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Introfada. La rivolta del militante

Politica e Psicologia

Introfada. La rivolta del militanteintroverso

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Giovan Giuseppe MENNELLA

Da pochi giorni è uscito un libro di Hanja Ahsan, scrittore angloindiano, che, con un gioco di parole e una provocazione che riecheggia la lotta dei palestinesi, si intitola “Introfada”, dedicato a una potenziale rivolta di tutti gli introversi, i timidi, gli autistici del mondo, . Il libro nasce dalla storia della famiglia dell’autore, perché il fratello fu incarcerato nel Regno Unito per sei anni senza processo, con l’accusa di terrorismo. Nonostante soffrisse della sindrome di Asperger, fu estradato negli USA, dove fu tenuto in cella d’isolamento per due anni. Poi diventò un artista e vinse anche un premio in una mostra d’arte a Lubiana. L’autore ha considerato il comportamento delle autorità britanniche come una manifestazione di discriminazione razziale in quanto un altro detenuto, accusato degli stessi reati, non fu estradato perché non era di origine bengalese, ma anche una discriminazione personale, per via della sua sindrome che porta a un particolare tipo di introversione e di impaccio sociale. Nel libro, metà romanzo metà manifesto di intenti, Ahsan immagina che i Militanti introversi e la loro unità operativa, gli Isolazionisti Armati, mirino a distruggere le politiche suprematiste ispirate alla cultura assertiva propria del XXI Secolo. Sono un movimento d’avanguardia, radicalizzatosi contro il dominio imperialista degli estroversi, che trova rifugio nell’Aspergistan, un territorio governato dalla Ssssh’ria e soggetto all’ideologia pan-timidista. Da notare come giochi con la parola Ssssh’ria che ha il suono onomatopeico del verso che si usa per invitare al silenzio, ma echeggia anche la parola shy che in inglese significa timido. Sempre che non si voglia pensare a una assonanza con sharya, la legge islamica, ma l’ipotesi sembrerebbe azzardata. L’Aspergistan difende i diritti degli oppressi, dei timidi e dei pacati; tutte le sue politiche sono silenziose e di basso profilo. Ahsan la immagina come una nazione u- topica, in cui vive il popolo degli introversi e degli autistici di tutti i tipi. Appare evidente l’intenzione di colpire con l’ironia sovversiva tutti i comportamenti di bullismo e di sopraffazione da parte di coloro che, sentendosi più forti, si ritengono autorizzati a prevaricare gli altri. Si tratta di una satira sofisticata che tende a incoraggiare il dibattito per combattere la cultura dominante che porta al colonialismo, all’esclusione sociale, al rischio di perdita della salute mentale nella società capitalistica. In una società siffatta, sembra dire Ahsan, si è costretti a forzare la propria identità individuale. Il lavoratore diventa consumatore e poi performer. Si è costretti a diventare protagonisti per forza, avendo un padrone non più esterno ma introiettato. Uno psichiatra direbbe che rischiamo tutti di assumere una personalità ossessiva. Un esempio non banale di questa condizione è quello che colpì un personaggio famosissimo come Vittorio Gassman. La madre lo indusse a superare il carattere timido e introverso iscrivendolo a sua insaputa all’Accademia di arte drammatica di Roma. Gassman forzò sempre la sua natura diventando come attore e personaggio pubblico l’istrione e il mattatore che tutti conoscono, ma pagando un prezzo elevato da un punto di vista della psiche. Infatti, molti personaggi del mondo dello spettacolo hanno testimoniato che nel privato soffrì di molte manie, di molti tic e di sorprendenti insicurezze, per essere poi colpito nei suoi ultimi anni da una forte depressione. Un altro libro che tratta un argomento in qualche modo legato alle tematiche dello scritto di Ahsan è “La società della performance, ovvero come uscire dalla caverna” di Andrea Colamedici e Maura Gancitano. Gli autori rilevano che oggi si tende a far dipendere la propria esistenza dalle prestazioni altissime richieste dalla società tecnologica. Non si può più avere la possibilità o anche proprio il gusto di sbagliare. Google maps ci farà arrivare più presto in un luogo, ma non potremo più perderci, così non ci sarà più la possibilità di fare esperienza e di imparare qualcosa di nuovo e di imprevisto dagli errori. Non ci potrà più essere la figura del “flaneur” di cui trattava Walter Benjamin o la “deriva” di cui si occupò Guy Debord. Si è costretti a rinunciare a priori ad avere torto. Come disse Bertolt Brecht, tutti gli altri posti erano già occupati ed io mi schierai con chi aveva torto. Il sociologo Harold Garfinkel aveva detto e insegnato qualcosa di simile con i suoi cosiddetti esercizi di rottura, aventi lo scopo di invertire il senso di determinati comportamenti e di creare situazioni spiazzanti e apparentemente incongrue rispetto al senso comune razionale e perfezionista, come, ad esempio, insistere per pagare di più un prodotto invece di chiedere lo sconto. Esseri timidi e perdenti può rovesciare il sistema. Ahsan ricorda il movimento delle Pantere nere che nacque come leva di riscatto per la popolazione di colore negli USA emarginata e perseguitata ma finì per diventare qualcosa di energetico e debordante, quasi simile al turbocapitalismo afroamericano. Colamedici e Gancitano sottolineano come la società in cui viviamo sia la società dell’immediatezza in cui la dimensione più pura dell’esistenza è stata sostituita da rappresentazioni, spesso ingannevoli. E’ la società della prestazione, si è immersi in un’epoca in cui l’autenticità ha lasciato il posto all’imitazione, la cura per l’altro alla varietà dei profili social. Mentre si crede di avere il controllo, si è costantemente manipolabili, misurabili, prevedibili. In una parola, lungi dal controllare, viceversa si è controllati. L’uomo contemporaneo vive una condizione che è strutturata per sostituire al mondo l’imitazione del mondo, all’espressione di sé l’esibizione di sé, alla ricerca del senso della vita la ricerca di sempre maggiori benessere e visibilità. Una società che chiede opinioni, condivisioni ed esibizioni ha paura del silenzio. I libri di Ahsan e di Colamedici e Gancitanono cercano di offrire una risposta, o almeno un disvelamento, alla condizione di disagio, attesa e paura di tutti quelli che avvertono di non avere il loro posto nel mondo.

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