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Dogtooth

no in questi ultimi momenti. Al funerale Arthur commuove tutti nel ricordare l’amico. Poi Rada gli consegna una lettera; l’ha scritta César prima di morire pregandola di recapitarla in quel momento preciso al suo amico. Lì ci sono le sue ultime volontà. Rada è la donna per te, lo esorta, corrile dietro e liberati finalmente di tutte le tue incertezze e paure. Sono le sue ultime volontà che Arthur rispetterà senza esitare.

IIl duo di registi e sceneggiatori Matthieu De La Porte e Alexandre De La Patellière dopo essersi distinto alcuni anni fa per il film Cena tra amici, firma e dirige ora Il meglio deve ancora venire pellicola intensa e commovente, presentata al Festival del Cinema di Roma 2019, in cui si alternano sapientemente e con il giusto equilibrio toni della commedia e della tragedia.

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Si perché qui ci troviamo di fronte a una tematica decisamente tragica come la malattia e il lutto con le considerazioni e gli interrogativi che ne conseguono. Nel momento in cui ti rendi conto che hai una sola vita, magari perché ti viene diagnosticato un male incurabile, cosa fare del tempo che resta? Con chi poter condividere gli ultimi momenti? Quesiti che coinvolgono, inevitabilmente, altri aspetti esistenziali non meno importanti come l’amicizia, la compassione fraterna e la condivisione: tutte tematiche connesse tra loro che vengono affrontate nel film e danno sostanza e veridicità al plot narrativo.

Attingendo ad esperienze dirette e personali (chi, in fondo, sulla soglia dei cinquant’anni non annovera già una scia di lutti nella propria esistenza?) gli autori maneggiano la materia con grande maestria e affrontano di petto il tema della perdita, invece di fuggirla e di eluderla, nella consapevolezza che dramma e commedia siano gli strumenti più adatti per parlare di certi argomenti. Senza mai scadere nel pathos spinto, gettano luce sui percorsi più intimi e sulle angosce esistenziali con occhio acuto avvalendosi di un’intelligente ironia che permette di stemperare i momenti più tragici e inevitabili. Merito, anche, del formidabile duo di attori Fabrice Luchini e Patrick Bruel chiamati a interpretare, rispettivamente, Arthur e César amici d’infanzia, due destini agli antipodi: uno che incarna la vita, l’energia, la seduzione e l’altro più riflessivo, timoroso e incapace di godere di qualsiasi cosa. Una cicala e una formica, due facce della stessa medaglia, il cui segreto dell’amicizia risiede nella loro fondamentale differenza: ammirando ciascuno segretamente nell’altro il suo incomprensibile rapporto con la vita. La coppia funziona alla grande, supportata da dialoghi brillanti e siparietti cari alla commedia degli equivoci, dai tratti esilaranti; da qui la serie di malintesi, che sono poi il vero motore della vicenda e coinvolgono la cerchia di familiari e conoscenti. Tra le incertezze e l’incapacità di Arthur di dire la verità all’amico, i dubbi di César su quale Dio pregare essendo lui ebreo e l’amico cattolico (indimenticabile il dialogo con il prete) i viaggi che intraprendono e che trasformano il film in un road movie che inneggia all’amicizia, arriviamo all’inevitabile, triste epilogo che chiude la vicenda brillantemente. Vita e morte una di fronte all’altra e un nuovo amore che fa capolino nell’esistenza di chi resta ma che non per questo dimentica.

cristina GioVannini

di Yorgos Lanthimos

II genitori di una ricca famiglia borghese tengono sotto reclusione i tre figli, due femmine e un maschio, all’interno della loro casa isolata dal resto del mondo. I ragazzi crescono e vivono così privi di qualsiasi contatto con l’esterno, ignari di cosa ci sia oltre le mura domestiche. Non hanno neanche un nome né sanno di doverlo avere. Trascorrono le proprie giornate compiendo giochi di resistenza e imparando a essere competitivi tra di loro. Questa condizione forzata li costringe però a sviluppare attitudini da animali domestici e a essere facilmente manipolabili dai genitori: hanno un linguaggio distorto e non sanno associare parole come mare o autostrada o cellulare, tutti termini il cui significato reale viene nascosto (essi credono che gli aeroplani siano solo dei piccoli giocattoli volanti e gli zombie siano dei piccoli fiori gialli). Non solo: credono che saranno pronti a lasciare la loro casa solo nel momento in cui avranno perso un canino.

