CYBER BULLISMO GUIDA PER EDUCATORI E INSEGNANTI
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a cura di JON BOVE
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CYBER BULLISMO GUIDA PER EDUCATORI E INSEGNANTI
a cura di Jon Bove Corso di Pedagogia e Didattica del design Prof. Giuseppe Furlanis Anno Accademico 2020/2021
Immagine di copertina Cyberbullying | Stefania Infante Illustration ©
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INDICE Intro………………………………………………………………….7 Dal bullismo del web alla realtà…………………………………10 Adolescenza e bullismo 1. Adolescenza: teorie psicologiche ed educative……….……14 1.1 Dinamiche affettivo-relazionali………………………………20 1.2 Bullismo e violenza……………………………………..……24 1.3 Tipologie e circostanze: il bullo e la vittima……………..…28 Cyberbullismo 2. Il Bullismo del XXI Secolo……………………………….……32 2.1 Dinamiche sui social…..………….…………………….……38 2.2 Storie di cyberbullismo………….……………………………46 Progetto in ambito scolastico 3. Introduzione generale del progetto didattico………………..52 3.1 Possibile modalità di svolgimento del progetto……………56 Bibliografia……………………………………………………….60 Sitografia………………………………………………………….61
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«Agli insegnanti e ai genitori: avete tutto sotto i vostri occhi. Occorre solo la voglia di guardare, di vedere davvero. E ai ragazzi e alle ragazze che vivono questo inferno, un abbraccio da un fratello che vi dice: tenete duro, un giorno l’inferno inirà.»
~ Massimo Gramellini
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INTRO Quando si parla di bullismo la nostra mente si rivolge a immagini giovanili, legate alla nostra infanzia o alla nostra adolescenza. A tutti, almeno una volta, è capitato di essere stato preso di mira dal “bullo” della classe, sia che si faccia riferimento alla scuola primaria che a ordini di grado superiori. Da sempre esiste questa figura, quella del “bullo”, dall’inizio della storia umana, eppure negli ultimi anni abbiamo assistito a un evoluzione (o meglio dire involuzione) di questo fenomeno a causa della sempre più prepotente presenza della tecnologia nella nostra vita. I social, per quanto abbiano ridotto le distanze tra gli esseri umani permettendo loro di entrare in contatto con persone che fanno parte di culture completamente diverse, hanno anche reso maggiormente sole le persone, le quali sono sempre più alienate all’interno di un mondo virtuale che poco ha a che fare con la realtà. È proprio nei più sommersi meandri di questi questi nuovi ambienti sociali che la figura del bullo ha trovato un terreno fertile in cui agire, il quale, celato da uno schermo e una tastiera, è in grado di mietere le sue vittime senza troppe ripercussioni sulla sua figura sociale. Al contrario, la vittima, si ritrova completamene sommersa dalla pubblica
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umiliazione a cui, molte volte, viene associata anche una terribile indifferenza da parte del pubblico, che silenzioso, rimane a guardare. È proprio a quest’ultima figura che codesta riflessione è rivolta, al fine di poter dare un po’ di sollievo a tutte quelle persone che si ritrovano schiacciate dall’agghiacciante vergogna di essere prese in giro. Da questo pensiero nasce il seguente progetto con il modesto intento di fornire una possibile soluzione a questo fenomeno attraverso uno sguardo ancora molto vicino a quel mondo adolescenziale che da poco ho lentamente abbandonato.
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DAL BULLISMO DEL WEB ALLA REALTÀ Negli ultimi anni la tecnologia ha stravolto la vita degli individui, creando un nuovo modo di vedere il mondo e relazionarsi con esso. Tale rivoluzione tecnologica e sociale ha letteralmente investito tutte le fasce d’età, avendo però una particolare incidenza sulla figura dell’adolescente, il quale, completamente assorto dagli interrogativi che caratterizzano questa fase trasformativa, trova conforto nel mondo virtuale in cui la propria immagine può essere plasmata a seconda della propria instabile volontà. Questa innovazione tecnologica ha portato con sè, inoltre, una rivoluzione del concetto di realtà che assume inevitabilmente connotazioni differenti da quelle precedenti: con essa, l’essere umano è in grado di vivere una vita parallela nel mondo virtuale, nel web, costruendosi un’ identità digitale che possa rappresentare la parte migliore di sè, creando così, spesso e volentieri, una sorta di alter ego. È in questo processo di digitalizzazione dell’individuo che la dimensione “naturale” diviene sempre più marginale, facendo divenire ogni ambito umano, dall’economia alla socialità, sempre più digitalizzato. Basti pensare al nuovo modo di giocare dei bambini, i quali hanno progressivamente
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abbandonato i giochi “fisici” , reali favorendo invece l’utilizzo di oggetti sempre più astratti e digitali facendoli crescere così in un contesto completamente alienato. A tal proposito, credo sia di rilevanza epistemologica, sottolineare come molti studi scientifici evidenzino un effettivo legame tra l’utilizzo intensivo dei disposti digitali e il doppio delle probabilità di mostrare sintomi di ADHD (Disturbo da deficit di attenzione iperattività) come viene mostrato dalla ricerca attuata dal team di ricercatori della University of Southern California. Nonostante l’effettiva gravità che viene interconnessa allo sviluppo del soggetto con l’utilizzo della tecnologia, non è questa la sede per poter approfondire tale pensiero. Rimane comunque di grande rilevanza citare tale fenomeno in quando dimostra con amarezza quanto la tecnologia abbia un’oggettiva e concreta influenza sul soggetto in via di sviluppo. Se quelli della mia generazione hanno avuto la possibilità di sperimentare un mondo senza tecnologia e allo stesso tempo vivere una realtà digitale e social, i bambini di oggi non hanno avuto la medesima occasione, ma si sono ritrovati in un mondo computerizzato in cui ciò che è sociale è avere tanti follower o mi piace.
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Tanto è l’influenza che questo mondo ha avuto sui piccoli che sono stati persino coniati i seguenti termini: Generazione Z1 e Millennials2. È con i figli di internet che si è andato ad ampliare il divario tra la nuova generazione e quella genitoriale andandosi a determinare un vero e proprio gap. È proprio in questa discrepanza generazionale che le incomprensioni tra adolescenti e adulti hanno trovato terreno fertile, facendo aumentare la difficoltà del ragazzo nel porre la propria fiducia nella
figura genitoriale, che distante da quel mondo tanto
vicino a suo figlio, non è in grado di comprendere.
Generazione Z nel linguaggio giornalistico, la generazione dei nativi digitali, nati tra il 1997 e il 2012. 1
Millennials, persona nata tra il 1985 e il 2005.
