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PINOCCHIO: RINASCERE PER DIVENTARE GRANDI
di Letizia Chiostri
Tutti conosciamo la storia di Pinocchio, però non tutti la interpretiamo nello stesso modo. C’è chi, riprendendo in mano il testo, ripercorre i momenti della propria infanzia; c’è chi non ha mai letto il libro oppure lo ha letto da piccolo e non si ricorda la storia nei suoi minimi particolari; c’è chi ci ha scritto trattati. Mi ricordo di aver letto qualche anno fa la rivisitazione di Pinocchio scritta da Franco Nembrini, “L’avventura di Pinocchio, ovvero Rileggere Collodi e scoprire che parla della vita di tutti”, una rilettura del testo in chiave cristiana. Invece, l’interpretazione di Pier Paolo Pacini, regista dello spettacolo messo in scena al teatro della Pergola dalle attrici e dagli attori del Corso per attori “Orazio Costa”, è molto diversa: si è reso conto che quella che consideriamo una storiella a lieto fine per bambini è in realtà una vera e propria favola dark che tocca in modo più profondo gli adulti. Nella terza parte del libro viene promesso a Pinocchio che diventerà un bambino, ma questa trasformazione non avverrà mai: alla fine del romanzo egli si sveglia ragazzo e accanto a lui c’è il burattino. Perciò il Walther Jervolino,"Una probabile burattino è dovuto morire morte di Pinocchio", olio su tela, per far nascere il bambino.1988, Pinocchio è sempre stato ingannato: non è diventato bambino, è morto e rinato. Oltre che su questa interessantissima riflessione, lo spettacolo riflette su una lettura psicoanalitica. Freud aveva diviso la psiche umana in tre parti, distinte tra loro ma con funzioni integrate: Es, Io e Super Io.
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L’Es è la componente che racchiude in sé gli istinti e il desiderio di libertà, rappresentata nella figura di Pinocchio. Il Super Io, al contrario, tende a funzionare come il senso di colpa, e comprende quindi una consapevolezza etica e morale; in questo adattamento teatrale è incarnato dalla Fata. Infine, l’Io ha un po’ la funzione di mediatore tra i primi due, e si identifica nel personaggio di Geppetto. Il sipario si solleva e vediamo una madre e un bambino che giocano nella soffitta con un burattino. «Poi forse il bambino si addormenta, fa un sogno, e rivive tutta la storia di Pinocchio», spiega Pier Paolo Pacini. A questo punto entrano in gioco le tre Fate - sì, ben tre, perché ognuna rappresenta un diverso aspetto: la Fata bambina, la Fata adulta e la Fata più giocosa, che si diverte guardando le avventure di Pinocchio-, le quali creano i personaggi della storia e si danno trenta giorni per ingannare Pinocchio. Nessun personaggio è totalmente cattivo, nessuno è buono. Tranne Pinocchio stesso, vittima di un inganno. «Forse poi il bambino si sveglia, o forse ha la consapevolezza di cosa voglia dire “crescita”, e vede Pinocchio morto». Simbolicamente, quindi, la morte del burattino e la rinascita come ragazzo rappresentano l’abbandono della nostra infanzia, del nostro ‘Paese dei Balocchi’, e una presa di coscienza di noi stessi per crescere e diventare adulti. Il grande senso onirico dello spettacolo è trasmesso soprattutto dalle luci quasi opache e dalla scenografia stessa, semplice, con pochi dettagli. Infatti, non riusciamo a descrivere tutto di un sogno, ma ci si ricorda solamente alcuni particolari.
Ciò che mi ha più colpito, però, sono stati i costumi, tutti più o meno della stessa palette di colori scuri, come il nero, il grigio e il marrone; bellissime le maschere che gli attori indossavano per interpretare gli animali: il gatto e la volpe, i conigli e i dottori. Infine, molto originale il modo in cui è stato rappresentato Pinocchio: «Ho pensato per anni di mettere in scena questo spettacolo, ma non avevo mai risolto la questione di come fare Pinocchio. Finalmente dieci anni fa circa ho pensato alle marionette, utilizzando il cosiddetto metodo mimico». Esso consiste nell’indossare una specie di armatura con la marionetta attaccata ai polpacci e alle spalle. In questo modo tutti gli attori avrebbero potuto interpretare il personaggio di Pinocchio, nascondendo il proprio volto sotto una retina nera per far risaltare il burattino in modo più forte. I ragazzi del Corso per attori “Orazio Costa”, nonostante la loro giovane età, sono stati perfettamente capaci di portare in scena uno spettacolo così denso e carico di riflessioni simboliche con quella ventata di modernità, innovazione e novità che solo i giovani sanno trasmettere.