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Jack in the box

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Hammamet

Hammamet

immenso vigneto che li fa sentire al sicuro. Ma Carmine arriva anche qui e rapisce Lucia mentre giocava con i piccoli della famiglia. I bambini lanciano l’allarme e dicono a Rocco di recarsi al mare perché è ciò che Carmine vuole.

Rocco non ci pensa due volte e va nel luogo indicato. Qui trova Lucia legata dentro un furgone che, riacquisita la parola, urla a più non posso e Carmine ad aspettarlo. Quest’ultimo vuole vendicarsi per lo stato di coma causato a suo figlio così accoltella Rocco davanti agli occhi di Lucia e poi la libera.

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La giovane donna è disperata ma, mentre tenta di fare qualcosa per aiutare il padre, viene interrotta dallo stesso che chiede, come ultimo desiderio, di vedere il mare. Sulla riva riappare Argenzia che finalmente è visibile anche agli occhi di Rocco, ormai in fin di vita. A questo punto, i due genitori, ormai ricongiunti, suggeriscono a Lucia di correre in avanti e non voltarsi mai più alle spalle lasciandosi dietro una terra e un passato non facili.

VVeniamo catapultati in una realtà di cui non sappiamo nulla. Oltre al titolo del film, l’unico elemento che abbiamo per la geo-localizzazione è il dialetto parlato dagli attori.

Ci troviamo in quella che una volta era chiamata Lucania e che oggi corrisponde pressappoco alla Basilicata. Scopo del film è quello di raccontarne l’entroterra. A farlo, il regista Gigi Roccati, autore di numerosi documentari al suo secondo film di finzione. Finzione perché è stata costruita una storia, perché ci sono attori che interpretano una parte. Ma qui lo scopo ultimo non è quello di raccontare una storia, si vuole raccontare un paesaggio (naturalistico ma anche, e soprattutto, sociologico e antropologico) e questo è ben visibile.

Il film risente dell’influenza del documentario antropologico. Macchina a spalla tremolante, campi lunghissimi, enfasi posta sul rapporto uomo/natura. Ma subisce anche la contaminazione di altri “generi” come, tra gli altri, anche il western con la presenza di zoom repentini verso i visi degli attori.

L’idea di portare sul grande schermo un territorio simile, come da dichiarazione del regista, viene da Giovanni Capalbo, produttore ma anche protagonista, che aveva necessità di raccontare la sua regione, dove una morente realtà contadina sopravvive solo in qualche barlume di entroterra, lontano dalla civiltà moderna.

Viene toccato il tema dell’interramento di rifiuti tossici, in un luogo magari meno conosciuto della ‘terra dei fuochi’ ma che allo stesso modo ne è deturpato. Oltre a distruggere l’ecosistema, questa malsana abitudine rende impossibile, in molte zone, la pratica dell’agricoltura. In luoghi in cui, evidentemente, l’agricoltura è parte integrante di una cultura che, anche per questo motivo, va sempre più scomparendo.

A causare tutto ciò, ovviamente, è la malavita organizzata che il film denuncia anche attraverso la figura del protagonista Rocco, che si erge a simbolo della resistenza, un uomo all’antica che non ha paura di sfidare i criminali pur di difendere la propria terra, anche se questo significa, in un simil contesto, rischiare la vita. Una terra che non può morire in questo modo.

La figlia Lucia (non è un caso che condivida la radice con Lucania) è simbolo di rinascita. Dopo un periodo di silenzio, la morte del padre non può lasciarla indifferente e allo stesso modo, un’intera regione non può rimanere indifferente a certi abusi che man mano la deteriorano dall’interno.

GiallorEnzo di mattEo

di Lawrence Fowler

UUn uomo trova una misteriosa scatola sotterrata in un campo e la porta a casa; azionato il carillon, l’oggetto si apre e una creatura uccide la moglie dell’uomo, portandola nella scatola.

Dodici anni dopo, Casey, giovane curatore museale americano, si trasferisce ad Hawthorne, in Inghilterra, per cominciare una nuova vita. Inizia a lavorare come guida in un piccolo museo del posto, dove incontra Lisa, l’assistente di Rachel, la responsabile. In magazzino, i due trovano la misteriosa scatola e Casey riesce ad aprirla. Durante la notte, una coppia di ladri si introduce nel museo ma viene assassinata da un demone, fuoriuscito dalla scatola.

Ogni notte, Casey ha degli incubi su una misteriosa ragazza che, nel rincasare, lo chiama allarmata, in quanto inseguita da un misterio-

Origine: Gran Bretagna, 2019 Produzione: Geoff e Lawerence Fowler per Fowler Media, Up a Notch Productions Regia: Lawrence Fowler Soggetto e Sceneggiatura: Lawrence Fowler Interpreti: Ethan Taylor (Casey Reynolds), Philip Ridout (Norman Cleaver), Lucy-Jane Quinlan (Lisa Cartwright), Robert Nairne (Jack) Durata: 87’ Distribuzione: Adler Entertainment Uscita: 17 settembre 2020

tenticità della scatola, racconta che si tratta di un “Jack in the box”, giocattolo risalente all’epoca vittoriana, usato per contenere entità maligne; per ulteriori informazioni, consiglia di contattare Maurice, famoso demonologo.