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CAPITOLO 1
ADOLESCENZA E BULLISMO 1. ADOLESCENZA: TEORIE PSICOLOGICHE ED EDUCATIVE
Il termine adolescenza deriva dalla parola latina adolescere ovvero “crescere” e fa riferimento a quella fase di transizione della vita dell’essere umano in cui egli abbandona la confortante fase infantile per lanciarsi in una fase volta al raggiungimento dell’età adulta. Questo momento della vita è caratterizzato da grandi interrogativi sulla propria esistenza che porta a squilibri e instabilità nel soggetto, il quale, trasportato dalle potenti modi cazioni
siologiche, cerca
conforto in quegli stessi ambienti sociali intrisi di volubilità e incostanza. Se allo stesso tempo vi è un’avvicinamento dell’adolescente alle gure dei pari, allo stesso modo vi è un allontanamento dal nucleo familiare che diviene agli occhi del ragazzo un ambiente di restrizioni e di incomprensioni. Queste con ittualità sono determinate sopratutto dai grandi
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cambiamenti che caratterizzano questa fase evolutiva, sia dal punto di vista
sico che psicologico. A tal proposito è
fondamentale porre una distinzione tra fase preadolescenziale e adolescenziale. Con il termine preadolescenza ci si riferisce all’incirca a un’età dell’individuo inclusa tra gli 11 e i 15 anni, ed essa è strettamente legata allo sviluppo puberale che ha importanti e etti ormonali non solo sulla crescita organica e sessuale del soggetto, ma anche sul piano psicologico, determinando labilità, aggressività e depressione. Infatti, i cambiamenti
sici che iniziano ad accennarsi nel corpo del
bambino hanno delle ripercussioni sul piano emotivo, andando ad in uenzare la percezione del rapporto che il soggetto ha con la propria gura sica. Tutte le insicurezze derivanti dalla fase predolescenziale, e dunque anche dallo sviluppo puberale, divengono poi elementi permanenti nel ragazzo adolescente il quale si ritrova costretto a dover a rontare il processo trasformativo a cui è soggetto. Il cambiamento sico, sessuale e psicologico comporta un’esigenza da parte dell’adolescente di abbandonare quel caro protetto mondo infantile, in cui i genitori e, in generale, l’ambito familiare, avevano la priorità, cercando invece conforto e certezze nel gruppo dei pari. Ed è proprio nell’ambiente esterno, mediante il confronto con l’altro, che il ragazzo tenta di
sintetizzare il
senso di sè, e di trovare risposte a quegli interrogativi identitari
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che contraddistinguono questa fase evolutiva. Durante l’adolescenza lo sviluppo sico e cognitivo si va sempre più a delineare e la maggiore libertà concessagli dalla famiglia mette il ragazzo in grado di sperimentare la realtà esterna con più facilità: è l’età dei primi a etti, ovvero dell’insieme di quelle esperienze che gli conferiscono lo status di “ragazzo”. Il passaggio da infante ad adolescente è dunque determinato anche da questi avvenimenti che rappresentano dei passi fondamentali per quanto riguarda lo sviluppo mentale e psicologico dell’individuo.
Dal punto di vista teorico, l’adolescenza è divenuta oggetto di studio per la prima volta con lo psicologo e pedagogista statunitense Stanley Hall (1844-1924) il quale, attraverso un metodo scienti camente fondato, e mediante l’in uenza della Teoria dell’evoluzione biologica di Charles Darwin (1809-1882), individuò come lo sviluppo della persona sia contraddistinto da diverse fasi che presentano delle di erenze intrinseche: infanzia, fanciullezza, giovinezza e adolescenza. È mediante le sue ricerche condotte alla Clark University che lo psicologo potette pubblicare l’importante opera Adolescence (1904), con cui l’autore venne coniato come fondatore della psicologia dell’adolescenza. Egli infatti parlava dell’adolescenza come una seconda nascita in quanto vi è un rinnovamento totale della personalità del soggetto. Hall fu il primo a comprendere
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che la mente dell’infante era molto diversa da quella dell’adolescente: il bambino ha interesse principalmente per il mondo materiale, mentre l’adolescente è rivolto alla propria interiorità. Le ri essioni di Hall vennero poi condivise da altri due importanti psicologi e studiosi: Sigmund Freud e
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Piaget. Se Freud (1856-1939) basò principalmente la propria teoria relativa all’adolescenza sul concetto di sessualità e abbandono, il pensiero di Piaget (1896-1980) fu sopratutto rivolto alla dimensione cognitiva. Egli individuò, nella fase adolescenziale, ciò che viene de nito come stadio operatorio formale in cui si vanno ad a nare le capacità logiche, astrattive e di confronto. Il pensiero adulto rappresenta la fase più avanzata dello sviluppo dell’intelligenza, mediante cui il ragazzo comincia ad esercitare le prime forme di critica verso idee e comportamenti del mondo adulto. Secondo Piaget, in questa fase, si ha il completo equilibrio fra le strutture logiche e il de nitivo rapporto fra il soggetto epistemico e l’oggetto della conoscenza: il ragazzo diviene capace di ri ettere sul pensiero proprio e altrui, formulando ipotesi e deduzioni che gli permettono anche di costruire teorie e di criticare lucidamente il contesto in cui vive. In questa fase, dunque, le elaborazioni logiche si determinano non più sul piano della manipolazione concreta ma quello a delle idee, senza più servirsi più della percezione e dell’esperienza.
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Le nuove possibilità fornite dal pensiero formale portano alla libera attività della ri essione spontanea che conduce a una nuova forma di egocentrismo adolescenziale. L’egocentrismo tipico dell’adolescente, nominato da Piaget anche come l’onnipotenza del pensiero, è caratterizzato da una ducia sfrenata nei confronti della capacità intellettiva e da una certa noncuranza per gli ostacoli pratici; come nel bambino, anche nel ragazzo il pensiero immediato si proietta verso un ipotetico futuro, pieno di teorie e di progetti di vita.
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1.1 DINAMICHE AFFETTIVO-RELAZIOLANI Connesso con lo sviluppo del pensiero logico-formale vi è la maturazione degli schemi sociali e relazionali. Questa fase di raccordo tra l’infanzia e l’età adulta è contraddistinta principalmente da una ricerca sempre maggiore di identità e di autonomia. L’adolescenza, infatti, può essere de nita come una condizione di con ne nella quale si esaspera il con itto tra scelta e identità: l’elemento di so erenza è collegato all’inasprirsi di un divario tra il non sapere chi si è e la paura di perdere ciò che si potrà essere. Tale desiderio di ricerca di sè si esprime mediante la volontà di emancipazione sopratutto dalla famiglia di origine, processo che solitamente avviene attraverso una serie di comportamenti oppositivi e con ittuali. In questa età l’adolescente esprime la desiderio di collocarsi in modo originale nell’ambiente sociale. Tale processo risponde ad una particolare necessità da parte del ragazzo di ricercare la propria identità, in relazione ad una capacità del soggetto di di erenziarsi rispetto all’altro, inteso come infante e sopratutto come adulto. Nel corso dell’adolescenza il sentimento dell’amicizia acquista molta importanza in quanto è attraverso la relazione con i coetanei che sia il senso di identità individuale che di gruppo si vanno a ra orzare. Sperimentando una nuova forma di appartenenza il ragazzo a na i criteri su
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cui costruire un rapporto di amicizia, in base agli interessi comuni e alla condivisione di determinate esperienze. Il gruppo diventa dunque fondamentale per l’adolescente in quanto è mediante di esso che sperimenta un senso di appartenenza e di costruzione della propria identità. Il gruppo viene de nito dal sociologo Robert Menton (1910-2003) come «un insieme di individui che interagiscono secondo determinati modelli, provano sentimenti di appartenenza al gruppo, vengono considerati parte del gruppo dagli altri membri». Il bisogno di consenso da parte dei membri del gruppo però può originare conseguenze non totalmente positive: la mentalità di gruppo tende a distorcere i processi decisionali. Come sostiene Leon Festinger (1919-1989), psicologo e sociologo statunitense, l’appartenenza ad un gruppo presuppone il rispetto di regole: quando un elemento del gruppo ha opinioni o comportamenti divergenti rispetto alla maggioranza, questo manifesta la tendenza ad uniformarsi, e se ciò non avviene, ad essere escluso. Tale ri essione rimanda alla teoria dell’Impatto sociale di Bibb Latané (1937) secondo cui la pressione esercitata dall’altro può indurre il soggetto a cambiare idee e opinioni nelle più diverse circostanze; esso aumenta tanto più è grande la dimensione del gruppo di appartenenza. Ed è sopratutto all’interno delle dinamiche relazionali tra pari che l’adolescente può sviluppare un comportamento con ittuale con il
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a ermare la propria identità e compensare mediante prepotenza il proprio scarso inserimento sociale o carenza di modelli educativi e sociali adeguati. Il gruppo rappresenta, infatti, l’ambiente sociale più appropriato per il ragazzo aggressivo il quale, attraverso la svalorizzazione dell’altro, è in grado di salvaguardare l’immagine di sè e a ermare la propria superiorità tra i membri del gruppo. Il potere che il delinquente assume sottomettendo l’altro, all’interno di dinamiche relazioni complesse, lo promuove a ottenere l’importante ruolo di capobranco trovando consenso tra i propri pari. Ed è proprio attraverso questa placida approvazione nei confronti del comportamento violento che si va a rinforzare quelle tendenze comportamentali aggressive e reattive del bullo. Tuttavia l’assenso da parte dei membri nei confronti del capo gruppo non sempre è dettato da un sentimento di ammirazione, ma può essere anche determinato dalla paura di essere anch’essi soggetti ai medesimi atti violenti. E come un dittatore, il capobranco determina la propria superiorità sfruttando quell’emozione ancestrale che ha caratterizzato i periodi più bui della storia umana: la paura.
In relazione a ciò è inoltre
utile riferirsi a un’altro aspetto fondamentale, ovvero la visibilità che l’azione aggressiva assume all’interno del gruppo e, in secondo piano, all’estero del gruppo.
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Infatti, l’atto aggressivo diviene un vero e proprio atto dimostrativo che va a ra orzare il senso di superiorità del soggetto violento. Tale dinamica assume maggiori caratteri di complessità all’interno di un mondo digitalizzato, in cui ogni azione può avere una visibilità mediatica molto vasta, andando ad ampliare il pubblico dell’azione aggressiva, il quale, con indi erenza, fornisce potere e autorità al soggetto violento.
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1.2 BULLISMO E VIOLENZA «A tutti coloro che oggi imputano la formazione di bande al solo fenomeno delle banlieues3, io dico: certo, avete ragione, la disoccupazione, certo, l’emarginazione, certo, i raggruppamenti etnici, certo, la dittatura delle marche, certo, l a f a m i g l i a m o n o p a r e n t a l e , c e r t o , l o s v i l u p p o d i un’economia parallela e di traf ci di ogni genere, certo, certo… Ma guardiamoci bene dal sottovalutare l’unica cosa sulla quale possiamo agire personalmente e che risale alla notte dei tempi pedagogici: la solitudine e il senso di vergogna del ragazzo che non capisce, perso in un mondo in cui gli altri capiscono»4. «Solitudine e senso di vergogna», lo scrittore di libri per ragazzi Daniel Pennac (1944) non poteva scegliere parole più rappresentative di ciò che il ragazzo, in piena crisi adolescenziale, può provare. Tali sentimenti spesso sono vissuti dall’adolescente non solo in relazione alla percezione di sè e della propria identità, ma sopratutto in rapporto con la dimensione sociale. La crisi evolutiva, che può riferirsi ad una perturbazione temporanea del ragazzo, può favorire lo sviluppo di uno stato patologico. In ambito psicopatologico viene infatti 3
Banlieue è un termine francese che indica l'area periferica dei grandi agglomerati urbani.
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Daniel Pennac, Diario di scuola, 2007.
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de nita come una fase disequilibrio che può avere un’evoluzione autodistruttiva. Una particolare forma di deviazione relazionale tra pari può essere indicata con il termine bullismo che può essere de nito come «un atteggiamento di sopraffazione sui più deboli, con riferimento a violenze siche e psicologiche attuate specialmente in ambienti scolastici o giovanili»5. Il fenomeno del bullismo è stato studiato per la prima volta nel 1978 in Norvegia grazie alle ricerche condotte dallo psicologo Dan Olweus (1931-2020) il quale utilizzò questa espressione per de nire il comportamento di alcuni studenti che intenzionalmente aggredivano ed escludevano i loro coetanei più indifesi. I paesi scandinavi hanno coniato un vero e proprio termine per de nire questo fenomeno, “mobbing” ad oggi utilizzato in gran parte del mondo, il cui signi cato deriva dalla radice inglese mob che indica “un gruppo di persone implicato in atti di molestie”. Tuttavia, nonostante i primi studi sul bullismo siano stati svolti in anni relativamente recenti, non è opportuno credere che tale fenomeno contraddistingua solamente l’epoca moderna. Infatti, le ricerche svolte dallo studioso, sono strettamente legate alla nascita di una nuova espressione rivolta alla de nizione di un comportamento umano che da sempre caratterizza la natura umana. Il bullismo raggruppa forme di violenza e sopraffazione 5
https://www.treccani.it/vocabolario/bullismo/
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che vengono commesse tra i coetanei, quasi sempre appartenenti a gruppi, in ambito scolastico. Questa interazione deviata è contraddistinta da tre elementi principali quali, l’intenzionalità, la persistenza temporale e il disequilibrio (o asimmetria nella relazione). Essi sono legati tra loro da un lo conduttore, ovvero quello di un azione recidiva-intenzionale compiuta al ne di arrecare danno alla vittima. Il protagonista dei continui atti di prevaricazione è il bullo il quale, con le sue azioni, mette in atto un comportamento vessatorio nei confronti di un’altro che, a suo malgrado, si ritrova nell’opprimente ruolo della vittima. I bulli assumono atteggiamenti persecutori per il desiderio di dominare il coetaneo sia dal punto di vista sico che psicologico, il quale spesso presenta una personalità timida e introversa, rendendo incapace la sua capacità di ribellione. Come conseguenza di tale condizione di emarginazione e solitudine i “perseguitati” vivono forti sentimenti di paure e impotenza che può condurli a svalutare la propria identità.
