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Maestri

Lo straniero che fece grande l’Università di Bari

Rodolfo Amprino, docente indimenticato di anatomia umana (1954-1982), è stato ricordato, nell’Auditorium dell’Ordine, con una cerimonia commossa e partecipata da colleghi ed allievi.

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di Nicola Simonetti

Rodolfo Amprino, Maestro indimenticato di anatomia umana nell’università di Bari (1954-1982), dove ha formato generazioni di bravi medici cui insegnò la materia e la morale e l’etica della professione e della vita, è stato ricordato, nell’Auditorium dell’Ordine dei medici di Bari, con una cerimonia sobria, commossa e partecipata da colleghi ed allievi che gremivano la sala. La perfetta organizzazione si deve a Franco Lavalle, vice presidente dell’OMCeO, che ha aperto l’incontro ed ha introdotto l’argomento inchinandosi, memore e commosso, alla grande figura del professor Amprino, presentando il volume ”Rodolfo Amprino” (ed. Giuseppe Laterza, pag. 154 - euro 30) curato in suo onore, da Francesco Paolo De Ceglia, Ordinario di Storia della scienza e Domenico Ribatti, Ordinario di Anatomia umana normale presso l’Università di Bari. “Non una celebrazione né una commemorazione ma – ha detto il Presidente dell’ordine Filippo Anelli – un grato ricordo ad un uomo che ci ha lasciato esempi di vita e di rigore morale e professionale di cui, oggi più che mai, si sente bisogno a fronte di tentativi di trasformare il medico in bravo tecnico laddove dal Giuramento di Ippocrate alla nostra Costituzione, esso deve assolvere a ruolo sociale di tutela della salute della persona a qualunque razza esso appartenga”. “Amprino, esempio illuminante di condotta etico-morale, che si è innestato nella nostra università a smentire – ha detto il direttore della Scuola di medicina, Loreto Gesualdo - la invalsa tendenza a non accettare il professore “straniero”. Amprino venne da Torino (allontanato da beghe accademiche, nonostante il professor Levi, suo mentore e maestro di ben 3 Nobel, lo prediligesse a tutti) e fece grande la nostra università”.

La mole di Torino si specchiò nell’Adriatico (ha detto Fabio Lusito) e sorse una nuova era che la Gazzetta del Mezzogiorno titolò (11 ottobre 1966 in occasione del congresso nazionale organizzato, a Bari, da Amprino) “Indirizzi e uomini nuovi per una scienza antica: l’anatomia”. “Fu quella – ha detto Francesco Paolo De Ceglie – la seconda fondazione della nostra università che, proprio fruendo di nuova linfa, sia importata che autoctona, prese l’aere per imporsi non più come università di “periferia”. Domenico Ribatti, che ricopre la cattedra che già fu del suo Maestro, ne ha tratteggiato la figura di studioso, di didatta, di ricercatore, ne ha sottolineato la “severità” orientata al bene degli allievi (Camosso, Roncali, Ambrosi, ecc). Accorsate le lezioni, puntuale il professore che preparava personalmente, sulla lavagna, schemi e disegni con gessi colorati, esami in clima di collaborazione, quasi lezioni che continuavano e che, prima di concludersi con una bocciatura, miravano a convincere lo studente che era necessario riprendere i libri e completare la preparazione di cui egli, come un seminatore, contestualmente, segnava il solco. All’albo dell’Istituto, ogni volta, l’“elenco della vergogna”, cioè le lettere o analoghi, pervenutigli per “raccomandare” questo o quell’alunno (tra le altre, ad esempio, una missiva di Leone, Presidente della Repubblica)... “Amprino, una figura kantiana”. La storia puntuale dell’Istituto di anatomia è stata riassunta da Lucia De Frenza (coautrice del volume di De Ceglia e Ribatti e dottore di ricerca in Storia della scienza nell’Università di Bari, che ha ricordato il ruolo fondante di Nicola Pende, che, poi, “tradì’” questa creatura attratto dalla cattedra dell’Università di Genova dove, subito, egli si trasferì. Dei docenti rimasti, alcuni preferirono altre mete ed altri, invece, si rimboccarono le maniche e posero le basi concrete della nuova Università. Benedetta Campanile (coautrice del volume di De Ceglia e Ribatti e dottore di ricerca in Storia della Scienza) ha tratteggiato la grande figura di Amprino e, in particolare, la tormentata ma positiva vicenda della fruizione del contributo della Rockefeller Foundation che contribuì al salto sul panorama della scienza internazionale del nostro grande anatomista.

Per Amprino, il discepolo prediletto del professor Levi, maestro di tre Nobel – ha detto Fabio Lusito, dottorando di ricerca e, anch’egli, coautore del volume - avrebbe potuto essere un autoesilio dopo le vicende torbide nell’Istituto torinese. Non lo fu poiché egli seppe farne centro di ricerca e di attenzione da parte del mondo scientifico internazionale. Egli fu “studioso instancabile ai cui serrati ritmi dovevano adeguarsi i collaboratori”. Lo fecero, con abnegazione, trascinati dall’esempio del Maestro e fu successo non comune dal quale emersero direttori di cattedra che, sulla scia di Amprino, hanno contribuito all’affermarsi dell’Istituto di anatomia barese, divenuto cardine fondante dell’Università di Bari. Hanno concluso l’incontro, testimonianze appassionate e commosse fatte da Luisa Roncali, Salvatore Barbuti, Franco Introna, Vito Miniello, Renato Laforgia e dal sottoscritto.

Il libro ”Rodolfo Amprino ”

Il libro, pubblicato da Giuseppe Laterza e curato da Francesco Paolo De Ceglia, Ordinario di Storia della scienza e Domenico Ribatti, Ordinario di Anatomia umana normale presso l’Università di Bari, ricostruisce la nascita della Facoltà di Medicina e Chirurgia e in particolare la storia dell’Istituto di Anatomia umana normale dell’Università degli Studi di Bari. Il testo si focalizza poi sulla figura di Rodolfo Amprino, sulle sue lezioni, sui suoi rapporti internazionali e sull’eredità lasciata nell’Accademia, di cui è stato illustre rappresentante, che nelle migliaia di studenti e professionisti che ha forgiato durante i decenni del suo impegno universitario. Il Professor Amprino nasce da una straordinaria storia anatomica, quella di Giuseppe Levi nella Facoltà Medica di Torino, ove furono formate grandi personalità del panorama scientifico italiano da Bucciante a Bairati, ed internazionale, quali Salvador Luria, Rita Levi Montalcini, Renato Dulbecco, tutti premi Nobel per la Medicina.

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