Origine: Grecia, 2009 Produzione: Boo Productions, Greek Film Center, Horsefly Productions Regia: Yorgos Lanthimos Soggetto e Sceneggiatura: Efthymis Filippou, Yorgos Lanthimos Interpreti: Christos Stergioglou (Padre), Michelle Valley (Madre), Aggeliki Papoulia (Figlia maggiore), Mary Tsoni (Figlia minore), Hristos Passalìs (Figlio), Anna Kalaitzidou (Christina) Durata: 96’ Distribuzione: Lucky Red Uscita: 27 agosto 2020

azienda, Christina, per venire a casa e fare sesso con il figlio. Poco tempo dopo però, la donna, frustrata dall’ennesimo rifiuto del giovane di soddisfarla con un cunnilingus, convince segretamente la Figlia maggiore a farlo al suo posto in cambio di una fascia per capelli.

Un giorno la quiete domestica viene turbata con l’arrivo in giardino di un gatto randagio che terrorizza i ragazzi. Il figlio, ignaro della sua effettiva pericolosità, uccide freddamente l’animale con un paio di forbici da potatura; nel frattempo, approfittando dell’incidente, il padre fa a brandelli i suoi vestiti e, dopo essersi cosparso di sangue finto, racconta ai figli che un loro fratello è stato ucciso da un gatto, descrivendo la bestiola come una mostro feroce da cui non ci si può difendere.

Nei giorni seguenti, Christina propone nuovamente alla Figlia maggiore di barattare un cunnilingus in cambio di un gel per capelli; quest’ultima però, rifiuta l’offerta, chiedendole invece delle VHS di film hollywoodiani che conserva nella sua borsa; successivamente, la Figlia maggiore inizia a guardare i film di nascosto e ne rimane impressionata, tanto da replicarne alcune scene citando i dialoghi; in seguito il padre scopre le VHS, picchia la figlia con una di esse, poi si dirige a casa di Christina e la colpisce violentemente con un videoregistratore.

I genitori decidono allora che con Christina non più disponibile, faranno scegliere al figlio una delle sue sorelle come nuovo partner sessuale; il ragazzo, dopo qualche tentennamento, opta per la Figlia maggiore.

Subito dopo viene organizzato uno spettacolo di danza e musica per festeggiare l’anniversario di matrimonio dei genitori durante il quale la Figlia maggiore, contravvenendo alla tradizione, esegue un ballo diverso dal solito, citando la coreografia di Flashdance; il padre, infastidito dalla sua performance, la interrompe.

La stessa notte, la giovane colpisce un suo canino con un manubrio da palestra e poi si nasconde all’interno del bagagliaio della macchina del padre. Quest’ultimo, dopo aver scoperto i frammenti di dente e sangue sparso in bagno, cerca inutilmente la figlia.

Il giorno successivo, l’uomo si reca al lavoro, lasciando l’auto fuori dalla fabbrica, incustodita.

SSembra quasi un grottesco esperimento antropologico quello mostrato da Yorgos Lanthimos in Dogtooth (in originale “Κυνόδοντας”, lett. “canino”) che - ribaltando la sacralità dell’idea di famiglia - mette in scena una macabra e disturbante allegoria sulla rigida educazione dei regimi totalitari, basati sulla manipolazione mentale e sulla repressione dello sviluppo individuale.

Un’analogia perfettamente applicata dal padre-dittatore (Christos Stergioglou) che condanna i propri figli al completo isolamento, cresciuti come animali domestici all’interno di una casa-gabbia protetta da mura altissime, impossibili da oltrepassare se non con l’imminente perdita di un canino (da qui il titolo), prova di un’emancipazione che non arriverà mai.

È un mondo fittizio quello che vivono questi giovani, bloccati in uno stato di infantilismo perenne: senza un nome né uno scopo, privi di qualsiasi contatto con il mondo esterno e ridotti a mera istintualità. L’affetto fraterno diventa così sopraffazione, il sesso (crudelmente indagato dallo sguardo cinico di Lanthimos) è possibile solo se pornografico, a pagamento (l’addetta alla sicurezza Christina è l’elemento estraneo che rischia di distruggere il malsano ecosistema familiare) o proibito dalla legge morale. Ciò che si sa del mondo esterno lo si apprende per trasgressione, attraverso deformi imitazioni del reale mutuate da vecchi film di genere (Rocky, Lo squalo, Flashdance), salvo poi essere severamente puniti. Ma questa regressione non si limita soltanto alla limitazione fisica, si espande anche nella sfera di un linguaggio epurato da qualsiasi riferimento potenzialmente scomodo o evasivo, fino ad alterare il significato stesso delle parole: per cui “mare” diviene una particolare tipologia di poltrona (“come quella che c’è in soggiorno”), “autostrada” un vento molto forte, “escursione” un materiale per produrre pavimenti, “carabina” un bellissimo uccello bianco, etc.

Dal punto di vista tecnico, Lanthimos adotta uno stile sobrio e minimalista di scuola hanekeiana, in linea con l’immobilità delle esistenze che racconta: macchina da presa fissa, montaggio essenziale, rifiuto del campo-controcampo, ricerca maniacale della simmetria e degli spazi vuoti (con predominanza del bianco). In Dogtooh però, nulla viene

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