GEROLAMO GIOVENONE - Un Capolavoro ritrovato

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Gerolamo Giovenone, la sua famiglia e il suo contesto

queste, però, fu data a Gerolamo, il figlio che già da anni aveva una bottega sua3. Un importante documento del 23 maggio 1519 chiama in causa insieme i tre figli di Amedeo, definendoli genericamente “pinctores”. In esso, il vicario generale della curia vercellese Giovanni Battista Avogadro di Valdengo commissionava alla bottega dei Giovenone due pale: una per San Marco e una per la cattedrale di Sant’Eusebio. Tali opere non sono state identificate, ma l’importanza dell’incarico risulta sancire il ruolo preminente che la bottega dei Giovenone poteva vantare già a quelle date4. Mentre Gerolamo è un protagonista della pittura rinascimentale vercellese, con un’attività abbastanza ben documentata, minori notizie abbiamo intorno a Giuseppe, che non era ancora maggiorenne nel 1519, e su Giovanni Pietro. Questi è sempre citato nei documenti come “carpentarius” o “lignamarius”, in quanto segue la specializzazione professionale del padre. Molto più tardi, altri documenti ricordano la commissione a lui affidata per la costruzione di una ancona destinata alla chiesa vercellese di San Francesco (con lo Sposalizio mistico di santa Caterina, ora al Museo Borgogna di Vercelli). Il documento fa riferimento, come modello, alla pala con il medesimo soggetto di Gaudenzio Ferrari (Novara, cattedrale), ripreso fedelmente dal figlio di Giovanni Pietro, Giovanni Battista, cui si affidò la parte pittorica e che firma il dipinto. Della sua carriera (morì nel 1573) si conosce qualche altro esempio, come il Martirio di sant’Agata della parrocchiale di Trivero (BI), firmato insieme a Francesco da Gattinara5. Il minore dei tre figli di Amedeo, Giuseppe Giovenone, fu invece indirizzato a completare la propria preparazione artistica al di fuori della bottega familiare e, quasi naturalmente, la scelta del maestro cui affidarsi puntò verso Gaudenzio Ferrari, l’artista ‘forestiero’, proveniente dalla Valsesia, e dunque dal ducato di Milano, che lo accolse come collaboratore con un contratto del 9 gennaio 1521; sappiamo che il rapporto di discepolato si trasformò in seguito in lunga collaborazione, soprattutto quando Gaudenzio si trasferì a Milano6. Ad esempio, in occasione dei lavori nel duomo di Vigevano (1534-1537) ripetuti pa-

SIMONE BAIOCCO

Nel prendere in esame la famiglia di Gerolamo Giovenone, ci troviamo di fronte a diverse generazioni di artisti che hanno avuto un ruolo importante, per oltre un secolo, nelle vicende figurative vercellesi; la lunga tradizione di studi che li riguarda ha potuto basarsi su una ricca messe di dati documentari1 e al contempo un buon numero di opere, tra le quale va citata come una straordinaria particolarità la serie dei cartoni custodita presso la Accademia Albertina, di cui tratta l’intervento in questo volume di Enrico Zanellati. La documentazione notarile evidenzia i loro legami con Gaudenzio Ferrari, con Eusebio Ferrari e con le altre principali famiglie di artisti vercellesi del Cinquecento, i Lanino e gli Oldoni. I primi componenti noti della famiglia Giovenone risultano stabilmente insediati a Vercelli, nonostante siano spesso indicati nei documenti con un riferimento alla loro provenienza da Barengo o, più genericamente, da Novara (dunque dal ducato milanese). In occasione delle trattative intercorse nel 1508 tra la locale confraternita di Sant’Anna e il pittore valsesiano Gaudenzio Ferrari per la realizzazione di un polittico, vi è notizia di un pagamento destinato al maestro di legname Amedeo e al figlio Giovanni Pietro per la realizzazione della carpenteria dell’opera; nel documento entrambi sono detti abitanti a Vercelli e si fa cenno all’esistenza, in città, di una loro bottega2. Non è finora stato possibile ricostruire la carriera di Amedeo Giovenone attraverso opere da lui con certezza realizzate; sappiamo però che il suo testamento (30 luglio 1524) dà il segno della continuità della bottega familiare in quanto egli disponeva di lasciare i suoi attrezzi da carpentiere ai figli Giovanni Pietro e a Giuseppe, insieme a quattro ancone da lui costruite; una di

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