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PATRICK ZAKI È LIBERO

di Fancesca Oriti

Patrick Zaki è uno studente egiziano che vive a Bologna, dove frequenta il Master in studi sulla parità di genere all’Alma mater studiorum, è un attivista per la comunità LGBTQ+ e collabora con l’Ong egiziana Egyptian Initiative for Personal Rights (EIPR). Il 7 febbraio del 2020 Patrick Zaki atterra Al Cairo per rivedere la sua famiglia, ma viene arrestato immediatamente dagli agenti del regime militarista del generale Abdel Fattah Al-Sisi con l’accusa di istigazione alla violenza, alle proteste e alla sicurezza pubblica, accuse analoghe a quelle rivolte ai vertici dell’EIPR arrestati a Novembre dello stesso anno. Dopo 22 mesi di prigionia e in seguito a numerosi interventi a suo favore da parte di giovani, intellettuali e star dello spettacolo, viene liberato l’8 dicembre del 2021. Ma perché è stato arrestato in primo luogo? La politica egiziana, dal dopoguerra a oggi segnata dal susseguirsi di regimi dittatoriali, ha conosciuto un momento di stabilità con l’ascesa al potere di Hosni Mubarak, un generale divenuto presidente nel 1981 e destituito solo dalla Rivoluzione di piazza Tahrir nel 2011. Se Bosnie Mubarak (foto: Wikipedia) il governo di Mubarak è stato segnato da una notevole crescita economica, con una media del 5,2% annuo, va anche sottolineato che è stato proprio il presidente a concedere all’esercito un’enorme influenza sull’apparato statale e industriale, con numerose privatizzazioni di cui hanno beneficiato soprattutto le alte gerarchie militari. Una simile politica già indica che più che presidente Mubarak dovrebbe essere definito dittatore. È infatti sotto al suo governo che inizia la serrata repressione di qualsiasi oppositore politico a cui il generale Al-Sisi si è ispirato nel caso di Patrick Zaki e in molti altri. Non è bastata la

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rivoluzione del 2011 a cancellare decenni di nazionalismo militarista, che dal 2013 ha ripreso vigore con l’ascesa al potere dell’attuale presidente, responsabile di aver istituito una forma di dittatura peggiore perfino di quella di Mubarak, con un Consiglio supremo per censurare i media, tra 60.000 e 100.000 prigionieri politici (Fonte: ISPI) e il 32% della popolazione al di sotto della soglia di povertà (Fonte: Banca Mondiale). Nonostante la situazione sia evidentemente drammatica ed estremamente pericolosa, perché le dittature, seppur rimaste stabili per decenni, al momento della loro implosione generano un caos che si riverbera sull’intera comunità internazionale, gli Stati occidentali esitano a prendere una posizione netta contro Al-Sisi. Il 10 dicembre 2020, mentre al Cairo si proroga di ulteriori 45 giorni (poi ulteriormente aumentati) la prigionia di Patrick Zaki, all’Eliseo il presidente Macron onora Al-Sisi della Gran Croce della Legion d’Onore, esempio di Realpolitik per alcuni, atto indegno per altri, tra cui il giornalista Corrado Augias che ha restituito la sua Legion d’Onore all’Ambasciata Francese a Roma. L’Italia non ha certo fatto di meglio, troppi sono gli interessi economici coinvolti. Basti pensare che l’Eni è il maggiore produttore di gas e petrolio in Egitto fin dal 1954 e che neanche l’assassinio di Giulio Regeni è bastato a interrompere i rapporti commerciali con lo stato africano, che ha acquistato dal governo di Giuseppe Conte due fregate di classe Fremm e ulteriori supporti bellici. Per fortuna però gli Italiani hanno capito la gravità della questione di Patrick Zaki prima dei loro politici, infatti a partire dal 9 febbraio 2020 si sono verificate varie manifestazioni per la sua liberazione, successivamente sono intervenuti in suo favore anche l’attrice Scarlett Johansson e il presidente del Parlamento Europeo David Sassoli, finché finalmente ad aprile del 2021 il Parlamento ha approvato la mozione per concedere allo studente la cittadinanza italiana. E’ senza dubbio degna di nota la dichiarazione della senatrice Segre a questo proposito: “Sono in Aula a votare come nonna di Patrick Zaki”. La vicenda di Patrick Zaki ha preso una piega positiva con la scarcerazione dello scorso 8 dicembre. Ma purtroppo il caso non è concluso: c’è un’udienza prevista per il primo di febbraio per sancire o meno l’assoluzione dalle accuse.

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