VISCOCHIRURGIA
RIVISTA SCIENTIFICA DI OFTALMOLOGIA CHIRURGICA | ANNO XXXVI | 1/2021 LUGLIO Microbiota intestinale e occhio Alberto Lanfernini,Vittorio Picardo
FLASH Le indicazioni dei viscoelastici in chirurgia oculare Marco Verolino, Luca D’Andrea, Mario Balia
Idrope corneale acuto in pazienti affetti da cheratocono Leopoldo Spadea
FLASH I vantaggi della cromovitrectomia e i benefici del triamcinolone Massimo Cavallo
Tecnica “IOL scaffold” in casi di cataratte complicate con rottura capsulare posteriore FGE Srl – Reg. Rivelle, 7/F – 14050 Moasca (AT) – Anno XXXVI – N.1/2021 – Quadrimestrale
Marco Zagari, Silvio Zagari
Telemedicina e formazione a distanza in Oftalmologia: innovazioni nell’anno del Covid Sonia Palmieri, Demetrio Spinelli
1 NEWS DALLE AZIENDE Alcon AcrySof IQ Vivity
Lucio Buratto, Alessandra Chiodini
NEWS DALLE AZIENDE Utilizzo di un’associazione fissa betametasone e cloramfenicolo nella gestione post-operatoria in chirurgia vitreo-retinica Valerio Piccirillo
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ERRATA CORRIGE Scusandoci con gli autori, riportiamo il titolo corretto dell'articolo pubblicato su Viscochirurgia n. 3/2020 a pagina 8: Nuova formula di calcolo per la stima del raggio corneale anteriore preoperatorio in occhi operati di chirurgia refrattiva a partire dal raggio corneale posteriore Umberto Camellin, Luisa Frizziero, Roberta Di Pietro, Giulia Meggiolaro, Claudio Carbonara, Massimo Camellin
ISSN 0349 - 61
FGE Srl Redazione: Strada 4 Milano Fiori, Palazzo Q7 20089 Rozzano (MI) Reg. Rivelle, 7/F - 14050 Moasca (AT) Tel. 0141 1706694 - Fax 0141 856013 info@fgeditore.it - www.fgeditore.it
Anno XXXVI • N. 1 • 2021 contiene I.P.
Direttore Editoriale Vittorio Picardo
Registrazione presso il Tribunale di Milano n. 335 del 14-06-1986
Direttore Responsabile Ferdinando Fabiano
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Chiuso in redazione Luglio 2021
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ATLANTE DELLE INFIAMMAZIONI OCULARI PARTE II - SEGMENTO POSTERIORE
NOVITÀ EDITORIALE
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Tanti anni fa, erano gli anni ’60, c’era una canzoncina che immaginava una vita supertecnologica sulla Terra nel 2000, apparentemente essenziale, ma perfetta. Il cibo sarebbero state pilloline, ci si sarebbe spostati su mezzi straordinari e fantastici, la tecnologia avrebbe preso il sopravvento nella nostra quotidianità. Oggi, ora, stiamo vivendo la Terra del 2000 e la proviamo più arida, con meno acqua, più calda, più difficile da vivere perché in preda ai cambiamenti climatici, ma piena di tecnologia e di elettronica che, anche nel deserto o in una sperduta isola oceanica, illude l’uomo di poter vivere, ma forse sopravvivere, al malessere della Terra e ancor più degli uomini. L’epidemia mondiale di Covid ha prodotto le conseguenze che conosciamo, ma ha forse accentuato un atteggiamento di egoismo e di rivalità, che se non superato, metterà non tanto i continenti quanto addirittura le singole nazioni l’una contro l’altro nella logica del “mors tua, vita mea”. Anche se i telegiornali, in base al momento clinico e politico, diffondono una notizia negativa in chiave positiva, e cercano di presentare più rosea una quotidianità, che è invece difficile e rischiosa, bisogna continuare a sperare e pensare positivamente al futuro. E in questo sentimento, ci accompagnano gli infinti e innumerevoli esempi di altruismo e generosità realizzati da tutto il personale sanitario di qualunque ruolo e mansione che sta lavorando nelle strutture assistenziali, di ricovero e di vaccinazione, in Italia, ma anche nel resto del Mondo. Infine, vanno ricordati tutti i volontari che a qualunque livello e titolo, stanno rinforzando le schiere delle varie strutture assistenziali pubbliche e private, tutti i giovani che si fanno carico del trasporto di materiale di ogni genere, con i loro servizi di corriere, e i ragazzi che su biciclette di ogni tipo e colore attraversano le nostre città per consegnare cibo e non solo, a chi ne fa richiesta. Questa è l’Italia in cui credere, per cui lottare, e in cui sperare. Vittorio Picardo
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Microbiota intestinale e occhio
Alberto Lanfernini1 Vittorio Picardo2
1. Oculista - Faenza 2. Oculista - Roma
Negli ultimi anni si sta affermando sempre più nel mondo scientifico la convinzione che il microbiota, l’insieme di esseri viventi in un sito o ospitati da un altro organismo, abbia un ruolo importante nell’omeostasi dell’organismo stesso. Il microbiota umano è presente in varie sedi come naso, occhi, bocca, pelle ed è prevalente nell’intestino; risulta essere un sistema molto complesso e ricchissimo di geni: l’insieme di tutto questo patrimonio genetico è detto microbioma.1 Numerosi lavori scientifici sottolineano come il microbiota e l’intestino debbano essere in equilibrio per l’omeostasi generale dell’organismo. Alterazioni del cross-talking fra ospite e microbiota intestinale infatti, possono portare a un low-grade inflammation, base per malattie sistemiche2 e essere concausa di numerose condizioni patologiche tra cui obesità, malattie infiammatorie intestinali, depressione e malattie cardiovascolari.3 La conoscenza dei meccanismi che regolano i rapporti tra microbiota e infiammazioni sistemiche potrebbe aprire in futuro possibilità e approcci nuovi alle malattie, anche oftalmologiche. Vanno quindi conosciuti i meccanismi di interazione microbiota-uomo, anche in relazione a patologie di interesse oftalmologico.
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Microbiota intestinale - schema
>> MICROBIOMA INTESTINALE
del microbiota intestinale sono i Bacteroidetes, i Firmicutes, gli Actinobacteria e i Proteobacteria5 ma troviamo anche altre specie commensali o patogene. È bene sottolineare che quando il quantitativo di saprofiti (batteri dunque residenti, non considerati patogeni) cresce di numero e va oltre limiti, anche essi possono diventare patogeni; ma essendo spesso tale crescita lenta, non determina reazioni del sistema immunitario, ma diventa un silenzioso innesco infettivo per malattie infiammatorie croniche e immunitarie. I microrganismi residenti si ereditano alla nascita, sono modificati in parte dalla alimentazione e da comportamenti esterni dell’ospite, e esercitano funzioni utili alla digestione, alla produzione di alcune vitamine. Inoltre hanno funzioni di modulazione del sistema immunitario tramite crosstalking, protezione nei confronti di patogeni (ad
La maggior parte dei microrganismi si localizza nell’intestino, e in particolar modo nel colon ascendente. Nell’intestino, dunque, possiamo trovare batteri, funghi, virus ed elminti in costante relazione simbiotica con il nostro sistema immunitario e con numerose funzioni, quali attività metaboliche, protettive, di educazione immunitaria, di sintesi vitaminiche e altre che non riportiamo per esigenze di spazio.4 I principali phyla
Microbioma - disegno schematico
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Microbiota intestinale e occhio
esempio tramite sintesi di batteriocine), costituendo dunque, di conseguenza, fondamento per il mantenimento dell’equilibrio del microbiota intestinale, oltre che dell’ospite. I microrganismi transienti, invece, acquisiti con il cibo, l’aria e il contatto con il mondo esterno, sono di passaggio e possono competere con i residenti in talune condizioni, diventando trigger infiammatori. La mucosa intestinale deve essere indenne e integra per evitare l’attraversamento di sostanze tossiche ed immunostimolanti dal lume intestinale al circolo ematico e scongiurare, quindi, l’insorgenza di malattie immuno-mediate da parte del microbiota intestinale e orale6. Nell’intestino, in estrema sintesi, esiste una flora di protezione costituita da bifidobatteri e lattobacilli. I bifidobatteri, sono definiti anche batteri metabolici: producono acidi grassi a catena corta, come il butirrato, e alcune vitamine, come la B.7 I lattobacilli, prevalenti nel tenue, sono invece immunomodulanti, interferiscono con il sistema immunitario e paiono implicati nell’insorgenza e progressione di numerose patologie, tanto che la somministrazione di loro famiglie mancanti le influenza direttamente8,9. Altri batteri, infine, sono presenti e possono produrre anche metaboliti tossici10, come amine11, scatoli, che possono anche avere effetti diretti sulle vie biochimiche cellulari.12 Il microbioma dunque, un profondo regolatore immunitario della mucosa intestinale e la sua attività metabolica, può modulare le risposte infiammatorie generali.13 La differenza quindi nella composizione del microbiota tra soggetti e la modifica dei rapporti tra famiglie nel tempo , in uno stesso ospite, può influenzare lo stato di salute. Numerosi studi suggeriscono anche che l’attività e la composizione del microbiota sono influenzati dalla dieta, attività fisica e dal background genetico dell’ospite.14
>> DISBIOSI La disbiosi è l’alterazione del microbiota ed è correlata/associata a numerose patologie. Stress ossidativo, induzione dei batteriofagi e secrezione di tossine batteriche possono innescare rapidi cambiamenti tra i gruppi microbici intestinali.15 In estrema sintesi, la disbiosi può avere un effetto tossico diretto per il passaggio di sostanze e prodotti batterici attraverso le tight junction
e può influenzare la produzione di citochine, che andando in circolo, determinano risposte immunitarie diffuse. Un nuovo meccanismo per spiegare l’interazione tra il microbioma intestinale e l’insorgenza di patologie è la sua influenza sulla regolazione epigenetica. In sostanza fattori ambientali possono modulare l’espressione di alcuni geni, modificando quindi il fenotipo dell’ospite. Prove consistenti segnalano come la disbiosi porti a una riprogrammazione epigenomica delle cellule dell’organismo ospite.16 Una certa influenza sulle malattie locali dell’occhio potrebbe averla anche il microbiota oculare.17
>> DISBIOSI INTESTINALE E OCCHI BILANCIA IMMUNITARIA Tra gli organi influenzati a distanza dal microbiota intestinale troviamo anche gli occhi e le sue mucose. Il razionale dell’azione del microbiota intestinale su organi distanti da esso come gli occhi è nella produzione di citochine immunomodulatorie dalla parte delle cellule immuocompetenti intestinali (es. placche del Peyer). In estrema sintesi, ricordiamo che in presenza di trigger infettivo, il macrofago processa l’antigene e lo presenta alle cellule T per innescare la reazione di risposta adeguata. Le linee cellulari che derivano dalla cellula Naive Th0 si indirizzano in sottotipi della “bilancia” Th1/Th2 e Th17/Threg. L’immunità cellulo mediata è mediata dalla linea Th1, così come la risposta a patogeni intracellulari, mentre la linea Th2 produce la risposta anticorpale e regola i fenomeni allergici e di risposta ai parassiti. La linea Th17 è coinvolta nella immunità cellulo-mediata nei confronti del batteri extracellulari, ed è attiva nella auto- immunità cronica, come ad esempio nella malattia di Sjogren18. Infine i Treg regolano l’immuno-tolleranza e un loro squilibrio in senso positivo può portare a neoplasie e immuno-depressione. Queste due bilance Th1/Th2 Th17/Threg sono regolate da citochine prodotte dalle stesse cellule immunitarie in maniera positiva o negativa. Ad esempio IL- 12 inibisce i Th2, mentre i Th17 sono inibiti dalla IL1019. Un breve richiamo al fatto che IL-1 IL-6 IL 17 TNF alfa sono infiammatorie, IL- 4, IL-5 IL-13 sono implicate nei fenomeni allergici, IL-10 TGF beta rientrano invece tra i mediatori della risoluzione insieme agli SPM (mediatori specializzati pro-risolventi), derivanti da acidi grassi omega-3
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Alberto Lanfernini, Vittorio Picardo
Blefarite. Depositi sulle palpebre superiore e inferiore
tra i quali ricordiamo le resolvine. Non c’è spazio in questa sede per approfondire ulteriormente questi raffinati meccanismi di induzione e risoluzione dei processi infiammatori.
