4 minute read

Non passi lo straniero

Next Article
BidibiBodibiBu

BidibiBodibiBu

Politica

Non passi lo straniero

Advertisement

Antonia SCIVITTARODedicato a Gino Strada

Trentadue anni fa cadeva il muro di Berlino, simbolo della Cortina di ferro, che divideva l’occidente capitalista dall’oriente socialista. E con esso, pochi anni dopo si sgretolava l’URSS portando con sé anche i paesi che un tempo erano stati sotto la propria egemonia. Questo repentino susseguirsi di eventi, che sconvolsero l’assetto politico dell’Europa e gli equilibri politici nel mondo, favorì l’instaurarsi di un unico paradigma, economico e sociale, quello vincente: ossia il liberismo.

Con la caduta del muro si inaugurò la globalizzazione, il fenomeno per cui il mercato e il consumo sono interconnessi al livello mondiale, e ciò significava: l’inizio dell’era dell’apertura delle frontiere, di un mondo unito, senza confini; ed è proprio sotto il segno di questo ottimismo che nel 1993 nasceva l’Unione Europea. Un’organizzazione con lo scopo dichiarato di unire i Paesi membri e, com’era stato stabilito nella sua Costituzione e in seguito ribadito dal trattato di Lisbona del 2009, avrebbe garantito protezione e asilo ai richiedenti di un qualunque paese terzo.

In un clima simile è alquanto paradossale scoprire che i muri, materiali e umani, negli ultimi trent’anni si sono triplicati, passando dall’essere meno di venti nel 1989 ai settanta attuali*. Dopo un’era di promesse e aspettative ci siamo scoperti vulnerabili e fragili nel nostro bisogno di appartenere ad un gruppo, che in questo caso è il Paese. Solo ora ci rendiamo conto quanto l’identità nazionale definiva

29

l’immagine che un individuo ha di sé stesso e quanto sia una componente che non si vuole abbandonare. La globalizzazione in questo senso ha solo accentuato il bisogno di sicurezza dato dalla logica del “noi” contro loro “loro” e con lo scemare di questa “differenza”, in un mondo senza frontiere in cui il concetto di identità si sta allargando fino ad includere il mondo, si è presentata la necessità di erigere un muro per evitare di perdere la concezione di sé stessi.

Lo scorporamento dell’immagine nazionale ha sicuramente la sua buona parte di responsabilità in questo fenomeno di chiusura, specialmente nell’influenza che questa insicurezza esercita nella politica interna di una nazione. Ed è su questa paura che le destre populiste spingono, promettendo una sicurezza di facciata: l’erezione di un muro.

Alla perdita identitaria si aggiunge un problema di cui, specialmente qui in Italia, si discute molto: l’immigrazione.

I muri eretti oggi non separano più il capitalismo dal socialismo, separano i ricchi dai poveri, poiché nel nostro nuovo mondo interconnesso questi ultimi rappresentano un fastidio da ignorare.

30

Negli ultimi anni i flussi migratori si sono intensificati a causa di vari regimi antidemocratici e conflitti che tutt’ora mietono vittime. In un Occidente già in crisi ideologica e metodica questa nuova emergenza è stata accolta con crescente angoscia e paura. L’esigenza di sicurezza e di tutela identitaria da parte della popolazione è stata recepita dai vari governi nazionali che niente di meglio hanno pensato di fare se non riproporre muri e barriere, nell’ottica di un rafforzamento dei confini.

È inutile dire che la costruzione di qualsivoglia muro è, di fatto assolutamente inutile per fermare i flussi migratori, come la storia ben ci insegna.

Le persone che fuggono da fame e devastazione troveranno sempre un modo per scavalcare un muro, e lo faranno mettendo in gioco quanto hanno di più caro.

Per coloro che scappano, oltre i confini dei loro Paesi c’è la possibilità di una vita nuova; significa lasciarsi alle spalle la povertà, la guerra, la fame, la violenza, per loro questo fievole barlume di speranza è qualcosa per cui vale la pena di rischiare.

Inoltre il “rafforzamento delle frontiere” causa un aumento delle vittime: prendiamo come esempio il caso del muro tra Grecia e Turchia (i lavori iniziarono nel 2012) e fra Ungheria e Serbia (2015) che ha ridotto significativamente il flusso migratorio passante per i Balcani, però ha costretto più persone ad optare per la rotta mediterranea, quella tra il Nord Africa e l’Italia, che essendo più lunga è di conseguenza più rischiosa e miete più vittime, come confermato dall’Oim (Organizzazione Internazionale per le migrazioni).

Un secondo caso analogo si può ritrovare con nell’iniziativa della Turchia di erigere un muro al confine con l’Iran per bloccare i flussi migratori provenienti

31

dall’Afghanistan, dopo la conquista della capitale, Kabul, da parte dei Talebani avvenuta il 15 agosto del 2021.

Attualmente ne sono stati completati 156 km al fronte dei 243 previsti dal progetto.

Questo purtroppo condannerà le persone che scappano dalla violenza e dai soprusi a scegliere vie più rischiose per arrivare in Occidente, finanche, come testimoniato da fotografie atroci ad aggrapparsi ad aerei in partenza.

L’immigrazione è sicuramente un’emergenza complicata e controversa da gestire a livello umano, economico e di risorse… ma se a fronteggiarlo fosse un’Europa salda, unita e fiduciosa sicuramente saremmo capaci di organizzarci e controllarlo meglio di quanto non facciamo attualmente in preda alla paura e al disprezzo.

La nostra identità di individui è veramente così fragile?

Davvero l’abolizione delle frontiere, l’abbattimento dei muri sono abbastanza da farci dimenticare chi siamo e da dove veniamo?

La paura del diverso è ovviamente insita nell’animo umano, ma la nostra determinazione dovrebbe perseguire il superamento delle nostre barriere mentali, dei nostri limiti dandoci la possibilità di riscoprici, reinventarci e di ritrovare noi stessi nell’altro.

*(fra Bulgaria e Turchia, Ungheria e Serbia, Austria e Slovenia, Messico e StatiUniti, Corea del Nord e Corea del sud, Turchia e Siria, tra Sudafrica e Mozambicoecc…)

32

This article is from: