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I Viaggi ai tempi del Covid-19

Pandemia e Turismo

I Viaggi ai tempi del Covid-19

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Veronica D’ANGELO

Sono passati appena tre mesi dall’estate di questo 2020. Ognuno di noi ha deciso in coscienza come trascorrere i mesi estivi, chi andando comunque all’estero, approfittando della tregua che ci ha concesso il Covid-19, chi in Italia, chi non andando affatto in vacanza, per motivi economici o ideologici. Ma una cosa è certa: il turismo ha subito una battuta di arresto senza precedenti.

In questo periodo parlare di viaggi sembra quasi una chimera, eppure la voglia di spostarsi e di visitare altri luoghi non è sparita con le paure del contagio, anzi. Le misure di contenimento degli spostamenti e della vita sociale, più o meno stringenti nel corso dell’anno, ci hanno obbligato a modificare il modo di intendere il turismo e a scoprire nuovi tempi e modi di viaggiare che, probabilmente, influenzeranno il mercato nel prossimo futuro.

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Durante il lockdown della scorsa primavera, ad esempio, si sono moltiplicati i viaggi virtuali.

Agenzie specializzate, blogger, siti istituzionali, molti sono stati quelli che nel periodo di reclusione forzata, gratuitamente o dietro compenso, hanno offerto tour virtuali di paesi, percorsi o città europee, assecondando la voglia di evasione e di viaggi all'estero.

Con la fine dell’isolamento, poi, è arrivata la necessità di stare all'aperto, di spostarsi in situazioni rilassanti, economiche e maggiormente compatibili con le misure di sicurezza anti-Covid.

Non è un caso che il turismo estivo si sia concentrato in Italia, con vacanze mediamente più brevi, al mare e in montagna, piuttosto che in città.

Gli effetti li ho riscontrati appieno su me stessa.

Erano anni che non facevo un viaggio in Italia, sempre presa da mete lontane, se non esotiche, nella convinzione che i viaggi in patria li avrei potuti fare anche in età più... matura.

Invece questo è stato l'anno del viaggio on the road nel bel Paese, della ricerca di posti isolati e lontani dalle folle, del bisogno di contatto con la natura, dell'assaporare la moltitudine di esperienze enogastronomiche che offre ogni angolo della nostra penisola.

Due amiche, un’auto, una cartina geografica dell’Umbria e via, in esplorazione di una regione così vicina e così ricca di attività: dalle passeggiate per borghi medievali alla visita di castelli e cantine produttrici di sagrantino di Montefalco, dalle cascate delle Marmore alle chiese e all’atmosfera mistica della città natale di San

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Francesco, dagli assaggi di norcineria alle cene gourmet.

Le “gite fuori porta”, poi, sono state un toccasana, soprattutto nei periodi successivi di chiusura dei confini regionali. In coppia, in famiglia o in gruppo - quando le restrizioni ce lo hanno permesso - le escursioni giornaliere, naturalistiche o culturali, sono state lo sfogo necessario alle incertezze sulla nostra libertà di movimento e la principale modalità per fare turismo, che ha assunto caratteri sempre più slow.

La verità è che la mancanza dei viaggi ha lasciato il posto alla scoperta dei dintorni.

Non ho mai fatto tanto trekking come in questo periodo, sono stata in locali della città in cui non ero mai stata e visitato mostre e monumenti, finché si è potuto.

E quando ho smesso di cucinare in casa tutti i piatti del mondo, ho riscoperto il calore di una trattoria genuina e un calice di buon vino bevuto in compagnia.

Il virus ci ha impedito di muoverci lontano da casa, ma chiudendo il recinto ci ha costretto a guardare meglio quello che abbiamo sempre avuto sotto i nostri occhi e in alcuni casi ad ammettere che era tanto di più di quello che ci aspettavamo.

Viviamo in un Paese che per fortuna vanta una ricchezza unica in termini paesaggistici e culturali.

E quindi, finché siamo obbligati a restare nelle nostre regioni e anche quando finalmente potremo viaggiare oltre confine, perché non approfittarne e continuare a valorizzare questa ricchezza?

Possiamo fare i turisti nella nostra città, visitare un paesino sconosciuto, passeggiare in campagna o in montagna, magari contattando le associazioni che propongono percorsi dedicati nel fine settimana, trascorrere una giornata in una azienda vinico-

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la o fare un pic-nic in un parco, cercare le spiagge che negli altri mesi dell'anno sono bellissime, senza la folla d'agosto.

E se ci fermeremo ad interagire con la comunità del luogo, mangiando in un ristorante tipico, alloggiando in una struttura a conduzione familiare, comprando una delle tante specialità gastronomiche che il mondo ci invidia o un oggetto d'artigianato, contribuiremo anche alla ripresa della economia locale.

Credo che questa sarà la nuova frontiera del turismo: da un lato le infinite possibilità offerte dal virtuale, dall’altro il rilancio di un turismo nazionale, lento e responsabile.

E visto che le stime parlano di una ripresa del settore grazie al turismo interno, sarà necessario assecondare i nuovi gusti e le esigenze degli italiani, reinventare spazi ed attività - pensiamo agli hotel di lusso e alle navi da crociera che si stanno convertendo in uffici o al rinnovato interesse per la montagna e per i cammini - ampliare l’offerta di servizi ed esperienze, ancora più legate all’enogastronomia, innovare grazie alla tecnologia.

Insomma, la pandemia ha mutato lo scenario classico del turismo e, una volta che saranno terminate le misure più estreme, bisognerà adattarsi alle nuove prospettive e al nuovo modo di intendere e intraprendere i viaggi.

E poiché ogni crisi rappresenta al contempo una opportunità, come al solito quelli che sopravvivranno saranno coloro che più saranno capaci di adattarsi al cambiamento.

E io, da giramondo curiosa quale sono – da qui il titolo del mio blog La Gatta Vagabonda – non vedo l’ora di raccontarvi le loro storie.

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