>> MALT - TESSUTO LINFOIDE ASSOCIATO ALLE MUCOSE L’occhio può essere anche visto nell’ambito del sistema delle mucose MALT che comprende BALT (bronchiale), EALT (oculare), NALT (nasale) e il GALT (intestinale) che predomina, essendo il più esteso. Le cellule M nelle placche del Peyer (tessuto linfoide nel tenue e prima parte del colon) sono immunocompetenti e la loro barriera è necessaria per processare gli antigeni. L’alterazione di questa barriera intestinale compromette la tolleranza immunitaria e permette il passaggio di sostanze dal lume intestinale alla sottomucosa, producendo attivazione di cellule dendritiche e conseguente risposta immunitaria.
Evidenziazione ghiandole di Meibomio occhio destro e sinistro
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I danni strutturali delle mucose (non solo intestinale) possono portare a una alterazione della sintesi e secrezione di IgA con disregolazione delle cellule T effettrici e regolatorie, i cui effetti si ripercuoteranno sulla omeostasi infiammatoria generale. A questo proposito è bene ribadire che in presenza di microbiota intestinale corretto si ha una produzione di acidi grassi a catena corta che stimola la liberazione di IL-10 dalle cellule Treg, mentre in presenza di disbiosi troviamo una alterazione della permeabilità intestinale, mancando gli acidi grassi a catena corta. Una conseguenza di ciò è l’attivazione Th17 associata a secrezione IL-17 (pro- infiammatoria) che, a cascata, si riflette su tutte le mucose del sistema MALT.
>> DISBIOSI E SUPERFICIE OCULARE C’è molto in Letteraura in tema di disbiosi e superficie oculare. Ricorderemo, pertanto, soltanto alcuni aspetti principali.
Microbiota intestinale e occhio
Nell’occhio secco Sjogren e non Sjogren numerosi esperimenti dimostrano correlazione della malattia con il microbiota intestinale. I fattori alla base della fisiopatologia comprendono le cascate infiammatorie a la alterazione Th1/Th17/threg e paiono modulati anche dal microbiota intestinale. Uno studio20 dimostra che la beta diversità del microbiota, cioè la diversità tra individuo e individuo, è sempre alterata tra sani e malati, con calo del rapporto tra Firmicutes/bacteroides nei malati rispetto ai sani. Inoltre i soggetti con grave disbiosi avrebbero maggiore attività della malattia rispetto ai sani. Infine i soggetti con occhio secco ambientale risultano portatori di un microbiota che si collocava tra quello dei controlli sani e quello dei malati. I meccanismi proposti per spiegare l’asse intestino occhio-secco sono vari: si parla dunque di attivazione delle cellule dendritiche e migrazione verso il linfonodo, attivazione cellule Th1/Th17 nell’intestino e cellule B autoreattive con migrazione nella superficie oculare/ghiandola lacrimale, mimetismo antigenico di prodotti batterici con conseguente autoimmunità, calo acidi grassi a catena corta e disturbi delle catene di sintesi mediatori infiammatori, alterata modulazione della lacrimazione a causa di neuropeptidi e lipopeptidi vasoattivi. E’ noto del resto che gli omega 3 possono migliorare il quadro di occhio secco, e questi per inciso possono essere considerati anche prebiotici, così come alcuni probiotici determinano cambiamenti nel protemoa della ghiandola lacrimale21 indicando un effetto modulatorio del microbiota intestinale sulle infiammazioni di organi distanti dall’intestino. Anche i calazi, spesso associati a blefariti, pare che rispondano ai probiotici.22 Nelle lacrime di pazienti con Sjogren primaria sono stati trovati livelli elevati di citochine correlati con le manifestazioni cliniche: in particolare IL-1, IL 8 e Metalloproteinasi sono elevate23,24. Che la disbiosi grave sia prevalente nei pazienti Sjogren è dimostrato da tempo.25 Molti pazienti sono comunque affetti da S. sicca Ana e Ena negativi, quindi collegata ad altre patologie, come la tiroidite autoimmune. Stern26 nel 2012 ha evidenziato la malattia da occhio secco come parte di una malattia autoimmune delle mucose. Uno stimolo infiammatorio (trigger) che giunge nella superficie oculare porterebbe a una reazione immunitaria con con-
seguente produzione di citochine pro-infiammatorie che giungono, tramite il circolo ematico/ linfatico, alla milza e agli altri sistemi linfonodali tra cui l’intestino, il principale sistema immunocompetente contenendo il 70% delle cellule immunitarie. Da qui le citochine ritornano di nuovo verso la superficie oculare dove IL-1, Il-6 TNF alfa mantengono l’infiammazione cronica (abbiamo sopra detto che la risoluzione delle infiammazioni passa anche attraverso gli SPM, non solo dunque allontanando lo stimolo trigger). Questo circolo vizioso quindi potrebbe essere interrotto non trattando solo la superficie oculare ma anche le altre stazioni linfonodali, in primis intestino. Oltre a questo meccanismo lo stesso Stern ipotizza squilibri delle cellule B.
>> DISBIOSI E UVEITE Nell’artrite reumatoide, come è noto, ci sono frequentemente uveiti correlate. Queste condizioni hanno come mediatore la IL-17 prodotta dalla linea Th17 che stimola macrofagi e cellule dendritiche le quali, a loro volta, producono IL-1, TNF alfa e IL-6 proinfiammatorie, oltre che le metalloproteasi. Che le cellule Th17 e le citochine correlate siano importanti mediatori della infiammazione è oramai accettato.27 Alcuni studi in aggiunta dimostrano anche che specifici HLA sono associati con diversi microbiomi. Uno studio pubblicato su Nature28 evidenzia come l’HLA- B27 influisca sulla composizione del microbiota intestinale e che questo, tramite meccanismi non chiariti, influenzi la patologia dell’uveite autoimmune associato a spondilite anchilosante. Ci sarebbe anche relazione con il principale gene di rischio Spa HLA-b27 e la perdita del privilegio immunitario oculare associato a uveite autoimmune. I microbi commensali, infine, è noto influenzino la progressione delle uveiti indotte negli animali da esperimento, evidenziando come le alterazioni delle comunità commensali contribuiscano alla malattia tramite effetti sulla immunità adattativa e innata.29
>> DEGENERAZIONE MACULARE E MICROBIOTA Per quanto riguarda la degenerazione maculare si sta diffondendo l’idea che l’infiammazione di basso grado, sostenuta da disbiosi e aumento della permeabilità intestinale, contribuisca allo sviluppo di AMD.30 È stato visto che alcuni
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DMS colloide occhio destro e sinistro
patogeni nel nasofaringe sono legati alla formazione di drusen, inducendo a pensare che essi possano essere dei trigger microbici per AMD31. Inoltre il microbiota intestinale può essere vittima di modifiche con presenza di alcuni batteri che pare possano aumentare la permeabilità della barriera emato/retinica a cellule immunitarie32. È stato anche osservato che specie microbiche intestinali variano tra soggetti sani e malati, indicando, di conseguenza, una loro azione modulatoria sulla patologia. La dieta ricca di grassi potenzia il reclutamento di microglia e macrofagi durante la CNV e aumenta l’abbondanza di Firmicutes, determinando una low-grade infiammation con elevata produzione di IL-1, IL-6, TNF-alfa, VEGF-A associate allo sviluppo di AMD neovascolare.33 Del resto la terapia con Neomicina orale pare induca una stabilizzazione della maculopatia e una riduzione della progressione di CNV.34. È dimostrato che la riprogrammazione del microbioma che si ottiene con il passaggio da una dieta ad alto contenuto di zuccheri e una a basso contenuto di zuccheri influenzi la degenerazione maculare.35 Altri Autori hanno rilevato che il microbiota intestinale e i cometaboliti microbici circolanti, come serotonina, triptofano, trimetiammina e altri, si modificano in risposta ai carboidrati alimentari, indicando un asse intestino-retina.36
>> DISBIOSI E GLAUCOMA Infine un cenno al fatto che anche il glaucoma e il fenomeno neurodegenerativo associato potrebbero essere correlati a disbiosi intestinale. Le meta-analisi hanno suggerito associazione stati-
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sticamente significativa tra H. Pylori e glaucoma a angolo aperto tramite il rilascio di diversi mediatori della infiammazione (es. citochine e chemochine indotte da HP) e promuovendo il danno cellulare delle cellule neuronali.37 È stato anche dimostrato che le risposte delle cellule T indotte dalla flora commensale mediano la neurodegenerazione progressiva del glaucoma.38 Inoltre anche le parodontiti sono associate a un rischio maggiore di sviluppare glaucoma primario a angolo aperto.39 Questi dati potrebbero, se confermati, aprire nuove prospettive di supporto terapeutico.
