo della casa e del veicolo in modo che la cgi non fosse utilizzata per fabbricare gli scatti dettagliati. La Bubbleship è stata costruita da una società chiamata Wildfactory situata a Camarillo, in California. Il filmato dietro le quinte mostra la cura straordinaria e le tecniche di fabbricazione realistiche che sono state utilizzate per creare questa tecnologia fantascientifica.

(Sopra) La casa prende un’ovvia ispirazione dalla Stahl House dell’architetto Pierre Koenig. (Sotto) Una scena del film che mostra come la terra ormai sia priva di vita e gli unici edifici siano diroccati, ad eccezione di alcune strutture provenienti da fuori la terra.

The Giver, Phillip Noyce, 2014 L’UGUALIANZA NELLA SOCIETÀ

Un risvolto distopico

(Sopra) Il centro del mondo di The Giver è l’Odeon, una struttura simile ad uno stadio. Lo stadio Mandela di Cape Town è servito come prototipo per la costruzione dell’edificio centrale. (A destra) Scena del film che riprende dall’alto l’organizzazione della città e prevede che le abitazioni standardizzate siano disposte secondo un preciso schema.

Aprima vista, il mondo presentato in The Giver sembra un posto meraviglioso in cui vivere. Questa società pacifica esiste separatamente dal resto del mondo, in un momento imprecisato nel futuro. Inoltre, la società in The Giver si basa su una comunità utopica che fa parte di una visione più ampia, presumibilmente sulla Terra, ed è stata attentamente pensata alla perfezione. Utopia significa nessun luogo, il che suggerisce che le società ideali possono esistere solo nella letteratura o nell’immaginazione. La comunità si trova in una parte remota del continente, lontano dal resto della civiltà. Il centro del mondo è l’Odeon, una struttura simile a uno stadio in cui le persone si riuniscono e si trova al centro della comunità. C’erano molti progetti per l’Odeon a cupola, ma i creatori cercavano di trovare la giusta combinazione di realtà architettonica e fantasia. Lo scenografo Ed Verro ha avuto un’enorme influenza sull’aspetto del mondo e gran parte del nostro progetto finale si è basato sui suoi disegni e sulle decorazioni dei locali pubblici. Lo stadio Mandela di Cape Town è servito come prototipo per la costruzione dell’edificio centrale. Una scala costruita dal lato dell’Odeon conduce direttamente al ponte di osservazione, dove le persone possono vedere la nebbia in tutto il mondo. Diverse location per The Giver sono state girate vicino al confine namibiano in Sud Africa, in una località chiamata Augrabis National Park. Tornando al tema dell’uguaglianza nella società, vale anche la pena menzionare esattamente le stesse abitazioni in cui vivono gli abitanti della città: esse sono costituite da blocchi separati dello stesso colore, l'interno è costituito da soggiorno e camere da letto. La stanza contiene solo il minimo indispensabile, nessun decoro o deviazione dalla norma, niente specchi e serrature solo mobili standard. Tutto rispecchia la vita delle persone all'interno delle case.

