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Politologia
Marx e il denaro
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Giovan Giuseppe MENNELLA
Ha ancora senso parlare di Karl Marx, oggi?
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Noi pensiamo che la risposta sia: assolutamente sì. In un mondo in cui crescono a dismisura le diseguaglianze e la ricchezza è sempre più concentrata in poche mani, dove i lavoratori hanno sempre meno tutele e le parole “giustizia sociale” sono state pressocché cancellate dal lessico politico, sì, noi pensiamo che ancora più di prima sia necessario parlare di Karl Marx.
E scoprirlo in vesti inedite, nella parte più intima e personale, al di là della immensa bibliografia che esiste su di lui e sulla sua opera, rappresenta davvero una sorpresa interessante.
Che rapporto aveva il maggior critico del capitalismo nei confronti del denaro?
È questo il punto centrale su cui ruota il documentatissimo saggio di Nicola De Ianni, già professore associato di Storia economica presso l’Università Federico II, intitolato appunto “Marx e il denaro. 1835-1883”, edito da Rubbettino.
È uno dei paradossi della storia e del pensiero che il filosofo che voleva liberare l’umanità dalla schiavitù del denaro e del capitalismo, sia stato tormentato a lungo nella vita di relazione dalla ricerca affannosa di soldi, chiedendo continuamente l’aiuto finanziario di amici, parenti, compagni di partito, editori.
Ma il paradosso, forse, è solo apparente. La cronica mancanza di mezzi finanziari nell’esistenza di Marx potrebbe essere stata proprio una conseguenza pratica del suo sforzo teoretico volto a convincere i lettori a non conferire eccessiva importanza all’affannosa ricerca della sicurezza economica.
Il saggio del professor De Ianni, scavando in una amplissima messe di lettere e documentazione, aiuta anche a capire che il pensiero marxiano si orientò a considerare la sopravvalutazione del danaro come forza principale di cambiamento, capace
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di rovesciare, di per sé, i rapporti sociali, quasi una parafrasi del canto infernale delle streghe del Macbeth.
Il libro fa balzare viva agli occhi del lettore anche la minuta cronaca delle peripezie familiari e amicali del filosofo di Treviri. I viaggi, le proteste accorate, le indignazioni, l’emissione di cambiali, le richieste di denaro a Engels, ai familiari, agli amici e anche ai nemici, agli editori, i rapporti ora teneri, ora preoccupati, ora poco commendevoli con la famiglia, tra cui spicca la figura bellissima, innamorata ma indipendente della moglie Jenny.
C’è qualcosa che ricorda i rapporti personali complicati e perigliosi di un altro grande, Alessandro Manzoni, come descritti con messe di documenti e di chiose a latere da Natalia Ginzburg ne “La famiglia Manzoni”.
Un cattolico credente e un rivoluzionario ateo, accomunati da una biografia problematica e contraddittoria sul piano psicologico.
Abbiamo provato ad approfondire alcune tematiche specifiche del saggio con il professor De Ianni.
Marx è considerato unanimamente quale il maggior teorico del cambiamento sociale, anche in forma rivoluzionaria. Ma si può definire un rivoluzionario anche nei rapporti personali e familiari?
