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Luca BagnariolLuca Bagnariol
from N.25 OTTOBRE 2019
by Scomodo
Parallasse -------------------------------------------------------------------- la rassegna stampa di Scomodo
Lo spostamento apparente di un oggetto causato da un cambiamento di posizione dell’osservatore è un effetto ottico noto come parallasse. Si tratta di un concetto potente, utile a descrivere il relativismo generato dalla molteplicità di interpretazioni dei fatti, soprattutto nell’industria dell’informazione. Spiegare questa molteplicità è l’obiettivo di questa rassegna stampa mensile.
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Fridays for future è un movimento complesso e che, sebbene possieda un’identità forte, gode anche di diverse anime che convivono insieme e che quindi causano già da sole differenti interpretazioni. Se unite ad una pletora di testate giornalistiche e voci mediatiche si generano inevitabilmente una miriade di interpretazioni e letture diverse del fenomeno: un caos in cui è difficile orientarsi. Gli approcci del giornalismo alla questione sono due. Un primo semplicemente narrativo, che si limita a raccontare gli scioperi per il clima e le dichiarazioni di Greta Thunberg, e che già da solo ha un’importanza assai rilevante; il secondo invece è quello analitico, in cui la visione sulla vicenda è subordinata alle linee editoriali della testata.
A sua volta emergono sia la critica che l’elogio al movimento, ma spesso (sia nella stampa estera che italiana), la volontà di generare coinvolgimento emotivo supera l’analisi attenta del fenomeno e quindi la comprensione della vera natura del movimento. Dal fatto che si porti l’attenzione su incidenti particolari (i manifestanti che sporcano le strade), ignorando la spinta universale e di ampio respiro del movimento (se il 71% delle emissioni di gas serra è prodotto da cento multinazionali, che differenza fa se buttiamo delle cartacce per terra?), alla critica ideologica verso un movimento che tuttavia di ideologico non ha nulla (bensì è fautore di una maggiore scientificità nell’approccio alla natura). Nella stampa nazionale Per quanto concerne la narrazione che la stampa italiana ha dato dei vari venerdì di manifestazione del movimento “Fridays for Future”, è possibile notare grazie alle prime pagine dei quotidiani che sussistono due piani d’opinione riguardo alle manifestazioni. Da un lato, i giornali si sono limitati, eccezion fatta per i soliti casi critici come Libero e Il Giornale che hanno optato per una forte linea di condanna nei confronti della mobilitazione studentesca, a dare un taglio unicamente narrativo riguardo gli eventi che hanno direttamente riguardato il nostro paese, arrivando addirittura, come nel caso di quotidiani come La Stampa ed Il Messaggero, a non dare spazio sulla prima pagina a questa vicenda. Questa situazione si è verificata soprattutto nei confronti delle manifestazioni italiane del 27 Settembre, che hanno coinvolto ben 180 città italiane, mentre una maggiore copertura è stata data alle manifestazioni su scala globale che si sono svolte durante la giornata del 20 Settembre, come a voler screditare in maniera inconsapevole la grande mobilitazione che ha visto protagonista il nostro Paese. Mentre i giornali si sono limitati a questa narrazione senza fronzoli, hanno lasciato che fossero i singoli giornalisti a rendersi paladini della crociata anti-studentesca tramite i loro singoli profili social. Emblematico in questo senso è il caso di Marco Pasqua, responsabile editoriale della sezione online del Messaggero, il quale sul suo profilo
Facebook si è lasciato andare ad un post estremamente critico nei confronti dei giovani scesi in piazza, vedendo nella loro partecipazione un mero pretesto per poter saltare ore di lezione a scuola. Una simile affermazione, così come viene presentata nel post tramite una richiesta ai ragazzi di sacrificare il proprio tempo libero nel nome della lotta ai cambiamenti climatici, appare estremamente gratuita, considerato il fatto che il senso di una manifestazione è quello di rinunciare ai propri diritti (in questo caso scolastici) per una giornata per cercare di avere un impatto effettivamente debilitante sulla società e di dare una maggior forza al proprio messaggio. Ma rispetto a quanto detto in seguito dal giornalista, le critiche precedenti non sembrano altro un semplice scivolone. Pasqua infatti procede nel resto del post compiendo una pesantissima generalizzazione nei confronti dei ragazzi coinvolti, descrivendoli come figli di papà che spendono il proprio denaro in alcool e droga e che si riscoprono solo ora come dei paladini dell’ambiente, non curanti del fatto che le loro cicche buttate a terra durante la giornata siano altamente inquinanti. Affermazioni ridicole, che cercano il consenso della generazione passata che ha speso la propria vita nelle piazze senza riuscire a concludere effettivamente nulla di buono e che ora guarda con risentimento qualsiasi tipo di movimento che cerchi di coinvolgere nelle strade un gran numero di persone, che nel nostro paese rappresenta effettivamente lo zoccolo duro di lettori di ogni quotidiano nazionale.
