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Viaggio a Palermo nei luoghi della memoria

Politica

Viaggio a Palermo nei luoghi della memoria

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Veronica D’ANGELO

Sono stata tante volte a Palermo, accompagnata anche da amici del posto, e pensavo di avere una buona idea della città sia dal punto di vista turistico che culturale. Ho visitato monumenti, più o meno conosciuti, esplorato le vie della città e i suoi mercati, vissuto le serate brulicanti di vita e di cibo, apprezzato l’accoglienza unica

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dei suoi abitanti. Ma a volte basta guardare le cose da un altro punto di vista per scoprirne aspetti nuovi e affascinanti.

Grazie ad un amico che studia l’argomento, stavolta ho dedicato il mio breve viaggio a Palermo alla visita di alcuni luoghi simbolo della lotta alla mafia, in una sorta di pellegrinaggio laico ai siti della memoria.

Tutto è nato con la proposta di fare “da scorta” all’albero della pace in via D’Amelio, una iniziativa del movimento “Agende rosse”, che opera affinché sia fatta piena luce sulla strage che il 19 luglio 1992 uccise il giudice Paolo Borsellino e cinque membri della sua scorta.

Nel punto in cui la bomba generò l’enorme cratere nell’asfalto, davanti il palazzo della madre del giudice, è stato piantato un ulivo, simbolo della pace, e qui volontari accorsi da tutta Italia hanno accolto l’appello di Salvatore Borsellino, fratello del magistrato ucciso, a partecipare al presidio giornaliero posto accanto all’albero e destinato quest’anno a durare quasi tre mesi, per mantenere viva la memoria degli accadimenti di quel giorno.

Arrivo infatti a Palermo a ridosso del 19 luglio e mi unisco al gruppo presente sul posto: pettorine rosse con i nomi dei deceduti, un libro di pensieri e disegni sul banchetto e tanta voglia di comunicare ai visitatori cosa successe quel giorno.

Tra i volontari conosco Pina Catalano, sorella dell’agente di scorta Agostino, che racconta commossa chi era il fratello e quanta dedizione avesse per il suo lavoro. E soprattutto c’è Salvatore Borsellino, ultimo sopravvissuto dei quattro fratelli della famiglia, a ripercorrere i momenti di quel giorno: il giudice sostava sotto il palazzo della madre, che doveva accompagnare a una visita medica, quando qualcuno azionò il comando che fece esplodere un’auto parcheggiata davanti al palazzo, in

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un’area in cui stranamente mancarono le più elementari misure di sicurezza. Pezzi degli uomini saltati in aria furono ritrovati qua e là nella strada e sui balconi dei palazzi circostanti, racconta Salvatore, che ancora si chiede dove sia finita quella maledetta agenda rossa, in cui Paolo Borsellino annotava nomi e colloqui investigativi, che sparì stranamente dalla borsa del magistrato trovata intatta dopo l’esplosione.

Nel corso della giornata tante persone in visita, famiglie con bambini, coppie in viaggio, passanti curiosi. E ogni volta qualcuno pronto a ricominciare da capo a raccontare la storia, gli aneddoti, la tragicità degli eventi. Ho visto lacrime di commozione, ancora dopo tanti anni.

Seguendo questo filo, abbiamo programmato le altre tappe del nostro viaggio alla ricerca dei luoghi che omaggiano gli eroi del nostro tempo, coloro che hanno combattuto la mafia e creduto nella Giustizia e nel senso più alto dello Stato.

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Il giorno successivo andiamo in cerca di via Isidoro Carini, dove nel 1982 il Generale Dalla Chiesa, inviato come Prefetto di Palermo per contrastare la mafia in un periodo di guerre intestine ed assassinii di uomini illustri, fu affiancato da una moto mentre era in auto con la moglie ed entrambi furono colpiti a morte da una raffica di mitragliatrice. Una targa enorme rende immediatamente possibile individuare il posto esatto dell’attentato.

Ci rechiamo poi in via Pipitone Federico, dove un’altra targa ricorda che lì, presso la sua abitazione, fu ucciso nel 1983, a soli cinquantotto anni, il magistrato Rocco Chinnici, capo dell'Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo, colui che per primo ebbe l’idea di creare un gruppo di lavoro dedicato alle indagini di mafia, dando forma a quello che sarà poi definito il “pool antimafia”. In quel gruppo c’erano due giovani magistrati: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

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I loro uffici presso il Palazzo di Giustizia, ricostruiti fedelmente con arredi, oggetti personali ed investigativi del tempo, sono diventati il Museo Falcone-Borsellino, che si può visitare gratuitamente.

Se si passa per via Emanuele Notarbartolo, dove abitava il giudice Falcone, un altro albero della memoria raccoglie i pensieri, i ricordi e la gratitudine nei confronti dell’altro magistrato ucciso con una bomba sull’autostrada per Palermo il 23 maggio 1992, mentre tornava dall’aeroporto con la moglie e gli agenti della scorta.

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Prendiamo anche noi l’autostrada A29 da Trapani a Palermo, per trovare, all'altezza dello svincolo per Capaci, la grande stele che ricorda i nomi dei morti di quest’altra strage, compiuta con una quantità enorme di esplosivo posto sotto la strada in un cunicolo di drenaggio. All’uscita, di fianco a quel cunicolo, adesso sorge un giardino con quei nomi tatuati nel pavimento. Fermarsi sulla strada all’altezza della stele e immaginare quello che successe all’epoca alle tre auto in transito dà un certo brivido.

La storia recente del capoluogo siculo è legata a doppio filo a questi eventi e ai loro protagonisti. Ricordi e memoriali dei due magistrati sono presenti ovunque in città. Se si visita la Chiesa di San Domenico, ad esempio, si può notare, in una cappella laterale, la tomba del giudice Falcone. Arrivando lì, troviamo una giovane ragazza inginocchiata a rendergli omaggio nel silenzio assoluto.

E anche la street art ricorda gli eroi dell’antimafia con murales che compaiono all’improvviso per le strade. Passeggiando alla Cala, il porto turistico di Palermo, ce n’è uno molto grande, che ritrae i due giudici insieme, con quell’aria complice così conosciuta. È stato disegnato sull’intero lato di un alto palazzo che guarda il centro, a voler sottolineare l’anima pulita della città, quella che prende le distanze dagli eventi mafiosi.

Una visita a Palermo oggi non sarebbe completa senza includere alcune di queste tappe collegate alla lotta alla mafia.

E poiché la mafia non si combatte solo nelle aule di giustizia, e non è solo ricordo di eventi tragici, il mio piccolo viaggio si è concluso alla Kalsa, il quartiere di nascita di Falcone e Borsellino, con la visita alla “Casa di Paolo”. Si tratta di un luogo di accoglienza e formazione, soprattutto informatica, per ragazzi svantaggiati,

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voluto fortemente dal fratello del giudice Borsellino per contribuire a ridurre le disuguaglianze sociali e combattere la mentalità mafiosa. In questi locali, dove un tempo c’era la farmacia di famiglia, tra foto d’epoca e computer, volontari lavorano ogni giorno per creare opportunità di studio e lavoro che possano sottrarre i ragazzi più poveri alle braccia perverse della mafia.

Perché, come diceva il giudice Falcone, “gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini”. E per fortuna Palermo, di questi uomini, è piena.

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