Lungarno n. 88 - ottobre 2020

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TRADIZIONI FIORENTINE di Riccardo Morandi

La polemica

F

Un autunno tra Padellini, donuts e cucina ebraica di Raffaella Galamini

L’

autunno porta nuove aperture a Firenze. In via Gioberti è sbarcato Padellino 2.0: una pizza a doppia lievitazione e doppia cottura che, come dice il nome stesso, viene cotta in una piccola padella. È la nuova proposta di Pasquale Naccari e Mario Cipriano, gli imprenditori che già possiedono in via Gioberti la pizzeria Il Vecchio e il Mare con annesso Express. La loro idea di riaprire il locale all’angolo di via Fra Paolo Sarpi con un nuovo format è per ripartire dopo il lockdown e offrire una possibilità di lavoro in più ai loro dipendenti. Il locale è aperto dalle 16.30 per merenda, aperitivo e cena. A due passi dalla sinagoga ha aperto Ba’Ghetto. Un nuovo ristorante Kosher (bassari). In cucina Mike Hagen, nome ben noto nel mondo della cucina etnica. A lui la famiglia Dabush ha affidato il locale di via Luigi Carlo Farini: viene proposta una cucina giudaico romanesca

e mediorientale con l’aggiunta di piatti di tradizione fiorentina. Bella carta dei vini con pregiate etichette israeliane francesi ed italiane. In via del Cronaca ha aperto Cucina Conviviale: dietro questo nuovo format a base di pizza&pesce troviamo Carlo Nigro e Matteo di Monte, già noti per le fortunate esperienze di Fuocomatto in via Ventisette Aprile e di Vetreria in via del Proconsolo. Il nuovo locale, tra Soffiano e via Pisana, va a rimpiazzare il ristorante di via Verdi, proprio di fronte al teatro, affossato dal lockdown. Bottega conviviale infatti ha chiuso i battenti. Sempre in via Pisana una new entry per chi ama i dolci, soprattutto quelli a stelle e strisce: da Donby la specialità sono i donuts, ciambelle da prendere al volo come recita il claim. Ampia la proposta di farciture dai colori pastello che sembrano uscite da un film anni Cinquanta. I dolci preferiti da Homer Simpson vengono prodotti artigianalmente e venduti direttamente nel nuovo locale, insieme a drink, frappè e caffè.

Le nuove aperture in città dopo il lockdown: proposte tradizionali e cucina etnica

ermi tutti, stop alle telefonate. Qua non si parla di un mero atteggiamento che in molti hanno, alla luce di quello che è successo o sta succedendo in Italia, e men che meno di una questione caratteriale. Qua si tratta di un solco nel cuore di una cittadinanza. Avrei volentieri titolato questa rubrica “il bastiancontrariesimo”, ma poco si confà all’uso che fanno i nostri lettori di queste righe. Firenze è sempre stata patria della zuffa, ce lo dice la storia: scontri verbali, targati prima con le casate, poi coi partiti, poi con i colori della squadra del cuore. Il motore, quello che da anima a tutto questo, è però un sentimento da targare come “tradizione”. Qualsiasi cosa accada, da un terremoto (evento fortunatamente raro) a un cambio di viabilità di una strada trafficata da 20 automezzi al giorno, è questione. Comitati, cartelli, urla e mobilitazioni, da sempre. Firenze è arrivata molto prima al fenomeno delle indignazioni da pagina social, Firenze litiga da sempre, per tutto. Il motore è qualcosa di sublime, la polemica è l’anima, e poco conta la motivazione. E ogni fiorentino che si dica tale al mattino non ha mai pensato il perché di cosa stesse succedendo, ma pensa e pensava per cosa potrei arrabbiarmi? La soluzione poi dove si trova? Nelle parole. Fiumi e fiumi, da sempre, con tutti, con la stessa verve, la stessa chiusa ironica, lo stesso sberleffo che Monicelli seppe fotografare anni fa. Invece di una bistecca, quando passeggiate in centro, entrate in un bar e polemizzate. Il consiglio è veloce, e non c’è in nessuna guida. Se avete da ridire, siete fiorentini doc.

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