I guardiani della galassia, James Gunn, 2014 IL PIANETA XANDAR

L’utopia spaziale

James Gunn ottiene un vero successo di pubblico e critica con la realizzazione del film nell’universo Marvel, realizzato nel Regno Unito e filmato in gran parte su set spettacolari costruiti agli Shepperton Studios, a sud-ovest di Londra nel Surrey. Il più grande dei set era il Kyln: la prigione spaziale in cui i protagonisti Quinn, Rocket, Gamora, Groot e Drax vengono raggruppati insieme, prima di unire le forze per diventare i Guardiani. L'intero set è stato costruito su tre livelli, utilizzando cento tonnellate di acciaio; in seguito è stato proposto più volte per diverse finalità, tra cui diventare il museo di cose straordinarie di un collezionista. Il set per il pianeta di Xandar era solo la base per un gigantesco ambiente virtuale, ispirato al lavoro dell’architetto spagnolo Santiago Calatrava, in particolare alla monumentale stazione ferroviaria di Liegi-Guillemins in acciaio, vetro e cemento bianco. Calatrava, a tal proposito, ha anche progettato il fiammeggiante Padiglione Quadracci del Milwaukee Art Museum, che è stato usato come galleria d’arte automobilistica nel film Transformers: Dark Of The Moon da Dylan Gould. Ma questi set e le immagini digitali traggono ancora vantaggio dall’essere radicati in un mondo solidamente credibile. Nella scena del film in cui la nave da guerra Dark Aster di Ronan the Accuser minaccia di schiantarsi sulla superficie di Xandar, la folla in preda al panico fugge lungo la passerella sopraelevata, che i londinesi potrebbero benissimo riconoscere come il Millennium Footbridge, che attraversa il Tamigi collegando le attrazioni della South Bank con la Cattedrale di St Paul e la città. Soprannominato il “ponte traballante” quando è stato aperto per la prima volta nel 2000, a causa della sua tendenza a oscillare in modo snervante, è stato rapidamente chiuso poichè violava le norme di sicurezza, finché non è stato riaperto dopo averlo stabilizzato. Ci sono anche un paio di posti iconici alla periferia della capitale. L’ospedale, in cui il giovane Peter Quinn dice addio alla madre morente prima di essere portato a una nuova vita nello spazio, è l’Hemel Hempstead Hospital, a nord-ovest di Londra nell’Hertfordshire. Mentre nel Surrey, precisamente a Tilsey Farm, Horsham Road, Bramley, troviamo i campi verdi ondeggianti, dove Yondu lancia le sue frecce controllate attraverso il suo fischio dopo che la sua nave spaziale è stata abbattuta.

(Sopra) Una scena del film riprende dall'alto il pianeta Xandar nella sua interezza. (Sotto) La grande stazione aerospaziale di Xandar trae ispirazione dal lavoro dell’architetto Santiago Calatrava, in particolare alla stazione ferroviaria di Liegi-Guillemins in Belgio, costruita in acciaio, vetro e cemento bianco.

Valerian e La città dei mille pianeti, Luc Besson, 2017 STAZIONE ALPHA

Il pianeta città

(A destra) La metropoli intergalattica Alpha, dove diverse civiltà convivono in armonia, condividendo la stazione spaziale che diventa un esplosione di stili architettonici, ma che purtroppo non lascia spazio a nessun tipo di ambiente naturale.

Il film è basato su una serie di fumetti intitolata Valerian and Laureline, scritta e illustrata dai grafici Pierre Christin e Jean-Claude Mézières, che amalgama elementi di fantascienza classica, opere spaziali e viaggi nel tempo. La pellicola prende però ispirazione anche da una precedente sceneggiatura di Besson intitolata il quinto elemento, dove taxi volanti sfrecciavano tra le vie di una New York futura. In Valerian e La città dei mille pianeti una stazione spaziale si è lentamente espansa diventando una vera e propria città. La metropoli Alpha, situata nel XXVIII secolo è una città in continua espansione dove specie diverse condividono culture, conoscenze e intelligenze. Un luogo che fa da crocevia per tutte le civiltà, dove si incontrano società provenienti da più di mille pianeti, compresa tra questi anche il pianeta terra. Per soddisfare tutte le specie che ci abitano, Alpha contiene ambienti diversi, strutture mutevoli dai colori pulsanti ed esotici. Il potere è in mano agli umani che stabiliscono regole e gestiscono tutte le comunità. L’architettura che diventa scenografia è un elemento fondamentale del film che permette allo spettatore di conoscere e capire meglio la trama, ogni specie si colloca all’interno di una specifica architettura, in Alpha ogni razza costruisce un proprio segmento che collega la stazione al proprio mondo, ogni ambiente è adattato alle esigenze specifiche degli abitanti, il filo che le accomuna tutte è però l’utilizzo di materiali futuristici ad alta tecnologia. Il messaggio che si legge tra le righe è quindi un messaggio utopistico di una società che non fa distinzioni, dove tutti sono unici e non sostituibili: indispensabili. Un mondo dove dove ogni società ha il suo stile e le sue caratteristiche, che si riflettono quindi anche nel modo di vivere e quindi sulla forma stessa dell’architettura. Un film che non basa la sua forza su trama, personaggi o azione ma su ambientazioni e scenografie che diventano protagoniste. le ambientazioni inoltre sono originali e innovative, scostandosi così da un futuro ormai vecchio e già saturo di molti altri film.

