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Chiara LettieriLuca Bagnariol e di Parallasse
from N. 32 MAGGIO 2020
by Scomodo
Parallasse -------------------------------------------------------------------- la rassegna stampa di Scomodo
Lo spostamento apparente di un oggetto causato da un cambiamento di posizione dell’osservatore è un effetto ottico noto come parallasse. Si tratta di un concetto potente, utile a descrivere il relativismo generato dalla molteplicità di interpretazioni dei fatti, soprattutto nell’industria dell’informazione. Spiegare questa molteplicità è l’obiettivo di questa rassegna stampa mensile.
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L’acquisizione del Gruppo Editoriale GEDI da parte di Exor ha sconvolto il panorama dell’informazione nazionale: se in precedenza i giornali del gruppo, specialmente Repubblica, hanno dimostrato di soffrire molto i cambi di gestione, con l’arrivo della holding guidata dagli Elkann stiamo assistendo ad uno stravolgimento senza eguali della linea editoriale delle varie componenti del gruppo, ora totalmente asservite agli interessi economici della nuova proprietà. Questo primo mese di gestione della nuova proprietà ha già creato molte criticità sulla nuova linea imposta, che rischia di minare la credibilità di uno dei pilastri dell’informazione italiana.
Dei cambi di gestione mai semplici
C’è stato un tempo in cui Repubblica era una meravigliosa macchina da guerra. Alla prima parte della sua storia, quella della direzione di Eugenio Scalfari, per la nostra età non abbiamo avuto modo di potere assistere, mentre la seconda parte della “stagione felice” di Repubblica, quella in cui fu direttore Ezio Mauro, è stata probabilmente per molti di noi quella in cui abbiamo scoperto il giornalismo. Gli anni in cui Berlusconi guidava il Paese attraverso la più grande crisi economica dopo quella del ‘29, concedendosi ciò nonostante festini e cene che molti trovavano inconciliabili con la posizione di Presidente del consiglio che ricopriva e ricorrendo spesso a leggi “ad personam” che più che rispondere a problemi del Paese avevano come obiettivo quello di allontanare o far cadere i processi che lo riguardavano. Corrado Guzzanti, in un programma di Rai 3, scherzava: “Berlusconi: ‘scopo tutto il giorno, vi dà così fastidio se la sera lavoro un’oretta?’”. L’atmosfera era quella. Repubblica la raccontò come nessun altro giornale, mantenendo sempre uno sguardo corretto ed obiettivo ma senza fare sconti al governo. Soprattutto, scegliendo di portare avanti una linea chiara ed efficace che raggiunse il culmine con la pubblicazione delle famose “10 domande di Repubblica” a Berlusconi. Ogni giorno venivano pubblicate nelle prime pagine e si spiegava che non sarebbero state tolte fino a che Berlusconi non avesse risposto a tutte e dieci. Berlusconi denunciò il direttore Ezio Mauro per la pubblicazione “reiterata ed ossessiva” delle domande, ma perse la causa perchè i giudici decisero che erano “di interesse generale”. Fu Repubblica a scoprire che Berlusconi aveva partecipato alla festa dei diciott'anni di Noemi Letizia, e da lì partirono poi tutte le inchieste su Ruby e sui Bunga Bunga. Repubblica cavalcò legittimamente l’antiberlusconismo diventando quasi uno strumento di resistenza, il simbolo di una lotta politica e di una opposizione che c’era nel paese e che poi si concretizzava e materializzava nelle enormi piazze del “popolo viola” che chiedeva le dimissioni di Berlusconi.
