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Frontiere di frontiera: quando un confine (mai varcato prima) dividerà il presente dal futuro
Politica
Frontiere di frontiera: quando un confine (mai varcato prima) dividerà il presente dal futuro
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Giovanni AIELLO
Ostacoli da superare
È sempre il solito confine. Può presentarsi con l’aspetto di un filare di alberi, di un fiume di campagna o di un filo spinato. Può trattarsi di un posto di blocco doganale o di una gigantesca parete che attraversa il deserto. O ancora, può essere una motovedetta a presidio delle acque territoriali, un volo aereo che forse ti metterà in salvo, ma anche un visto d’ingresso che non arriva mai, o una legge che impedisce ai cittadini di lasciare il proprio paese e perfino una pandemia che impedisce a tutti noi di uscire di casa. Ma a ben vedere, che differenza può mai fare quale sia l’aspetto di un confine, quando la nostra vita potrebbe dipendere semplicemente dal versante in cui siamo nati?
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Ed infatti quella differenza dobbiamo essere noi a farla (a patto di averne l’occasione), muovendoci proprio negli spazi che si trovano in prossimità di quei confini, dei valichi e delle svolte decisive; ovvero nelle cosiddette terre di frontiera. Luoghi in cui la condizione delle persone spesso cambia in base alle loro ragioni, alle loro storie e alla loro provenienza. Chi sei tu, un profugo o un fuoriuscito politico? Sei un cane da guardia o un trafficante? Sei un militare in divisa o un agente diplomatico in missione non ufficiale? Sei adulto o sei bambino, sei sano o sei malato? Sei pronto per una fuga o sei appena arrivato dopo un viaggio di mesi e mesi? Domande pericolose, perché nei luoghi di frontiera i rischi non si contano, e l’incertezza regna sovrana.
Dunque, non sarà un caso se, per proteggere gli imperi da invasioni e migrazioni, nel corso dei secoli siano sempre stati costruiti muri e barriere, prima con la pietra e poi con cemento e metallo. A cominciare dall’antico Vallo di Adriano e la Grande Muraglia Cinese, fino alle Peace Lines di Belfast in Irlanda del Nord o al checkpoint Alpha (oggi museo), situato tra Helmstedt e Marienborn, attraverso il quale dopo controlli interminabili si passava in auto dalla DDR alla Germania Ovest. Senza dimenticare il muro Israele-Palestina, quello Usa-Messico (“build that wall”, urlava Donald Trump in campagna elettorale) o anche quello che è stato denominato come “el muro della verguenza” (il muro della vergogna), che nella città di Lima, capitale del Perù, separa il ricchissimo quartiere Casuarinas dalla baraccopoli di San Juan de Miraflores. Il tutto mentre proprio in queste settimane si va completando in Grecia la realizzazione della barriera al confine con la Turchia, per respingere i profughi che presumibilmente giungeranno dall’Afghanistan.
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Rivoluzioni “di frontiera”
Eppure, non sempre c’è un ostacolo visibile a darci l’esatta percezione di trovarci in prossimità di un confine o di una soglia importante. Spesso infatti siamo alle prese con eventi la cui portata è ancora tutta da definire. Ne sono un esempio il coronavirus, la sfida energetica e soprattutto la crisi climatica. Qualcuno al riguardo sostiene che il punto di non ritorno (il cosiddetto climate tipping point) sia anch’esso un limite già bello che superato. Gli studiosi dell’Ipcc, il principale organismo internazionale di valutazione dei cambiamenti climatici (che unisce due organi delle Nazioni Unite: l’Organizzazione meteorologica mondiale e il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente), stanno preparando un dossier composto da più sezioni, le cui anticipazioni, pubblicate in queste settimane su varie testate internazionali, parlano di gravissime ripercussioni sulla vita di tutti noi nei prossimi 30 anni a causa dell’innalzamento delle temperature e della crisi degli ecosistemi. “…La nostra specie prospererà o semplicemente sopravviverà nel ventunesimo secolo” - si legge ad esempio su France 24 -, e ciò dipenderà dalla qualità e dalla tempestività con cui le decisioni verranno prese dai governi.
Ma questa consapevolezza deve necessariamente indurre una ulteriore e rapida riflessione, su quale ruolo vorremo avere noi (ovvero la “gente comune”, come alcuni amano definirci) in tutto ciò. Forse questa volta sentiremo l’esigenza concreta di abbattere, o almeno attenuare, quell’odioso confine fra governanti e governati (oltre il quale ce ne stiamo troppo spesso ignari, rassegnati e passivi), scegliendo e pretendendo di contribuire in modo sostanziale alle scelte che avranno ripercussioni gigantesche in un senso o nell’altro. Visto che, come già emerge dalle prime bozze del lavoro dell’Ipcc, saranno proprio le classi meno colpevoli del riscaldamento globale a pagarne, per amaro paradosso, le conseguenze più dure.
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Sarebbe irresponsabile dunque tirarci fuori. E anzi, in tutte le composizioni sociali, oltre che come singoli, dovremo probabilmente sperimentare forme di partecipazione attiva che somigliano molto a delle frontiere da conquistare. Facciamo nostri quindi i cinque punti individuati da Ion Karagounis, responsabile dei nuovi modelli economici e delle questioni relative al futuro presso WWF Svizzera, per realizzare un sistema economico sostenibile: “1 - Stabilire obiettivi chiari, 2 - L'attuazione riguarda tutti noi, 3 - Stabilire degli incentivi, 4 - Unificare le regole a livello globale, 5. Anche i divieti possono essere utili (quando certe produzioni richiedono risorse ma non offrono vantaggi apprezzabili)”.
Stili di vita (in)sostenibili: ovvero la domanda di Lulù
Ma naturalmente nessun decalogo o proposito di eco-compatibilità potranno mai bastare da soli a risolvere le sfide che ci aspettano.
Prima, infatti, ci toccherà dare finalmente ascolto alla domanda di Lulù Massa, metalmeccanico interpretato da Gian Maria Volonté nel celebre film “La classe operaia va in paradiso”, il quale guardandosi attorno nel suo appartamento prende coscienza all’improvviso della quantità di cose costose e del tutto inutili che ha comprato nel tempo, e a quel punto si chiede: “Quattro sveglie! Ho quattro sveglie io, chissà perché?!”.
Un interrogativo, questo, che non possiamo più ignorare.
E se ci sarà o meno una vera transizione ecologica, ciò dipenderà interamente dalla nostra risposta!
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