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1.3 TIPOLOGIE E CIRCOSTANZE: IL BULLO E LA VITTIMA In questo fenomeno sono identi cati due principali tipologie di atteggiamenti sulla base di modalità di sopra azione dell’altro di tipo indiretto o diretto. Quest’ultimo, presenta caratteri che lo rendono maggiormente riconoscibile rispetto a quello indiretto in quando esso rappresenta forme di aggressività e sopruso che si palesano mediante evidenti minacce, umiliazioni, aggressioni
siche, furto di oggetti personali,
molestie sessuali, vessazioni verbali nei confronti della vittima. Tale comportamento può essere indirizzato con il
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deridere l’altro in relazione alla sua estetica, razza, religione, orientamento sessuale o politico. Al contrario, il metodo indiretto, comprende strategie più esecrabili e sottili, come calunnie, umiliazioni verbali e pettegolezzi,
nalizzate al
completo isolamento della vittima dal contesto sociale. Quest’ultima forma di bullismo è di di cile identi cazione in quanto il bullo non tende a provocare danni evidenti alla vittima, ma agisce in modo subdolo sul contesto relazionale di quest’ultima, emarginandola e minimizzando la sua gura. In relazione a ciò è interessante evidenziare come, generalmente, il metodo diretto sia caratterizzante principalmente del sesso maschile, mentre quello indiretto tende a manifestarsi
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i casi in cui le adolescenti sono state al centro di violenze e atteggiamenti aggressivi sia nei confronti di altre coetanee, che di leader di gruppi di teppisti. L’atteggiamento del bullo può essere inteso come un comportamento di ordine endogena, ovvero che deriva da dentro alla persona, in quanto esso è caratterizzato da atteggiamenti impulsivi e da un bisogno di dominare l’altro, dimostrando una falsa sicurezza in se stesso. Le circostanze attorno al gesto violento possono essere varie, e l’analisi di tale gura può avvenire attraverso l’individuazione di tre principali categorie del bullo: bullo aggressivo, ansioso e passivo. Il bullo aggressivo è colui che tende ad agire mediante evidenti atteggiamenti di impulsiva e indi erente violenza
sica ed
emotiva nei confronti dell’altro, e
solitamente assume il ruolo di capo all’interno del gruppo, al cui interno suscita timore e allo stesso tempo ammirazione. Al contrario, il bullo ansioso, è la categoria più problematica in quanto condivide molte delle caratteristiche delle vittime: è psicologicamente instabile, fragile, e aggredisce i ragazzi più forti provocando le azioni violente di altri bulli. In ne vi è la gura del bullo passivo il quale non è particolarmente aggressivo in quanto agisce in gruppo e assiste in maniera appunto passiva alle violenze messe in atto, senza parteciparvi direttamente. Questa categoria rappresenta la
gura dello
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maggiormente nelle ragazze: sono sempre più frequenti, infatti,
spettatore, che pur non agendo in maniera esplicitamente violenta nei confronti della vittima contribuisce indirettamente alla sua umiliazione rimanendo indi erente. Quando si parla di bullismo bisogna individuare, oltre al modus operandi del bullo, altre variabili. I fattori che sembrano in uenzare maggiormente il comportamento violento del bullo sono rintracciabili nelle relazioni familiari che spesso presentano caratteri di disfunzionalità. Spesso, infatti, questi ragazzi provengono da contesti familiari in cui non vi è un buon grado di comunicazione e coesione, e dove, da parte delle
gure
genitoriali, vi è un di uso atteggiamento di disimpegno educativo. Abitualmente, questi adolescenti sperimentano relazioni familiari di tipo ana ettivo, dove godono di un’eccessiva permissività che tende a consolidare ulteriormente il solo senso di onnipotenza. Anche l’avere come riferimento modelli parentali violenti, in cui si ricorre frequentemente a punizioni siche, può sviluppare nei ragazzi l’atteggiamento violento tipico del bullo. Ma il contesto f a m i l i a re n o n è l ’ u n i c o f a t t o re c h e p u ò i n c i d e re nell’accrescimento di comportamenti aggressivi, infatti l’ambiente sociale e culturale svolge un ruolo fondamentale nel corretto sviluppo della persona. La prolungata relazione con gruppi devianti, e l’esposizione a modelli violenti attraverso i videogiochi o i media possono agevolare la messa in atto di
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comportamenti aggressivi. Allo stesso modo, anche la gura della vittima tende ad avere caratteriste ben precise che lo portano a divenire la perfetta preda del bullo. La vittima, infatti, presenta in genere, bassa autostima, sintomi depressivi, di coltà emotive, fobie e paure, e il suo ruolo di carne ce, la rende appunto, vittima di sentimenti spiacevoli quali rabbia, vergogna, colpa e paura. Queste emozioni sono determinate dall’incapacità del soggetto di reagire alla situazione di violenza, in quanto tende ad essere sopra atto dal senso di colpa e dalla vergogna credendo di essere stato abbandonato da qualsiasi
gura di supporto. È in questo ciclone di
sentimenti negativi che la vittima può calarsi in un vero e proprio inferno emotivo nel quale non è in grado più di vedere uno spiraglio di luce. Così la vittima rimane chiusa in se stessa, sola e silenziosa, non avendo più il coraggio di trovare le parole per raccontare la propria terribile esperienza e cedendo così la vittoria proprio a quella persona che irrimediabilmente ha corrotto la sua felicità adolescenziale: il bullo.
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CAPITOLO 2
CYBERBULLISMO 2. IL BULLISMO DEL XXI SECOLO All’interno di un ambiente sociale liquido6, mutevole, interconnesso, attraversato da uno spaesamento continuo, è doveroso, per chi si occupa di educazione, tener conto dell’evoluzione che il fenomeno del bullismo ha assunto nei ultimi anni, il quale ha acquisito caratteri sempre più complessi, in linea con lo sviluppo tecnologico della società, facendo divenire quel fenomeno, già prima di di cile identi cazione, ancora più problematico. Il cyberbullismo infatti si ricollega direttamente al concetto di bullismo, tuttavia, la forma più regredita di quest’ultimo presenta caratteristiche e modalità di attuazione ben diverse, in quanto si serve di strumenti telematici che lo rende ancora di più di di cile individuazione. Dal punto di vista etimologico il termine cyberbullismo, coniato dal docente canadese Bill Belsey nel 2002, è composto da due parole: cyber, che rimanda al concetto di cyberspazio, e bullismo, ovvero Concezione sociologica che considera l'esperienza individuale e le relazioni sociali segnate da caratteristiche e strutture che si vanno decomponendo e ricomponendo rapidamente, in modo vacillante e incerto, uido e volatile. 6
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comportamento asociale di tipo violento e prepotente. Dunque, il cyber-bullismo comprende tutte quelle forme di prevaricazione, volontarie, aggressive e ripetitive, che vengono attuate da un singolo o da un gruppo di persone, mediante strumenti informatici, per produrre un danno sociale alla vittima. «Il termine cyberbullismo comprende due sotto-insiemi ben distinti tra loro: cyberbulling ovvero tutte quelle forme di cyberbullismo che avvengono tra minorenni, e cyberharassment che letteralmente tradotto signi ca “cybermolestia” che avviene solitamente tra adulti, o nel peggiore dei casi tra un adulto e un minorenne»7. E se il cyberbullismo si di erenzia dal bullismo in relazione alle modalità di attuazione, esso rimane invariato rispetto ai protagonisti del fenomeno: il bullo, o il gruppo di bulli, la vittima e gli spettatori silenziosi. Tra i tratti distintivi di quello che possiamo de nire bullismo del web troviamo uno degli elementi caratteristici del bullo “vecchio stampo”, ovvero l’abuso di potere generato sulla vittima. Diversamente da quello che ci si aspetta in termini di caratteristiche, il cyberbullo esercita il suo potere attraverso una conoscenza dei mezzi ICT (Information and Communication Technology) maggiore rispetto alla vittima, che indirettamente diventa succube della padronanza informatica del violento. Tra i tanti http://www.stopcyberbullying.org/what_is_cyberbullying_exactly.html