Ciò che fa sorridere (anche se effettivamente dinanzi a tali parole vi è poco da ridere) è che in questo caso il Messaggero non ha voluto appositamente dar spazio sul proprio sito a tale tipo di considerazioni poiché ancora conscio di quanto accaduto nel Maggio di questo stesso anno.
La sezione online del quotidiano romano, quindi per volontà dello stesso Pasqua, aveva deciso di scendere in piazza accanto ai manifestanti per intervistare i ragazzi coinvolti. Da queste interviste vennero estratti gli interventi più idioti e privi di un’effettiva consapevolezza sulla tematica ambientale, riunendoli in un servizio di pochi minuti che aveva il compito di dimostrare che la totalità dei ragazzi scesi in piazza quel giorno non avesse la benché minima idea del perché si trovasse lì. Il servizio, per quanto fosse riuscito in parte nel suo intento, venne tartassato di critiche non solo da parte dei manifestanti, ma anche dall’opinione pubblica generale che intuì immediatamente la faziosità del lavoro e la volontà che si celava dietro, portando alla sua definitiva cancellazione sia dal sito del giornale che dalla sua pagina Facebook. Con ancora vivo nella mente il ricordo di questa pessima figura, il Messaggero ha preferito evitare qualsivoglia tipo di coinvolgimento nella questione, non lasciando nuovamente al suo responsabile editoriale la possibilità di esprimere la propria opinione tramite i canali social ufficiali del quotidiano. Una scelta saggia, che non ha impedito però a Pasqua di continuare di far sentire la propria voce di dissenso nei confronti del movimento Green.
Nella stampa internazionale La copertura nella stampa internazionale è altrettanto simile a quella nella stampa italiana. Con una narrazione generalmente positiva sulle testate più grandi all’indomani del 20 e 27 settembre, i due giorni in cui si sono tenuti gli scioperi più partecipati. Nelle due giornate infatti tutte le prime pagine aprono con gli scioperi di FFF nel caso peggiore in toni semplicemente narrativi, in quello migliore in toni celebrativi. Il Guardian segue il trend, tuttavia nei giorni successivi adotta un approccio differente, trasformando la crisi climatica in un evento di cui essere emotivamente partecipi - così come FFF sta facendo nella società più in generale. Riporta in ogni edizione giornaliera il livello di CO2 presente nell’aria in ppm, e in un recente manifesto afferma di voler moltiplicare gli sforzi per informare sulla crisi climatica in corso. In questa ottica si passa quindi da un coinvolgimento emotivo relativo all’indignazione ad uno relativo alla costruzione di una narrazione attorno ai cambiamenti climatici che, da semplice rumore di fondo delle notizie quotidiane,
diventano strada principale su cui organizzare l’attività mediatica. Si tratta di una strategia finora inesplorata sulla stampa generale e non di settore. È naturale tuttavia aspettarsi che il movimento abbia critici, tra questi ci sono sì tutti i negazionisti del cambiamento climatico, ma anche coloro i quali sono portati a criticare FFF perché troppo vicino alle istituzioni e ai “poteri forti”. Si crea quindi un misto tra le due categorie: i complottisti negazionisti del cambiamento climatico. E se da una parte c’è Breitbart News e le numerose testate e figure mediatiche dell’alt-right, dall’altra seguono a ruota anche Fox News e il mondo dell’informazione conservatrice americano. Si presta molto meglio ad essere osteggiata invece l’attività di Extinction Rebellion che, ad esempio, il 17 ottobre ha visto un suo attivista bloccare una metropolitana pubblica di Londra e poi essere aggredito dai passeggeri. Su alcuni quotidiani quindi si manifesta il classico bomberismo di un più italiano Libero, in cui ci si rallegra che finalmente “a questi teppisti sia stata data una giusta lezione”: “Day eco crusties got rough justice” (Daily Star). Tuttavia, la vera opposizione al movimento (e, in generale, alla transizione verso le energie rinnovabili) arriva in maniera trasversale attraverso campagne pubblicitarie volte a ripulire l’immagine dei combustibili fossili. Dal maggio 2018 sono stati spesi, solo su Facebook, diciotto milioni di dollari in advertisement dalle multinazionali nel settore dell’energia, tra le altre Exxon ConocoPhilips e BP. È di pochi giorni fa l’ad della stessa BP che recita: “Can a banana peel fuel your flight?”. È in corso una grande operazione di PR che, sebbene sia già approdata sulle testate giornalistiche, vista la pervasività del messaggio di FFF e l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), si rivolge verso forme più accessibili di comunicazione.
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di Marco Collepiccolo e Luca Bagnariol
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