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DANILO ANGELINI, UNA VITA TRA I MAESTRI

UNA VALIGIA SEMPRE PRONTA, ESPERIENZE NEI PIÙ PRESTIGIOSI RISTORANTI IN ITALIA E NEL MONDO PER IMPARARE DAI GRANDI MAESTRI. QUESTO IL BAGAGLIO PROFESSIONALE DI UNO CHEF CHE HA FATTO DEL LAVORO LO SCOPO DELLA PROPRIA VITA

foto E tEsti di Maria Chiara zuCChi

È’ lunga la gavetta di un cuoco, in special modo se si vogliono affrontare esperienze formative diverse, in Italia e all’estero. Danilo Angelini, riminese, da pizzaiolo ha inteso perseguire la carriera di cuoco iniziando tardivamente, a 21 anni (oggi ne ha 47), la Scuola Alberghiera locale e poi, subito, uno stage al ristorante Righi di San Marino (attualmente 1 stella Michelin) sotto la guida di Luigi Sartini.

Come hai affrontato questa esperienza e come l’hai vissuta?

Ho avuto la fortuna di essere catapultato immediatamente dalla scuola a un ristorante prestigioso, ma il vero vantaggio è stato quello di aver avuto un Maestro rigoroso, attento, partecipativo. Mi spiego meglio: oggi è molto difficile trovare chi spende il proprio tempo per insegnare fin dalle basi, ma la passione per la cucina te la può instillare solo chi ce l’ha e ha la generosità di trasmetterla. Sartini sempre burbero, taciturno, riservato, possiede quella rara qualità che si chiama empatia: pur non facendo sconti a nessuno, ma prima di tutto neanche a se stesso, lavora a testa bassa facendo squadra senza risparmiarsi. Lui è il cuoco che io volevo essere, per questo sono tornato ben tre volte alle sue dipendenze, principalmente per stima e ammirazione, ma anche per perfezionarmi in maniera organica. Ed è stato lui a farmi in seguito gravitare “nell’universo Angelini”, ossia nel cosmo del mio omonimo (e non parente) Gino Angelini, che in America è tra le star dei fornelli, e che in Italia ha lasciato una pletora di amici e allievi di gran livello, che gli devono la loro professionalità di oggi.

Quindi un altro mentore d’eccezione: cosa hai imparato da Gino Angelini a Los Angeles?

Una maggiore leggerezza nell’approccio dovuta al carattere più giocoso di Gino rispetto a Luigi Sartini, ma in realtà la stessa

forte attenzione al lavoro di squadra e al ritmo di cucina. Inoltre in lui,in Sartini e poco dopo in Vincenzo Cammerucci quando era stella Michelin al Lido Lido di Cesenatico, ho trovato quelle caratteristiche di concretezza nelle proposte, di centralità della materia prima e di percepibile identità del piatto che non ho trovato nelle altre cucine che ho frequentato. E se Sartini è stato per me il “fratello” che ho ancora oggi, Gino è tuttora il “babbo” che segue il mio percorso, mi indirizza, mi consiglia e mi guida. Con lui ho vissuto il sogno: un esaltante anno al mitico ristorante “Vincenti” (quello in cui Julia Roberts in Pretty Woman mangiava le escargot), un anno a “La Terza” con mansioni di chef executive, e ancora all’Osteria Angelini dove realizzavamo la grande cucina italiana,con quel tocco del Maestro che conferiva personale eleganza ad ogni proposta. In seguito sono approdato nelle cucine di un altro chef dell’ “universo Angelini”, ossia il grande Vincenzo Cammerucci, in questo

COZZE, SPINACI, MAIONESE DI POMODORI GIALLI E PANE CROCCANTE ALLA PAPRIKA

INGREDIENTI

kg. 2 di cozze g. 200 di pomodorini gialli g. 300 di spinaci g. 150 di pane a cubetti paprika olio extra

PROCEDIMENTO

Lavare le cozze e togliere la barba, aprirle in una casseruola con un pò d’olio e acqua, sgusciarle e filtrare l’acqua che servirà per la maionese. Lavare i pendolini, tagliarli a metà e metterli in un frullatore a immersione; aggiungere l’acqua delle cozze e olio extra e frullare. Una volta ottenuta la maionese, passare in un passino fine e togliere le impurità, prendere gli spinaci, togliere i gambi e lavarli bene; scolare e asciugare. In una padella antiaderente versare un pò d’olio e cubi di pane; farli dorare e cospargerli di paprika. Impiattamento: condire le foglie di spinaci con un pò d’olio e sale fino, formare nel piatto un letto con gli spinaci, spargere le cozze e il pane croccante, e alla fine, la maionese di pomodorini.

caso lo “zio” che da sempre ammiro per la sua straordinaria e raffinata creatività. Con lui ritmi serratissimi: è instancabile, geniale,travolgente; se riesci a stargli dietro, non avrai più problemi nella tua professione. Stress alle stelle, orari infiniti, ma la soddisfazione di essere, ancora una volta, nel posto migliore per chi fa questo lavoro. Tornerei a lavorare con ciascuno di loro anche subito, ma direi che l’imprinting ricevuto mi ha offerto gli strumenti che mi servivano per affrontare ulteriori prove, come quelle fatte in Francia.