Blade Runner 2049, Denis Villeneuve, 2017 LA CITTÀ DI LOS ANGELES

All’estremo di una globalizzazione

Un classico degli anni ‘80 che mostra la città di Los Angeles sotto un’atmosfera fantascientifica che cerca di plasmare lo spazio urbano, prende spunto dall’architettura della città di Hong Kong, richiamando però anche la visione futuristica delgli artisti Sant’Elia e Moebius. Responsabile dello sviluppo di questa visione distopica sono il designer Syd Mead e Rydley scott. Per ricreare la città di Los Angeles sono state usate però tecniche prettamente analogiche. Manifestazione di una globalizzazione incontrollata e aggressiva che si ripercuote sulla città, gli imponenti grattacieli sorgono su una metropoli in macerie. Un futuro immaginato ma che suggerisce un avvenire di guerre razziali e un instancabile avanzamento a discapito dei valori umani. Un paesaggio che ha raccolto i peggiori effetti del nostro modello economico, che vive in uno stato di degrado e che favorisce la costruzione di mega strutture a discapito dei sobborghi che vengono, invece, spazzati via dalle industrie. Il paesaggio urbano di Blade Runner 2049 è stato fortemente influenzato da forme brutaliste. Ma la società iper-capitalista in cui si svolge il film è completamente in contrasto con la filosofia di fondo dello stile. Questa associazione brutalista è però del tutto intenzionale. In un’intervista per Variety, il direttore della fotografia di Blade Runner 2049, Roger Deakins ha spiegato che molta dell’architettura brutalista a Londra è diventata la chiave dell’intero film. Si voleva che fosse brutalista, che riprendesse e richiamasse quella severa architettura in cemento iniziata proprio durante gli anni ‘50. Guardando il film, però, emerge un problema nell’applicazione di questo particolare stile: la società estremamente capitalista e le scene poco popolate all’interno di tutta la trama contraddicono le intenzioni socialiste originali degli architetti del movimento brutalista, il cui punto centrale era sulla crudezza materiale e l’onestà al fine di creare una ipotetica e ideale forma di abitazione.

(Sopra) Skyline della città di Los Angeles nell’anno 2049, dopo che una bomba sporca è caduta sulla metropoli devastandola. (Sotto) Molte scene sono state girate nei dintorni di Budapest, all’interno della città tutto il grigio del cemento è acceso da spot pubblicitari illuminati con luci al neon che creano un sottofondo biancastro in tutta la città.

(A destra) L’architettura di Blade Runner 2049 si ispira alla città di Hong Kong, intrecciandola a quella che nasce nelle pagine di Moebius all’interno del fumetto The Long Tommorrow e dagli schizzi della Città Nuova progettata dall’architetto Sant’Elia appartenente al futurismo.

