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Selfie di fine anno
Racconto
Selfie di fine anno
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Lucia COLARIETI
Siamo a fine anno; non la fine del calendario che viene a dicembre e festeggeremo con veglioni e botti, quest’anno sperando di non dover contare il numero degli invitati e potendoci stringere forte, ma parlo dell’arrivo dei mesi estivi, che, ognuno di noi dell’emisfero boreale, tende a considerare come una chiusura.
Per questo ho deciso di proporre una galleria di selfie, o autoritratti come si chiamavano una volta ma così non avrebbero lo stesso impatto.
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Mi sono detta che avrei potuto scattare alcuni primi piani e mostrarmi ai lettori che non mi conoscono, mi riferisco a quei due o tre che non sono miei amici e che mi leggono, poi magari mi diranno loro perché.
Insomma, una bella galleria di immagini del mio viso in luoghi affascinanti, un sorriso, uno sguardo e nessuna fatica per mettere una dietro l’altra parole con un senso, nessuno sforzo di articolare un concetto o veicolare un significato attraverso la nostra bella lingua italiana.
Magari avrei potuto aggiungere qualche effetto speciale, un magnifico primo piano della mia colazione e poi del bicchiere di acqua che bevo ogni mattina o anche delle dieci mandorle che prendo come spuntino. Sono certa che i lettori avrebbero afferrato subito il senso di ogni immagine senza dover stancarsi a leggere.
Quindi con puntiglioso impegno ho preso il cellulare, l’ho impostato sulla camera e ho utilizzato quelle freccette che consentono di girare l’obiettivo su di me, perché scattare foto rivolgendomi il dorso del cellulare mentre cerco di pigiare il tasto della foto sarebbe stato troppo difficile.
Lo sapevo già che i selfie non sono il mio forte ma ero certa che ci sarei riuscita. Dopo qualche ritratto al pavimento, mentre scoprivo che la fotocamera scatta anche se solo tocchi lo schermo, ho provato a riprendermi in uno specchio, ma il cellulare davanti alla faccia non veniva granché, poi ho provato dal basso e il soffitto era uguale a qualunque altro soffitto, ho alzato lo sguardo come insegnano i giovani, la faccia seria non si addiceva allo scatto, mi sentivo molto cretina a ridere da sola davanti ad uno smartphone, ho abbozzato qualche sorriso, con i denti, senza denti, più lontano, più vicino, da destra, da sinistra, forse obliquo viene meglio, sono uscita sul balcone e mi sentivo addosso gli occhi indagatori delle vicine.
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Comunque, cari amici lettori - meglio mettervi tutti insieme perché non so quanti lettori ci sono oltre agli amici - niente da fare.
Guardando la galleria che ho sul cellulare, dinanzi a pavimenti, soffitti, pezzi di specchi, nasi, gonfiori, rughe, occhi a pesce lesso, denti in primo piano, smorfie, occhiaie e altre amenità varie, sono stata colta da un attacco di risate, per cui per chiudere questo anno passato e salutarci vi dovete accontentare dello strumento che padroneggio meglio: le parole.
Questa sono io: ad ogni numero alle prese con un nuovo titolo.
Ogni racconto nasce da una riflessione interiore, da uno scavare dentro me stessa fino a veder fiorire il nucleo di una storia che chiede di essere raccontata.
Una sfida esaltante e stimolante nel trovare il tono, lo stile, il ritmo, nel tagliare e limare, correggere e integrare fino a quando le parole sembrano essere esattamente al loro posto, nella posa giusta per sorridere all’obiettivo.
Poi il racconto viene pubblicato e so che ognuno farà sue quelle parole, le specchierà nella propria vita e nel proprio lessico, talvolta lasciandole scorrere come nulla fosse talaltra accorgendosi che proprio quella frase sembra scritta per sé stessi.
Scrivere e leggere: una magnifica avventura che richiede la risorsa più preziosa: il tempo.
Io voglio continuare a viverla, magari insieme a quei due o tre che mi leggono oltre i miei amici.
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