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LÀ DOVE SI CONCENTRA IL DOLORE, BRILLA LA VICINANZA DI MARIA

EMMAUS E ALTRE COMUNITÀ 1. L’abbé Pierre a Neuilly-Plaisance (1954-1956) davanti a un furgone: «Emmaus, straccivendoli, costruttori».

ladri. Perché i beni e le fortune, nei momenti di crisi, devono essere condivisi. Si devono soccorrere quelli che sono sul punto di morire; si devono soccorrere creando imprese vitali in cui possano trovare impiego e salario. È necessario che la voce degli uomini senza voce impedisca ai potenti di dormire». Non poteva accettare che nel XXI secolo, in un paese ricco come la Francia, milioni di persone vivessero sotto la soglia della povertà, in una nazione con tre milioni di residenze secondarie e altrettante persone prive di un’abitazione decente; spronò i giovani a non sentirsi impotenti di fronte a tanta sofferenza, e ad agire con coraggio perché l’inazione venisse fi nalmente considerata un crimine contro la nostra umanità58 . Il domenicano Henri Burin des Roziers è da trent’anni l’avvocato dei senza-terra del Brasile, il primo avvocato ad aver portato in tribunale un importante latifondista per aver fatto assassinare un contadino che aveva diffi coltà ad adempiere le sue richieste. Aggregato alla Commissione Pastorale per la Terra, al servizio della causa dei contadini e dei lavoratori rurali del Brasile, fi anco a fi anco con altri missionari e alcuni laici, aveva deciso, consapevole che questa fosse la via per uscire da una situazione sociale disperata e manifestamente ingiusta, di difendere nei tribunali i contadini, sottomessi e schiavizzati dai grandi proprietari terrieri e da buona parte della classe politica e poliziesca. Sentiva la necessità di cercare una via legale per risolvere il problema agrario e di mettere in evidenza le contraddizioni esistenti tra la legge e la realtà. Questo impegno di buona parte della Chiesa brasiliana ha attaccato alle fondamenta e destabilizzato il clima di terrore e di silenzio imposto con la forza. Fin dal suo inizio, questo sforzo generoso e coraggioso ha fa-

1 2. Foto da un reportage di Koldo Chamorro in una comunità fondata nel Mato Grosso brasiliano dal clarettiano Pedro Casaldáliga, oggi vescovo emerito di São Félix do Araguaia. Contestatore dei mali del liberismo economico, Casaldáliga ha promosso questa comunità che accoglie bambini tra i più poveri del pianeta.

3. Il gesuita Pierre Ceyrac (1914-2012), fi gura straordinaria prossima a Jules Monchanin e tutto dedito alla carità. Nel 1936 è partito missionario in India, a Madras (Chennai). Diverrà responsabile di un grande movimento studentesco, aprirà a Manamadurai forme di fattorie autogestite per i più poveri e tra il 1980 e il 1993 opererà nei campi profughi cambogiani in Thailandia. La foto qui pubblicata riguarda uno di questi campi.

vorito la nascita di nuovi movimenti sociali, ha dato impulso al raggruppamento sindacale dei lavoratori, affermando che non c’è vera vita senza dignità. Ha difeso il pluralismo delle idee e il carattere ecumenico del movimento che ha sostenuto dall’inizio la lotta dei diseredati della terra. Ha celebrato la fede e annunciato la speranza, con molto dolore e angoscia, con molto entusiasmo e solidarietà. Nel 1992, quando padre des Roziers fu inserito nella lista segreta di chi doveva essere assassinato, il maestro generale dei Domenicani, Timothy Radcliffe, gli indirizzò una lettera aperta in cui diceva: «Abbi fi ducia, i tuoi fratelli di tutto il mondo sono con te. Ci sentiamo molto orgogliosi di ciò che fai a favore dei diritti dei contadini; si tratta di una grande opera di giustizia e di una vera predicazione domenicana del Vangelo»59 . Dopo il 1968, nei paesi europei più industrializzati si è posto l’arduo problema del Terzo Mondo in casa propria, cioè il problema degli immigrati e dell’assenza di diritti per chi giungeva da una terra straniera. Molti sacerdoti e laici hanno difeso i diritti degli immigrati, opponendosi agli ostacoli interposti dalle imprese e anche dalle amministrazioni pubbliche. Le Caritas di ciascun paese, con strumenti giuridici ed economici e con migliaia di collaboratori, hanno dedicato grandi sforzi al compito di accogliere gli immigrati e di facilitarne la vita. Hanno segnalato il pericolo che ogni nazione si trasformi in un bunker di paura e diffi denza, e hanno favorito atteggiamenti di accoglienza, che rifi utino il timore istintivo dei nuovi «barbari», che facciano il possibile per accoglierli e integrarli, malgrado le innegabili diffi coltà presenti in società tanto complesse e pluralistiche,