Le vendite erano molto alte e il giornale aveva un’identità chiara e convincente. Nel 2011 era il giornale più venduto d’Italia e superava i 3 milioni di lettori. Poi, nel 2012, il proprietario Carlo de Benedetti lasciò ai figli le quote del gruppo editoriale di Repubblica e da lì cominciò il declino. Complice anche l’imbarazzo che coglie chi vede finalmente cadere il nemico che ha combattuto per anni, interrogandosi sul “cosa fare dopo”: la stagione di Monti e Letta non offrì granchè spunti interessanti ma il giornale raccontò, grazie anche ai resoconti e ai retroscena dei uno dei migliori cronisti politici del paese, la scalata di Renzi al potere con un certo favore, ma sempre con sguardo obiettivo. Fino a che i giovani de Benedetti non decisero di sostituire Ezio Mauro con l’ex-direttore della Stampa, Mario Calabresi. Una scelta che sorprese molti, perché in un giornale che sentiva di aver perso la sua forte e caratterizzante capacità di individuare una linea politica e servirsene per generare interesse, la scelta di un direttore che, pur essendo stato un buon amministratore della Stampa, non corrispondeva a pieno alla figura dirompente e scalmanata rappresentata dai predecessori Scalfari e Mauro. E infatti le copie non ebbero la ripresa tanto sperata, per quanto il giornale rimase sempre uno dei più completi ed obiettivi del paese. Sorprese ancora di più, e denotò allora una chiara direzione presa dai figli di de Benedetti, la scelta di consegnare la carica di Calabresi, che è durata per un tempo di gran lunga più breve rispetto alla media dei precedenti direttori, all’ex-direttore della Gazzetta dello Sport. All’occhio di molti lettori è sembrato chiaro come il corso di Repubblica negli anni delle direzioni Calabresi e Verdelli sia stato caratterizzato quasi da una ricerca di non avere una linea editoriale: con il tempo sono cominciate a comparire sempre meno inchieste o prese di posizione coraggiose, salvo alcune libere iniziative di qualche firma singola. Ma ai due direttori forse è mancato il carattere e la coraggiosa esuberanza che aveva reso Repubblica il giornale più letto d’Italia.
Fa un po’ dispiacere pensare a come un giornale con il carattere della Repubblica degli anni di Berlusconi avrebbe forse affrontato l’anno e mezzo di governo gialloverde. Nel periodo in cui in Italia abbiamo avuto forse uno dei governi più a destra della storia repubblicana, trovarsi in mano un giornale timido e spento un po’ ha fatto male. Non è stata certo questa timidezza del nuovo direttore Verdelli ha portare al suo licenziamento, frutto invece di una precisa volontà da parte dei nuovi proprietari del gruppo GEDI: il gruppo Exor.
Quanti guai in un solo mese di gestione
L’operazione di acquisto annunciata da Exor il 2 dicembre 2019 si è conclusa il 23 aprile, data in cui il gruppo ha ufficialmente ottenuto il controllo di GEDI, società editrice di Repubblica, la Stampa e Secolo XIX. Le quote di Cir, società della famiglia De Benedetti e precedente azionista di maggioranza, sono diventate di proprietà della famiglia Agnelli-Elkann, che porta avanti la sua attività imprenditoriale attraverso la holding Exor della quale fa ora parte anche la casa editrice del secondo più diffuso quotidiano italiano (Repubblica). Il gruppo GEDI va così ad arricchire un portafoglio di società in cui è FCA a fare la parte del leone, con un fatturato che nel 2019 ammontava a 108,187 milioni di euro sui 143,755 totali realizzati da
Exor. Le altre controllate del gruppo non sono da meno: stiamo parlando di giganti come CNH Industrial (25,033 milioni di fatturato nel 2019), l’agenzia di riassicurazioni PartnerRE (7,034 milioni) e Ferrari (3,766 milioni). A queste si va ad aggiungere Juventus, che ha chiuso il 2019 in perdita e da questo aprile anche GEDI, che con 603,5 milioni di fatturato nel 2019 e un risultato finale negativo probabilmente non è entrata nel portafoglio del gruppo per i ricavi che ne possono derivare. Una considerazione che è stata avallata anche dalle prime decisioni della nuova proprietà, che nel giro di pochi giorni ha completamente riorganizzato le direzioni dei maggiori quotidiani, licenziando in modo sbrigativo il direttore di Repubblica Carlo Verdelli e mettendo al suo posto Maurizio Molinari.
