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Religione e Politica

Religione e Politica

Il mondo ha fame di Spiriti Liberi

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Rosanna Marina RUSSO

La fraternità è l’unica strada possibile per un mondo giusto e libero “da ogni desiderio di dominio sugli altri”, l’unica strada per la vera uguaglianza. Questo il nucleo, questo il pensiero rivoluzionario e lucido del papa che analizza i mali della società e prospetta soluzioni nella sua enciclica “Fratelli tutti” .

Monumentale. Ma quanto e come impatta un documento così imponente sulla vita delle persone che la realtà la vivono così, semplicemente nel proprio quotidiano e che potrebbero porsi la domanda: “Io c’entro?” Sicuramente parla di carità e di amore. D’altra parte un papa deve fare il papa.

La scrittura è semplice, comprensibile ma, allo stesso tempo, ricca, corposa, piena

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di riflessioni, cosicché bisogna esercitare una lettura con pause lunghe e frequenti per metabolizzare. Riesce a creare un legame empatico con il lettore che si sente protagonista, partecipe del sogno di cui avverte la fragranza della speranza e l’audacia del futuro e si percepisce lontano da quella inutile corsa sul posto da cui siamo circondati. Il linguaggio a tratti è poetico “ C’è bisogno di gesti fisici, di e- spressioni del volto, di silenzi, di linguaggio corporeo, e persino di profumo, tremito delle mani, rossore, sudore, perché tutto ciò parla e fa parte della comunicazione umana” e il “noi” appare in ogni rigo. Quel noi che la pandemia avrebbe dovuto farci recuperare insieme a una grammatica delle relazioni che ci insegna che niente e nessuno può prescindere da ciò che lo circonda.

“Da soli si rischia di avere dei miraggi, per cui vedi quello che non c’è; i sogni si costruiscono insieme”. Non capitan Drogo chiuso nella Fortezza Bastiani, dunque, ma Colombo che guarda lontano e vince grazie alla sinergia di tutta la sua nave.

E l’approdo che si intuisce essere il più urgente da raggiungere per Bergoglio è quello dell’integrazione: “Non è possibile accontentarsi di quello che si è già ottenuto nel passato e fermarsi, e goderlo come se tale situazione ci facesse ignorare che molti nostri fratelli soffrono ancora situazioni di ingiustizia che ci interpellano tutti”. E ripropone, ampliandone il significato, la parabola del buon Samaritano che viene mostrata non solo come esempio di “non possiamo lasciare che qualcuno rimanga ai margini della vita” . ma anche come paradigma di “costruzione di un nuovo legame sociale” e di un futuro realizzabile: non solo il soccorso immediato, ma il coinvolgimento del locandiere. Alcune affermazioni introducono al cuore dell’enciclica : “l’inclusione o l’esclusione di chi soffre lungo la strada definisce tutti i progetti economici, politici, sociali e religiosi.” Quindi non parla solo agli individui e alle comunità, parla agli Stati.

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Di certo, questa, è una richiesta di riconoscimento di responsabilità da parte della politica nazionale e internazionale, è un mettere al centro quel principio di destinazione universale dei beni (di cui ha già parlato nella Laudato sii, in relazione all’ambiente) che rende concrete le idee di fraternità e di uguaglianza, a parer mio. Tutto è di tutti, sembra dire continuamente il Papa. Dunque mette in prima linea la questione frontiere, frutto di decisioni umane, sottolineando con forza che ogni nazione appartiene anche allo “straniero”. Credo che nessuna legge di nessun paese occidentale sia tanto precisa e lungimirante nell’affrontare e proporre un metodo per l’integrazione del migrante così come fa il papa e trovo che questo concetto di appartenenza del genere umano alla Terra tutta, sia quella globalizzazione buona che non è mai arrivata. Ma se la Terra è di tutti, e quindi ogni Nazione è di tutti, siamo naturalmente cittadini del Paese in cui viviamo e lavoriamo. Allora quei pezzi di carta che ce lo certificano devono servire a dare voce a chi viene accolto e rendere responsabile chi accoglie, non a dare visibilità sociale.