La periferia della città è piena di pubblicità al neon. Slogan e icone sfumano in un rumore bianco, combattendo contro la scarsa attenzione che il personaggio principale, dall’aspetto decisamente cupo, gli da, è la figura del consumatore perfetto, solitario e individuale. Una singola società domina questo paesaggio urbano, la Wallace Corp. Guidata dall’oscuro industriale Niander Wallace, la società sembra aver stabilito un monopolio sull’agricoltura sintetica, ed a causa del collasso degli ecosistemi del mondo, anche sull’approvvigionamento alimentare dell’umanità. Man mano che la trama procede, è chiaro che questo potere ha offerto a Wallace l’opportunità di agire come se fosse completamente libero dallo stato di diritto. Il governo appare solo come strumento di controllo, nella forma della polizia di Los Angeles, mentre la mancanza di servizi sociali è sottolineata dalla quasi totale assenza di famiglie e, soprattutto, di bambini. In effetti, gli unici bambini che vediamo nel film sono emarginati, condannati a lavorare in un’officina del lavoro minorile fuori dai confini della città. Una metropoli che a causa di una bomba sporca scaricata sugli edifici di Los Angeles ben cinquant’ anni prima è diventata uno dei luoghi più tossici della terra. La maggior parte del film è stata girata su set cinematografici dentro e intorno a Budapest. Gli eleganti uffici all’interno della Wallace hanno preso ispirazione dal giappone, pavimenti e pareti sono infatti state rivestite in un legno simile a quello usato negli antichi templi che lo scenografo aveva visitato mesi prima. Sarà proprio da questi pavimenti che prenderà spunto per il nuovo sistema di sicurezza di Wallace, i parquet schicchiolanti del giappone usati come vero e proprio allarme sono stati inseriti anche nel film con l’aggiunta di una pozza d’acqua che amplificherà i suoni. Poiché Metropolis e Blade Runner 2049 lavorano su temi simili, un confronto tra loro sembra appropriato, i due film infatti condividono un senso di gigantismo urbano e di forma geometrica. Mentre la Nuova Torre di Babele domina lo skyline di Metropolis, è la piramide del quartier generale della Tyrell Corporation che funge da nucleo della città. La presenza dell’edificio evoca un forte senso di potere finanziario, come per Metropolis rivela la struttura di classe attraverso la sua architettura verticale. Molteplici sono le fonti di ispirazione, tra le tante non bisogna dimenticare il fumettista Moebius che con le sue ambientazioni tenebrose ha contribuito all’ideazione di questo mondo.

Black Panther, Ryan Coogler, 2018 IL REGNO DI WAKANDA

L’utopia afro futuristica

L’eclatante civiltà utopica nel film della Marvel Black Panther è Wakanda. Wakanda è un immaginario paese dell’Africa, che vanta una tecnologia incredibilmente avanzata grazie ad un potente metallo fittizio noto come Vibranio. È una visione futuristica di ciò che il popolo africano avrebbe potuto creare in assenza di invasioni. Wakanda, apparso per la prima volta nel numero 52 del fumetto Marvel Fantastic Four pubblicato il 1° luglio 1966, è stato poi ripreso in diversi film della Marvel, diventando infine protagonista nel film Black Panther. La costruzione dell’intero regno è stata opera del lavoro della scenografa designer Hannah Baechler e del suo team. Non hanno solo ricreato un paese dei fumetti per il film di Ryan Coogler, ma l’hanno portato in vita. Nella sua realizzazione hanno ben tenuto a mente di creare una società che non sembrasse una fantascienza eccessivamente extraterrestre, ma che rappresentasse uno sviluppo tecnologico da parte dell’uomo anticipato di almeno 50 anni. Al Regno di Wakanda viene addirittura trovata una collocazione nell’Africa Centrale, che venne via via cambiata nel corso dei suoi precedenti fumetti e film, fino a stabilirsi con il film Black Panther, in un luogo reale sito vicino al Lago Turkana, al confine con Uganda, Kenya, Etiopia e Sud Sudan. La nazione africana è stata protetta e nascosta per generazioni, celata alla vista di tutti i non Wakandiani attraverso uno speciale scudo olografico. Per trovare il look di Wakanda, Beachler e il suo team hanno esplorato la cultura, i paesaggi e il design africani per fonderli con una tecnologia all’avanguardia. Wakanda è la realizzazione dell’utopia panafricana, nella quale le varie tribù si conciliano in un unica nazione mantenendo i loro individualismi. La capitale di Wakanda è Birnin Zana, chiamata anche la Città d’oro; è divisa in diversi quartieri, tra cui Step Town, la zona residenziale e la Città dei Morti, una vasta necropoli dove sono sepolti i Wakandiani defunti. La cosa sorprendente dell’architettura di questa città utopica è che nella sua evoluzione sia rimasta saldamente radicata alle origini. Tecnologia e natura non sono

(Sopra) Una scena importante del film mostra le strade popolari del regno. (A sinistra) I colori e le forme degli edifici fanno riferimento al villaggio di Tiebele del popolo Kassena in Burkina Faso e al villaggio Dogon a Mali.

