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Il governo dei migliori?

Il governo dei migliori?

Aldo AVALLONE

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L’editoriale del Direttore

Il governo dei “migliori” dopo appena due mesi dall’insediamento appare già in difficoltà. Nato con due obiettivi prioritari – redigere il Recovery plan e far partire a pieno regime la campagna vaccinale – oggi è sostanzialmente fermo al palo su entrambi. La scadenza del 30 aprile, data entro cui bisognerà inviare il Piano all’Europa, si avvicina e di fatto non si sa ancora nulla sui progetti sui quali l’Italia intende investire i circa duecento miliardi del Recovery fund. Il rapporto con gli enti locali è molto conflittuale e dalle regioni stanno giungendo all’esecutivo soprattutto richieste rivendicative e prive di quello spirito di collaborazione che sarebbe assolutamente necessario in questa fase. All’orizzonte si profila l’ennesimo scontro tra centro e periferia su chi dovrà gestire il flusso di denari che arriverà dall’Europa e il rischio di una spesa poco efficace appare concreto. È proprio di questi ultimi giorni la denuncia da parte della Rete italiana Pace e Disarmo che stigmatizza la raccomandazione del Parlamento al governo per destinare una parte dei fondi, ben ventisette miliardi di euro, alla spesa militare per l’acquisto di nuove armi.

È evidente che, se dovesse concretizzarsi questa proposta, sarebbero tagliate risorse ad altri settori più importanti.

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La campagna vaccinale, dal cui successo dipende il contenimento dell’epidemia e, di conseguenza, l’allentamento delle necessarie chiusure per poi far ripartire l’economia, è in pieno caos. L’obiettivo del generale con la piuma sul cappello di arrivare a cinquecentomila vaccinazioni al giorno è lontano anni luce nonostante il suo vorticoso girovagare tra le regioni promettendo l’arrivo imminente di dosi reali sui contratti ma immaginarie nella realtà. La confusione informativa sul vaccino Astrazeneca, dapprima da somministrare solo al di sotto dei cinquantacinque anni in quanto non efficace sulla popolazione anziana, poi al di sopra dei sessanta per evitare il rischio, remotissimo, di trombosi, l’incertezza sulla seconda dose che dovrebbe essere somministrata tra qualche settimana a chi ha già fatto la prima, evidenzia un limite grande nella catena decisionale e una mancanza di trasparenza che rischia di minare la fiducia dei cittadini nel piano vaccinale. Ora si sta provando a porre rimedio attraverso informazioni rassicuranti ma il danno è già stato ampiamente compiuto.

Intanto il Paese è una polveriera pronta ad esplodere. Le giuste rivendicazioni delle categorie più penalizzate dalle chiusure delle attività commerciali sono giunte in piazza. Certo, vi sono state strumentalizzazioni da parte della destra e la presenza di violenti attivisti fascisti è da condannare senza indecisioni ma il problema lavorativo di una parte considerevole di cittadini non può essere ancora ignorato. I “sostegni” approvati dal governo non sono sufficienti e arrivano a destinazione con ancora maggiore ritardo dei “ristori” dell’esecutivo precedente. A dimostrazione che non basta cambiare un termine per poter rendere miracolosamente rapide delle procedure complesse che hanno bisogno di tempo per essere davvero efficaci. E il 30 giugno dovrebbe scadere il blocco dei licenziamenti. Confindustria sta già operando un forte pressing affinché la misura non venga prorogata. Gli industriali vogliono avere mano libera per le loro ristrutturazioni aziendali. Ecco, questo è un passaggio decisivo sul quale le forze progressiste che appoggiano questo governo devono assolutamente impegnarsi perché il blocco venga prorogato finché sarà necessario. Si sono già persi troppi posti di lavoro e la crisi economica non deve essere pagata dai lavoratori. Se servono ulteriori risorse vengano prelevate dove la ricchezza c’è. Dopo la Banca d’Italia e la Corte dei Conti, anche il Fondo Monetario Internazionale suggerisce per uscire dalla crisi post pandemia “un contributo temporaneo di recupero su redditi elevati o ricchezza”. Davvero un bel

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giro di parole per non dire Patrimoniale. In questo ultimo anno le diseguaglianze tra ricchi e poveri sono cresciute e mai come ora occorre un intervento fiscale che permetta la redistribuzione della ricchezza in maniera più equa. Non bisogna avere timore nell’affrontare questo tema e ci aspettiamo un impegno rilevante in sede governativa e parlamentare da parte dei partiti di sinistra.

Ma al di là dello sguardo su quanto sta avvenendo nel Paese, mi preme una riflessione finale su quanto accade nel mondo politico. Non si può tralasciare la nascita di fatto del Neo-Movimento guidato da Giuseppe Conte. Un evento, forse passato alquanto sottotraccia nell’informazione nazionale, ma che avrà grossa rilevanza nei prossimi mesi e anni. In diretta streaming davanti all’assemblea dei portavoce, in un intervento di appena un’ora, l’ex primo ministro ha seppellito definitivamente il vecchio Movimento 5 Stelle attraverso una rifondazione profonda che passa soprattutto su due punti chiave, finalmente messi da parte: l’uno vale uno e la democrazia digitale della piattaforma Rousseau. Conte ha detto testualmente che “la democrazia digitale non è neutra” e per questo serve “la massima trasparenza e chiarezza sul processo dei dati”. Che la capacità dovrà affiancare l’uno vale uno ed è un passo in avanti fondamentale per superare il populismo urlato che è stato il distintivo del primo M5S.

Sarà certamente un processo lungo e non privo di difficoltà.

Le vecchie incrostazioni saranno dure da ripulire e, soprattutto, da far accettare a una base troppo frastagliata ideologicamente.

Eppure, da sinistra bisogna guardare con estrema attenzione al percorso del Neo Movimento.

Senza aperture di credito gratuite ma nemmeno preclusioni pregiudiziali.

I valori che Conte intende mettere al centro dell’azione politica del nuovo M5S sono assolutamente condivisibili: etica pubblica e onestà, innanzitutto, ma anche giustizia, lotta alla mafia e, naturalmente, transizione ecologica.

Se alle parole seguiranno i fatti, il Neo Movimento potrà a tutti gli effetti far parte di quella alleanza strategica tra tutte le forze progressiste che dovrà contrastare la destra alle prossime elezioni.

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