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Fianco a fianco agli incursori di Marina

Un team di operatori subacquei interforze guidati dai palombari e due ufficiali dell’Istituto Idrografico della Marina tra i ghiacci dell’Antartide Marina Militare e Enea insieme per la 37ª spedizione in Antartide

di Mariarosaria Lumiero

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Dicembre 2021. La Marina Militare italiana è sbarcata per la 37ª spedizione scientifica in Antartide. A bordo di nave Laura Bassi, il capitano di fregata Nunzio Langellotto e il capitano di corvetta Ettore Cimenti, entrambi abilitati in idro-oceanografia, un graduato nocchiere, 2° capo scelto nocchiere Patrizio Cupido, i luogotenenti palombari Gianni Carboni e Mauro Masala, del Raggruppamento Subacquei ed Incursori Teseo Tesei, hanno supportato tecnici e ricercatori dell’ ENEA (Agenzia Nazionale per le Nuove Tecnologie, l’Energia e lo Sviluppo Economico Sostenibile), presso la base italiana in Antartide Mario Zucchelli. Aperta in ottobre e chiusa nel corso di febbraio/marzo, è una delle due basi di ricerca in Antartide (la base italofrancese Concordia è la seconda), rifornita nei mesi di dicembre e gennaio dalla nave rompighiaccio Laura Bassi. Presenza imprescindibile è la Marina Militare. Il nocchiere supporta le operazioni marittime, i palombari gestiscono e coordinano le attività subacquee, garantendo sia la cornice di sicurezza sia l’esecuzione degli interventi richiesti dai ricercatori. Sono l’indispensabile contributo per l’allestimento dei laboratori nelle gelide acque antartiche, la raccolta di sedimenti, spugne, invertebrati e campioni d’acqua utili per lo studio dei cambiamenti climatici e della biologia marina. L’Istituto Idrografico della Marina (IIM), invece, impiegando lo scandaglio multi-

beam, che esplora in modo continuo e completo, soprattutto acusticamente, sia la colonna d’acqua che la risposta acustica del fondale (back scatter), aggiorna la cartografia rendendo sempre più sicura la navigazione nel Mare di Ross. Organo cartografico dello Stato, l’IIM ha tra i suoi obiettivi proprio la “Sicurezza della Navigazione”, pertanto, sono state aumentate le attività, seguendo linee di ricerca ben specifiche: geodesia, idrografia, topografia, reperimento e cartografia. “L’area da scandagliare è individuata dal personale idrografo di bordo – spiega il comandante Langellotto – in relazione alle esigenze operative, legate alla disponibilità di tempo e alla posizione o esigenze particolari della nave (ad esempio l’area geografica da scandagliare è differente rispetto a quella pianificata). Il fattore meteorologico e la presenza di ghiaccio, condizionano molto l’operatività e costringono a modificare, in corso d’opera, le attività pianificate. Il ghiaccio può essere compatto e occupare un’intera zona – aggiunge – oppure può essere flottante e spostarsi sotto l’effetto del vento, rendendo inagibili superfici di mare molto ampie. Per questo motivo, il periodo migliore è quello dell’estate australe, in una finestra temporale limitata da metà dicembre fino a fine gennaio, in cui la presenza di ghiaccio non è così invasiva come nel resto dell’anno”. In merito all’influenza dei cambiamenti climatici, chiarisce: “parlerei, piuttosto, di cambiamenti meteorologici locali repentini, legati ai frequenti passaggi di depressioni cicloniche oppure ai fortissimi venti di caduta con raffiche oltre i 150 km/h, che possono limitare o impedire qualsiasi tipo di attività sia a terra che in mare”. Terminata la prima fase delle attività subacquee, durante la quale sono state effettuate 29 immersioni, per un totale di 1.200 minuti sott’acqua, raggiungendo la profondità di 39 metri, il 1° luogotenente Carboni conclude: “Dopo un anno di attesa sono di nuovo qui. Sembra di non essere mai andato via, di essere ritornato a casa, nel mio - giardino di ghiaccio - dove basta fare un foro per immergersi e provare nuove emozioni. Raccontarne una in particolare sarebbe riduttivo, perché immergersi in questo continente è pura magia”.