Massimo Giannini, ex vicedirettore di Repubblica, è stato invece messo a capo de La Stampa. Un cambiamento inaspettato, soprattutto nel mezzo di una pandemia mondiale e con una crescente attenzione all’informazione, che può potenzialmente aumentare la platea dei lettori dei giornali. Questi momenti rappresentano un’opportunità di crescita per i quotidiani, in cui è cruciale il ruolo del direttore di redazione, che deve garantire un’informazione precisa e corretta. Repubblica ha sempre avuto una linea editoriale che rispecchiava posizioni ben precise, come ribadito dallo stesso Verdelli nel suo primo editoriale da nuovo direttore, un anno fa, e anche nell’ultimo, apparso sul giornale lo scorso 23 aprile. Il timore che con la nuova proprietà la linea editoriale possa essere stravolta è stato già confermato dai pochi fatti che siamo stati in grado di osservare in questo mese. Prima di guardare al principale quotidiano del gruppo, meritano attenzione due vicende che hanno riguardato il Secolo XIX, quotidiano della regione Liguria. La prima riguarda la scelta della Regione di acquistare tutti gli spazi pubblicitari presenti sull’edizione di lunedì 4 maggio del quotidiano, nella quale erano anche presenti diversi articoli che celebravano la capacità dell’amministrazione regionale di gestire la crisi. La scelta risulta più comprensibile se consideriamo che le elezioni regionali dovrebbero tenersi quest’anno e che il presidente in carica, Giovanni Toti, si appresta a ricandidarsi contando su un largo consenso. L’utilizzo di denaro pubblico per l’acquisto degli spazi pubblicitari è così servito a garantire visibilità all’operato della giunta in carica, piuttosto che per la promozione del turismo su altre testate italiane.
La seconda vicenda riguarda due inserti di otto pagine proposti l’11 e il 18 maggio dal Secolo XIX nei quali viene raccolta la testimonianza di un medico ligure impegnato in prima linea nella lotta contro il virus, con la prefazione nel primo caso del viceministro alla salute Pierpaolo Sileri e nel secondo di Silvio Brusaferro, Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità. Gli inserti sono firmati da Matteo Bassetti, direttore della Clinica Malattie Infettive dell’Ospedale San Martino, membro della task force regionale sul Coronavirus e stretto collaboratore di Toti. Le sue frequenti apparizioni televisive nell’ultimo periodo, spesso insieme al presidente della regione, lo hanno reso un volto noto, garantendogli una visibilità che potrebbe sfruttare per candidarsi come assessore alla sanità alle prossime elezioni regionali (ipotesi confermata da alcune fonti). Sebbene i due episodi siano diversi tra di loro, entrambi sono riconducibili alla volontà dei personaggi coinvolti di mettersi in mostra in vista delle prossime elezioni e sottolineano che i giornali siano ancora uno dei mezzi principali per influire sull’opinione pubblica.
La potenzialità dei mezzi di informazione è ben chiara anche alla famiglia
Elkann, che non ha esitato a stravolgere la linea editoriale del principale giornale del gruppo, che fino ad oggi ha avuto una precisa collocazione politica. La “nuova” Repubblica è un giornale che si posiziona più verso il centro dello spettro politico, là dove il suo maggiore concorrente, il Corriere della Sera, è sempre stato. Ed è proprio il quotidiano del gruppo RCS, di proprietà di Urbano Cairo, a mostrarci la differenza tra l’approccio scelto John Elkann e quello adottato da un “editore puro”, ovvero un imprenditore per cui l’editoria rappresenta la principale attività. Dopo l’acquisto di RCS Mediagroup, infatti, Cairo ha lasciato alla direzione del quotidiano Luciano Fontana, figura di spessore che gode del sostegno del comitato di redazione, e non ha provveduto alla riorganizzazione interna dei giornalisti, come è nei piani di John Elkann. Il licenziamento di Verdelli è stato invece un passaggio necessario per attuare i cambiamenti che sono previsti dalla nuova gestione. Un direttore deve, tre le altre cose, fare da tramite tra la redazione e la proprietà, mediando tra gli interessi di quest’ultima e le necessità del giornale.