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mezzi a disposizione del bullo 2.0 troviamo un altro elemento fondamentale che agevola l’azione violenta, ovvero l’anonimato. Il World Wide Web8, per sua natura, è un luogo in cui la libertà dell’individuo è prediletta, infatti, la rete nasce come mezzo di comunicazione emancipato e privo di catene, e come tale da’ spazio alla possibilità di chiunque con qualunque intenzione di agire secondo la propria volontà restando completamente nell’anonimato, o celandosi dietro a una falsa identità. Ed è proprio questa caratteristica che il bullo sfrutta a suo favore mediante cui si può giungere al meccanismo di di usione della responsabilità9, proprio dei fenomeni di massa. Se da un lato l’anonimato favorisce l’azione del bullo, dall’altro lo stesso non accade nei confronti della vittima, la cui identità viene esposta senza riserve al pubblico indi erente, il quale spesso, avvalendosi della mancanza di possibili ripercussioni delle proprie azioni, tende ad assecondare e sostenere il bullo, divenendo parte di un gioco violento a cui la vittima non è in grado reagire. Ed è proprio questo l’aspetto più macabro e inquietante del cyberbullismo, il terribile gioco violento a cui gli spettatori WWW, acronimo di World Wide Web, è un servizio internet che permette l'accesso a contenuti ipertestuali. 8
La di usione di responsabilità è un fenomeno sociopsicologico, considerato come una forma di attribuzione, dove una persona ha minori probabilità di assumersi responsabilità per un'azione quando altri sono presenti. L'individuo assume o che gli altri siano responsabili di agire o che abbiano già preso tale responsabilità. 9
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partecipano come se i gli attori del web non aspettassero altro che un’altra vittima da insultare e denigrare per soddisfare il loro divertimento, delegando la loro responsabilità all’originale promotore dell’azione o parola violenta. Si può dunque osservare, come vi sia una evoluzione del pubblico nell’atto prepotente: se prima coloro che partecipavano alla derisione della vittima erano soggetti contraddistinti da una sorta di falsa sicurezza di sè, coloro che svolgono i ruoli di spettatori del web sono spesso persone il cui carattere è ben diverso nella realtà, i cosiddetti leoni da tastiera, in grado di sfogare la propria frustrazione nascosti dietro uno schermo, ma passivi e introversi nella vita vera.
Un altro aspetto da tenere a conto è la ripetitività dell’azione violenta in quanto essa, come nel bullismo, a nché possa essere considerata un fenomeno di cyberbullismo, deve presentare un carattere di continuità. Tuttavia, in relazione a ciò, è necessario porre un’osservazione: se nella vita reale l’insulto o la percossa aveva un inizio e una
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temporale, non è lo stesso nel cyberbullismo in cui il carattere transitorio va a perdersi. Di fatti l’azione o parola violenta può essere registrata, conservata e riproposta dal bullo a nché la vittima non possa mai svincolarsi da quel sentimento di vergogna. Questo aspetto va inevitabilmente ad aumentare il sentimento di potenza e dominio che il bullo ha nei confronti
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della vittima, in quanto, detenendo video, foto dell’altro, si trova in una posizione tale da poterlo ricattare a suo piacimento. «Intimidazione, commenti molesti, discriminazione (per sesso o razza), denigrazione, inganno, esclusione e stalking informatico possono indurre l’internauta-bersaglio al disinvestimento sul proprio progetto di vita, alla depressione e al suicidio. Esistono virtualmente tanti tipi di users quanti sono i ruoli disponibili in un gruppo di pari allargato: troll, hater, anticonformisti, vedette, disturbatori, provocatori, etici, lamentosi, promoter, timidi, sbru oni, ecc. Gli utenti talvolta aggiungono gli istigatori su Facebook per tenerli d’occhio. Rimanere collegati al web coi fomentatori sembra essere, per alcuni, una necessità. Il virtuale, infatti, ‘buca il monitor’ ed entra nel reale giacché le conseguenze del virtuale sono reali».
A seguito una tabella che spiega le a nità e gli elementi in comune tra bullismo e cyberbullismo.
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Fonte: PISANO L., SATURNO M.E. (2008), Le prepotenze che non terminano mai, in «Psicologia Contemporanea»,
210, 40-45.
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2.1 DINAMICHE SUI SOCIAL
Come citato in precedenza, il fenomeno del Cyberbullismo è condotto attraverso strumenti telematici, il cui sinonimo è spesso l’utilizzo di Internet. Tuttavia è necessario analizzare in maniera adeguata l’evoluzione storica dei mezzi mediatici utilizzati al ne di giungere a una maggiore comprensione del cyberbullismo.
Il primo servizio in assoluto, che anticipa l’era digitale, è il servizio di messaggistica istantanea tramite operatore, ovvero gli SMS. Tramite lo Short Message Service, divenuto uno dei precursori di altri servizi di messaggistica, è possibile comunicare in tempi brevi tra un dispositivo e l’altro attraverso un messaggio di 160 battute per ciascuna missiva. Il servizio di SMS anticipa quindi tutti quegli altri strumenti di comunicazione istantanea venutisi a generare con la di usione del web. Questo mezzo di comunicazione si di erenzia dalla posta elettronica la quale, servendosi della connessione internet, risulta meno diretta, e dunque non presenta quelle caratteristiche necessarie a nché vi possa essere un riscontro del pubblico giovanile. Gli SMS, prima dell’avvento dei Social Network e di servizi come MSN di Microsoft, erano lo strumento più utilizzato dai giovani della Generazione Y
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(individui nati dal tra il 1980 e il 2000) per comunicare tra loro. Molti ragazzi appartenenti a questa generazione ricorderanno i primi messaggi istantanei tra amici o gli scambi di canzoni e immagini tramite la tecnologia Bluetooth. Con il susseguirsi della tecnologia sempre più persone si sono a acciate al mondo del web e dei computers, mercato che arriva a contare nel 2010 più di 350 milioni di macchine venduti in tutto il globo. Cavalcando quest’onda nel 2008, Microsoft rilascia Windows Live Messenger, un client gratuito di messaggistica istantanea che avvicina sempre più i giovani ad un sistema di comunicazione online. I ragazzi vedono in questa nuova tendenza una nuova modalità di socializzazione, in cui è possibile conoscere nuove persone e tenersi in contatto in un lungo periodo con più users. MSN introduce nuove caratteristiche, è uno dei primi software che permette di collegare una mail ad un account online introducendo il concetto di “pro lo online” grazie a due elementi innovativi: l’immagine di pro lo e lo “stato" modi cabile in base al volere dello user.
Questo nuovo modo di comunicare però nasconde delle insidie, la tua mail diviene di dominio pubblico e chiunque utilizzi questa piattaforma può entrare in contatto con te. Sulla falsariga di MSN troviamo le Chatrooms: esse si distinguono da MSN in quanto, quest’ultimo è un servizio di messaggistica
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privato, a di erenza delle Chatrooms che sono invece di natura pubblica, in cui ognuno può esprimere la propria opinione come una sorta di Forum istantaneo. Ma è proprio il loro carattere pubblico che cela la nota negativa, proprio perchè esse possono essere frequentate da chiunque: bambini, ragazzi, adulti. È pertanto consigliabile, in questi tipi di social, non rivelare mai la propria identità in in quanto non si ha mai la certezza di sapere chi è l’interlocutore. Dunque, la Chatrooms rappresenta il luogo ideale per conservare l’anonimato: messaggi molesti e minacciosi possono essere spediti senza conoscere necessariamente il bersaglio. In riferimento a ciò è dunque di fondamentale importanza che i giovani vengano messi al corrente del rischio insito a questi tipi di social, in quanto, l’utente può anche inciampare in contatti che mentono sulla propria identità con il
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adescare possibili vittime.
Internet negli anni è diventato un luogo estremamente vasto e la di usione su larga scala degli smartphone ha avvicinato un pubblico sempre più ampio a questo
tipo di servizio. Ma la
vera innovazione arrivò alla ne del primo decennio del nuovo millennio, con la comparsa dei social network. Ricordo che in quegli anni gli adulti sottovalutavano molto questo fenomeno, denigrando tutto ciò che riguardasse l’ambito del sociale online. I miei genitori, ad esempio, pensavano che sarebbe
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stata una tendenza temporale, di breve termine, quindi destinata a spegnersi. Come tutti sappiamo però, negli anni, i social media hanno acquisito sempre più potere, diventando centrali nelle vite di ognuno di noi. «Facebook è il social network per eccellenza, il suo servizio nasce per mettere in contatto le persone da tutte le parti del mondo, nel giugno 2017 ha raggiunto 2,23 miliardi di utenti attivi mensilmente, e si è classi cato come primo servizio di rete sociale per numero di utenti attivi»10. Facebook, come altri social network, introduce il concetto di vetrina, elemento che parallelamente alla nostra vita reale aggiunge un identità digitale ad ogni persona iscritta al servizio. Il nome stesso “vetrina” rimanda alla funzione da questa svolta: mettersi in una condizione di visibilità. Come riportato nella tabella (riporta pagina), il Cyberbullismo conserva alcuni elementi fondamentali del bullismo tradizionale come l’esigenza del bullo di mostrarsi di fronte a certo gruppo di persone. Tuttavia, nella forma involuta del cyberbullismo, il bullo ha la possibilità di mostrarsi ad un pubblico ancora più ampio, aumentando il suo senso di potenza. In questa dinamica, l’attore della violenza, può anche servirsi di strumenti che permettono di rendere permanente l’azione compiuta, attraverso, per esempio, la pubblicazione di video durante l’aggressione. Questa nuova tendenza dei social Luca Scarcella, Facebook raggiunge 2 miliardi di utenti attivi al mese, in La Stampa, 2018.
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network mette insieme più elementi come: chat, posting, photo and video sharing. Tutti elementi che prima dell’avvento dei social erano con nati a pochi servizi. Un altro social network che merita sicuramente attenzione, e che ha catturato l’interesse di milioni di utenti è Instagram, nato principalmente allo scopo di condividere foto e video da parte di professionisti del settore. Da social di nicchia, Instagram (comprato da Facebook nel 2012) è divenuto un vero e proprio canale social mainstream, seguendo un modello di espansione che aggiunge nuovi elementi all’interno del proprio sistema. In questa prospettiva, un esempio lampante, è quello dell’introduzione della possibilità dell’utente di condividere delle Stories, ovvero immagini e video in tempo reale che rimangono online per un massimo di 24 ore, prima di essere archiviate dal sistema dell’applicazione. Tale modello era già presente in un altro social network contender di Instagram, ovvero Snapchat. A tal proposito vorrei esprimere tale ri essione: le stories sono una rappresentazione lampante del nostro modello sociale ed economico “produci, consuma, crepa”, in quanto adempie pienamente la tragica tendenza dell’uomo moderno alla necessità della soddisfazione immediata, in cui ciò che ha davvero valore è l’appagamento a breve termine. In questo modello capitalistico tutto quello che invece richiede tempo, volontà, dedizione e passione, passa in
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secondo piano, divenendo oggetto di attenzione di quei pochi che ancora sanno apprezzare le cose di valore. Lo stesso pensiero può essere rivolto anche ai reel che recentemente hanno sostituto la tendenza dell’utilizzo degli IGTV (Instagram TV), e al social TikTok.
Ogni social network quindi è nato per sopperire servizi precisi, ma da lì a poco, quasi tutti si sono uniformati allo scopo di garantire tutte le comodità di sharing di cui l’utente necessita. Il modo più rapido per accedere al proprio social network negli anni è cambiato, questo grazie alla tecnologia: se agli albori era consentito l’accesso solo dal computer, grazie allo sviluppo di smartphone il servizio diviene sempre più a portata di mano. «Nel 2010 l’industria mobile si è chiusa in attivo, in virtù di un venduto di 1,6 miliardi di unità e di un conseguente incremento del 31,8% rispetto al 2009»11. Insieme al dato crescente sono aumentata anche le denunce di cyberbullismo: «oltre il 50% dei ragazzi, tra gli 11 e 17 anni, ha subito episodi di bullismo, e tra chi utilizza quotidianamente il cellulare (85,8%), ben il 22,2% riferisce di essere stato vittima di cyberbullismo. A ricordarlo è la Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale, in occasione della Giornata Nazionale contro il Bullismo e il Cyberbullismo che si celebra il 7
https://st.ilsole24ore.com/art/tecnologie/2011-02-14/2010-venduti-miliardicellulari-100454.shtml 11
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febbraio, e del Safer internet day che ricorre l'11 febbraio»12. Come viene riportato da diversi studi «quasi la totalità degli adolescenti, il 95,7%, utilizza internet quotidianamente, e il 16% naviga nel web oltre quattro ore. Tra gli adolescenti dai 12 anni ai 18 anni, invece, circa il 40% naviga più di due ore al giorno, mentre il 47% trascorre lo stesso tempo davanti ai videogiochi. […] La necessità, sempre più urgente, di rivolgere una costante attenzione verso le attività dei ragazzi, in favore di stili di vita sani, che restituiscano loro una dimensione sociale e incoraggino a costruire relazioni signi cative, si avverte dal momento che il 38,4% degli adolescenti ha il timore di non riuscire a fare nuove conoscenze senza l’utilizzo di internet»13. Alla luce di tali dati diviene di cile immagine un mondo emancipato da questa realtà sociale, la cui in uenza ha avuto importanti ripercussioni sullo stile di vita di milioni di persone, in particolare sulla nuova Generazione Alpha14 la quale non ha mai conosciuto quel lontano mondo fatto relazioni vere ed autentiche.
https://www.lastampa.it/cronaca/2020/02/07/news/bullismo-piu-del-50-dei-ragazzi-tragli-11-e-17-anni-sono-vittime-di-attacchi-cyberbullismo-piu-colpite-le-ragazze-1.38437385 12
http://www.actroma.it/index.php?view=article&id=578:giovani-dati-allarmanti-sudipendenza-social-network&format=pdf 13
Con il termine Generazione Alpha si identi ca la generazione che segue alla Generazione Z. Viene comunemente circoscritta fra gli anni 2010 e gli anni 2020. Chiamata così dalla prima lettera dell'alfabeto greco, è la prima generazione a essere nata interamente nel XXI secolo. 14
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2.2 STORIE DI CYBERBULLISMO
«L’adolescenza pian piano era diventata una prigione, la sua libertà era svanita, la sua unica pecca era stata quella di essere fragile»15.
In ultima analisi credo sia di fondamentale importanza riportare alcuni casi di cyberbullismo in quanto, spesso, l’analisi teorica, non è in grado di dare giustizia e riconoscimento a tali fenomeni, la cui comprensione, non può che avvenire mediante il racconto di storie di vita reali. In riferimento a ciò, e rispetto alle diverse ricerche che ho dovuto compiere per lo svolgimento di tale scritto, sono due i casi che più hanno catturato la mia attenzione: Il caso di Amanda Todd e Il caso di Padova. Tutte e due i casi presentano i medesimi schemi: una adolescente fragile e insicura vittima delle violenze dei propri pari, la cui solitudine e so erenza non trova sfogo se non in un disperato atto di suicidio. Uno dei casi più signi cativi è sicuramente quello di Amanda Todd, la cui vicenda ha richiamato l’attenzione di molte istituzioni pubbliche, inducendoli a riconoscere le reali conseguenze del 15
https://it.wikibooks.org/wiki/Cyberbullismo/Casi_signi cativi_di_cyberbullismo
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cyberbullismo. Amanda Todd è un’adolescente di 15 anni, che è stata trovata senza vita nella sua casa vicino a Vancouver il 10 ottobre 2012. Prima di togliersi la vita Amanda caricò su YouTube un video di se stessa, intitolato “My Story: Struggling, bullying, suicide and self harm (La mia storia: lotta, bullismo, suicidio e autolesionismo) in cui raccontava la sua terribile esperienza di vittima del bullismo e del cyberbullismo. Amanda Michelle Todd, nata a Port Coquitlam nel 1996, al momento della sua morte, frequentava la decima classe (corrispondente alla seconda superiore) presso la scuola secondaria CABE di Coquitlam, un istituto con una programmazione scolastica alternativa e individuale, rivolta a studenti che presentavano di coltà nel processo di apprendimento e che dunque avevano criticità nel frequentare scuola tradizionali. Come molti altri avvenimenti tragici che sono stati riportati dai media negli ultimi anni, la terribile storia di Amanda Todd ha inizio con una video chat, in cui, l’ingenua ragazza, durante una conversazione con un estraneo, fotografò il proprio seno nudo. È questo l’avvenimento che segna l’inizio del declino caratterizzato da un continuo susseguirsi di prese in giro, di violenze verbali e psicologiche che portano la povera ragazza alla morte. La foto divenne oggetto di ricatto: l’estraneo minacciò Amanda di rendere pubblica l’intima immagine, a meno che lei non si fosse mostrata di nuovo. Ma nonostante
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l’accondiscendenza della ragazza il peggio accadde: all’alba del Natale successivo, la polizia bussò alla sua porta di casa, informando la famiglia che la foto colpevole stava circolando online. Tale evento portò l’adolescente a far uso di alcool e droghe, causando in lei gravi stati depressivi, attacchi di panico e ansia. In seguito all’evento la famiglia si trasferì, ma questo tentativo fu vano: un anno dopo il ricattatore si fece di nuovo vivo, creando un falso pro lo Facebook di Amanda in cui la ragazza veniva ancora rappresentata con la sua foto in topless. Tuttavia, nonostante gli sforzi di Amanda e della sua famiglia di fuggire dall’umiliante evento, tutto riaccadde: la vicenda venne a galla, e di nuovo la ragazza acquisì quella terribile etichetta di “poco di buono” che piano piano le si era cucita addosso, facendo divenire sempre più lontana quella speranza di poter ricominciare una vita normale. Ma questo evento rappresenta solo l’inizio: dopo aver cambiato nuovamente scuola, Amanda riallacciò i rapporti con una vecchia conoscenza, un ragazzo che le propose di avere rapporti sessuali mentre la danzata si trovava fuori città. La settimana successiva, lui, la sua ragazza e un gruppo di coetanei l’aggredirono all’uscita dalla scuola. Amanda, nella disperazione, ingerì candeggina tentando il suicidio, ma grazie all’intervento tempestivo dei soccorsi, si salvò. Tornata a casa Amanda lesse su Facebook tutti i commenti lesivi e o ensivi
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sul suo tentato di suicidio. La famiglia si trasferì di nuovo, ma senza risultati. Nel mentre, lo stato mentale della ragazza si aggravò, «trascinandola nella spirale di autolesionismo»16. Ovviamente tutte queste vicende ebbero inoltre una forte ripercussione sul suo rendimento scolastico che peggiorò drasticamente, e che divenne motivo di scherno da parte degli altri studenti. Nonostante lo sforzo della famiglia, dello psicologo, e l’uso dei medicinali anti-depressivi Amanda decise di togliersi de nitivamente la vita.
Purtroppo, come spesso accade, solo dopo la morte della ragazza e la sua terribile testimonianza, Amanda acquisì l’attenzione che meritava; a ciò mi viene spontaneo porre tale quesito: è necessaria la morte a nché i casi di bullismo e cyberbullismo vengano presi con serietà? Purtroppo la risposta alla domanda sembra essere a ermativa, data l’incapacità delle istituzioni scolastiche ed educative di risponde a questa emergenza sociale, che, negli ultimi anni, sta sempre di più coinvolgendo un maggior numero di adolescenti.
La seconda vicenda a cui voglio porre attenzione è il Caso di Padova, la cui protagonista, una ragazzina 14enne, si è buttata da un palazzo di trenta metri lasciando solamente una lettera di scuse ai suoi genitori per quel tragico gesto. «L’adolescenza https://it.wikipedia.org/wiki/Caso_Amanda_Todd
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pian piano era diventata una prigione, la sua libertà era svanita, la sua unica pecca era stata quella di essere fragile»17, in questo caso l’origine del dolore della giovane, è da individuare in un dimensione intrinseca dell’adolescenza: la ragazza so riva, voleva morire, come spesso aveva dichiarato apertamente su Ask.fm. Ma fu proprio questo social, che prima la giovane considerava come rifugio, a ingannarla. Qui, un utente anonimo, la provocò: le chiedeva di mostrare i suoi tagli, la o endeva e metteva in evidenzia la sua insigni canza: «”Cosa stai aspettando?» «Di morire», rispondeva lei. […] «Secondo me tu stai bene da sola!!!!!!!!!!! fai schifo come persona!!!», «spero che uno di questi giorni taglierai la vena importantissima che ce sul braccio e morirai!!!!"»18. Tali provocazioni portano la ragazza ad esprimere la propria solitudine e so erenza agli amici, i quali, preoccupati, tentarono invano di proteggerla. Ma le evidenti richieste di aiuto non intimorirono l’utente anonimo che continuò ad arrecare dolore alla vittima,
no a spingerla a compiere il
tragico gesto del suicidio.
Attraverso questa vicenda viene ancora una volta viene confermata l’amara contraddizione sociale che caratterizza la
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https://mattinopadova.gelocal.it/padova/cronaca/2014/02/11/news/cittadella-la-ragazzadi-14-anni-spinta-a-uccidersi-dagli-insulti-su-ask-fm-1.8646502 18
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vita dei giovani della Generazione Z: la solitudine in un mondo digitale sempre connesso.
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CAPITOLO 3
PROGETTO IN AMBITO SCOLASTICO 3. INTRODUZIONE GENERALE DEL PROGETTO DIDATTICO Il seguente testo propone un progetto didattico al
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contrastare il Cyberbullismo nelle scuole secondarie di secondo grado.