>> CONCLUSIONI Molte evidenze oramai vanno nella direzione che numerose malattie, anche di competenza oftalmologica, possono essere influenzate e modulate dal microbioma intestinale. La regolazione della immunità tramite le interleukine, l’appartenenza al sistema MALT e la riprogrammazione epigenomica paiono essere i principali meccanismi attraverso i quali esso esplica le sue azioni a distanza. Essendo l’intestino l’organo contenente il 70% delle cellule del sistema immunitario40, è conseguenza potere pensare che uno squilibrio immuno-regolatorio in questo distretto possa manifestare effetti importanti su tutto l’organismo. Ci vogliono però altri numerosi studi per capire le effettive connessioni tra microbiota e patologie oftalmologiche, quali microbiomi sono associati alle singole patologie, e quali microrganismi andare a trattare. Le prospettive però sono molto interessanti e permetterebbero di ampliare inaspettatamente le risorse terapeutiche a disposizione degli oftalmologi.
Microbiota intestinale e occhio
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Bibliografia
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Le indicazioni dei viscoelastici in chirurgia oculare
Marco Verolino Luca D’Andrea Mario Balia
Ospedali Riuniti Area Vesuviana ASL NA 3 Sud
I viscoelastici (ophtalmic viscosurgical devices ideali per riempire il sacco capsulare durante OVD) sono tra i principali device che il chirurgo l’impianto del cristallino artificiale, grazie anche oculista utilizza per varie funzioni intraoperatoalla loro facilità di rimozione. Lo svantaggio legarie: ottenere e mantenere spazi, protezione delto all’elevata coesività di queste sostanze deriva le strutture e dei tessuti endoculari, per creare le dalla loro immediata fuoriuscita dall’occhio sotto condizioni di cui ha bisogno per le delicate mal’effetto dei flussi. Diversamente, gli OVD leggeri novre intraoculari, il tutto sia nella moderna chie/o poco concentrati sono caratterizzati da un’erurgia della cataratta così come in altre chirurgie levata dispersività e una bassa coesività e quindi intraoculari. classificati come dispersivi. Per la loro tendenza Gli OVD sono soluzioni non attive, trasparenti e gea rimanere aderenti ai tessuti offrono una protelatinose, con proprietà viscose ed elastiche, come zione tissutale maggiore garantendo sicurezza suggerisce il nome. Il loro compito principale è all’endotelio, ma presentano una scarsa capacità quello di creare e mantenere gli spazi dell'occhio nel mantenere gli spazi. (Figura 1) specie in C.A.e di proteggere l'endotelio corneale Negli ultimi anni si sono affacciati sul mercato durante determinate fasi della procedura chirurOVD con caratteristiche diverse comprendenti, gica. ad esempio, la categoria di polimeri ad altissimo Introdotti circa trenta anni fa, il mercato oggi peso molecolare, denominati “pseudo dispersivi” propone una vasta offerta di questi dispositivi o “viscoadattativi” e la categoria di “coesivi interviscochirurgici, che si differenziano per le caratmedi” che si comportano come gel viscosi. teristiche chimico-fisiche. La conoscenza di esse I viscoadattativi hanno la capacità di assumere un permette al chirurgo di prevederne il comporcomportamento variabile a seconda dei flussi: a tamento clinico-fisico e scegliere il prodotto più flussi ridotti si comportano come sostanze disperadatto ad ottimizzare il workflow relativo alle disive, mentre ad alti flussi assumono un comportaverse fasi della chirurgia, rendendola più semplimento coesivo. Tale proprietà risulta utile e deve ce e sicura. essere sfruttata in combinazione con la gestione La maggior parte degli OVD sul mercato segue dei flussi, per ottenere una compartimentazione in genere il principio per cui, ad un aumento del peso molecolare e della concentrazione delle molecole, è associato un aumento della viscosità e della coesività, come nel caso di OVD a base di acido ialuronico. Gli OVD dotati di elevata viscosità ed alto peso molecolare sono classificati come coesivi e sono più efficaci nella creazione e nel mantenimento dello spazio nel segmento anteriore Figura 1. Classificazione dei Viscoelastici (OVD) in base alla viscosità, da dispersivi a durante la chirurgia. Sono anche coesivi.
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degli spazi all’interno dell’occhio. Gli OVD appartenenti alla categoria dei coesivi intermedi a comportamento viscoso, consentono di creare un ambiente sufficientemente acquoso davanti al cristallino assicurando un’adeguata protezione endoteliale e allo stesso tempo un sufficiente mantenimento degli spazi dove eseguire la capsuloressi. Lo stesso OVD consente di riempire e mantenere disteso il sacco capsulare prima dell’impianto senza rischio di ipertono nel caso non venga completamente rimosso.
>> LA SCELTA DEL MIGLIOR VISCOELASTICO La scelta dipende dalla chirurgia da eseguire, dalle condizioni evolutive della cataratta da operare, dalla morfologia della camera anteriore e dalle abitudini del chirurgo nella gestione delle manovre di routine o dei casi complicati. Come menzionato, nella cataratta standard è utile usare viscoelastici coesivi con un peso molecolare intermedio, che offrano più sicurezza nel caso rimangano residui all’interno dell’occhio. Inoltre, un viscoelastico coesivo intermedio è utile per entrambe le fasi della cataratta. Questo tipo di prodotto, registrato MD di classe III come gli impiantabili e le protesi, può essere lasciato in situ, poiché viene rapidamente e fisiologicamente eliminato. Questo riduce il pericolo di aumento del tono oculare dopo la chirurgia, come succede con quei viscoelastici non “autorizzati” a restare in situ, e
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che possono costringere il chirurgo ad eseguire una paracentesi se la pressione non riesce a tornare in breve tempo a valori normali. Altre caratteristiche importanti che dovrebbero essere valutate sono l’origine produttiva del viscoelastico e il grado di purezza del materiale. Standard elevati di qualità del processo produttivo consentono di ottenere un acido ialuronico di origine biofermentativa e con un elevato grado di purezza; questi offrono vantaggi qualitativi che garantiscono maggior sicurezza, grazie all’assenza di contaminanti o inquinanti nel prodotto finale e degli effetti che essi possono avere. I viscoelastici coesivi intermedi possono essere indicati per un buon numero di chirurgie, tra cui la chirurgia vitreo-retinica, cheratoplastica e chirurgia del glaucoma. Non tutti i viscoelastici possiedono questo vantaggio, essendo riservati esclusivamente per la chirurgia della cataratta. (Tabella 1)
Bibliografia
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Idrope corneale acuto in pazienti affetti da cheratocono
Leopoldo Spadea
"Sapienza" Università di Roma, Clinica Oculistica “Policlinico Umberto I”, Roma
Scopo del lavoro: riportare tre diversi approcci terapeutici alla stessa patologia dell'idrope corneale acuto in pazienti con cheratocono. Materiali e metodi: tre pazienti maschi affetti da cheratocono avanzato, di 19, 25 e 51 anni di età, hanno sviluppato improvvisa perdita della vista, arrossamento e fotofobia in un occhio. La biomicroscopia e la tomografia a coerenza ottica del segmento anteriore (AS-OCT) hanno rivelato un’idrope acuto. Tutti i pazienti sono stati trattati con loteprednolo etabonato collirio 4 volte al giorno e collirio ipertonico con cloruro di sodio al 5% quattro volte al giorno. Risultati: un paziente ha presentato una risoluzione completa della condizione clinica dopo 3 settimane di sola terapia medica. Il secondo paziente dopo la terapia medica presentava sequele cicatriziali paracentrale e astigmatismo elevato; pertanto è stata utilizzata una lente a contatto semi-sclerale. Il terzo paziente dopo la terapia medica presentava importanti cicatrici centrali ed è stato sottoposto a PK. Discussione e conclusioni: tutti i pazienti sono stati soddisfatti dei buoni risultati visivi ottenuti. È stato possibile ottenere la risoluzione totale dell'idrope corneale anche solo mediante terapia medica. Gli specialisti devono essere consapevoli che l'idrope corneale acuto può verificarsi anche dopo un intervento chirurgico di cheratoplastica lamellare e devono monitorare questi pazienti nel lungo termine. Aim of the study: to report 3 different approaches to the same pathology of acute corneal hydrops in patients with keratoconus, treated with different strategies. Material and methods: Three male patients affected by advanced keratoconus, aged 19, 25 and 51 years, developed sudden visual loss, redness, and photophobia in the one eye. Slit-lamp biomicroscopy and anterior segment optical coherence tomography (AS-OCT) revealed acute hydrops. All patients were treated with loteprednol etabonate eyedrops 4 times a day and hypertonic sodium chloride 5% eyedrops 4 times a day. Results: One patient presented a complete resolution of the clinical condition after 3 weeks of only medical therapy. The second patient presented paracentral scars and high astigmatism; therefore a semi-scleral contact lens was applied. The third patient was submitted to a PK. Discussion and Conclusion: All patients were satisfied with good visual results. It is possible to achieving the total resolution of the corneal hydrops by medical therapy only. Clinicians should be aware that acute corneal hydrops can occur also following lamellar keratoplasty surgery and should monitor these patients for very long-term.
