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A Casteldilago l’albergo diffuso nel borgo sospeso

Turismo

A Casteldilago l’albergo diffuso nel borgo sospeso

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Veronica D’ANGELO

Non sapevo cosa fosse un albergo diffuso fino all’estate scorsa, quando appena u- sciti dal maledetto lockdown, con la voglia di ricominciare a muoversi e a viaggiare, ma ancora con il timore di ritrovarsi in luoghi affollati, con un’amica decidiamo di concederci qualche giorno di vacanza in Umbria e prenotiamo presso un albergo diffuso a circa cinque chilometri dalle cascate delle Marmore, il “Borgo San Valentino”.

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L’albergo diffuso è una modalità di ospitalità turistica nata recentemente per ripopolare le case vuote danneggiate dal terremoto del 1976 in Friuli, basata sul recupero e la ristrutturazione di case abbandonate, generalmente preesistenti e vicine tra loro, sparse in un borgo antico o un villaggio rurale.

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Come un albergo tradizionale, però, i vari edifici hanno una gestione centralizzata che si occupa del ricevimento e dell’accoglienza, e servizi comuni per tutti gli o- spiti, dislocati in altri spazi all’interno di un’area omogenea predefinita.

Il “Borgo San Valentino” si trova a Casteldilago, un piccolo e caratteristico borgo medievale immerso nel cuore della Valnerina, incluso tra i borghi più belli d’Italia, che sorge su uno sperone roccioso dove un tempo dovevano esserci un castello e un lago di cui non c’è più traccia.

All’arrivo veniamo accolti in un bell’edificio in pietra, sede del ristorante “Osteria dello sportello”, dove ho prenotato anche la cena, e scopro che è anche il luogo deputato alla nostra prima colazione. Giuseppe, uno dei titolari, ci aspetta lì e dopo aver completato le formalità burocratiche ci accompagna a piedi al nostro alloggio, un centinaio di metri più su, aiutandoci con i bagagli.

Mentre saliamo per ripide stradine acciottolate, tra gli sguardi di anziani curiosi, Giuseppe ci racconta di come lui e i suoi due cugini, originari del posto, cominciarono ad acquistare e ristrutturare le case abbandonate di Casteldilago, rispettando la struttura in pietra degli edifici e mantenendo gli interni rustici di un tempo, con l'intento di rivitalizzare il paese e contribuire allo sviluppo turistico.

Il nostro appartamento è in cima alla cinta muraria che un tempo difendeva la città, proprio accanto alla piccola Chiesa di San Valentino, in cui sono stati restaurati alcuni affreschi del Cinquecento. In paese c’è anche un museo della ceramica, che contiene maioliche di ottima fattura ritrovate in una antica cisterna durante la ristrutturazione di un edificio, catalogate e in parte restaurate da Sir Timothy Clifford, storico dell’arte ed ex direttore della Galleria Nazionale di Scozia, che inna-

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morato di Casteldilago vi acquistò una dimora dove tuttora vive per alcuni mesidell’anno.

Dopo un tuffo in piscina, per il quale dobbiamo riscendere a valle del borgo, ci avviamo al ristorante per la cena, attraversando le viuzze del paesino e il vociare sommesso degli abitanti del luogo, ormai abituati alle incursioni di turisti che per qualche notte diventano vicini di casa. L’Osteria dello Sportello è l’unico ristorante del borgo. Inserito all’interno dell’antico palazzo nobiliare del paese, probabilmente una residenza estiva dei duchi di Spoleto, è stato magnificamente restaurato ed arredato. Con le sue splendide travi a vista e i muri in pietra, ha la stessa languida atmosfera che pervade il borgo medievale.

Ci sediamo sulla piccola terrazza, con vista sulla valle del Nera, e ci godiamo il tramonto, gli ottimi vini della regione e la cena, un vero tripudio di sapori locali: dalla norcineria alle minestre contadine, dalla pasta fatta a mano ai piatti a base di tartufo. Tutto in questo posto sembra aver conservato le tradizioni e la cultura del passato.

Casteldilago, infatti, sembra un borgo sospeso nel tempo, dove la calma e la quiete che si respirano non sono quelle dei paesini abbandonati, ma quelle tipiche dei luoghi abituati al vivere lento, dove gli abitanti hanno la cordialità delle famiglie imparentate tra loro, tanto che un pranzo familiare può tenersi anche apparecchiando una lunga tavolata lungo la stradina che unisce due case.

E la sensazione diversa che si ha alloggiando in questo posto, mentre si attraversano i vicoletti alla ricerca della sala colazione o della piscina, è di essere ospiti non

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di una struttura alberghiera, ma di tutta la comunità, rendendo la permanenza in questo borgo una esperienza culturale più che turistica.

Non so se tutti gli alberghi diffusi possono vantare questa stessa atmosfera magica, ma non mi meraviglia che uno scozzese come Sir Timothy Clifford, abituato ad essere circondato dalla storia e dall’arte, sia rimasto affascinato da Casteldilago e non lo abbia lasciato più.

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