Nel caso di tagli e riorganizzazioni è sempre sua responsabilità farsi portavoce di queste decisioni con i giornalisti, ma un personaggio come Verdelli si sarebbe permesso di dissentire e non eseguire in modo acritico qualsiasi richiesta avanzata dagli Elkann. Per le decisioni che saranno prese nei prossimi mesi da Exor è necessario un direttore fedele che porti avanti la loro linea, a cominciare dal cambio di toni, già evidente nei titoli fortemente critici verso il governo usciti sulle prime pagine di inizio maggio. Ma il caso più lampante riguarda la notizia del finanziamento concesso a FCA Italia e garantito dallo stato. Il 17 maggio è uscito sulla prima pagina della Stampa un editoriale (“La collera nel paese dei sussidi”) a firma del neodirettore Giannini, che scrive in difesa della decisione del governo italiano di aiutare la casa automobilistica. Lo stesso giorno sulla prima pagina di Repubblica si trova un articolo che inneggia alla “Formula Innovativa” che servirà da “modello per tutta l’economia Italiana” adottata per il prestito chiesto a Intesa Sanpaolo e garantito dalla Sace (quindi dal governo italiano). Senza entrare nel merito tecnico della questione (che comunque non farebbe che peggiorarne il quadro), è però sorprendente come la notizia sia stata trattata senza un minimo di oggettività, lasciando spazio soltanto ad un eccessivo entusiasmo. Si viene così a delineare chiaramente il conflitto di interesse tra le attività imprenditoriali degli Elkann e il dovere di un giornale di garantire un’informazione corretta e trasparente. La perdita di credibilità causata dalla pubblicazione di un articolo del genere ha spinto il comitato di redazione di Repubblica a preparare a un comunicato da pubblicare il giorno dopo. La nomina di Molinari si è rivelata in questo una scelta vincente di Exor: in seguito alla scelta del direttore di bloccarne la pubblicazione è stata convocata un’assemblea dei giornalisti per discutere delle possibili dimissioni del comitato di redazione. L’esito di diverse ore di riunione non sono state le dimissioni del comitato, ma un comunicato in cui i giornalisti ribadiscono l’importanza di essere cauti quando si trattano vicende in cui gli interessi economici sono in conflitto con l’informazione di qualità che Repubblica ha sempre cercato di offrire e che la redazione si impegna sempre a garantire.
La questione FCA ha però reso evidente la nuova impostazione del giornale, che ne stravolge la linea editoriale e rischia di comprometterne l’imparzialità. A confermare questi timori è arrivata anche la decisione di una delle firme più note di Repubblica, Gad Lerner, che nella stessa giornata di domenica 17 maggio ha annunciato di aver interrotto la sua collaborazione col giornale. La scelta è legata al modello scelto dalla nuova proprietà, che, a detta del giornalista, ha esposto fin da subito un progetto editoriale vago, ma che si è delineato del corso delle settimane ed ha portato Repubblica a grandi cambiamenti. Talmente grandi da renderla a stento riconoscibile, come afferma lo stesso Lerner. Il secondo giornale italiano per diffusione cambia così ufficialmente narrativa. Il nuovo strumento nelle mani degli Elkann sarà un ottimo spazio per rendere note le meraviglie realizzate dalle altre società controllate dalla famiglia, per avere maggiore influenza sull’opinione pubblica in modo da sostenere quelle posizioni e scelte politiche che garantiscano prosperità al gruppo industriale. Il risultato per il mondo dell’informazione è la perdita di una voce critica che ha garantito negli anni un punto di vista diverso su molte questioni, arricchendo così il panorama del giornalismo italiano. Se fino ad oggi leggendo Repubblica si aveva la consapevolezza di leggere un giornale con una posizione politica chiara, ora i suoi articoli forniranno invece un’idea ben precisa delle strategie imprenditoriali del gruppo Exor.
di Luca Bagnariol e Chiara Lettieri