Dall’America alla Francia: dove hai lavorato?

Nel ristorante “Au Comte De Guascogne”, a Boulogne Billancourt, una stella Michelin, e a “Chez Laurent” a Parigi, due stelle Michelin, per approfondire le mie nozioni sulla cucina classica francese: si è trattato di un vero e proprio bagno nei trattati di Escoffier! Di lì, al “Gualtiero Marchesi” presso l’hotel Lotti di Parigi, con responsabile lo chef Vittorio Beltramelli, il passo è stato breve: anche in questo caso sono stato impegnato a riprodurre i piatti identitari, e quindi quelli che ormai sono riconosciuti come i classici della cucina marchesiana. La Francia è stata per me una tappa fondamentale, un tassello importante nel quadro complessivo della mia preparazione.

Non ti sei fatto mancare stage e periodi di lavoro fisso da Leeman, Bistarelli, presso il bistellato Casa Cialares in Val Badia, al Povero Diavolo di Torriana, al Piastrino di Pennabilli con il vissaniano Riccardo Agostini, e in altre “case” importanti. Era necessario un percorso formativo così variegato, anche se a palese detrimento della propria vita personale?

Per me sì, è un percorso di vita e di lavoro fondamentale, e credo che dovrebbe esserlo, in toto o in parte, per chiunque intenda intraprendere questo lavoro in modo serio. Sono convinto che a molti giovani oggi manchino lo spirito di sacrificio necessario, ma anche la curiosità, la necessità del confronto, la voglia di imparare dai maestri il rispetto dei tempi che servono per costruire il proprio bagaglio professionale: la fretta di arrivare senza approfondire le regole base della cucina, non porta lontano. Troppe “basse temperature” a caso, troppa imitazione senza studio,troppa inutile complessità esteriore. Oggi, in ogni caso, la cucina dovrebbe fare un passo indietro, semplificarsi ed essere accessibile, con cuochi di più dietro i fornelli e di meno su social e tv, per offrire alla gente contenuti reali nei piatti, minore mistificazione, maggiore concretezza. Non sono più i tempi dell’apparenza, ma della sostanza: la pandemia ci ha messo davanti a responsabilità che ben poco hanno a che fare con l’eccessivo artificio di questi ultimi anni troppo mediatici. Non tutti vogliono pagare lussi estetici ai cuochi star: la cucina deve tornare a essere maggiormente democratica, più etica, più vicina alla gente.

CREMA DI ZUCCA, VONGOLE E I SUOI SEMI TOSTATI

INGREDIENTI per 4 persone

g. 700 di zucca 2 scalogni kg. 2 di vongole 1 foglia di alloro olio evo sale e pepe qb

PROCEDIMENTO

Pulire la zucca, pelare la buccia esterna e tagliare la polpa a cubetti. Lavare e asciugare i semi della zucca e tostarli in forno a 160 °C per 7/8 minuti circa. Prendere una casseruola e fare un fondo di scalogno tritato e olio evo qb. Una volta appassito, aggiungere la zucca e la foglia di alloro, cuocere a fuoco lento, aggiungendo un po’ d’acqua e coprire. Una volta cotta la zucca, frullarla e passarla con un passino fino. Aprire le vongole già precedentemente lavate e lasciate a spurgare, sgusciarle e filtrare l’acqua con un passino per togliere la sabbia che potrebbe depositarsi.

IMPIATTAMENTO

Prendere la crema di zucca, aggiungere un po’ d’acqua di vongole, le vongole e un po’ d’olio evo, una grattugiata di pepe e impiattare. Terminare, aggiungendo i semi di zucca.

LASAGNETTA DI SEDANO RAPA E CANOCCHIE

INGREDIENTI

1 sedano rapa medio-grande g. 400 di canocchie ½ l. di latte 4 rametti di timo 1 scalogno g. 50 di burro g. 50 di farina sale fino qb olio extra

PROCEDIMENTO

Cuocere le canocchie, separare la polpa dalla buccia, far tostare con un filo d’olio in una casseruola per qualche minuto la buccia, scalogno, timo e aggiungere acqua fredda facendo bollire per 45 minuti. Filtrare il brodo ottenuto e unire ½ litro di latte a ½ litro di brodo, portare a ebollizione e fare la besciamella con il roux con g. 50 di farina e g. 50 di burro, aggiustare di sale. Pulire il sedano rapa dalla buccia esterna e ottenere delle fettine sottili di circa 10 millimetri, sbollentarle in acqua salata e raffreddarle. Imburrare l’interno di una teglia, comporre la lasagna con le fettine di sedano e fare gli strati aggiungendo la besciamella. Infornare a 180 °C per circa 30 minuti. Una volta cotta, impiattarla in un vassoio di portata, aggiungendo la salsa di canocchie realizzata con una riduzione di brodo e alla fine la polpa di canocchie (attenzione che non diventi troppo salata).

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