E la proprietà privata quanto è privata, visto che quel principio ci rende tutti solo fruitori delle risorse? Bergoglio non la demonizza, ma ne parla come un diritto non primario gravato da una sorta di ipoteca sociale che deve avere, quindi, uno sguardo verso il bene comune e insieme stigmatizza un atteggiamento ormai incarnito delle società opulente: «oggetto di scarto non sono solo il cibo o i beni superflui, ma spesso gli stessi esseri umani”. Il mondo è di tutti, ripete, e tutti devono disporre delle sue risorse, perciò è necessario lottare contro le cause sociali dello scarto e costruire insieme quel sogno che si chiama lavoro per tutti, perché solo così i poveri, gli “stranieri”, i migranti possono diventare protagonisti della loro personale possibilità di sviluppo integrale. Gli Stati, dunque, devono permettere che ogni persona fiorisca insieme alla propria famiglia e alla propria collettività . Già, ma come

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fare? Chirurgico e lineare Francesco individua il bersaglio da colpire nella riduzione del costo del lavoro che, sostiene, è la causa del lavoro povero, quello che viene mal retribuito e che non rispetta un salario minimo legale. Pertanto è contro le cause sociali dello scarto che bisogna intervenire e i manager delle imprese devono prioritariamente creare lavoro, dialogando con la classe politica. Da noi in Italia sarebbe faticosissima questa interlocuzione, visto che l’impressione che si ha è quella di una governance acefala a tutti i livelli, di fatto incapace, soprattutto in questo periodo pandemico, a prendere decisioni. Però il papa parla per il mondo, la sua visione è ad ampio respiro e, quindi, si può pensare che sia più benevola. Invece si legge con grande sconforto: “La politica così non è più una sana discussione su progetti a lungo termine per lo sviluppo di tutti e del bene comune, bensì solo ricette effimere di marketing che trovano nella distruzione dell’altro la risorsa più efficace” e, ancora: “Per molti la politica oggi è una brutta parola, e non si può i- gnorare che dietro questo fatto ci sono spesso gli errori, la corruzione, l’inefficienza di alcuni politici. A ciò si aggiungono le strategie che mirano a indebolirla, a sostituirla con l’economia o a dominarla con qualche ideologia. E tuttavia, può funzionare il mondo senza politica? Può trovare una via efficace verso la fraternità universale e la pace sociale senza una buona politica?»

La “ buona politica”. Un vuoto che definire tale vuol dire essere pietosi. Giacché un vuoto fa sperare che il contenitore possa essere riempito, che ci sia qualcuno disposto a colmarlo con determinazione e, soprattutto, con la sicurezza del gesto. Certamente quello del papa non è un programma politico, ma la valenza politica, di buona politica, del discorso è indubbia.

Devo dire che la sua speranza nella possibilità del successo intenerisce, la certezza che esistano gli “eroi del futuro”, i “poeti sociali” che in maniera anche creativa

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sappiano essere “ costruttori di un nuovo legame sociale” commuove.

Verrebbe da chiedersi come si possa proporre il concetto di fraternità a chi urla sempre, a chi crea sempre contrapposizione amico nemico, a chi mette enfasi sulla parola popolo fino a farne una finzione pericolosa, a chi individua sempre nemici e lotta per annientarli, a chi disprezza i deboli o in forma populista o in quella liberista, a chi svuota di significato parole come democrazia, libertà, giustizia, unità.

Eppure per Francesco, nonostante tutto, è possibile, perché esistono quelli che lui chiama “ spiriti liberi”, quelli che credono al valore dell’altro all’incontro, all’ascolto. E chi non può decidere per interi popoli e non può fabbricare opportunità, come c’entra?

“Ci chineremo per toccare e curare le ferite degli altri? Ci chineremo per caricarci sulle spalle gli uni gli altri?”

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