(A destra) Gli edifici di Wakanda sono stati ideati dalle tradizionali strutture architettoniche presenti in Africa. Possiamo distinguere alcuni elementi e forme degli edifici. (Sotto) Da sinistra a destra vediamo i profili da cui prendono ispirazione: le capanne alte del popolo Musgum a Camerun settentrionale, le case Ginnas del popolo Dogon a Mali, i granai dello stile Ghorfa a Maghreb, le abitazioni Zulu Kraal in Sud Africa e la già citata moschea di Timbuktu.

in conflitto, ma convivono e si fondono per creare qualcosa di unico. Wakanda è stata costruita sulle tradizioni architettoniche vernacolari e sociali, e sulle edilizie antiche di case e di strutture religiose. Negli edifici rivediamo le architetture africane realmente esistenti: i grandi grattacieli rotondi si ispirano alle moschee di Timbuktu e le piramidi di Mali. Ritroviamo la tradizione anche lungo le strade, ricche di bancarelle con i prodotti tipici, negli edifici dipinti con colori vivaci, che si ispirano al villaggio di Tiebele del popolo Kassena in Burkina Faso. L’architettura inoltre viene influenzata dai lavori dell’architetto Zaha Hadid per l’organicità e la forma curvilinea, che utilizza questi elementi per creare un ambiente biomimetico e confortevole per l’uomo. La grande sfida di Baechler era di creare spazi intimi in un film di supereroi, dove tutto è enorme e maestoso, di portare quindi l’intimo su larga scala, ciò che Zaha Hadid realizza nel mondo reale, le sue strutture sono enormi, ma non si sente quella dimensione come qualcosa di irraggiungibile ed estranea. Gli ambienti sono resi accoglienti tramite piccoli accorgimenti: pareti che sembrano un ibrido di corteccia d’albero e pietra, scale a chiocciola ed elementi naturali. La concezione dell’innovazione tecnologica non è in contrasto con la natura e la tradizione, essa funge da supporto, non da sostituzione e continua a comunicare con l’aspetto più umano delle persone. Diverso quindi da un immaginario di futuro, che vede l’uomo sottomesso all’intelligenza artificiale, come spesso avviene nelle visioni distopiche del cyberpunk, dove l’uomo si trova a lottare contro la macchina per la sua sopravvivenza. In conclusione, Wakanda è il sogno di un'utopia che concilia una cultura antica con una tecnologia mai vista prima in modo davvero originale.