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4. Sœur Emmanuelle (1908-2008), da poco scomparsa, nel 2008 è stata eletta «Donna di Francia» dal settimanale «Elle». Voleva dedicarsi ai più poveri: vi riuscirà a 54 anni, inviata in Egitto, dove vivrà con gli straccivendoli delle bidonville del Cairo. Lì comprende che la povertà, non ancora miseria, è una ricchezza. Da lì è nato un movimento internazionale.

in cui non mancano gli antisistema e i violenti. Non è facile, ma tutte le parrocchie sono impegnate nel problema, e la Caritas affronta con coraggio e creatività una delle sfi de più complesse e foriere di speranza degli ultimi decenni. Questa accoglienza si presenta in molte varianti, in funzione delle diverse situazioni esistenti oggi nella nostra società. Uno dei problemi più angoscianti e preoccupanti è quello della prostituzione di massa delle donne e dei bambini africani. Siamo di fronte, in un certo senso, alla riedizione della tratta degli schiavi dell’inizio dell’epoca moderna, un traffi co mondiale che si svolge sotto gli occhi di tutte le nazioni e che si è trasformato in un mercato che arricchisce individui e organizzazioni a spese dei più deboli. Si tratta in realtà dell’industrializzazione del commercio sessuale. L’aumento delle disuguaglianze sociali e l’impoverimento di numerosi popoli, che ricade soprattutto sulle donne e sui bambini, causandone l’emigrazione, favoriscono il commercio di persone, favoriscono la prostituzione. Le mafi e che gestiscono il mercato della prostituzione sono violente, e non è possibile affrontare il problema nella sua globalità da parte delle organizzazioni caritative parrocchiali o diocesane, benché non possiamo dimenticare le congregazioni religiose fondate per affrontare questo tema, né le molte organizzazioni specifi camente dedicate ad aiutare chi soffre nel corpo e nell’anima questa schiavitù, né i programmi della Caritas. In ogni caso, si impone un’azione generalizzata di pressione dei cristiani sui governi e sulle istituzioni internazionali, che sono gli unici capaci di far fronte con successo a questo tipo di criminalità organizzata60 .

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Capitolo 39 LA CARITAS INTERNAZIONALE