PAROLE CHIAVE cheratocono cheratoplastica idrope corneale lenti a contatto minisclerali KEY WORDS keratoconus keratoplasty corneal hydrops miniscleral contact lens
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>> INTRODUZIONE Il cheratocono (KC) è una patologia oculare multifattoriale, progressiva, non infiammatoria in cui la cornea assume una forma estroflessa e diventa più sottile, sviluppando un astigmatismo corneale irregolare e scarsa acuità visiva.1 Le modifiche strutturali avvengono a partire dallo strato di Bowman e dallo stroma anteriore e progrediscono verso lo stroma posteriore e l'endotelio: la struttura del collagene corneale è sovvertita ed i cheratociti vanno incontro ad apoptosi e necrosi2 La malattia si manifesta tipicamente durante la viscochirurgia
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pubertà e di solito progredisce in modo asimmetrico per 10-20 anni fino alla terza o quarta decade di vita, quando di solito raggiunge una fase stabile.3 Circa il 15-20% dei pazienti richiede un trapianto di cornea.4 Il trattamento di KC dipende dalla gravità e dalla velocità di progressione della malattia. Nelle fasi iniziali, la condizione può essere gestita con occhiali o lenti a contatto, ma quando progredisce verso la fase più grave è necessario considerare un trapianto di cornea. Esistono varie tecniche chirurgiche che possono essere eseguite, come la cheratoplasti-
Idrope corneale acuto in pazienti affetti da cheratocono
ca perforante (PK) o la cheratoplastica lamellare anteriore (ALK).5 Nelle fasi intermedie del KC, la Cheratoplastica Lamellare Laser assistita da laser ad Eccimeri (ELLK) ha dimostratato essere una procedura chirurgica efficace, specie nella variante customizzata.6,7 In questa tecnica viene eseguita una cheratoplastica lamellare a spessori differenziati utilizzando un laser ad eccimeri per rimuovere il tessuto corneale superficiale patologico ricevente, preservandone gli strati corneali più profondi, e lasciando una superficie del letto stromale di buona qualità. L'idrope corneale acuto è una complicanza del KC che può verificarsi in circa il 3% dei casi, spontaneamente o dopo un trauma.2 Si sviluppa quando c'è una lacerazione nell'endotelio e nella membrana di Descemet, permettendo all'umore acqueo di entrare nella cornea, con edema stromale ed epiteliale.8 L'idrope acuto è stato segnalato in Letteratura a seguito di interventi chirurgici di PK e ALK per cheratocono, anche se è un’evenienza molto rara.2,9,10
>> MATERIALI E METODI Presso il centro "Cornea e Chirurgia Rifrattiva" del Policlinico Umberto I di Roma sono giunti
all’osservazione vari pazienti affetti da cheratocono con insorgenza acuta di idrope corneale. In questo lavoro riportiamo tre diversi approcci terapeutici alla stessa patologia dell'idrope corneale acuto. Paziente nr. 1 Il paziente è un uomo che all’età di 25 anni si sottopone a cheratoplastica lamellare a spessore differenziale con laser ad eccimeri (ELLK) nel 2005. Il trapianto è andato a buon fine con buona integrazione del lembo e dell’interfaccia lemboletto ricevente. Nell’anamnesi generale riferisce allergia da contatto al nichel e probabile storia di eye rubbing. All’età di 38 anni il paziente giunge alla nostra attenzione lamentando calo acuto e repentino della vista, fotofobia arrossamento oculare con iniezione congiuntivale dell’occhio destro. Il visus corretto era di 1/30 in occhio destro (-2sph= -3.25cyl ax110°). L’occhio sinistro riportava un’acuità visiva di 9/10 (-0.50 sph= -2cyl ax 120°). La pressione oculare, ottenuta con tonometria ad applanazione di Goldman era di 24mmHg in occhio destro e 14mmHg in occhio sinistro. La biomicroscopia riportava evidenza di edema corneale epiteliale e stromale localizzato
Figura 1. Paziente #1. In alto a sinistra: esame con lampada a fessura che mostra l'idrope corneale acuta. Nella zona inferiore è visibile la cornea edematosa e opacizzata. In basso a sinistra: immagine AS-OCT che mostra bolle epiteliali (A), tessuto donatore (B), interfaccia donatore-ricevente (C), tessuto ricevente (D), edema stromale (E) e membrana di Descemet (F). Le frecce gialle indicano i bordi della lamella donatore. In alto a destra: esame con lampada a fessura che mostra la risoluzione dell'edema corneale. La cornea appare quasi del tutto trasparente. In basso a destra: immagine AS-OCT che mostra la risoluzione delle bolle epiteliali, dell'edema stromale e della membrana di Descemet. Le frecce gialle indicano i bordi della lamella donatore.
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Figura 2. Paziente #2. Aspetto clinico iniziale: immagine biomicroscopica dell’idrope corneale con evidente cicatrice; a destra mappa videocheratografica che evidenzia un'ectasia corneale centrale (mappa tangenziale).
nel tessuto donatore nell’area infero temporale, con lacerazione della membrana di Descemet. (Fig. 1) Ulteriori approfondimenti diagnostici sono stati ottenuti tramite tomografia a coerenza ottica del segmento anteriore (AS-OCT, RTVue OCT Optovue Inc., CA, USA), confermando il sospetto diagnostico di idrope acuto. L’esame ha rilevato che la lamella del donatore era pressoché intatta, mentre erano presenti alterazioni dello stroma profondo del tessuto con spazi dilatati e sfrangiamento delle lamelle connettivali. Era confermata la lacerazione della membrana di Descemet. A livello epiteliale sono state documentate bolle epiteliali. (Fig. 1) Il paziente è stato trattato con loteprednolo etambonato collirio 4 volte al giorno e collirio con soluzione ipertonica di cloruro di sodio al 5% 4 volte al dì. Dopo 3 settimane dall’inizio della terapia si evidenziava la totale risoluzione positiva del quadro clinico.
(Fig. 1) Il visus corretto nell’occhio destro è risultato essere di 3/10 (-9cyl ax 95°) e 9/10 in occhio sinistro (-0.50sf=-2cyl asse 120°). Il tono oculare è risultato stabile lungo tutto il periodo di terapia con valori finali dopo 3 settimane di 18mmHg nell’occhio destro e 12mmHg nell’occhio sinistro. L’OCT del segmento anteriore ha mostrato una scomparsa autonoma delle precedentemente citate alterazioni strutturali. Le bolle epiteliali così come la rottura della Descemet non erano più riscontrabili all’esame dell’ultrastruttura suggerendo una completa risoluzione. (Fig. 1) Paziente nr. 2 Il paziente è un ragazzo di 19 anni con pregressa storia di cheratocono ed eye rubbing. Il paziente si è presentato al riferendo un dolore oculare acuto e calo dell’acuità visiva in occhio destro. L’esame obiettivo alla biomicroscopia ha eviden-
Figura 3. Paziente #2. Aspetto clinico a 6 mesi: l’immagine biomicroscopica evidenzia la risoluzione dell'edema e la riduzione dell'opacità corneale, a destra mappa videocheratografica che mostra la riduzione dell'ectasia corneale e delle irregolarità di curvatura (mappa tangenziale).
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Idrope corneale acuto in pazienti affetti da cheratocono
Figura 4. Paziente #2. Biomicroscopia del segmento anteriore dopo l'applicazione della lente a contatto mini-sclerale: la lente appare ben centrata con un buon adattamento nella colorazione con fluoresceina.
ziato l’idrope corneale acuto (Fig. 2), mentre il visus corretto in occhio destro era di 1/30 con tono oculare entro i limiti. Anche in questo caso si è ricorsi al trattamento medico conservativo per risolvere il quadro dell’edema corneale, basato sulla somministrazione di loteprednolo etambonato collirio 4 volte al giorno e collirio con soluzione ipertonica di cloruro di sodio al 5% 4 volte al dì. Il follow up del paziente a seguito dell’insorgenza dell’idrope si è svolto nei successivi 6 mesi. Il monitoraggio ha mostrato segni di miglioramento progressivi con conseguente riduzione graduale del dosaggio terapeutico. Analogamente al caso precedentemente citato si è evidenziata una risoluzione del quadro edematoso della cornea, ma pur sempre con parziali reliquati di natura cicatriziale nello stroma della zona ottica corneale.(Fig. 3) Il paziente ha mostrato un visus corretto con lenti a tempiale non superiore a 1/10. A causa della riluttanza del giovane paziente a sottoporsi ad un intervento di trapianto di cornea si è optato per l’applicazione di una lente mini-sclerale lens (Medlac 16.8mm diameter; MedLac, Avellino, Italy). La lente minisclerale ha permesso di raggiungere un visus corretto di 8/10. Lo studio alla biomicroscopia con fluoresceina, ha mostrato un soddisfacente appoggio della lente alla superficie oculare e soddisfacente accettazione da parte del paziente in termini di comfort oculare. (Fig. 4) Paziente nr. 3 Paziente di sesso maschile di 51 anni con storia di cheratocono da 25 anni documentato da pre-
cedenti esami alla tomografia corneale. Si rivolgeva al nostro Centro Cornea riferendo calo improvviso della vista in occhio sinistro con dolore e annebbiamento visivo. All’esame del visus riferiva anch’esso la sola percezione del motu manu in OS. L’esame clinico alla lampada a fessura ha permesso di riscontrare un’importante edema corneale stromale nel settore inferiore della cornea ed evidente iperemia congiuntivale diffusa. Il tono oculare evidenziato tramite tonometro ad applanazione di Goldman era di 18mmHg. Il quadro clinico di presentazione e l’anamnesi positiva per cheratocono hanno suggerito la diagnosi di idrope corneale acuto. (Fig. 5) Si è scelto di intraprendere una terapia di tipo conservativo al fine di risolvere il quadro acuto ed evitare l’insorgenza di complicanze. La terapia era composta dalla somministrazione di loteprednololo etambonato collirio 4 volte pro die e collirio con soluzione ipertonica di cloruro di sodio 5% 4 volte al dì. A distanza di 40 giorni il quadro clinico acuto si era risolto, lasciando tuttavia esiti leucomatosi profondi nello stroma della cornea centrale compromettendo, di conseguenza, sia la trasparenza corneale e sia il visus, pari a 1/50. Considerando l’età del paziente e la sua adesione ad un approccio chirurgico per il ripristino della trasparenza corneale è stata effettuata una cheratoplastica perforante (PK). Il lembo di 8.25mm è stato suturato con sutura doppia continua (12+12) in Nylon 10.0. (Fig. 5) Dopo l’intervento si è sottoposto il paziente a terapia sistemica con prednisone 25mg al giorno e associazione desametasone
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Figura 5. Paziente #3. In alto: esame con lampada a fessura che mostra l'idrope corneale acuta. Nella zona inferiore è visibile la cornea edematosa e notevolmente opacizzata. In basso: immagine a 30 giorni dall’intervento di cheratoplastica perforante. Il lembo appare trasparente e ben centrato. Si notano le 2 suture continue da 12 passaggi l’una.
e tobramicina collirio 3 volte al dì. A distanza di 3 mesi il paziente mostrava un visus corretto pari a 8/10 (-2ax 180°), con lembo ben centrato e trasparente.