IL FUTURO DISEGNATO

Il fumetto è la cartina di Tornasole che ci rammenta il possibile o ci fa sognare l’impossibile senza sottrarci alla capacità di critica del reale. Nell’ambito dell’architettura attraverso l’immaginazione vediamo luoghi altrimenti invisibili, utilizziamo percezioni, segni, colori, che tramite il disegno diventano sostanza architettonica. Pur partendo da presupposti differenti, il mondo dell’utopia architettonica, stimolato dall’idea di migliorare la società contemporanea, sfiora gli ambiti della fantasia attraverso l’idealizzazione di luoghi non esistenti in grado di sviluppare una visione positiva e lineare dell’architettura. A sua volta, la città dei fumetti, rispetto a queste raffigurazioni che propongono un modello urbano concentrato sul linguaggio dell’architettura portato ai suoi estremi, è quella che, per la sua natura di immagine disegnata, ha meglio saputo evidenziare e comunicare gli aspetti fantastici dell’architettura, proponendone anche elementi innovativi. Qui, pur nella finzione, l’oggetto architettonico riacquista il suo rapporto con chi lo abita, diventa spazio dinamico e modello urbano in bilico tra realtà e utopia. Le ambientazioni di fantasia dei fumetti creano mondi alternativi dall’architettura concreta in grado di influenzare l’immaginario anche di altri media come il cinema, la letteratura e della stessa architettura. Tra architettura e fumetto, più che di una semplice affinità, si tratta infatti di influenze reciproche. Ambedue convergono, tramite i loro percorsi e le loro opere, verso un obiettivo comune: la visione della città. Il fumetto diventa mezzo per scrutare la realtà e le metamorfosi della città contemporanea e per decifrarne i futuri sviluppi. D’altronde vi è una profonda affinità tra l’architetto e il disegnatore di fumetti: ambedue disegnano architetture non esistenti, provano diverse soluzioni, esercitano l’arte di costruire scenari urbani attraverso cui raccontare la città, condividono la stessa memoria e lo stesso immaginario architettonico. In conclusione, possiamo affermare che un fumetto ci permette di vedere un futuro sia positivo che negativo, così come il cinema funziona in entrambe le direzioni, ma a differenza del cinema, possiamo guardare a lungo le immagini dell’architettura, e per un artista è un’opportunità per mostrare l’intero spettro della sua immaginazione.

(A sinistra) La città che prende forma nel fumetto The Long Tomorrow diventa mezzo per scrutare la realtà e le metamorfosi della città contemporanea e decifrarne i futuri sviluppi. Un personaggio si affaccia tra grattacieli dalle forme familiari e macchine volanti super futuristiche, a indicare che, anche se il futuro sarà diverso, rimmarrà sempre qualche traccia del presente.

Jean Giraud (Moebius) LE METROPOLI SOTTERANEE

Un realismo straniante in un futuro lontano

(A destra) La visione urbana di Ter 21 in The long Tomorrow di Moebius. La città si sviluppa all’interno della fenditura del pianeta su vari livelli discendenti, incrociando una ragnatela infrastrutturale di sopraelevate, scale e ascensori, in uno spazio urbano caotico e aggrovigliato. Ci sono grosse pubblicità, ponti sospesi, gente a spasso su balconi protratti sul vuoto. Si tratta chiaramente di una realtà sovrappopolata, come una megalopoli sviluppata in verticale.

Jean Giraud, in arte Moebius, è stato un fumettista francese considerato uno dei maestri del genere fantastico e fantascientifico, le cui opere hanno influenzato la storia del cinema, del fumetto e della letteratura. Un’intera vita dedicata a dare forma alle nostre visioni del futuro, in cui The Long Tomorrow rappresenta uno dei punti più alti. Una storiella noir nella quale c’è di tutto: città sotterranee composte da un numero infinito di livelli, auto alla Virgil Exner volanti, robot antropomorfi, creature disgustose. Siamo in un universo lontanissimo, ma piccoli particolari lo rendono familiare, come lo sferragliare dei suoi mezzi pubblici, l’odore della folla, la sporcizia agli angoli delle strade sono quelli di New York, Parigi o Milano. «Moebius è stato un grande precursore di una fantascienza ruvida e realistica. Prima di Moebius, la fantascienza era costituita solo da astronavi scintillanti» dice Kim Thompson di Fantagraphics. I popoli futuri di The Long Tomorrow vivranno anche in capolavori di ingegneria architettonica, ma ai cui margini continueranno a sorgere baraccopoli. Le macchine voleranno, ma la gente si ubriacherà, andrà a prostitute e finirà comunque in giri loschi e malavitosi. La sua volontà di unire punti lontani tra loro – etnici, temporali, culturali – come se non esistessero più distanze rimane ancora uno dei fondamenti della fantascienza contemporanea e al contempo una visione lucida sul domani che verrà.