Certamente sì. Era una mente aperta, molto rigoroso nel metodo e selettivo nei rapporti umani: guardava avanti. Superata la fase rivoluzionaria del ’48, dagli anni Cinquanta a Londra, dove emigrò, organizzò una vita di studio finalizzata in massima parte alla analisi della società capitalista. Il suo impegno fu spesso distolto dalle necessità materiali per il sostentamento della sua famiglia. Gli articoli che scriveva come corrispondente per la “New York Tribune”, il più diffuso quotidiano a-
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mericano del periodo, non gli garantivano compensi sufficienti. Anche nei rapporti personali, può essere definito un rivoluzionario, sempre pronto a fornire prove di generosità, nonostante le ristrettezze economiche in cui versava e che si fecero addirittura drammatiche dal 1863 quando si interruppe la collaborazione con la “New York Tribune”. Comunque, la sua casa rimase sempre a disposizione di amici e compagni. Il rapporto con Engels può definirsi speciale e straordinario, l’amicizia di una vita. Ebbe solo un momento di vera crisi nel gennaio del 1863 quando Marx di fronte alla notizia della improvvisa morte della compagna dell’amico, Mary, scrisse una assurda lettera egoista ed egocentrica dove dopo qualche distratta parola di circostanza infierì con i suoi soliti problemi di denaro. Engels rispose assai freddamente, criticandolo per aver fatto prevalere il suo “gelido modo di pensare”. Marx si scusò per aver scritto quella lettera e disse di essersene pentito appena l’ebbe spedita. Ma ci teneva a dire che in nessun caso era dovuta a “mancanza di cuore”, ma soltanto a pressioni esterne. Engels apprezzò la sincerità ed accettò le scuse. “E sono lieto -scrisse- di non aver perduto con Mary anche il mio più vecchio e migliore amico”.
Nei rapporti familiari Marx era un marito innamorato e un padre affettuoso ed attento. Ancora nel dicembre 1863 scrisse alla moglie dalla Germania dove si era recato per la morte della madre, una tenerissima lettera in cui diceva di essere andato in pellegrinaggio alla vecchia casa dei Westphalen poiché gli ricordava l’epoca più felice della giovinezza che custodiva il suo più grande tesoro. Ed aggiungeva: “Non passa giorno senza che mi chiedano da destra e da sinistra notizie di quella che una volta era la più bella fanciulla di Treviri e delle regna del ballo. Per un marito è una cosa maledettamente gradevole che sua moglie contini a vivere nella fantasia di una città intera come una principessa incantata”.
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Marx voleva che le tre figlie fossero felici e sindacò più di una volta sulla scelta dei loro compagni. Proverbiale la lettera scritta a Paul Lafarge fidanzato di Laura nell’agosto del 1866 in cui chiedeva che fosse chiarita la sua posizione economica prima di dare il suo assenso al fidanzamento. “Della sua famiglia – scriveva Marx – io non so assolutamente nulla (…) Del resto, Lei che si dichiara realista, non potrà attendersi che io mi comporti come un idealista per quanto riguarda l’avvenire di mia figlia: un uomo positivo come Lei, che vorrebbe abolire la poesia, non vorrà fare della poesia a spese di mia figlia”. Spesso lamentò il fatto che Longuet, il marito della sua prima figlia, Jenny, avesse un atteggiamento egoistico e fece tutto il possibile, salvo quasi a pentirsene in diverse lettere sfogo con Engels, per impedire che Eleanor (Tussy), l’ultima figlia sposasse il giornalista e scrittore comunardo Prosper Olivier Lissagaray perché, nel 1873, aveva quasi il doppio dei suoi anni.
Comunque, è certo che Marx visse più di una contraddizione per la scelta di dare alle figlie una educazione borghese.
Nelle pagine del libro viene raccontata la sua esperienza di collaboratore di vari giornali e riviste, in particola la Neue Oder Zeitung. Lo si può definire come un grande giornalista, oltre che un grande pensatore?
Oltre che un infaticabile e grandissimo studioso fu anche sicuramente un ottimo giornalista perché aggiunse al mestiere il suo rigore scientifico. Inoltre, aveva il gusto della polemica ed una insospettata vena di ironia che lo rendeva di godibilissima lettura. Oltre che negli articoli apparsi sulla “Tribune”, Marx aveva già scritto nel 1847 in francese Miseria della filosofia contro il saggio di Proudhon, Filosofia della miseria e nel 1848, con Engels, Il Manifesto del Partito Comunista. Nel 1852 scrisse Il 18 Brumaio di Luigi Bonaparte in cui analizzò il colpo di stato di Napoleone III del 1851. Nel 1852 scrisse il pamplet I grandi uomini dell’esilio e nello
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stesso anno il saggio Rivelazioni sul processo dei comunisti a Colonia. Nel 1853 Il cavaliere della magnanima coscienza opuscolo polemico contro l’avversario, August Willich e infine nel dicembre 1860, Herr Vogt, un altro dei “somari dell’emigrazione”. Sono tutte pubblicazioni che esaltano lo spirito di giornalista polemista di Marx.
