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Sardine For Future. Il ritorno del
Politica
Sardine For Future. Il ritorno del Movimento Giovanile mondiale
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Fabio CHIAVOLINI
È un po’ che non scrivo per l’Unità Laburista. Da membro del Comitato che ne è editore, preferisco non sovrappormi all’elaborazione dei giornalisti e dei blogger della Testata. Oggi, però, voglio provare a tirare una prima, provvisoria e propositiva linea sotto gli eventi delle ultime settimane, come semplice contributo alla discussione.
In origine fu il movimento No Global: in realtà, il movimento fu pienamente globale ma volle tentare di portare l’agenda dei potenti del mondo sulle necessità della stragrande maggioranza degli abitanti del pianeta, che viveva e vive un’esistenza eminentemente “local”, nella totale impossibilità di seguire le piroette globali del capitale e delle opportunità di lavoro - e, di conseguenza, necessita di tutela sociale, sanitaria, psicologica e dei propri diritti di cittadinanza democratica. Il movimento, che godette di un notevole successo in Italia e fu un momento di rinascita della società civile, intendeva promuovere la democrazia diretta e partecipativa, promuovere il consumo critico e lo sviluppo sostenibile, il pacifismo, l’ambientalismo e l’antiproibizionismo. Lasciamo perdere il mondo, per un attimo, e concentriamoci sul nostro Paese. Dopo la fiammata d’inizio anni ‘2000, il movimento incominciò a dividersi in spezzoni “verticali” (ah! il frazionismo, male oscuro italiano non solo a Sinistra).
Alcuni si concentrarono sui temi della democrazia diretta e partecipativa: da quello spezzone nacquero i Meetup, l’embrione del Movimento Cinquestelle degli esordi, quello che parve a molti l’ennesima “costola della Sinistra” e che finì, poi, in un colossale spreco di risorse d’attivismo politico ed in un compostaggio malriuscito dell’idea - in sé non malvagia - della democrazia partecipativa (quella “diretta”, purtroppo, spesso nasconde in sé i semi della “dittatura della maggioranza”).
La parte interessata al consumo critico ed allo sviluppo sostenibile diede la stura alla stagione dei Gruppi d’Acquisto Solidale, delle Banche del Tempo, Alimentari, del Farmaco, ecc., a tutto il filone delle aziende “bio” nonché alla pratica del “chilometro zero” e quant’altro: essendo la parte del movimento più legata a temi “ad immediato impatto economico”, fu la prima a venire riassorbita dalle logiche del mercato, finendo per rappresentare la “faccia pulita ed etica” del “capitalismo dell’economia reale” che, se raffrontato al super-liberismo finanziario, sembra quasi“i Soviet più l’elettrificazione” - ma lo sembra solo.
La parte pacifista, finite le grandi guerre di W. e schiacciata dalla retorica delle Torri Gemelle, fu forse quella ad avere maggiormente la peggio: senza più un vero nemico, condannata a rincorrere guerre che si svolgono in notti dove quasi tutti i gatti sono grigi, fu e resta quella più in difficoltà. Per capirci: se è facile sostenere il Rojava contro l’Isis e la Turchia, come la mettiamo tra Turchia e Siria? E tra signori della guerra somali o libici? La parte pacifista, alla fine, fu costretta a rinchiudersi in una specie di ecumenico e globale “volemose bene”: non è un caso se, oggi, la leadership del pacifismo è saldamente in mano alle organizzazioni cattoliche.
Dell’antiproibizionismo che parliamo a fare? Ha stravinto a livello di cultura popolare: si calcola che faccia uso di droghe leggere e “bio” il 95% dei giovani ed il 55% degli adulti, mentre le droghe sintetiche pesanti sembrano essere appannaggio di un bel 50% dei giovani e del 25% degli a- dulti (per non parlare degli “utilizzatori atipici” dediti al bungee drinking e alle smart drugs). Nei fatti, “farsi” è ormai accettato socialmente tanto quanto il bere due bicchieri in più: dove resistono legislazioni proibizioniste è perché è interesse delle mafie che, dove le sostanze psicotrope che commerciano vengono legalizzate, vedono polverizzarsi oltre tre quarti del loro giro d’affari.
L’ambientalismo è quello che ha avuto la maggior fortuna politica e mediatica: con l’intensificarsi dei cambiamenti climatici e l’aumento degli eventi estremi, l’ambientalismo è diventato istituzionalmente ecologismo. Non difesa dell’ambiente come motivo ideale, quindi - ma come vera e propria necessità di sopravvivenza della specie, prima ancora che del pianeta: supportato niente male anche da grandi concentrazioni di capitali e da personaggi pubblici di spessore mondiale, l’ecologismo è diventato un must, ormai, pure per Briatore.
Che c’entra questa disamina della diaspora del movimento No Global con l’oggi, direte voi? Vedete: da alcuni mesi è cambiato qualcosa, a livello globale. Proprio mentre sembrava che i sovranisti ed i populisti fossero ormai padroni incontrastati della scena politica mondiale, in Giappone, Corea, Cina, Indonesia, Thailandia, India, Iran, Iraq, Siria, Libano, Israele, Palestina, Egitto, Turchia, Russia, UE, USA, Canada, Messico, Sud America, Nuova Zelanda, Australia - insomma, ovunque sono tornate in piazza immense folle di giovani: prima per i Fridays For Future e poi con più ampie istanze sociali, politiche, democratiche, antifasciste. Non è un caso che in tutte le piazze e le lingue del mondo risuoni “Bella Ciao”, diventata la canzone identitaria di un movimento che, ormai, non è “globale” ma mondiale. I giovani di tutti il mondo, posti con le spalle al muro e con una pistola puntata alla tempia, hanno deciso di porre in atto una Resistenza: spontanea ma unitaria, senza capi ma organizzata, disperata ma ottimista, non violenta ma decisissima.
La convergenza di ieri (seppur parziale) del Movimento delle 6000 Sardine e deiFridays For Future in Italia, come già accaduto in altri Paesi del mondo, sana una frattura storica: ora esiste di nuovo un unico Movimento che chiede una democrazia partecipativa, un mondo a misura d’uomo e non di consumatore dove la sostenibilità venga prima della “crescita”, pace, cura dell’ecosistema e libertà dai fascismi, dal liberismo e dall’odio. Le stesse parole d’ordine di vent’anni fa, in maniera però meno “rivoluzionariamente arrabbiata” e più “pacificamente rivoluzionaria”.
Chi pensa che le 6000 Sardine e i Fridays For Future balleranno per poco commette un errore sesquipedale. Gli FFF combattono una battaglia per la sopravvivenza della specie: non è una sfida dalla quale si torna indietro. Stesso si dica per le Sardine: la loro è una dichiarazione di guerra di Resistenza a fascismi, sovranismi, razzismi, sanfedismi. È un’altra battaglia per il loro e nostro futuro. Anche dalla Resistenza non si torna indietro: o si vince o si vince.
Si dava per assunto che i “giovani” fossero ormai fuori gioco, che non avessero più nessuna voce in capitolo. E - invece e come sempre - la Storia ti spiazza. Anche perché, come dicevamo, il movimento è mondiale. In tutto il pianeta i giovani si sono risvegliati e non vogliono il “potere”: vogliono cambiare la società. La dirò più grossa: vogliono cambiare il Mondo, renderlo un posto più giusto, libero ed eguale. Senza dogmi, senza “scienza politica”: con la forza della ragione, dei bisogni e dei diritti.
I potenti dovrebbero saperlo: quando si sollevano contemporaneamente e con decisione i giovani di tutto il mondo, a prescindere dal potere al comando, non ci si può opporre: è un’onda che tutto spazza. I giovani non fanno mai calcoli: vogliono ciò che è palesemente giusto, lo vogliono tutto e, soprattutto, subito. E trascinano con sé anche i più attempati, i più prudenti, quelli che parevano rassegnati. Prevedo tempi bui per autocrati, poltronisti, mediocrati, imbonitori, furbi e compagnia cantante.
In Italia abbiamo le Sardine ed i “gretini”, come i cretini di ogni colore li hanno ribattezzati. Bene: per quel che conta, io sono con loro tutta la vita. Perché sono antifascisti e non violenti. Perché vogliono un futuro - e lo vogliono ora, qui e subito. Perché ci credono. Perché sono meravigliosamente spontaneisti, confusi e situazionisti. PERCHÉ HANNO RAGIONE.
Alla politica cercare di dargli una risposta: se no, state certi, se la daranno da soli. Guardate la copertina di questo numero della nostra Testata: è una “cover news” che mostra le sardine a Piazza Dante, a Napoli, in questo preciso momento. La “grande prole” del mondo si è mossa. L’Italia non si lega. Il Mondo non si lega.
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