Una visitatrice viene aggredita e uccisa dal misterioso clown ma, quando il protagonista accorre dopo aver udito le urla, non trova nessuno. Nel sito di Maurice, Casey scopre che Jack è un demone che assume la forma di un clown per giocare con le paure delle vittime; il suo scopo è uccidere sei persone per poi tornare definitivamente nella scatola. Dopo l’omicidio della donna delle pulizie, un ispettore giunge al museo per investigare sulle quattro scomparse.

Casey confessa a Lisa il senso di colpa per non aver salvato la sua fidanzata, uccisa una notte, mentre rincasava. Il ragazzo comprende la natura soprannaturale delle sparizioni e, una sera, viene aggredito da Jack, che però lo risparmia; Lisa non crede al racconto del protagonista, ritenendolo un’allucinazione causata dall’insonnia. Casey incontra Nathan, il precedente proprietario della scatola, il quale ha scontato dieci anni di carcere, accusato dell’omicidio della moglie, dato che nessuno ha creduto all’esistenza del clown; egli teme che la storia si ripeta, per cui suggerisce a Casey di fuggire ma quest’ultimo ha un’apparizione della sua defunta fidanzata, che lo incita a fermare il demone e smettere di fuggire.

Casey tenta di bruciare la scatola, ma invano, e viene nuovamente aggredito da Jack; la mattina, viene ritrovato stordito e ferito, per cui Lisa racconta tutto a Rachel, che lo licenzia. Trovato l’indirizzo di Maurice, Casey incontra il demonologo che rivela che Jack è mortale e può essere ucciso solo da colui che ha aperto la scatola, unico che non può essere assassinato; il protagonista dovrà pugnalare il cuore del demone, recitare una formula in latino ed evitare che, nel momento in cui la scatola si chiuderà, un frammento o un oggetto del demone rimanga fuori, altrimenti sarebbe tutto inutile.

Dopo aver ucciso Rachel, Jack ferisce Lisa, fortunatamente salvata da Casey che riesce a intrappolare il demone, sebbene venga arrestato dalla polizia, ritenuto responsabile dell’omicidio della direttrice. Tempo dopo, Lisa contatta Maurice affinché la aiuti a dimostrare l’esistenza di Jack per scagionare Casey. Dal momento che Jack guadagna altri tre anni di vita ogni volta che uccide una vittima, Lisa dovrà fare in modo che la scatola non si apra per i prossimi quindici anni. Durante un interrogatorio, Casey osserva le foto della scena del crimine e si accorge che un artiglio mozzato di Jack è rimasto fuori dalla scatola; di conseguenza, il clown fuoriesce e porta con sé Lisa.

IIl riciclaggio di situazioni, personaggi e atmosfere sembra caratterizzare l’atteggiamento di gran parte dei film horror contemporanei, soprattutto da parte di giovani cineasti che fanno del low budget una scusante per limitare la propria creatività, ricorrendo al già detto senza consapevolmente sfruttare quei limiti per schiudere nuove frontiere espressive ed estetiche, con l’obiettivo (pretenzioso) di imitare, più che omaggiare, famosi registi, modelli produttivi e modalità di racconto provenienti d’oltreoceano, primi tra tutti quelli dell’ormai celebre Blumhouse. Lawrence Fowler si dimostra un colto bricoleur, un amante e conoscitore del genere, che rivela sin da subito il suo occhio cinefilo e appassionato, affascinato dai noti film di James Wan, Mike Flanagan, William Brent Bell, nonché un nostalgico fan di una certa manualità creativa pre-CGI, oggi riscoperta da alcuni giovani e promettenti cineasti, come Jacob Gillman e Matthew Diebler in The Invisible Mother; se paradossalmente il film riscopre l’arte del makeup mediante il notevole Jack, non risulta pienamente convincente nel suo complesso, come dimostrato dal trucco artificioso della defunta fidanzata del protagonista. La cinefilia non accompagna uno spirito creativo capace di reinventare quei modelli a cui si ispira, trasformando questo secondo lungometraggio più in un mero saggio scolastico di fine anno che in un nuovo modello in grado di interpretare le paure, le angosce e le peculiarità del contesto in cui nasce; debolmente sostenuto da una sceneggiatura acerba, incapace di suscitare suspense in quanto eccessivamente attendibile in ogni sua evoluzione, il film si rivela piuttosto elementare nel suo indagare la psiche ferita del protagonista, scadendo nell’eco di un trauma poco strutturato fino a situazioni al limite del retorico, come il banale dialogo tra Casey e la sua defunta compagna. La narrazione è portata avanti da personaggi di un eccessivo manicheismo che ricade nell’elementarietà: dal protagonista tormentato alla co-protagonista scettica nei confronti del soprannaturale, dalla polizia inutile nella risoluzione a personaggi-tipo come l’egocentrico demonologo, mossi come pedine di un gioco noto, finalizzato a portare avanti le sue mosse nel sequel Awakening The Jack in the Box che, ci si augura, possa superare l’esasperato autocompiacimento del primo per trovare la propria identità.

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