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IN GOLD” La recensione del film

La Trama

"Woman in Gold" è un film del 2015 che segue la vera storia di Maria Altmann, una donna ebrea austriaca che cerca di recuperare un dipinto di Gustav Klimt, nello specifico un’opera che ritraeva sua zia Adele: "Ritratto di Adele Bloch-Bauer I", confiscato alla sua famiglia durante l'occupazione nazista dell'Austria. Con l'aiuto di un giovane avvocato di nome Randol, interpretato da Ryan Reynolds, Maria affronta una serie di sfide legali e personali nel tentativo di recuperare ciò che le appartiene. La performance di Helen Mirren nel ruolo di Maria è eccezionale e il film è stato girato con maestria e acclamato dalla critica.

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I temi sociali ed etici

"Woman in Gold" affronta importanti temi morali e storici, tra cui l'antisemitismo, l'importanza della giustizia storica e il significato della famiglia e dell'identità culturale. Il periodo storico che fa da sfondo ai fatti è molto significativo, perché ci fa riflettere sulle condizioni di alcune minoranze che ancora oggi, in alcuni contesti sociali, sono vittime di maltrattamenti, abusi di potere e addirittura sterminio. Il contesto europeo del primo Novecento era interessato in particolare dall’odio razziale nei confronti degli ebrei, oltre alle innumerevoli persecuzioni di omosessuali e disabili. È imperativo ricordare tutto ciò che ha caratterizzato la nostra storia e capire i nostri errori in modo da non commetterli nuovamente.

La questione dell’arte confiscata e dell’arte degenerata

La trama del film esplora anche la storia del di- pinto stesso, che è diventato un simbolo della lotta per la giustizia storica e la restituzione dei beni culturali confiscati durante l'Olocausto. Maria Altmann si mostra indecisa all’inizio del film. Ammirando e pensando al ritratto della zia Adele, Maria si sente triste e debole in quanto tutto ciò evoca in lei i ricordi delle persecuzioni naziste nei confronti della sua famiglia e delle loro ricchezze. La signora Altmann fu costretta, a causa dei nazisti, a fuggire negli Stati Uniti, Paese libero dove riuscì a diventare nuovamente indipendente e a vivere lontana dalle minacce naziste, lasciando però indietro i genitori, fatto che le provocò un dolore immenso.

Le opere d’arte classicheggianti e considerate belle dal Führer venivano confiscate, nascoste in luoghi inimmaginabili e in seguito erano destinate alle collezioni private di Hitler stesso e del suo collaboratore Göring, entrambi amanti dell’arte. Le opere preferite dal Führer vennero raggruppate ed esposte alla Grande Mostra dell’Arte Tedesca, la quale si poneva in contrasto di certo con la mostra dell’arte degenerata, che raccoglieva 650 quadri disprezzati dal regime nazista ed esposti in modo disordinato e con didascalie degradanti per gli artisti stessi, emblema di ciò che andava eliminato per ripulire il paese dalla “degenerazione”.

Alessandro Gamba, 5EL

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