Di cosa trattavano i numerosi articoli che scrisse per la statunitense Tribune e per l’Enciclopedia del giornalista Dana, o per lo più fece scrivere a Friedrich Engels, definiti come “di carattere militare”?
Per l’enciclopedia divise il compito con Engels. Si trattava più che altro di voci di un dizionario in ordine alfabetico. Le voci di carattere militare furono tutte scritte da Engels che era un vero esperto in materia. Molto più interessanti, articolati e vari i temi sulla “Tribune”. Marx cominciò con una serie di 19 articoli sul 1848 in Germania, per il quale ricorse quasi esclusivamente all’aiuto di Engels. Poi, dal 1852, si soffermò essenzialmente sulla politica inglese, in effetti era un corrispondente da Londra, scrivendo di politica ed economia. Passò in rassegna, nei circa 12 anni di collaborazione, dal 1851 al 1863, in rassegna la politica dei principali leaders da Peel a Russel, da Aberdeen a Palmestron, da Smith a Disraeli ed esaminò i principali temi industriali, commerciali e finanziari. Ad esempio, su Lord Palmestron scrisse una serie di articoli che riscossero un grande successo tanto da essere pubblicati in opuscolo.
Dopo aver letto il saggio che descrive minuziosamente le difficoltà economiche di Marx, viene immediato chiedersi se sarebbe stato ugualmente un grande pensatore se fosse stato oculato nell’amministrazione del denaro. O, meglio, se avesse intrapreso una regolare carriera accademica ben stipendiata, come avrebbe voluto il padre.
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Per atteggiamento ed impostazione di vita non avrebbe mai potuto essere un oculato amministratore delle proprie risorse finanziarie. Sin da ragazzo quando era studente a Bonn e Berlino si dimostrò del tutto incapace di redigere un bilancio delle sue spese come il padre gli chiedeva. Spendeva sempre di più di quanto aveva. Quel che sorprende è che ciò avveniva indipendentemente dalla quantità delle risorse di cui disponeva. In quegli anni dilapidò tutta la parte di eredità paterna che a malincuore la madre gli concesse e contribuì con la moglie Jenny a fare altrettanto delle risorse della famiglia di lei cioè del barone e della baronessa Von Westfalen. Questa è la fase giovanile e dura fino al 1849. Nel libro l’ho definita della sufficienza poiché tale era l’atteggiamento nei confronti del denaro. Seguì poi la fase della sofferenza, dalla fine del 1849, che durò per circa vent’anni in cui la spirale dei debiti, nonostante l’aiuto concreto dell’amico Engels, era tale da rendere impossibile una vita normale. Tra il 1863 e il 1864 Marx ebbe il resto dell’eredità materna e ed un‘altra dal suo compagno Lupus per un totale di 1400 sterline. Si trattava di una grossa cifra con la quale avrebbe potuto viver e tranquillamente per 4 o 5 anni. Invece tra restituzione di debiti, spese per la casa ed altre varie, dopo pochi mesi si trovò ancora nelle condizioni di chiedere qualche sterlina a Engels. Infine, Marx raggiunse l’equilibrio soltanto nel 1869, quando Engels, ottenuta la liquidazione della partecipazione nell’azienda di famiglia in cui aveva lavorato per vent’anni, si offrì di pagargli tutti i debiti e di garantirgli un appannaggio annuale, che poi, diventerà un vitalizio.
Gli ultimi anni furono i più difficili per le condizioni di salute di Marx che cominciarono progressivamente a peggiorare.
Ad Engels restò il compito di curare l’eredità scientifica dell’amico e di provvedere alla pubblicazione postuma dei successivi due volumi del Capitale.
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