Nel 2011, la Caritas Internationalis, organizzazione ecclesiale composta da 165 Caritas nazionali, dipendente dalle diverse conferenze episcopali e in stretta connessione con la Sede Apostolica, è senza dubbio una delle istituzioni che godono di maggior prestigio nella società, grazie alla sua attività umanitaria e caritativa, nonché per l’affi dabilità dei suoi documenti. Nella Caritas troviamo, oltre al rispetto della dignità umana, il progetto di annullare o mitigare gli effetti che la sofferenza genera tra i più derelitti; la ricerca impaziente di rimedi a tutti i mali; la lotta convinta e generosa a favore della giustizia. Nelle parole di Giovanni XXIII: «Organizzando la carità dei cattolici con mezzi tecnici appropriati e a partire dalle necessità del mondo intero, voi recate la presenza immediata della Chiesa là dove il mondo soffre. In questo modo adattate effi cacemente la carità ai bisogni dei veri poveri di oggi, e per alleviarne i dolori sapete utilizzare con maggior effi cacia gli aiuti che i cattolici offrono a favore delle miserie umane» (Quinta Assemblea generale della Caritas Internazionale, 1960). I membri della Caritas sono coscienti della necessità di collegare la crescita e lo sviluppo economico a politiche sociali di distribuzione di beni e servizi che rendano fattibile l’accesso di tutti a livelli minimi di benessere, capaci di garantire una vita degna agli esseri umani. Si sforzano di mantenere la loro presenza nelle realtà sociali meno fortunate tramite interventi assistenziali, di promozione e animazione comunitaria, di formazione permanente, di educazione e di pratica della solidarietà universale, a partire dalla connessione e interazione delle Caritas delle Chiese più potenti e generose con quelle del Terzo Mondo. L’azione caritativa ha come destinatari le persone vulnerabili, cioè le famiglie povere e con problemi di integrazione sociale; i bambini appartenenti a gruppi di immigrati e a minoranze etniche, i bambini disabili, quelli che vivono in famiglie monoparentali o in quartieri depressi; per i giovani si prevede lo sviluppo di percorsi formativi ed educativi, la promozione del volontariato giovanile, il sostegno a quelli di loro che si trovano in situazioni di particolare confl ittualità, l’animazione comunitaria. Lavorano con donne con carichi familiari non condivisi, con mezzi economici insuffi cienti o nulli, con scarso sostegno da parte delle reti familiari e sociali, con indici di salute defi citari; che subiscono violenza o la tratta o la prostituzione. Fanno compagnia ad anziani che vivono soli, li mantengono in condizioni adeguate di igiene, salute e abitative, favoriscono lo sviluppo dell’autostima personale, mantengono una collaborazione e un coordinamento stretti con i servizi sociali e sanitari, creano centri di accoglienza diurna. In questo periodo una delle loro attività più importanti riguarda gli immigrati, e comprende l’accoglienza, l’ospitalità temporanea, la consulenza giuridica, la formazione, il co-sviluppo61. Il lavoro con persone disabili presuppone un’attenzione integrale alla persona e al suo ambiente, con una cura speciale per l’ambiente familiare. Queste sono solo alcune delle attività della Caritas, che naturalmente si moltiplicano nei paesi più bisognosi, in modo speciale in occasione di crisi economiche gravi. Per compiere la loro missione e la loro vocazione samaritana, le Caritas parrocchiali sono impegnate in un continuo processo di avvicinamento ai poveri e agli esclusi, con lo scopo di riuscire a scorgere i bisogni reali dei più poveri e di scoprire la maniera più adeguata di rispondere a essi. I mezzi su cui può contare la Caritas provengono fondamentalmente da campagne specifi che, organismi diocesani e donazioni individuali, benché risultino importanti, a seconda dei paesi, anche altri fi nanziamenti privati e talvolta pubblici.

Desta emozione la presenza e la collaborazione intensa delle varie Caritas nazionali con i paesi più sfortunati di Asia, Africa e Americhe sulle questioni della salute e dell’educazione, promozione della donna, costruzione di infrastrutture, prevenzione di emergenze e ricostruzione, attività ambientalistiche in Amazzonia, Bolivia e nei Caraibi, partecipazione comunitaria, soddisfacimento di bisogni sociali di base, lavoro in zone rurali per promuoverne lo sviluppo; e inoltre opera di pacifi cazione e sensibilizazione nei Balcani, programmi di sviluppo in Cecenia, piani di sostegno pluriennali in Albania e a favore degli anziani in Armenia, formazione di lavoratori e di specialisti in Serbia, Ucraina e Mauritania, programmi per la lotta al traffi co di persone in Ucraina. Sono solo alcuni esempi delle innumerevoli presenze e collaborazioni in praticamente tutti i paesi del Terzo Mondo. Indico qui quattro iniziative dei primi mesi del 2011. A Haiti, che soffre acutamente per le conseguenze del terremoto del 2009, la Caritas nordamericana sta portando a termine, tra i molti progetti eseguiti nell’isola, la costruzione del ponte che unirà l’isola di Saint-Jean-du-Sud a diversi villaggi. Si tratta dell’unica via di comunicazione esistente fra gli abitanti dell’isola e la terraferma, l’unica possibilità che 35.000 persone possano condurre una vita normale. Alla costruzione hanno lavorato gli stessi abitanti che benefi ceranno dell’opera, che con questo salario hanno potuto mantenere le proprie famiglie. A Samoa e a Tonga, nel Pacifi co, la Caritas dell’Australia e della Nuova Zelanda rappresenta il principale collaboratore nella laboriosa ricostruzione dopo lo tsunami del 2009: cibo, vestiario, ripresa delle lezioni scolastiche e messa a punto delle abitazioni danneggiate. Durante le prime settimane è stato offerto un servizio di aiuto psicologico per affrontare le conseguenze del fortissimo stress subìto dalle persone colpite. In Perù la Caritas locale, con l’attiva collaborazione della Caritas spagnola, si occupa di salute, alimentazione infantile, potabiltà dell’acqua, servizi sanitari,

1 1. Estate 2012. Profughi siriani fuggono dalla guerra civile e passano in Giordania. La Caritas giordana procura loro qualsiasi mezzo di sussistenza, compresi indumenti e coperte preparati dal Comitato Centrale Mennonita per i rifugiati siriani a Zarqa, in Giordania. 2. Giugno 2012, Sud Sudan. Ad Agok la Caritas ha organizzato scuole per migliaia di studenti fuggiti dalle violenze al confi ne tra Sudan e Sud Sudan; per queste scuole sono stati reclutati, in numero considerevole, insegnanti qualifi cati.

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LA CARITAS INTERNAZIONALE 3. Immagine di propaganda della Caritas indiana, nel dicembre 2013. Si tratta della campagna «Food for All», cibo per tutti.

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igiene di base e progetti per far sì che le popolazioni locali si possano sostenere col proprio lavoro. Tutto ciò si svolge tra i popoli andini, in condizioni particolarmente precarie, accentuate dai terremoti e dai cambiamenti climatici. La Caritas ha in Egitto come obiettivi fondamentali l’alimentazione e la cultura, nelle aree desertiche che circondano Il Cairo, Alessandria e la zona di Giza. Il complesso intervento prevede la collaborazione di 45 organizzazioni non governative e agenzie internazionali come l’UNESCO, coordinate dalla Caritas. Si aiutano ogni anno 20.000 studenti fra i 18 e i 45 anni. Ultimamente si è aggiunto un programma specifi co allo scopo di dotare le comunità rurali di biblioteche e di migliori strutture didattiche. Il gesuita Gabriel Nabil spiega come insegnare a leggere, scrivere e far di conto risulti fondamentale in queste zone. La Caritas internazionale costituisce una dimostrazione tangibile della solidarietà e della preoccupazione dei credenti di fronte alle situazioni di confl itto e di emergenza nel mondo, una manifestazione in più dell’interesse della Chiesa nella promozione del bene comune, un segno dell’amore dei cristiani per i loro fratelli di ogni razza e condizione.

Capitolo 40 GESÙ E IL DOLORE

Il mistero di Gesù inizia con la constatazione che egli stesso è stato un escluso, ha condotto una vita priva di stabilità ed è morto discreditato, disprezzato, umiliato, giustiziato fra due ladroni. Pascal lo descrive con la sua totale radicalità: «Vive trent’anni senza mostrarsi, per tre anni viene considerato un impostore, i sacerdoti e le autorità lo rifi utano; alla fi ne muore, tradito da uno dei suoi, rinnegato da altri, abbandonato da tutti» (Pensieri 636 B 792). È stato ed è la pietra d’angolo del mondo e della Chiesa, ma ha fatto dei più poveri i protagonisti e la linfa delle sue affermazioni più importanti e della vita della sua Chiesa. «Sono come pecore senza pastore»: così descriveva Gesù quelli che lo seguivano, un’espressione che indica preoccupazione, compassione e desiderio di alleviare la loro condizione. Nel corso della sua attività Gesù si mostra vicino alla gente, interessato ai suoi casi, impegnato a trovare soluzione ai suoi problemi, ad aprire i suoi orizzonti, disposto a offrirle risposte concrete alle sue angosce. Tutte le pagine dei Vangeli trasmettono questa determinazione del Signore a mitigare o sopprimere il dolore: la sua simpatia per una madre che aveva perduto la fi glia, l’empatia nei confronti del centurione romano che intercede per il suo servo, la guarigione dell’emorroissa, la preoccupazione per la moltitudine affamata che lo segue, la sua immediata risposta alla supplica di quello che conosciamo come buon ladrone: «In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso» (Luca 23,43). Nella vita dei cristiani troviamo tutte le manifestazioni del carattere, della generosità e dell’egoismo dello spirito umano, ma è diffi cile trovare nella storia dell’umanità tante espressioni di amore e dedizione agli altri quante ce ne sono state nelle comunità cristiane. Innumerevoli spazi di comunione sorti al riparo della fede in Gesù, esempi di generosità semplice o sublime da parte di persone sconosciute o di gruppi di volontariato che offrono quanto posseggono: il loro tempo, la loro buona volontà, allo scopo di ottenere l’eliminazione della povertà62 . Il dolore umano ha mille cause e suppura in tante maniere, da abbracciare qualsiasi aspetto della vita: i malati, gli abbandonati di ogni tipo, gli orfani, i separati, quelli che abortiscono, quelli senza decoro, quelli che dubitano di Dio, i ciechi, chi soffre per l’ingiustizia o patisce per i pregiudizi. Le camere a gas della Germania nazista, il genocidio della Cambogia e del Ruanda, l’uccisione dei Gesuiti e del vescovo Romero nel Salvador, i gulag comunisti, la miseria provocata da certo capitalismo, e tanti altri crimini e ingiustizie che vengono perpetrati costantemente nel mondo, rappresentano il dolore permanente di Cristo, l’angoscia di Dio provocata dalla storia umana. In effetti a volte la grazia, la bontà, il potere di Dio si trovano a tal punto sommersi nell’oceano del male e del dolore che Dio sembra crocifi sso una volta ancora in un mondo cieco e perverso; ma non c’è dubbio che questa situazione dolorosa sia stata nonostante tutto affrontata con coraggio e rifi utata dai testimoni cristiani nel corso dei secoli. Cristo è l’Alfa e l’Omega dell’universo, il creatore e la meta fi nale degli esseri umani. Ogni dolore risuona in lui come se fosse suo, ogni amore presente nel mondo sgorga in ultima analisi da lui, che alla fi ne della storia si presenterà come il Messia vincitore. Sempre si sono trovati nella Chiesa i dieci giusti che hanno mantenuto attiva la presenza di Cristo tra le fi la dei martiri e di chi lo ha seguito. Non sono mai mancati quelli che si sono trasformati in combattenti a favore degli esclusi di questo mondo, persone che si sono armate d’amore, speranza e sapienza per

1. Guarigione dell’emorroissa. Pittura murale, catacomba dei Santi Pietro e Marcellino, Roma. «Gesù andava attorno per tutta la Galilea […], curando ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo» (Mt 4,23). Si tratta di una scena di grande forza simbolica ed espressiva. Il dipinto è al centro della grande lunetta di un arcosolio tombale. Gesù vi appare come «guaritore», l’unica cosa richiesta è affi darsi a lui.

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combattere l’ignoranza, la fame e l’esclusione. Certamente è rimasto presente il peccato d’egoismo e di sfruttamento, ma la grazia non è mai morta del tutto. La misericordia, che consiste nell’esigenza di condividere con l’altro, di identifi carsi con l’altro, lasciando entrare in se stessi colui che soffre, trasformando questa sofferenza in speranza, è sempre frutto di una conversione, e i misericordiosi continuano a essere beati già in questo mondo, e seme di ogni nuova creazione. Il credente non deve pensare che la sua generosità rappresenti una virtù personale straordinaria, ma al contrario deve rimanere convinto che le sue idee, i suoi pensieri e le sue azioni non gli appartengono, ma fanno parte della sua fede in Cristo. Benché buona parte dei cristiani riesca a praticare un cristianesimo esigente nell’ambito personale senza preoccuparsi di identifi carsi con coloro che sono miseri e disprezzati, risulta imprescindibile annunciare e riconoscere che questo individualismo senza solida-

2. Resurrezione della fi glia di Giairo. Sarcofago, marmo (particolare), inizi del V secolo. Musée départemental Arles antique, Arles. La guarigione estrema è la resurrezione, cui ogni uomo è chiamato attraverso Gesù. Nei Vangeli, a simbolo di questa vocazione, Gesù opera resurrezioni sotto lo sguardo di tutti.

