GEROLAMO GIOVENONE - Un Capolavoro ritrovato

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Cenni storico-artistici e suggestioni iconografiche. Ingredienti per la lettura di un inedito

certo, gliene sarà grato. A me, poi, è sembrato di fare opera non inutile, mandando innanzi ai Documenti, a modo d’Introduzione, un compendio della Storia dell’Arte Vercellese, dai secoli più remoti fino a quello, in cui sorse Gaudenzio Ferrari2.

Contestualizzare un artista, in uno spazio e in un tempo che gli sono propri, consente di comprendere il suo operare quotidiano, i suoi rapporti con la società, le committenze possibili e quelle impossibili. Non è dato sapere l’anno di nascita di Gerolamo Giovenone, ma la critica concorda nel collocarlo intorno al 1490 in quel di Vercelli. Figli di Amedeo, carpentiere, fratello di Giovan Pietro, primogenito, e di Giuseppe detto ‘il Vecchio’, per distinguerlo dall’omonimo figlio di Gerolamo, i fratelli Giovenone svolgono l’attività di pittore, come attesta un documento datato 23 maggio 1519:

DANIELA MAGNETTI

Questo testo vuole essere di accompagnamento a un viaggio che, attraverso le sale della Pinacoteca Albertina di Torino, giunge sino al Museo Borgogna di Vercelli, per ‘trovare casa’ a un’opera inedita di Gerolamo Giovenone, l’Adorazione del Bambino con i santi Francesco d’Assisi e Antonio da Padova, oggi nella collezione di Banca Patrimoni Sella & C. È il racconto di un dipinto, attribuito a Gerolamo da Massimiliano Caldera1, che dopo più di 450 anni, tra molteplici vicissitudini legate al mondo delle committenze e del collezionismo privato, ritrova, grazie a un mecenatismo virtuoso, una sua destinazione pubblica. Molto c’è ancora da scoprire sulla pala, sul suo autore e sul contesto, ma un buon inizio dà sempre spazio a speranze, come scrisse nel 1883 Giuseppe Colombo in uno dei primi libri sulla scuola pittorica vercellese:

Gerolamo, Giovan Pietro e Giuseppe fratres… pinctores promettono a Giov. Battista Avogadro di Valdengo di dipingere due ancone, rispettivamente per S. Marco e S. Eusebio e di affrescare una cappella in S. Eusebio. I tre fratelli lasciano quietanza per il pagamento dell’anticipo3.

Nelle schede Vesme si specifica: “Renuntiando magister Joseph beneficio minoris aetatis”4: dunque, Giuseppe è il solo minorenne, che per l’epoca significava avere meno di 25 anni. Ciò consente di collocare la sua data di nascita dopo il 1494. Un punto di partenza tra i tanti per raccontare la vicenda di una famiglia che per almeno tre generazioni è stata al centro della storia delle arti figurative vercellesi. Doveva essere un adolescente Gerolamo quando, ai primi del Cinquecento, “un viaggiatore lombardo, che tornava in patria attraversando il Piemonte, giudicò Vercelli ‘città... maggior’ di Torino e ‘assay grande’”5. Opinione già espressa nel 1428, quando Vercelli era appena diventata possedimento del duca di Savoia:

Intanto, io nutro speranza che qualcuno dei dotti Piemontesi, al quale non solamente l’ingegno e la perizia di materie artistiche, ma ancora abbondino le commodità della vita senza di cui è vano pretendere che altri possa metter mano a tali imprese, che richiedono viaggi e dispendi non pochi, si risolva egli stesso, coli’ aiuto dei materiali, che qui gli presento, e mediante le sue proprie ricerche, ad apprestarci una narrazione piena ed esatta, con quella ricchezza di particolari e con tutte quelle illustrazioni, che la moderna critica domanda, della vita e delle Opere dei Lanino, dei Giovenone e di qualunque più emi-

il segretario ducale Guillaume Bolomier, che vi

nente artefice della Scuola Vercellese. Il paese, al

giungeva per la prima volta, la scoprì con sor-

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