François Schuiten e Benoît Peeters LE CITTÀ OSCURE

L’architettura diventa allegoria

Gli autori Francois Schuiten e Benoit Peeters nella serie di fumetti Le Città Oscure hanno creato città ideali di un universo fantastico e distopico, le cui diversificate architetture servono a comunicare le caratteristiche delle città e come esse vogliono mostrarsi all’esterno. Le Città Oscure è ambientato su una contro-Terra, un pianeta simile al nostro che esiste esattamente sul lato opposto del sole, le città sono versioni delle nostre, ma sono governate da architetti, dunque l’architettura diventa la forza trainante del mondo. Costruiscono ogni nuovo spazio urbano secondo progetti distinti e ideali utopici, ma portati a estremi stimolanti. L’architettura diventa allegoria. Le vite dei loro personaggi sono spesso dominate, perfino sopraffatte, dalle straordinarie psyco-architetture ove sono costretti ad abitare. L’organico lega la città con l'uomo e l’ambiente lo costruisce, lo rivela o lo distrugge. La serie de Le Città Oscure pone in primo piano i temi dell’architettura e dell’urbano. Non stupisce dunque che esse siano un riflesso immaginario del mondo reale sospeso in una sorta di futuro anteriore dai confini ampi e sfumati, in cui si fondono estetica Art Noveau, suggestioni rétro e visioni utopiche di ogni epoca. Un senso del meraviglioso che investiva molteplici aspetti della realtà, primo tra tutti quello dell’architettura e della pianificazione urbana, e che si è ormai irrimediabilmente perduto. L’architettura totalizzante è d’altronde una caratteristica peculiare di tutte Le Città Oscure, infatti Schuiten e Peeters vogliono tratteggiare è un’utopia imperfetta, nel quale l’architettura è assoluta.

(A sinistra) Due particolari de Le Città Oscure mostrano come l'architettura sia diversa e diviene allegoria della propria città. Ogni nuovo spazio urbano è costruito secondo progetti distinti e ideali utopici, ma portati a estremi stimolanti.

Nihei Tsutomu L’ARCHITETTURA IN BIANCO E NERO

Il cyberpunk nei manga

(A destra) Due vignette del fumetto Blame! mostrano come l’ambientazione è ricoperta da tubi, fili, travi, pilastri e le strutture urbane appaiono come componenti biologiche di un corpo che è la città stessa. L’architettura esprime la perdita di controllo sulla città da parte dell’uomo.

Il cyberpunk è un sottogenere della fantascienza in un contesto futuristico distopico che tende a concentrarsi su una combinazione di low life e high tech, mostrando una tecnologia avanzata, giustapposta ad un cambiamento radicale nell’ordine sociale. Le città appaiono costruite in serie e la loro grandiosità e freddezza provoca un’inquietudine che esprime la perdita di controllo sulla città da parte dell’uomo.Questa visione distopica del futuro è la protagonista dei manga del fumettista giapponese Tsutomu Nihei. I suoi ambienti riflettono le trasformazioni dell’architettura contemporanea, influenzate dall’elettronica e dalla digitalizzazione, in cui il confine tra reale e virtuale diventa sempre più sottile. Lo spazio, come lo conoscevamo, si trasforma in entità amorfa e viva, non più catalogabile e in continua trasformazione, dove la meccanizzazione della città appare, come connubio di distopia, disumanizzazione e distorsione della realtà. La città dell’avanguardia fondata sull’ottimismo verso il progresso e la meccanizzazione, si rivela in contrasto con ogni umanità e sentimento, dove l’individuo appare come una pedina in mano a giochi più grandi. In particolare il suo fumetto Blame! è ambientato in un futuro lontanissimo, in una mega struttura che è arrivata ad inglobare quasi l’intero sistema solare, chiamata semplicemente La Città. La Città è interamente automatizzata, ma l’umanità ne ha da tempo perso il controllo. L’intelligenza artificiale governa sui Costruttori, su internet, e soprattutto sui sistemi di sicurezza, ora ostili agli umani. Priva di controllo, La Città cresce senza limiti, separando in livelli impenetrabili e isolati le ultime frange di umanità e creature transumane.

This article is from: