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Il colpo del cane

sare, discutere, agire. La crisi di oggi non vede più possibile questa interazione: il sindaco agisce senza pensare. Almeno all’inizio del film, poi, nel momento in cui, sollecitato dagli incontri con Alice, ricomincia un po’ a pensare, questo mette in pericolo la sua capacità di agire. La crisi della democrazia è il nodo centrale. E poi il pensiero, per cui non si ha più tempo.

Attraverso l’incontro tra i punti di vista di due personaggi così diversi nascerà un nuovo modo di pensare la natura e i compiti della politica, la sua etica, che è da intendersi come amministrazione del bene pubblico.

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La parte più interessante e riuscita del film è quella volta alla riaffermazione del primato della riflessione e del dialogo, oltre che del pensiero. Il motore della pellicola è innescato da un’assenza: quello stimolo che dovrebbe portare un uomo a prendere decisioni per il bene comune.

Animato da un flusso continuo di dialoghi, Alice e il sindaco è proprio per questo un film che si regge sul talento dei due protagonisti, il grande Fabrice Luchini e la deliziosa Anaïs Demoustier.

È proprio lei, la giovane letterata e studiosa di filosofia, ad accendere la miccia di un possibile cambiamento nel politico navigato e in crisi. Grazie al confronto con Alice, il sindaco fa i conti con una parte di sé che non conosceva fino ad arrivare alla coraggiosa decisione di allontanarsi dalla politica. La sequenza simbolica della reciproca rigenerazione è un bel piano sequenza che vede Alice e il sindaco impegnati nella stesura di un discorso che non verrà mai pronunciato in pubblico.

E la scena finale semplifica una scelta di vita, attraverso un libro significativo che Alice regala al sindaco ormai ritiratosi dalla politica: il personaggio protagonista del libro “Bartleby lo scrivano: una storia di Wall Street” di Melville e il suo ricorrente “preferirei di no”.

Alice e il sindaco analizza con acume il presente e la politica di oggi spesso incapace di avere idee valide e di risolvere problemi. I giovani intellettuali sono in crisi e non riescono a guardare al futuro, i più maturi politici continuano a occupare posti di potere in cui sono imprigionati e non riescono più a cogliere lucidamente i bisogni del presente. Merito di Pariser è fornire qualche chiave di lettura per smuovere la politica dalle sabbie mobili nelle quali sembra essersi impantanata, partendo innanzitutto dalla presa di coscienza della vitalità del confronto e dal valore della modestia (citata a più riprese nel film). Ma tanti temi seppur interessanti rischiano di essere un po’ soffocati in continui dialoghi pieni di citazioni letterarie (Orwell, Rousseu, Marc Bloch, Melville) che alla lunga rischiano di perdersi un po’per strada. E alla domanda fondamentale, ossia se gli intellettuali siano ancora necessari (o quanto meno utili) alla politica e alla società resta tutto un po’ sospeso.

Politica e cultura possono coesistere e aiutarsi? Oppure è drammaticamente vero il contrario?

Al di là di qualche verbosità di troppo, Alice e il sindaco ha comunque il merito di puntare il dito su una certezza: in una società fatta di persone (politici e non) che hanno smesso di pensare, non si può raggiungere alcun progresso, sociale, politico, umano.

ElEna Bartoni

di Fulvio Risuleo

Origine: Italia, 2019 Produzione: Federico Giacinti, Salvatore Lizzio, Antonella Volpe per Revok Film, Donatello Della Pepa, Annamaria Morelli Per Tim Vision Regia: Fulvio Risuleo Soggetto e Sceneggiatura: Fulvio Risuleo Interpreti: Edoardo Pesce (Dr Mopsi), Silvia D’Amico (Rana), Daphne Scoccia (Marti), Anna Bonaiuto (Ricca signora), Silvana Bosi (Madre di Orazio), Sabrina Marchetta (Anna), Vittorio Viviani (Bob), Federico Tocci (Alberto) Durata: 93’ Distribuzione: Vision Distribution Uscita: 19 settembre 2019

U

Una festa all’insegna dell’alcol e della musica alta viene interrotta a causa di un blackout. Tutti gli invitati continuano a festeggiare in strada mentre Marti e Rana, visibilmente ubriache, si addormentano sul divano.

Il mattino dopo incontrano un’amica che porta a passeggio sette cani e che spiega loro come il lavoro di dog sitter possa essere molto redditizio. Vista la situazione di inoccupazione delle due, Marti accetta da costei l’incarico di tenere un bulldog francese per il fine settimana. Dalla ricca padrona le vengono spiegate tutte le esigenze del piccolo Ugo e, nonostante si fosse presentata come dog sitter esperta, va via dopo aver accettato una paga misera.

Una volta preso in custodia il cane, Marti decide di portarlo al parco. Qui viene avvicinata da uno strano veterinario, il dr. Mopsi, che le offre la possibilità di guadagnare parecchio facendo accoppiare Ugo con la sua piccola bulldog francese. Marti si lascia adulare (anche per via dei cento euro di anticipo) ma prima di prendere una decisione vuole chiedere consiglio a Rana.