Titolo del percorso: Cyberbully
Campi di esperienza/discipline: Educazione civica, condotta, informatica dei social media.
Argomento oggetto dell’attività/lezione: Cyberbullismo
Traguardi per lo sviluppo delle competenze: Rendere maggiormente consapevoli i giovani dei rischi legati al mondo del web, sottolineando l’importanza intrinseca delle relazioni sociali autentiche, che rappresentano le fondamenta per uno sviluppo adeguato dell’adolescente. È obbligo
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dell’istituzione scolastica porre attenzione al fenomeno del cyberbullismo, e fornire un supporto costante agli studenti.
Modalità di coinvolgimento e motivazione degli alunni: È previsto lo svolgimento di un percorso didattico che coinvolga tutti gli studenti, ponendo particolare attenzione nei confronti dei soggetti più fragili.
Criticità previste: Possibili criticità previste possono essere rappresentate dall’incomprensione da parte di certi soggetti rispetto agli argomenti trattati con conseguente disinteresse.
Fase istituzionale: Il progetto viene promosso dal Dirigente Scolastico il quale incarica lo psicologo dell’istituto a cui viene a dato il compito di svolgere un sondaggio sui professori interessati al ne di creare un gruppo di prevenzione sulle violenze del cyberbullismo. Lo psicologo ha l’obbligo di selezionare i professori in base alle loro conoscenze sull’argomento in questione.
Fase di selezione del personale: I professori interessati dovranno fare richiesta al Dirigente scolastico e in seguito un colloquio con lo psicologo che ne
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attesti le capacità e le conoscenze dato l’argomento. I professori che desiderano fare parte del gruppo contro il Cyberbullismo dovranno necessariamente leggere il testo in questione. Inoltre dovranno dimostrare di avere a cuore la buona riuscita del progetto per aiutare i ragazzi in di coltà. Il limite del gruppo di professori è di due membri, se l’istituto invece presenta più classi del previsto i gruppi di professori possono essere anche più di uno.
Un testo consigliato per approfondire l’argomento è: Contrastare il bullismo, il cyberbullismo e i pericoli della rete: Manuale operativo per operatori e docenti, dalla scuola primaria alla secondaria di 2° grado a cura di Elena Buccoliero e Marco Maggi.
Basi del primo progetto: Con cadenza annuale il gruppo formato dai professori dedica una lezione di due ore ad ogni classe dell’istituto sulla tematica prevista:
La prima parte del progetto consiste in un dialogo guidato con i ragazzi: raccontare il cyberbullismo attraverso una lezione frontale presenta il rischio di creare disinteresse negli alunni. I due professori saranno le uniche gure di riferimento ad essere presenti in aula, in quanto la presenza di altri docenti potrebbe creare soggezione nei ragazzi, i quali non si sentirebbero liberi di partecipare al discorso.
In questa fase i professori distribuiscono ai ragazzi due questionari attraverso la piattaforma Google Forms, questi
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avranno la funzione di guidare l’azione didattica. I questionario saranno anonimi.
Basi di un eventuale secondo progetto: Il secondo progetto consiste, mediante l’adesione del dirigente scolastico, nell’apertura di un sportello di supporto al ne di contrastare il fenomeno del cyberbullismo. Lo sportello verrà gestito dallo psicologo dell’istituto. Questo servizio ha come obiettivo quello di supportare lo studente che ha necessità di aiuto nel corso dell’anno scolastico.
A tal proposito credo sia necessario porre la seguente ri essione: per la natura intrinseca di questo progetto diviene di cile in base le mie limitate competenze pedagogiche e psicologiche fornire una spiegazione dettagliata al riguardo, dunque, mi limito a fornire una descrizione generica.
Considerazioni utili sul metodo da adottare: I professori dovranno porre particolare attenzione a quella fase delicata e fragile che contraddistingue lo studente: l’adolescenza. Lo scopo nale del progetto è quello di aprire un dialogo costruttivo tra i professori e gli studenti, avvicinando questi due mondi. L’azione didattica avrà inoltre una importante caratteristica: essa sarà bidirezionale in quanto non solo i professori agevoleranno il processo ri essivo rispetto alla dinamica del cyberbullismo, ma anche gli stessi studenti avranno la funzione di colmare quel gap che il digital divide ha creato.
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3.1 POSSIBILE MODALITÀ DI SVOLGIMENTO DEL PROGETTO FASE PROGETTUALE (durata 2 ore): In questa prima fase i professori di riferimento saranno chiamati a tenere una conversazione guidata con gli alunni di ogni classe, l’approccio sarà in forma di Problem solving, ovvero far fronte al problema in modo comune. Lo studente è tenuto (ma non obbligato) a partecipare al dialogo in modo da coinvolgerlo a pieno nel progetto. Alcuni spunti sugli argomenti di partenza possono essere rivisti secondo questa infogra ca che presenta una linea guida sul tempo e sul metodo didattico che può essere funzionale al docente nella strutturazione dell’azione educativa.
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BIBLIOGRAFIA Alessandra Farneti, Elementi di psicologia dello sviluppo - Dalle teorie ai problemi quotidiani. Carocci Editore, (2015). ISBN: 978-884301372-2.
Daniel Pennac, Diario di scuola, traduzione di Yasmina Mélaouah. Feltrinelli, (2010), ISBN 978-880772152-6.
Elena Buccoliero, Marco Maggi, Contrastare il bullismo, il cyberbullismo e i pericoli della rete: Manuale operativo per operatori e docenti, dalla scuola primaria alla secondaria di 2° grado. FrancoAngeli, (2017). ISBN: 978-889174998-7 Ersilia Menesini, Anna Nocentini, Benedetta E. Palladino, Prevenire e contrastare il bullismo e il cyberbullismo. il Mulino, (2017).
ISBN: 978-881527298-0 Pisano L., Saturno, M.E., Le prepotenze che non terminano mai. Psicologia Contemporanea. Edizione Giunti, (2008).
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SITOGRAFIA https://www.pinterest.it/pin/352125264616371803/
https://www.treccani.it/vocabolario/bullismo/
http://www.stopcyberbullying.org/what_is_cyberbullying_exactly.html
https://st.ilsole24ore.com/art/tecnologie/2011-02-14/2010-venduti-miliardicellulari-100454.shtml
https://www.lastampa.it/cronaca/2020/02/07/news/bullismo-piu-del-50dei-ragazzi-tra-gli-11-e-17-anni-sono-vittime-di-attacchi-cyberbullismopiu-colpite-le-ragazze-1.38437385
http://www.actroma.it/index.php?view=article&id=578:giovani-datiallarmanti-su-dipendenza-social-network&format=pdf
https://it.wikibooks.org/wiki/Cyberbullismo/ Casi_signi cativi_di_cyberbullismo
https://it.wikipedia.org/wiki/Caso_Amanda_Todd
https://it.wikibooks.org/wiki/Cyberbullismo/ Casi_signi cativi_di_cyberbullismo
https://mattinopadova.gelocal.it/padova/cronaca/2014/02/11/news/ cittadella-la-ragazza-di-14-anni-spinta-a-uccidersi-dagli-insulti-su-askfm-1.8646502
https://it.wikipedia.org/wiki/World_Wide_Web
http://www.viveremeglio.org/0_volumi/manuali/cyberbullismo.pdf
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