>> DISCUSSIONE E CONCLUSIONI L’idrope corneale acuto rappresenta una tra le più rilevanti complicanze che possono insorgere nel cheratocono. La penetrazione dell’umor acqueo nello stroma, conseguente alla rottura dell’endotelio e della membrana di Descemet causata dalla progressione dell’ectasia del tessuto corneale, produce un’opacità ed un edema che può estendersi all’epitelio in forma microcistica e bollosa. Questo può esitare in opacità cicatriziali stromali, con perdita di trasparenza corneale e conseguente riduzione dell’acuità visiva; tali condizioni possono permanere anche una volta risoltosi il quadro acuto. Il primo caso esposto presentava il quadro di idrope acuta in un paziente sottoposto 14 anni
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prima a intervento di chirurgia lamellare a spessori differenziati con laser ad eccimeri (ELLK). In Letteratura il riscontro di casi di idrope acuto in pazienti affetti da cheratocono, sottoposti a trapianto corneale è stato riportato da diversi autori. Javadi et al. hanno riportato un caso di idrope acuta in un paziente di 20 anni affetto da cheratocono bilaterale sottoposto precedentemente a DALK.2 Data la scarsa efficacia ottenuta dal trattamento medico in termini di recupero visivo, gli autori hanno optato per una cheratoplastica perforante. Ezra et al. nel 2007 ha descritto due casi di idrope insorta a 25 e 33 anni dalla cheratoplastica perforante, in pazienti affetti da cheratocono rispettivamente di 45 e 44 anni.9 Alla luce di questi casi diversi autori hanno cercato di individuare le cause che possano spiegare l’insorgenza di un idrope o la recidiva di cheratocono in pazienti già sottoposti a trapianto lamellare o perforane. Sono state avanzate diverse ipotesi al riguardo. Secondo alcuni
Idrope corneale acuto in pazienti affetti da cheratocono
studi la mancata rimozione durante l’intervento del tessuto coinvolto dal processo ectasico può comportare una progressione del cheratocono nella cornea ricevente fino ad interessare il tessuto donatore.11,12 Altra potenziale causa individuata è la recidiva di KC in cornee di donatore sano dopo intervento di PK, che giustificano la re-insorgenza dell’idrope a distanza di decenni. La normale evoluzione temporale del cheratocono nel giro di un periodo di circa 20 anni farebbe sì che i cheratinociti del lembo donatore vengano rimpiazzati da quelli del letto ricevente affetto da KC. Ciò è supportato da elementi istopatologici, quali alterazioni epiteliali e frammentazioni della membrana di Bowman osservati a distanza di anni in lembi di donatori dopo la PK.13-16 In riferimento al secondo caso, al contrario, la scelta di una strategia non chirurgica a favore dell’applicazione di una lente a contatto minisclerale si è basata sulla considerazione che la giovane età del paziente deponeva più favorevolmente per un approccio terapeutico di tipo conservativo, oltre al fatto che il soggetto in esame aveva, per vari motivazioni personali, opposto chiara resistenza alla chirurgia. L’impiego della lente mini-sclerale in questo caso ha permesso di evitare l’intervento di cheratoplastica perforante, consentendo un netto miglioramento visivo dell’occhio in esame. Va sottolineato che, a prescindere dalla diversa tecnica prescelta dal chirurgo, la durata di un trapianto corneale è relativamente limitata nel tempo. Inoltre è opportuno considerare, secondo quanto esposto anche in Letteratura, che la PK a seguito di idrope corneale mostra un maggior rischio di rigetto endoteliale, nonché una minore sopravvivenza a lungo termine dello stesso lembo trapiantato.3,17,18 Pertanto l’impiego di lenti a contatto mini-sclerali, in assenza di am-
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pie e dense cicatrici leucomatose interferenti l’asse visivo, ripristina un profilo corneale più fisiologico riducendo l’astigmatismo irregolare e consentendo un buon recupero visivo.8 Tali lenti a contatto presentano per loro conformazione uno spessore ridotto ed un peso inferiore rispetto a quelle sclerali, garantendo al paziente un comfort soggettivo più adeguato. Il caso descritto suggerisce come in situazioni analoghe sia da prendere in considerazione l’utilizzo di queste lenti a contatto mini-sclerali come step anche alternativo alla cheratoplastica. Nel terzo caso presentato la presenza di residui cicatriziali nella zona ottica della cornea, unitamente alle aspettative del paziente di ripristino del visus ed anche in considerazione della sua età, hanno indicato nella cheratoplastica perforante il trattamento elettivo del caso, con un buon risultato clinico-rifrattivo. In conclusione l’idrope corneale acuto è una complicanza rara che si può presentare nei pazienti affetti da cheratocono evoluto. La terapia medica iniziale è volta a ripristinare una architettura corneale fisiologica, con un recupero funzionale visivo accettabile. A tal fine vanno coinvolti vari specialisti, quali l’oculista clinico, il contattologo e l’oculista chirurgo. Le lenti a contatto mini-sclerali rappresentano in casi selezionati una valida alternativa conservativa al trapianto corneale, soprattutto nei pazienti più giovani. La cheratoplastica perforante per molti casi rappresenta ancora la principale soluzione per ripristinare la trasparenza corneale. Alla luce dell’attuale preponderanza dell’uso delle tecniche lamellari nel trattamento chirurgico del cheratocono è degna di nota la considerazione che l’idrope corneale possa verificarsi anche in pazienti affetti da cheratocono che precedentemente sono stati sottoposti a queste chirurgie.
Bibliografia
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Leopoldo Spadea
6. Spadea L, Giammaria D, Fiasca A, Verrecchia V. Excimer laser–assisted lamellar keratoplasty for the surgical treatment of keratoconus. J Cataract Refract Surg 2009; 35:105–112. 7. Spadea L, Gizzi R, Evangelista Conocchia N, Urbano S. Optical pachymetry-guided custom excimer laser-assisted lamellar keratoplasty for the surgical treatment of keratoconus. J Cataract Refract Surg 2012;38(9):1559-1567. 8. Barsam A, Petrushkin H, Brennan N, et al. Acute corneal hydrops in keratoconus: a national prospective study of incidence and management. Eye (Lond) 2015;29(4):469-474. 9. Ezra DG, Mehta JS, Allan BD. Late corneal hydrops after penetrating keratoplasty for keratoconus. Cornea 2007;26(5):639-640. 10. Wickremasinghe SS, Smith GT, Pullum KW, Buckley RJ. Acute hydrops in keratoconus masquerading as acute corneal transplant rejection. Cornea 2006;25(6):739-741. 11. Ilari L, Daya SM. Corneal wedge resection to treat progressive keratoconus in the host cornea after penetrating keratoplasty. J Cataract Refract Surg 2003;29(2):395-401. 12. Bechrakis N, Blom ML, Stark WJ, Green WR. Recurrent keratoconus. Cornea 1994;13(1):73-77. 13. Pramanik S, Musch DC, Sutphin JE, Farjo AA. Extended long-term outcomes of penetrating keratoplasty for keratoconus. Ophthalmology 2006; 113(9):1633-1638. 14. Patel SV, Malta JB, Banitt MR, et al. Recurrent ectasia in corneal grafts and outcomes of repeat keratoplasty for keratoconus. Br J Ophthalmol 2009; 93(2):191-197. 15. Abelson MB, Collin HB, Gillette TE, Dohlman CH. Recurrent keratoconus after keratoplasty. Am J Ophthalmol 1980;90(5):672-676. 16. Bourges JL, Savoldelli M, Dighiero P, et al. Recurrence of keratoconus characteristics: a clinical and histologic follow-up analysis of donor grafts. Ophthalmology 2003;110(10):1920-1925. 17. Fan Gaskin JC, Patel DV, McGhee CN. Acute corneal hydrops in keratoconus - new perspectives. Am J Ophthalmol 2014;157(5):921-928. 18. Basu S, Reddy JC, Vaddavalli PK, Vemuganti GK, Sangwan VS. Long-term outcomes of penetrating keratoplasty for keratoconus with resolved corneal hydrops. Cornea 2012;31(6):615-620.
Trocar Surgery per i chirurghi della cataratta Ulrich Spandau - Edizione italiana a cura di Alfonso Anania
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Trocar Surgery per i car Surgery per idella cataratta chirurghi
rurghi Ulrich della cataratta Spandau - Edizione italiana a cura di Alfonso Anania
Spandau - Edizione italiana a cura di Alfonso Anania
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Presentazione Prof. Stanislao Presentazionedel di Stanislao Rizzo Rizzo
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Redazione: Strada 4 Milano Fiori, Palazzo Q7 – 20089 Rozzano (MI) Via Petitti 16 – 20149 Milano Sede opertiva: FGE srl − Regione Rivelle 7/F − 14050 Moasca (AT) –Redazione: Tel. 0141 1706694 – Fax 0141 856013 Sede operativa: FGE srl − Regione Rivelle 7/F − 14050 Moasca (AT) - Tel. 0141 1706694 – Fax 0141 856013 e-mail: info@fgeditore.it − www.fgeditore.it e-mail: info@fgeditore.it − www.fgeditore.it
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I vantaggi della cromovitrectomia e i benefici del triamcinolone
Massimo Cavallo
Ospedale Madonna delle Grazie – Matera
La chirurgia vitreoretinica, grazie allo sviluppo delle tecnologie, della strumentazione nonchè l’applicazione delle colorazioni vitali per la visualizzazione delle membrane e dei tessuti intraoculari ha subito un progressivo perfezionamento e un miglioramento delle tecniche e delle prestazioni chirurgiche che hanno determinato un ampliamento delle indicazioni della vitrectomia stessa, comprendendo oggi il distacco di retina regmatogeno, pucker, foro maculare, retinopatia diabetica proliferante, uveiti, emovitreo ed altre. Il tutto con un aumento percentuale dei successi non solo anatomici, ma anche funzionali. Secondo uno studio condotto da Sonoda et al, un residuo ialoideo post-intervento può fungere da trampolino di lancio per la proliferazione fibrovascolare nella retinopatia diabetica proliferante e può generare un effetto trazione in grado di esacerbare condizioni cliniche come fori maculari o sindrome da trazione vitreomaculare. Pertanto, i miglioramenti tecnici e e tecnologici hanno una valenza positiva reale.
Uso di Triamcinolone Acetonide a scopo terapeutico
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La chirurgia del pucker maculare è forse la procedura vitreoretinica più eseguita. Una membrana epiretinica (ERM) è un tessuto fibrocellulare che prolifera sulla superficie della membrane limitante interna (ILM), descritta per la prima volta da Iwanoff nel 1865 può essere idiopatica o secondaria a lacerazioni o distacco di retina, trauma, chirurgica intraoculare, malattie infiammatorie oculari o disturbi vascolari retinici come la retinopatia diabetica, occlusione della vena retinica o, come ipotizzato da Smiddy et coll, secondaria a migrazione di cellule dell’EPR attraverso rotture retiniche occulte, trasformazione di altri tipi cellulari oppure migrazione transretinica. Per migliorare la visualizzazione del vitreo e per effettuare un buon peeling delle ERM sono stati proposti diversi coloranti, per accorciare la durata dell’intervento e ridurre al minimo il trauma retinico. Tra questi il verde indocianina, il trypan blue, il brilliant blue. Ma lo stato dell’arte oggi è rappresentato dal triamcinolone acetonide (TA). Nel 2000, Peyman et al. per primi introdussero
Rimozione della limitante interna ben visibile dopo iniezione di Triamcinolone Acetonide (TA)
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l’uso del TA per la visualizzazione del vitreo durante la vitrectomia avendo osservato la capacità dei cristalli di fissarsi specificatamente alla superficie vitreale. La sua capacità di opacizzare il vitreo rendendolo facilmente visibile al microscopio operatorio, non deriva da una reazione biochimica, ma dipende esclusivamente dalla colorazione bianca dei cristalli e dalla loro integrazione nella lassa struttura della matrice collagena del vitreo, tra le fibre stesse. Ciò rende possibile la colorazione della porzione superficiale della membrana limitante interna e la membrana epiretinica durante la vitrectomia pars plana. Il triamcinolone, in ragione di queste caratteristiche, viene largamente utilizzato nella chirurgia del pucker maculare, rendendo più semplice la sua rimozione chirurgica e riducendo al contempo il rischio di complicanze postoperatorie. Questo ha trasformato una fase operatoria cruciale per il risultato finale in un processo relativamente semplice, garantendo al chirurgo notevole risparmio in termini di tempo e concentrazione, e un miglioramento dei risultati al follow-up. Il triamcinolone utilizzato in cromovitrectomia durante la rimozione di un pucker
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maculare ha infatti dimostrato un miglioramento dell’acuità visiva e un marcato e rapido decremento dello spessore maculare, come risposta all’azione farmacologica della molecola. Nella fase finale dell’intervento, il triamcinolone può essere facilmente lavato via tramite processo di irrigazione ed aspirazione. Tuttavia, essendo un corticosteroide con proprietà antiangiogeniche, antinfiammatorie e antifibroblastiche, viene spesso lasciato in quantità ridotte all’interno dell’occhio al termine dell’intervento. Il TA viene infatti utilizzato non solamente in cromovitrectomia, ma anche nel trattamento di diverse patologie retiniche e svariate forme di infiammazione oculare come principio attivo di farmaci appositamente registrati per uso intravitreale. Secondo lo studio di Couch SM et al, il triamcinolone si è dimostrato particolarmente indicato per la riparazione chirurgica di patologie come la vitreoretinopatia proliferativa, sia per le proprietà di visualizzazione che per le proprietà anti-infiammatorie. In generale, in chirurgia vitreoretinica, ha inoltre dimostrato un profilo di efficacia e di sicurezza di alto livello, con un basso rischio di complicanze post-operatorie.
Bibliografia
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Tecnica “IOL scaffold” in casi di cataratte complicate con rottura capsulare posteriore
Marco Zagari Silvio Zagari
Poliambulatorio Centro Europeo, Catania
>> SCOPO DEL LAVORO Impiego della tecnica scaffold IOL per la gestione del nucleo catarattoso in presenza di rottura capsulare posteriore con l’ausilio di IOL 3 pezzi iniettata in camera anteriore durante le manovre di facoemulsificazione.
>> MATERIALE E METODI La rottura capsulare è un evento possibile con un aumento di incidenza nelle cataratte complicate. Questa può avvenire in diverse fasi della procedura chirurgica con conseguenti complicanze che talvolta necessitano di procedure chirurgiche vitreoretiniche ed in certi casi, non risulta possibile un impianto della IOL nel sulcus. Pertanto è necessaria una procedura di impianto secondario. La tecnica IOL scaffold nasce con l’idea di prevenire ulteriori complicanze durante un evento avverso (rottura della capsula posteriore), condizione necessaria per l’esecuzione corretta della tecnica è l’integrità del sulcus con continuità, anche parziale della capsuloressi. Durante l'intervento di facoemulsificazione, quando il chirurgo nota un danno della capsula posteriore in una fase precoce, la tecnica della IOL scaffold (IS) può essere utilizzata per prevenire ulteriori complicanze.
La tecnica IS prevede la parziale/totale visco dislocazione del nucleo catarattoso o dei frammenti catarattosi in camera anteriore, la IOL viene inserita non dopo aver asportato il cristallino, bensì in presenza di quest’ultimo o di una sua parte, con il fine di formare un’impalcatura che funga da protezione e separazione delle camere, ed al davanti della IOL si esegue la chirurgia di facoemulsificazione (Fig. 1). Durante lo svolgimento della procedura è di fondamentale importanza individuare la rottura capsulare posteriore (RCP): pertanto si inietta viscoelastico in prossimità di essa con il fine di “tamponare” la rottura, evitare la fuoriuscita del vitreo e dislocare il nucleo restante in camera anteriore al di sopra del piano irideo, creando spazio nel sulcus. In un secondo step, è possibile impiantare la IOL 3 pezzi in camera anteriore tra il nucleo catarattoso ed il piano irideo con posizionamento dell’ansa distale al di fuori del tunnel principale. Si inietta viscoelastico in camera anteriore, con posizionamento dell’ansa distale in camera anteriore, si procede con facoemulsificazione e vitrectomia in camera anteriore ed al di sotto della IOL con asportazione dei residui corticali. Si immette viscoelastico nel solco, e si procede al
Figura 1. Facoemulsificazione del nucleo catarattoso in camera anteriore con tecnica IOl scaffold: A identificazione della rottura della capsula posteriore B-lussazione del cristallino in camera anteriore C Inserimento della IOL
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Tecnica “IOL scaffold” in casi di cataratte complicate con rottura capsulare posteriore
posizionamento dell’ansa distale della IOL nel solco. Si aspira il viscoelastico, acetilcolina in camera anteriore, sutura del tunnel corneale in nylon 10/0.
>> DISCUSSIONE La chirurgia delle cataratte complicate caratterizzata da nuclei duri, lassità delle fibre zonulari con instabilità del sacco capsulare con alto rischio di RCP, ad oggi rimane una sfida importante per i chirurghi del segmento anteriore. La rottura capsulare posteriore è una delle complicanze più comuni nei casi di cataratta complicata. Quando si verifica la rottura capsulare posteriore, il nucleo si trova ancora nel sacco capsulare, ma il rischio di caduta di esso in camera vitrea è decisamente alto e si aggrava ad ogni manovra di separazione e frammentazione. Sono descritte diverse tecniche per prevenire tale complicanza, come la conversione in ECCE, la phaco sandwich o la IOL scaffold1,2. La tecnica IOL SCAFFOLD, descritta per prevenire o tamponare le rotture capsulari posteriori può essere utilizzata anche successivamente alla RCP o alla lussazione del sacco capsulare al fine di evitare la caduta del nucleo o di frammenti catarattosi in camera posteriore3,4. Nella tecnica della scaffold IOL è fondamentale l’utilizzo di IOL da sulcus come impalcatura per prevenire la caduta del nucleo senza estendere l'incisione chirurgica ed avere ulteriori complicanze. In questi casi la IOL funge da barriera formando una capsula posteriore artificiale separando le due camere. Finchè un aptica viene mantenuta nel
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sito dell'incisione, la IOL può essere prontamente recuperata riducendo le possibilità di caduta in camera vitrea, e la posizione può essere regolata se il nucleo ruota in camera anteriore. Sono diversi i vantaggi offerti dalla tecnica IS rispetto alle tecniche tradizionali come l’estrazione extracapsulare (ECCE); ad una corretta esecuzione della tecnica è associata un'incidenza relativamente bassa di perdita vitreale in quanto sia il tamponamento con IOL della RCP in associazione alla ferita corneale di dimensioni ridotte permette il rispetto anatomico delle camere così impedendo il movimento in avanti del vitreo, come accadrebbe in caso di un globo aperto come nell'ECCE5.
>> CONCLUSIONI La tecnica IOL scaffold risulta essere semplice, sicura ed efficace, talvolta associata a vitrectomia anteriore in caso di RCP. La breve curva d’apprendimento di tale tecnica garantisce al chirurgo del segmento anteriore un successo non solo nel prevenire la RCP, ma anche nei casi in cui la RCP sia già avvenuta, garantendo la separazione delle camere, impedendo sia il prolasso del vitreo in camera anteriore, sia la caduta del nucleo o di suoi frammenti in camera vitrea, che necessiterebbe di chirurgia vitreoretinica. La corretta esecuzione di tale tecnica, nella maggior parte della chirurgia delle cataratte complicate con RCP, ha permesso di completare la facoemulsificazione in sicurezza garantendo un buon risultato funzionale e soprattutto riducendo sensibilmente le possibili complicanze posteriori.
Bibliografia
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Telemedicina e formazione a distanza in Oftalmologia: innovazioni nell’anno del Covid
Sonia Palmieri1 Demetrio Spinelli2
1. Responsabile Survey e Consigliere SIOL 2. Presidente SIOL
La Società Italiana di Oftalmologia Legale (SIOL), come ogni anno, ha posto ai colleghi oculisti di tutta Italia alcune domande su varie tematiche professionali; al sondaggio hanno risposto quasi 400 colleghi tra uomini e donne (domanda 1) di tutte le età (domanda 2). A seguito della pandemia da Covid 19 si è evidenziata la necessità di nuovi approcci assistenziali. Con il lockdown nazionale il rapporto coi pazienti per vari e complessi motivi, tra cui l’elevata preoccupazione da parte dei cittadini di recarsi nelle strutture ospedaliere vere e proprie, è stato
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sempre più mediato attraverso la tecnologia. I pazienti hanno cercato di mettersi in comunicazione sempre più in modo diretto col professionista attraverso sms, wap oppure altri strumenti di chat online (oltre il 50% dei colleghi è stato contattato così), ma una percentuale di quasi il 30% non gradisce molto questa tipologia di interazione, perché invasiva della privacy personale (la sera o nei momenti trascorsi con la famiglia) o perché spesso il contatto avviene durante lo svolgimento dell’attività lavorativa (altra visita o sala operatoria) (domanda 3).
Telemedicina e formazione a distanza in Oftalmologia: innovazioni nell’anno del Covid
I colleghi ritengono che in ambito oftalmologico il consulto mediato da portali online non possa sostituire la visita oculistica vera e propria, che è alla base della nostra professione; si intravede, tuttavia, la possibilità di limitate applicazioni quali la refertazione a distanza di esami strumentali purché opportunamente eseguiti da personale competente come gli ortottisti assistenti in Oftalmologia (domanda 4). Allo stato attuale la Telemedicina, che si avvale della tecnologia per fornire assistenza sanitaria, viene ritenuta ancora poco utilizzabile nella nostra attività professionale, anche per delle remore di natura medico-legale. Oltre il 90% dei colleghi, tra l’altro, ha ben chiaro che la prestazione sanitaria eseguita in modalità telematica non esime da una eventuale responsabilità sanitaria (domanda 5).
Nonostante qualche resistenza, nel tempo la Telemedicina rappresenterà una sfida a cui anche noi oculisti non potremo sottrarci; si ha ragione di ritenere che nei prossimi anni non esiteremo ad affrontarla con un’adeguata strumentazione tecnologica e con la dovuta consapevolezza. Un’altra tematica proposta dal Survey è stata quella della partecipazione ad eventi formativi nella fase Covid. In alcuni ambiti della medicina come quello dell’Oftalmologia, annualmente sono numerosissimi gli eventi formativi in modalità congressuale; col Covid si è dovuta ripensare la formazione a distanza nonché l’acquisizione dei crediti ECM esclusivamente da remoto. Nell’indagine condotta appare evidente che il 90% dei colleghi ha partecipato almeno ad un webinar durante la prima fase della pandemia (domanda 6).
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Sonia Palmieri, Demetrio Spinelli
Questi eventi di aggiornamento a distanza sono considerati utili da una larga fascia di colleghi, pur non senza dubbi riguardanti la limitata possibilità di interazione coi docenti e tra colleghi. (domanda 7).
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La modalità online potrebbe essere in parte mantenuta nei prossimi anni, specialmente in caso di persistenza di restrizioni sul numero dei partecipanti ad eventi per questioni di distan-
Telemedicina e formazione a distanza in Oftalmologia: innovazioni nell’anno del Covid
ziamento sociale. Nonostante non sia priva di qualche limite, tale metodica può consentire la partecipazione a distanza di molti più colleghi su section e argomenti specifici senza doversi muovere da casa e senza dover scombussolare l’attività lavorativa per un evento formativo "face to face". Durante il 2020 ci siamo trovati ad affrontare una Pandemia, evento nuovo per tutti che ha determinato numerose criticità anche per noi oculisti; nella prima fase di chiusura a causa del Covid, è apparso evidente che abbiano sofferto un po’ tutti gli ambiti della nostra professione: dalla chi-
rurgia alle IVT e alla gestione della cronicità anche a livello ambulatoriale (domanda 8). Durante l’anno appena passato ci siamo resi conto che dobbiamo porci nell’ottica di affrontare delle nuove significative sfide (non solo tecnologiche). I colleghi ritengono che si debbano trovare dei sistemi gestionali atti ad eseguire attività clinica e chirurgica in sicurezza per il paziente e a ritmi simili a prima (domanda 9). Si ha ragione di ritenere che gli oculisti si stiano già dimostrando ogni giorno più attivi nel modificare la propria professione a favore dei pazienti e della tutela della loro vista.
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Alcon AcrySof IQ Vivity
Lucio Buratto Alessandra Chiodini
www.camospa.it
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Per tanti anni l’unica tipologia di lente intraoculare (IOL) utilizzata durante l’intervento di cataratta è stata la monofocale standard: una lente caratterizzata da un solo fuoco, che permetteva di vedere bene o da vicino o da lontano. Per consentire al paziente di non usare più gli occhiali veniva utilizzata in alternativa, e la si utilizza ancora oggi, la tecnica della monovisione, con la quale si corregge l’occhio dominante per lontano e l’occhio non dominante per vicino. Secondo una ricerca dell’ISTAT la popolazione sopra i 65 anni (22,8% del totale nel 2019) sta aumentando (+11% vs 2012) e continuerà ad aumentare. L’aspettativa di vita di questa fascia della popolazione è aumentata e soprattutto lo stile di vita ha subito una profonda trasformazione: sempre più persone lavorano, sono attive ed hanno molteplici interessi: il 79% dedica almeno un'ora della settimana a navigare in internet e circa il 78% ha molti hobby. In questo contesto, la correzione della presbiopia contestualmente all’intervento di chirurgia della cataratta è diventata una richiesta molto frequente e diffusa per avere una visione ottimale a tutte le distanze e ri-
durre la dipendenza dagli occhiali. Nell’ultimo ventennio è stata introdotta un’ampia gamma di IOL premium (trifocali, multifocali, bifocali, accomodative, EDOF), lenti che si propongono di fornire una buona visione a diverse distanze. Nel 2020 molte Aziende hanno lavorato allo sviluppo di una nuova categoria di IOL che non hanno ancora una precisa denominazione ma che possono essere considerate EDOF di nuova generazione; la lente che ha aperto questa nuova strada è la Acrysof® IQ Vivity® di Alcon. La nuova lente Acrysof® IQ Vivity® è una lente EDoF che non utilizza la tecnologia diffrattiva o rifrattiva per correggere la presbiopia, ma si basa su una nuova tecnologia chiamata X-Wave™ che, invece di suddividere la luce in più punti focali come le lenti multifocali diffrattive, allunga e sposta il fronte d'onda creando un campo di visione esteso e continuo. Utilizzando tutta la luce disponibile, questa lente mantiene la stessa qualità visiva di una lente intraoculare monofocale e consente di ottenere una performance visiva ottimale da lontano, a
Figura 1. Misurazione dell’alone nella zona ottica (dimensione pupilla 4.5 mm)
Figura 2. Studio prospettico, randomizzato e controllato sull’impianto bilaterale di AcrySof® IQ Vivity® (107 soggetti) a confronto con la IOL AcrySof IQ monofocale (113 soggetti) in 11 siti di indagine negli Stati Uniti. I disturbi visivi sono stati valutati soggettivamente attraverso il questionario QUVID
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distanza intermedia, fino ad un vicino funzionale, riducendo al minimo i fenomeni disfotopici (aloni, glare e abbagliamento) che si possono avvertire post-intervento (Figure 1 e 2). L’adattamento neurosensoriale nei pazienti operati con questa IOL è rapido, perché la lente fornisce da subito una qualità visiva molto buona; rispetto alle lenti intraoculari multifocali le aberrazioni sono ridotte e la sensibilità al contrasto è ottima. La lente Acrysof® IQ Vivity® è indicata quindi per pazienti che richiedono un’elevata qualità visiva per lontano e a distanza intermedia (anche in condizioni di scarsa illuminazione), ma con attività da vicino limitata e disposti ad utilizzare una leggera correzione ottica per la lettura prolungata di caratteri piccoli. È una lente disponibile nel design sferico e torico, con un potere compreso tra +15 e +25 diottrie; quindi corregge lievi ipermetropie, lievi miopie ed un astigmatismo fino a 2,5 diottrie. La Acrysof® IQ Vivity®, nelle indicazioni del nostro Centro Chirurgico CAMO, non è una lente idonea per tutti i pazienti. I candidati ideali sono i pazienti con assenza di patologie oculari annesse (cheratocono e distrofie corneali, maculopatie e retinopatie in generale, glaucoma, strabismo, sindrome dell’occhio secco), e con diametro pupillare compreso tra i 4 mm e i 6 mm, e i due occhi con le stesse caratteristiche anatomiche. Acrysof® IQ Vivity® è stata approvata dall’FDA
Figura 3. Caratteristiche fisiche della IOL AcrySof® IQ Vivity® Modello DFT015 (tutte le dimensioni sono in mm). Superficie anteriore asferica con tecnologia X-Wave™.
nella primavera del 2020 ed è disponibile in Italia da circa un anno. Due importanti trials clinici, condotti su più di 250 i pazienti rispettivamente negli Stati Uniti e nel resto del mondo, hanno mostrato un’acuità visiva corretta e non corretta per lontano di 20/20 paragonabile ad una lente monofocale, di 20/25 per distanza intermedia a 66cm e maggiore di 20/32 per attività quotidiane ravvicinate a 40 cm. I pazienti hanno inoltre riportato un’ottima qualità della visione senza occhiali a tutte le distanze in condizioni di buona luminosità. Fig. 4A e 4B. Questa lente ha un’ottima curva di defocus che esprime come degrada l’acuità visiva alle diverse distanze di lavoro. Nella tabella, la linea grigia indica la curva di defocus di una lente monofocale, mentre la linea blu rappresenta la curva di
Figura 4A. Acuità visiva corretta e non corretta “risultati di uno studio prospettico, randomizzato, a gruppi paralleli con paziente e valutatore mascherati, multisito su 107 soggetti impiantati bilateralmente con AcrySof® IQ Vivity®.” (Alcon Data File)
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Figura 4B. Percentuale di pazienti che riportano con AcrySof® IQ Vivity® una visione buona o molto buona senza occhiali in condizioni di intensa e scarsa illuminazione. Risultati di uno studio prospettico, randomizzato, a gruppi paralleli con paziente e valutatore mascherati, multisito su 107 soggetti impiantati bilateralmente con AcrySof® IQ Vivity® e 113 con AcrySof® IQ IOL con 6 mesi di follow-up. I risultati riportati dai pazienti per l’indipendenza dagli occhiali sono stati valutati soggettivamente attraverso il questionario IOL SAT. (Alcon Data on File)
Figura 5. AcrySof® IQ Vivity® curva di defocus. Risultati di uno studio clinic prospettico, randomizzato, controllato su 145 soggetti con impianto bilaterale AcrySof® IQ Vivity® Extended Vision IOL e 118 soggetti con AcrySof® IQ IOL con 6 mesi di follow-up. (Alcon Data File)
defocus di Acrysof® IQ Vivity®. Nel grafico della figura 5 si può osservare che da lontano le due curve hanno la stessa altezza, quindi forniscono la stessa acuità visiva. La curva di Acrysof® IQ Vivity® resta più alta e degrada meno rapidamente rispetto alla monofocale a distanza intermedia (66 cm) e a distanza ravvicinata (40 cm) perché assicura una maggiore profondità di fuoco. Nella nostra esperienza clinica presso il Centro CAMO, abbiamo impiantato un centinaio di
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Acrysof® IQ Vivity® e dopo il primo mese postoperatorio abbiamo analizzato i risultati dell’acuità visiva, constatando che i pazienti, privi di patologie oculari, hanno quasi tutti raggiunto un visus di: – 10/10 naturali da lontano – carattere 2 J senza correzione a distanza intermedia (60 cm) – carattere 1 J da vicino (40 cm) non corretta – carattere 1 J+ da vicino corretta con lente +1,0 sf. Acrysof® IQ Vivity® è una lente intraoculare che,
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grazie alla nuova tecnologia non diffrattiva X-Wave, consente ai pazienti di vedere bene da lontano, a distanza intermedia fino ad un vicino funzionale, mantenendo un profilo di disturbi visivi paragonabile a quello di una lente monofocale. A differenza delle altre lenti intraoculari utilizzate
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fino ad oggi, Acrysof® IQ Vivity® non è soggetta a compromessi legati al design diffrattivo e, riducendo al minimo i fenomeni disfotopici, permette al chirurgo di estendere l’impianto di queste lenti correggendo la presbiopia in un maggior numero di pazienti della propria casistica.
Letture consigliate
– Alcon Data on File, Optical Evaluations of Alcon Vivity®, Symfony*, and Zeiss* AT LARA* IOLs Bench study – AcrySof® IQ Vivity™ Extended Vision IOL Directions for Use – Alcon Data on File. TDOC-0055576 23-Jul-2019 – Alcon Data on File. TDOC-0055575. 09 Apr 2019 – https://www.fda.gov/medical-devices/recently-approved-devices/acrysoftm-iq-vivitytm-extended-vision-intraocular-lens-iol-model-dft015acrysoftm-iq-vivitytm-toric
Guida alla comprensione dell’angiografia OCT Dalla fisiopatologia all’imaging clinico Marco Rispoli Maria Cristina Savastano Bruno Lumbroso David Huang Yali Jia Eric H Souied
NOVITÀ EDITORIALE
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NOVITÀ NOVITÀ EDITORIALE EDITORIALE
NOVITÀ EDITORIALE Redazione: Strada 4 Milano Fiori, Palazzo Q7 – 20089 Rozzano (MI) Redazione: Via Petitti 16 – 20149 Milano
Sede opertiva: FGE srl − Regione Rivelle 7/F − 14050 Moasca (AT) –Sede Tel.operativa: 0141FGE 1706694 – Fax 0141 856013 srl − Regione Rivelle 7/F − 14050 Moasca (AT) - Tel. 0141 1706694 – Fax 0141 856013 e-mail: info@fgeditore.it − www.fgeditore.it e-mail: info@fgeditore.it − www.fgeditore.it 1 • 2021
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Utilizzo di un’associazione fissa betametasone e cloramfenicolo nella gestione post-operatoria in chirurgia vitreo-retinica
Valerio Piccirillo
Dirigente medico I livello, Azienda Ospedaliera di Rilievo Nazionale ed Alta Specialità “Sant’Anna e San Sebastiano”, Caserta
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>> INTRODUZIONE
>> PROPOSITO DELLO STUDIO
Nell’ambito della chirurgia vitreo retinica risulta determinante per il buon esito dell’intervento minimizzare la incidenza di complicanze post-operatorie; tra esse certamente le più temute, come già accade nella chirurgia del segmento anteriore, sono le complicanze infiammatorie ed infettive. Lo sviluppo della vitrectomia e delle tecniche di chirurgia endobulbare a partire dagli anni ’70 hanno consentito di affrontare con successo forme complicate di patologie retiniche fino ad allora di difficile soluzione. La progressiva riduzione dei calibri degli strumenti dalla tecnica 20G alla 27G ha ridotto la invasività chirurgica, migliorato i tempi di recupero funzionale (minore manipolazione dei tessuti, minore fototossicità, più bassa frequenza di suture sclerali, riduzione dei tempi operatori) nonché modificato la incidenza delle infezioni post-operatorie: le endoftalmiti. Dopo esser riusciti negli anni ad effettuare un miglior controllo delle infezioni endoculari, passando da un’incidenza dello 0,14% degli anni ’80(1) a una dello 0,04 degli ultimi anni per le vitrectomie via pars plana, si è verificata di recente una recrudescenza delle endoftalmiti associate alla chirurgia endovitreale, con un’incidenza attualmente dello 0,11% circa, molto probabilmente dovuta all’avvento delle nuove tecniche di chirurgia mininvasiva, soprattutto 25 G e 27 G(2) ma anche alla maggiore diffusione delle tecniche sutureless. E questo è da attribuirsi alla inoculazione di flora batterica della superficie oculare nella cavità vitreale attraverso il sistema cannula-trocar transcongiuntivale(3), senza escludere il “leakage” da sclerotomie talvolta non a perfetta tenuta con rischio di transitorio ipotono post-operatorio e conseguente effetto “valvola inversa”.
Abbiamo deciso pertanto di valutare un ideale approccio terapeutico post-operatorio che aiutasse a minimizzare gli inconvenienti infiammatori e settici del decorso post-operatorio; da qui la necessità di individuare e testare l’associazione di un corticosteroide e di un antibiotico topico oculare che esprimesse doti di efficacia, penetrabilità nelle strutture interne del bulbo oculare e sicurezza per un rapido e duraturo controllo, ad un tempo, della flogosi e dell’infezione endoculare.
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>> DISEGNO DELLO STUDIO La nostra esperienza è stata condotta per 27 mesi, da Giugno 2017 a Settembre 2019, su un totale di 1574 interventi di chirurgia endovitreale miniinvasiva e, ove possibile, sutureless (23, 25 e 27 G) così distribuiti: 40% (circa 630 interventi) di retinopatia diabetica e secondaria a vasculopatie, 30% (circa 470 interventi) di distacco di retina inclusi gli interventi di aspirazione di olio in pazienti tamponati con olio di silicone, 15% (circa 239
Peeling di membrana limitante interna
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interventi) di pucker maculare, 7% (circa 110 interventi) di foro maculare, 6% (circa 95 interventi) di lussazione di cristallino/IOL in camera vitrea e 2% (circa 30 interventi) di ferite e traumi oculari. Età dei pazienti variabile dai 18 agli 82 anni, con un’età media di 61 anni e con una percentuale di diabetici dell’11% circa (165 pazienti). La terapia postoperatoria è stata condotta con un’associazione cortisone-antibiotico topica oculare in collirio soluzione e senza conservante a base di Betametasone 2 mg/ml + Cloramfenicolo 5 mg/ml (Betabioptal collirio soluzione, Théa Farma Spa), instillato nell’occhio operato per almeno due settimane. In casi particolari la terapia si protrae a tre settimane, modulando l’uso del prodotto nei singoli casi. Nei controlli, eseguiti ad 1, 7 e 21 giorni dalla data dell’intervento, si sono valutati i seguenti parametri: l’infiammazione della camera anteriore (attraverso la conta delle cellule infiammatorie e la valutazione dell’effetto Tyndall, secondo la tabella sotto riportata), l’infiammazione della camera posteriore (attraverso il riscontro di essudazione vitreale) e la tonometria (con tonometro ad applanazione di Goldman).
>> RISULTATI Nella nostra esperienza condotta su 1574 interventi di chirurgia endovitreale miniinvasiva e, ove possibile, sutureless (23, 25 e 27 G), globalmente considerate tutte le tipologie di chirurgie, l’associazione betametasone-cloramfenicolo in collirio soluzione ha consentito di gestire egregiamente gli eventi infiammatori postoperatori con una incidenza complessiva di una flogosi anteriore di grado 2-3 (lieve-moderato) rilevata solo nell’ 8% dei casi prevalentemente nella prima settimana dall’intervento ed in pazienti con patologia vascolare retinica, diabetica ed altro (circa il 65% di tutte le flogosi registrate); di essi oltre la metà (65%) erano stati sottoposti a chirurgia per patolo-
gie retiniche vascolari, 30% erano affetti da traumi oculari con impegno vitreale e 5% erano affetti da distacco di retina (prevalente nei casi con tamponamento con olio di silicone pesante). Tutte le flogosi registrate sono regredite senza esito e senza modifica dello schema terapeutico utilizzato. Anche i possibili eventi infettivi, tanto temuti in una chirurgia così delicata, sono stati accuratamente controllati con 1 solo caso di endoftalmite postoperatoria in un paziente sottoposto ad intervento di vitrectomia per trauma perforante bulbare da corpo di origine vegetale (esiti di perforazione da ago di pianta grassa) che, sebbene tamponato con olio di silicone, ha sviluppato ipopion ed essudazione anteriore “no responder” a trattamento farmacologico. Riguardo l’ipertono post-operatorio abbiamo riscontrato complessivamente un 5% (circa 75) di pazienti “corticoresponders” (di essi circa il 60% era già in trattamento con colliri ipotonizzanti al momento dell’intervento) gestiti con aggiunta di ipotonizzante topico (o altro collirio in caso di terapia già in atto) e solo in 8 casi con sospensione del trattamento e/o “switch” a terapia topica esclusivamente antibiotica. La somministrazione di Betabioptal collirio soluzione non ha evidenziato casi di rebound infiammatorio, né incidenza tardiva di fenomeni infettivi di superficie durante il follow up, nemmeno per i casi in cui si è proceduto a scalare alla terza settimana, rendendo la terapia modulabile a seconda del paziente.
>> DISCUSSIONE Nella chirurgia del segmento posteriore rappresenta un “must” la necessità di ridurre la incidenza di complicanze infiammatorie ed infettive post operatorie che sono dovute a molteplici fattori: patologia di base del paziente con associati fattori di rischio sistemici, tipo di chirurgia, durata dell’intervento e uso di mezzi tamponanti, fattori tutti che possono seriamente inficiare gli sforzi del
Conta cellule in camera anteriore
Flare (effetto Tyndall)
0 = assenti
0 = assente
1 = 1–5 cellule
1 = traccia
2 = 6–15 cellule
2 = lieve (iride e cristallino visibili)
3 = 16–30 cellule
3 = moderato (iride e cristallino non nitidi)
4 = >30 cellule
4 = intenso (iride e lente non visibili e fibrina in camera anteriore)
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chirurgo vitreoretinico e compromettere seriamente la capacità visiva del paziente. Per questo motivo la scelta è ricaduta sull’associazione cloramfenicolo-betametasone in collirio soluzione, senza conservanti, in quanto: – il Betametasone unisce una maggiore attività antiflogistica, grazie alla sua concentrazione a 2 mg/ml, unica nelle associazioni cortisoneantibiotico oftalmiche, ad una ridotta capacità di indurre ipertensione endoculare nell’uso di medio-lungo termine(4), risultando uno dei più potenti e maneggevoli corticosteroidi utilizzati in oculistica. – il Cloramfenicolo, grazie al suo alto grado di solubilità lipidica dovuto alla struttura anfotera della molecola, possiede un’alta capacità di penetrazione in camera anteriore, soprattutto se paragonato agli antibiotici aminoglicosidici (Tobramicina e Netilmicina)(5), per il suo ampio
>>
spettro d’azione, efficace sulla maggior parte dei germi presenti sulla superficie oculare e per la ridottissima resistenza, soprattutto se confrontato con gli antibiotici fluorochinolonici(6,7) e aminoglicosidici(8) topici – l’associazione cloramfenicolo-betametasone in collirio soluzione “in toto” mostra una maggiore attività antiflogistica, legata al sinergismo di azione dei suoi componenti ed eccipienti, ed una minore citotossicità rispetto alle associazioni desametasone-aminoglicosidi (tobramicina e netilmicina)(9)
>> CONCLUSIONE La somministrazione topica di Betabioptal collirio soluzione rappresenta un solido aiuto nella prevenzione e nel trattamento della flogosi e delle complicanze settiche del management post-chirurgico nella chirurgia endovitreale.
Bibliografia
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Storia della chirurgia refrattiva Lucio Buratto – Giuseppe Perone
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L'OCT nella pratica quotididiana Marco Rispoli – Bruno Lunbroso – Maria Cristina Savastano
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