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rietà non tiene conto di un elemento essenziale della predicazione di Gesù: il suo carattere comunitario. Gesù non ci ha ricordato soltanto i diritti di tutti gli uomini per il fatto di essere fi gli di Dio, ma ha posto alla base della sua predicazione l’amore e il riconoscimento della fraternità universale. Ha voluto creare il contagio dell’amore, perché l’amore si oppone a quanto impedisce, ostacola e intralcia l’essenza del suo messaggio. Per lui i diritti dell’uomo si fondano sull’amore e, facendo un ulteriore passo avanti, afferma che i poveri possono comprendere meglio di tutti il suo signifi cato: «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli» (Matteo 11,25). Questo pensiero trasformò il patrizio Girolamo Emiliani (1485-1537), di bella presenza, colto, prodigo, amante valente e soldato coraggioso, che dopo aver difeso con ogni sua forza la libertà di Venezia dedicò la sua vita e la sua fortuna a curare e proteg-

gere gli orfani, uno dei gruppi umani più vulnerabili ed esposto a tutti i pericoli, convinto che il modo migliore di trovare Dio fosse di cercarlo tra i diseredati. Per merito suo nacque la congregazione dei Somaschi, che ne continuò l’apostolato con numerosi centri di benefi cenza63. Oggi possiamo dire che le case del Cottolengo o di don Orione e di tante altre congregazioni religiose o di altri gruppi di persone buone costituiscono la dimostrazione luminosa del fatto che sono esistite ed esistono molte persone che offrono tutta la loro vita per difendere le vite dei più deboli, perché sono coscienti che, quanto più amano, tanto più vivono. Nel difendere quelle vite sono vicini a Gesù. Blaise Pascal scriveva che «Gesù rimane in agonia fi no alla fi ne del mondo», e molti scrittori successivi, come Bernanos o Julien Green, hanno espresso nelle loro opere la convinzione che la sofferenza umana sia sempre in rapporto con la sofferenza di Gesù Cristo64 . Quando la Chiesa è povera e accoglie chi manca di tutto; quando serve amorosamente tutti gli esseri umani, in particolare quelli che più ne hanno bisogno; quando accoglie coloro che sono stati abbandonati da tutti, allora nella sua vulnerabilità risiede la sua forza. Quando sarà capace di amare e di agire soltanto a favore degli uomini, di tutti gli uomini ugualmente, gli uomini si riconosceranno in essa, allo stesso modo in cui gli storpi, gli invalidi e i ciechi si sono riconosciuti in Gesù perché rispondeva alle loro speranze. Solo in questo modo la Chiesa si può trasformare in una comunità di credenti in Cristo che lo sentano e lo considerino come il loro Signore. Solo così ciò che le loro labbra ripetono coinciderà con ciò che pensano e li spingerà ad agire. Gli angeli della misericordia sono sempre presenti nella storia umana, in persone semplici e ignoranti, in santi e peccatori, in coloro che sperano in Dio malgrado l’apparente assurdità della loro esistenza. Tutti lasciano trasparire in qualche modo l’amore di Dio per il mondo. Credere, sperare, amare, nonostante il dolore e la morte, è la vittoria cui danno testimonianza tutti i santi che ci sono stati nel mondo, vale a dire tutti quelli che, malgrado la loro solitudine, la loro confusione, le loro piccolezze e contraddizioni, malgrado i loro dubbi e i loro peccati, hanno confi dato nel Signore.

3. Herri met de Bles (1500 ca.-1560), Salita al Calvario, particolare con Cristo caduto e i contadini diretti al mercato. Olio su tavola, anni Trenta del XVI secolo. Gemäldegalerie der Akademie der Bildenden Künste, Vienna. In questo autore fi ammingo del Cinquecento, prossimo al pensiero di Erasmo da Rotterdam, colpisce il Calvario di Gesù dipinto come «episodio» in mezzo alla normalità della vita degli uomini. Forse un vertice del dolore di chi ha dato la vita per l’umanità.

1. San Pietro e i Palazzi Vaticani, visti dal centro della piazza.

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