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Lo zen o l’arte della manutenzione della sopravvivenza

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Lo zen o l’arte della manutenzione della sopravvivenza

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Antonella BUCCINI

Mi rivolgo alle signore. Alle signorine anche. Un appello alla prudenza, quanto mai necessario. State calme. Non vi innervosite per carità. Che poi il nervoso provoca stress e quindi un eccesso di cortisolo ecc. ecc. Ma non voglio divagare. Non siate esasperanti e tantomeno aggressive perché se qualcuno alla fine va fuori di testa o è obnubilato e vi urla “guarda che cosa mi fai fare” non vi dovete lamentare o correre da mamma e papà o peggio ancora dai carabinieri. Vi

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suggerisco una pratica contenitiva, che so, il pranayama, respiri profondi al primo schiaffo o parolaccia e magari anche una mezz’ora di yoga dolce.

Aiuta.

Per fronteggiare un’imprevista imboscata, la posizione del loto, se riuscite a conservarla.

E comunque sguardo mite e sorriso accogliente, sempre.

Perché, come ha intuito la nota giornalista, occorre sentire le due campane, va da sé.

Se un uomo ti manda all’ospedale o peggio ti uccide, ci sarà per forza una ragione, che diavolo, e quella ragione potresti essere tu, il tuo cattivo, cattivissimo comportamento, esasperante e pure aggressivo che fa perdere la pazienza pure ai santi!

Questo spunto di riflessione, salvifico, è come un lampo improvviso, ci accende una luce che avevamo ignorato, ci apre una prospettiva inesplorata.

Sdogana finalmente, a pensarci bene, quello che nel profondo del cuore pensano in tanti, tantissimi.

Nello specifico “femminicidio”, ovviamente, perché in materia di stupro avevamo già frequentato la minigonna che provoca, la notte che fa occasione, l’alcol non ne parliamo ecc.

E se poi nonostante tutte le buone pratiche zen comunque vi ammazzano, suvvia era destino.

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