Confrontatesi, le due decidono di accettare e si recano nel luo-

go indicato dal dottore, un’isolata rimessa di barche che desta qualche sospetto. Infatti, il dr. Mopsi si rivela un truffatore che, in modo molto goffo, ruba Ugo e scappa in macchina. A questo punto inizia un inseguimento sterrato che si interrompe con Marti e Rana che perdono di vista il bersaglio dopo aver urtato qualcosa che Marti sostiene essere un pecora.

Avendo anche forato, la coppia torna indietro a piedi per capire cosa abbiano effettivamente urtato, date anche le tracce di sangue sul paraurti. Nel luogo incriminato trovano la macchina di Mopsi che decidono di rubare visto che di lui non c’è traccia. Mentre meditano sul da farsi, fanno benzina con i soldi dell’anticipo che risultano però essere falsi e costringono le due a scappare senza pagare.

A questo punto il film cambia prospettiva. Seguiamo le vicende di Orazio, un metallaro capellone di mezza età, che fatica a trovare l’amore e un lavoro. In questo periodo tutto sembra andare meglio data la proposta del fratello di un’occupazione e data la sua attrazione per la vicina Anna che sembra ricambiare. Recatosi in un negozio di animali per il lavoro, parlerà con Marcus che gli spiegherà il suo impiego estremamente precario, trovare dei cani da far accoppiare con le cagne dei clienti. Dopo aver accettato, uscendo viene intercettato dal vecchio commesso, dall’evidente accento del sud, che le offre una controproposta pagata molto meglio. Quest’ultima consiste nel rubare un esemplare di bulldog francese maschio in cambio di seicento euro. Trecento dei quali in anticipo anche se Orazio sembra più che titubante. Mentre si trova a cena con la vicina e altri amici, fingendo di star scrivendo un libro, riesce a ottenere idee su come rubare un cane.

Un blackout li interrompe (e con ciò capiamo che le due storie sono contemporanee). Orazio e Anna tornano a casa dove la situazione si scalda ma lei lo congeda per paura di andare troppo veloce. Il mattino dopo scopre che in realtà quest’ultima ha un compagno. Oltre a ciò, Marcus lo manda a casa al suo primo giorno di lavoro. Adesso, infuriato, Orazio si convince del piano B che lo porta a crearsi un falso biglietto da visita, a cambiare aspetto e a far entrare in scena il dr. Mopsi.

Riviviamo le scene dal suo punto di vista e aggiungiamo pezzi al puzzle. Dopo aver rubato Ugo, Orazio scappa ma, a causa di una manovra azzardata, il cane balza fuori dal finestrino ed è proprio lui che le due malcapitate investono. Una volta seminate, Orazio recupera Ugo e cerca di curarlo appoggiato alla sua auto ma, proprio in quel momento, Marti e Rana trovano la vettura e il falso veterinario è costretto a nascondersi nel bagagliaio insieme al cane.

Dopo la fuga dal benzinaio, le due vengono fermate dalla polizia. L’agente scopre l’intruso nel portabagagli e, mentre tutti cercano di spiegare le proprie velleitarie ragioni, Ugo salta fuori e scappa, ricongiungendosi con la natura.

A

Al suo secondo lungometraggio da regista il giovane Fulvio Risuleo, che già a 23 anni veniva premiato a Cannes per il suo corto Varicella, torna sul grande schermo con una storia molto semplice, ma che assume valore grazie alla costruzione narrativa.

Siamo di fronte a un film che mostra un unico evento da due punti di vista differenti, completamente separati e opposti, quello di Rana e Marti e quello di Orazio. Ciò che differisce è l’antefatto, ovvero quello che porta le due linee del racconto a congiungersi inizialmente e ricongiungersi nel finale.

Non si tratta di un assetto narrativo innovativo. Giocare con i punti di vista è una pratica molto adoperata dai registi ma che, se usata con giudizio, porta a risultati spesso intriganti. In questo caso, tale espediente arricchisce la pellicola con molte informazioni aggiuntive. Decidere poi di separare completamente le due angolazioni, mostrando prima l’una e poi l’altra, crea una sorta di struttura a puzzle da riempire con i pezzi mancanti, mano a mano che essi vengono mostrati. Inoltre aiuta l’immedesimazione del pubblico nei personaggi e amplifica l’empatia provata per essi.

Personaggi interpretati da attori che recitano bene le parti a loro assegnate. Tra i protagonisti spicca Daphne Scoccia (Marti) che risulta estremamente naturale nei panni della giovane squattrinata priva di prospettive future.

Un tema proposto dal film è proprio quello dell’assenza di prospettive di una generazione costretta a una precarietà figlia della difficoltà di trovare un lavoro, in una società che di lavoro ne offre poco.

Questa condizione è causa dei comportamenti devianti dei protagonisti che sono portati ad accettare soldi sporchi ma al contempo (teoricamente) facili. Comportamenti che sono, nella dimensione grottesca del racconto, dettati dalla sfortuna, altra grande protagonista che coinvolge e travolge le vicende dei personaggi. Lo stesso titolo rimanda a un modo di dire che gli antichi romani usavano per la divinazione. Il colpo del cane è il risultato 1, 1, 1 derivato

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