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ADAMOED EVA
CAPITOLOQUINTO EPISODIDELL’ANTICO TESTAMENTOELORO SIGNIFICATO TIPOLOGICO
Alcune scene bibliche tratte dall’Antico come dal Nuovo Testamento vengono spesso citate tanto dagli scrittori che dagli artisti cristiani, che si ispirano ad esse per il loro valore simbolico, «tipologico», perché sono considerate simboli di salvezza. Tutti questi simboli si articolano attorno alla figura centrale del Salvatore, Cristo, cui corrisponde l’altra figura, anch’essa centrale, quella del salvato, il fedele. La storia della salvezza sarà illustrata attraverso i personaggi e gli episodi dell’Antico Testamento, che prefigurano e preparano l’opera di Cristo, continuata nella Chiesa, il cui compimento e coronamento si realizzeranno nel regno di Dio. Tutti i repertori figurativi e simbolici, come le esposizioni dottrinali, s’inscriveranno all’interno di questo insieme. Ogni simbolo, che merita evidentemente uno studio specifico, non deve essere isolato, ma connesso alla prospettiva globale. Spesso, d’altronde, numerose figure simboliche ricorrono in un programma pittorico o in un ciclo di rappresentazioni che illustrano la salvezza, la liberazione, come si può constatare nelle pitture catacombali o nei rilievi dei sarcofagi: l’arca di Noè, il sacrificio di Isacco, Giona gettato in mare, Daniele nella fossa dei leoni, i tre ebrei nella fornace, Susanna, ecc. Occorre fare la stessa osservazione a proposito dei commenti patristici e del caso particolare delle preghiere per la salvezza. Ne danno eloquentemente testimonianza le preghiere dei martiri, come quella di Severo, martirizzato ad Adrianopoli, in Tracia, sotto Diocleziano, che si rivolge a Dio con queste parole:
Tu che hai preservato Noè, liberato Isacco (...) Tu hai soccorso i tre giovani nella fornace. Tu hai chiuso la bocca dei leoni, salvato e nutrito Daniele. Tu non hai voluto che Giona annegasse nel mare (...) Tu hai liberato Susanna dai giudici iniqui (...) Tu ci hai guidati dalle tenebre alla luce eterna (...) Donami una parte della corona dei martiri (...) Che goda con essi del riposo, avendo confessato con essi il tuo nome glorioso.
Questo tipo di preghiere per la salvezza, costituisce anche il modello delle preghiere per coloro che sono in agonia1 .
1. Adamo ed Eva con al centro il serpente volto verso Eva che lo ascolta, affresco, cappella della Pace, necropoli di Bagawat, oasi di Kharga, Egitto.
ADAMOED EVA
Nell’arte paleocristiana ritroviamo spesso la raffigurazione standardizzata di Adamo ed Eva ai lati dell’albero proibito, attorno al quale si attorciglia il Serpente tentatore. Spesso fa parte di un programma iconografico che si può definire «ciclo di salvezza», e che comprende l’arca di Noè, il sacrificio di Isacco, Giona gettato in mare, Daniele nella fossa dei leoni, i tre ebrei nella fornace, Susanna e i lubrici vegliardi e, immancabilmente, il Salvatore nei panni del Buon Pastore. Il cristiano di oggi non comprende bene la presenza della scena di Adamo ed Eva, che giudica insolita all’interno di una serie di immagini di salvezza. La considera essenzialmente negativa: essa rappresenta il peccato primordiale, il «peccato originale», la «caduta» che ha determinato la condanna dell’umanità dopo di loro. In poche parole, il contrario di un’immagine di sal-
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vezza. Ma i primi cristiani avevano ancora una visione più complessa e meno negativa dei «nostri progenitori». Sulla scorta di san Paolo, avevano la convinzione che il loro credo fondamentale consistesse nell’affermare che Cristo «è morto per tutti» (2 Corinzi 5,15), e dunque che la salvezza universale rifluisse fino ad Adamo ed Eva. Dio non li aveva abbandonati, aveva perdonato la loro colpa. Così, i neo-battezzati, a cui Dio aveva appena perdonato i peccati, potevano vedere in Adamo ed Eva, come in Noè, Daniele, Giona o Susanna, l’immagine dei salvati, come vedevano nel Buon Pastore l’immagine del Salvatore andato alla ricerca della pecorella smarrita. D’altronde, quest’immagine è spesso applicata ad Adamo, «la pecorella smarrita» che Cristo è andato a cercare nelle profondità dell’Ade. In breve, si tratta di simboli di speranza. Questa interpretazione si fonda su una tradizione biblica che trae origine dal racconto stesso della Genesi, che veniva letto e commentato ai neo-convertiti. A ben guardare, in effetti, constatiamo che Adamo ed Eva non sono maledetti da Dio dopo il loro peccato. Solo il Serpente incorre nella maledizione di Dio (Genesi 3,14). Al contrario, il primo uomo e la sua compagna sono oggetto della sua misericordia. Non muoiono subito dopo il loro errore, e sopravviveranno nella loro discendenza. Dunque, l’avventura umana non viene interrotta. La sollecitudine del Creatore si manifesta simbolicamente attraverso la consegna di vesti di pelli. Di maggiore importanza, l’annuncio, fatto loro da Dio, che, alla fine, gli uomini vinceranno il Serpente maledetto (Genesi 3,15). In altre parole, non sarà il male originale, ma l’amore misericordioso di Dio, ad avere l’ultima parola. Un barlume di speranza lascia intravedere la salvezza. Molto appropriatamente, questo annuncio è stato definito protovangelo, cioè primo annuncio della buona novella di salvezza. Si può accostare questo punto di vista ottimistico a una curiosa tradizione ebraica, che appare inizialmente negli scritti sapienziali e che si svilupperà soprattutto negli scritti apocrifi, non canonici, che evocano un Adamo salvato e glorioso. Il libro della Sapienza traccia un quadro della personificazione della sapienza, che opera nella storia della salvezza a cominciare da Adamo: «Essa protesse il padre del mondo, formato per primo da Dio (...) poi lo liberò dalla sua caduta e gli diede la forza per dominare su tutte le cose» (Sapienza 10,1-2; vedi anche Siracide 49,16). Il Testamento di Abramo presenta un Adamo glorioso, «assiso su un trono d’oro, testimone del giudizio». È soprattutto nella Vita
154 EPISODI DELL’ANTICO TESTAMENTO 1. Adamo ed Eva ai lati dell’albero: Eva tende ilfrutto ad Adamo, affresco, III secolo, camera delBuon Pastore, cimitero Maggiore, Roma. Lapresenza piuttosto frequente di questa scena accanto ad altre figure di «salvati» (Noè, Daniele, Giona...) indica che il suo significato verte più sulperdono, e dunque sulla misericordia del Dio Salvatore, che sulla colpa. La presenza di queste figure nelle catacombe ha lo scopo di stimolare lasperanza della salvezza e della vita eterna.
2. Adamo in trono, Museo di Hama, Siria. La figura trae ispirazione da una tradizione ebraica che si trova negli scritti apocrifi, ad esempio nella Vita greca di Adamo ed Eva, in cui si legge che Dio è venuto ad annunciare ad Adamo il suo perdono e il ritorno alla sua gloria originaria: «Dopo averti ripristinato nella condizione delleorigini, ti farò sedere sul trono di colui cheti ha ingannato».
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