Palombari e personale idrografo della Marina Militare presso la base italiana in Antartide Mario Zucchelli.

Goldfinger: la più importante esercitazione di controterrorismo in ambiente marittimo

di Gianluigi Angiulli

Goldfinger, il nome rievoca il noto film di 007 degli anni ‘60, ma qui di finzione c’è davvero poco. Si tratta infatti di una esercitazione del Gruppo Operativo Incursori (GOI): freddo, vento e pioggia saranno gli elementi predominanti di questa esperienza raccontata da un punto d’osservazione privilegiato. All’orizzonte verso nord-est nel mar Adriatico, si intravede la piattaforma off-shore che ci ospiterà per simulare uno degli scenari più difficili in cui gli Incursori di Marina sono preparati a intervenire. Mentre i pensieri viaggiano veloci, i motori del battello d’assalto Hurricane ruggiscono fendendo le onde. L’operazione Goldfinger è iniziata già da qualche ora con il calare delle tenebre e gli “Uomini Gamma” (gli incursori n.d.r.), partiti silenti per raggiungere i basamenti della piattaforma dai quali inizieranno la fase di incursione, saranno i primi ad rompere il silenzio che avvolge questo ambiente poco ospitale. Il vento tagliente sferza il mio volto rafforzato da spruzzi di schiuma sollevata dalla prora, intorno a me ci sono uomini “senza volto” equipaggiati con armamenti futuristici, pronti all’azione appena toccheranno la piattaforma. Con la potenza

Discesa con “barbettone” da elicottero MH-90A di un team di incursori.

dei suoi 600 cavalli, il battello veloce “galoppa” ad una velocità di 50 nodi, e in breve siamo al punto di salita. Il mare non ci aiuta, la pioggia neanche. A garantire protezione ci sono gli incursori che dal mare sono riusciti a salire e prendere posizione sulla piattaforma. Il loro motto dice tutto: “E fluctibus irruit in hostem” (dal mare irrompiamo sul nemico). In posizione, pronti ad intervenire si scrutano in silenzio in attesa di un comando. Il silenzio è assoluto, il freddo predominante e la pioggia non ci risparmia. Poco più in alto, una figura li osserva, sguardo severo e attento, il suo volto esprime concentrazione e determinazione, riesco a riconoscerlo: è Renato del “Team Torre”, una vera leggenda all’interno del Gruppo: Si materializza e prende appunti, io stesso avverto il peso della sua presenza. Arriva l’atteso via, la squadra si mette in azione. Gli operatori si spostano coprendosi a vicenda e la partita è iniziata. Più in alto ci sono gli “Opposed”, pronti a riceverli in maniera “poco amichevole”. Primo livello conquistato. Sento il cuore battere più forte e il respiro affannoso, eppure siamo solo all’inizio e penso che gli “Uomini Gamma” hanno anche nuotato per diverse miglia al freddo, arrampicandosi da chissà dove, senza mostrare un minimo di stanchezza. Il secondo livello dell’esercitazione inizia con alcuni colpi esplosi attutiti dai silenziatori. Si prosegue senza esitare. Inizio ad avere le gambe pesanti e siamo solo alla metà del percorso. Sento altri colpi, l’intelligence ha riferito che troveranno alcuni ostaggi ed elementi “ostili”: il livello di attenzione adesso è assoluto; non possono esserci sbavature, è il momento in cui il capo squadra ordina i compiti ad ogni operatore. Poco più in alto un’altra figura si palesa e scruta ogni uomo, ogni movimento, ogni decisione; è anche lui un veterano del “Team Torre”, “Dex”, così lo chiamano. Nell’aria avverto un rumore familiare, la struttura inizia a tremare: è un elicottero MH-90A, il cui rotore genera una raffica di vento forte e improvvisa. Un team di assaltatori sta per essere rilasciato dall’elicottero per rinforzare l’azione d’attacco: solo pochi secondi e la squadra irromperà. Giù il barbettone

Fasi dell’esercitazione degli incursori sulla piattaforma off-shore.

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