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Uno sguardo al futuro: European Patrol Corvette

Capitano di vascello Luca Pasquale Esposito

Comandante, le Forze da pattugliamento sono sempre in mare e non di rado impegnate nella ricerca e soccorso. La salvaguardia della vita umana in mare è nel DNA del marinaio. Quanto si addestra il personale delle sue navi per essere sempre pronto 24 ore su 24? La nostra missione è sorvegliare, proteggere e garantire la libertà di navigazione, vigilando affinché siano rispettate le leggi nazionali e internazionali. Le navi di COMFORPAT per ragioni di salvaguardia della vita umana in mare sono chiamate anche a intervenire in attività di soccorso in mare. Si tratta di un dovere morale per ogni marinaio. Tra le vostre operazioni vi è la Vigilanza Pesca, 365 giorni all’anno dal 1959 a supporto della flotta peschereccia italiana, terza in Europa e prima nel Mediterraneo. Quanto è grande l’area in cui operate? Qual è la turnazione degli equipaggi, quali sono i rapporti con i pescatori a cui date sicurezza? La Vigilanza Pesca è una storica missione svolta dalle navi del comando Forze da Pattugliamento. Una missione svolta senza soluzione di continuità a salvaguardia dell’attività di pesca e del rispetto delle leggi nazionali e internazionali. L’area sottoposta al pattugliamento delle nostre navi è pari a circa 33.000 miglia quadrate. È un’area di mare vastissima, che equivale a circa un terzo della superficie della penisola italiana, in cui è fondamentale l’impiego degli elicotteri imbarcati per estendere il raggio d’azione dei nostri pattugliatori. Essi si alternano per periodi che vanno da dieci a quattordici giorni di mare. I rapporti in mare sono sempre improntati alla collaborazione; ogni giorno le navi della Marina contattano i pescherecci nazionali e i mercantili in transito nell’area di vigilanza, accertandosi che non vi siano problematiche e intervenendo quando richiesto o necessario in supporto tecnico, sanitario o di altro genere. Il covid è un nemico subdolo che ancora combattiamo, ma che non ha fermato le missioni della Marina, neanche un giorno. Come si motivano comandanti ed equipaggi che per lunghi periodi stanno distanti dalle loro famiglie? Nelle fasi più critiche dei lockdown, la Marina ha attivato dei “nuclei di supporto” alle famiglie dei colleghi impegnati in mare. Vari i compiti: dalla consegna a domicilio della spesa e di farmaci, al consulto medico domiciliare da parte degli ufficiali medici. È stato impegnativo da gestire, tanto quanto è stato bello osservare l’entusiasmo con cui il personale ha supportato le famiglie dei colleghi, facendo sentire la vicinanza della Marina in quei particolari momenti in cui spesso non si poteva contare sull’aiuto di parenti o amici. Sentirsi parte di un’organizzazione che è presente e pronta a supportare in concreto il proprio personale contribuisce a motivare gli equipaggi, così come vi contribuiscono la vicinanza e il contatto continuo e diretto con i propri comandanti. La funzione del comandante è quindi centrale nel sostenere l’equipaggio, e sebbene ogni comandante sviluppi un proprio stile di comando, mi sento di dire che, a fattor comune, questo rapporto è basato sul contatto continuo, sulla conoscenza approfondita dei propri uomini e donne, sul rigore e sull’esempio. Abbiamo poi incontrato e conosciuto anche il comandante e il conduttore di macchina del pattugliatore Sirio

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Tenente di vascello Simone Ceccolini

Comandante Simone Ceccolini, lei è tenente di vascello: che emozione si prova ad essere così giovane (31 anni - n.d.a.) ed avere la responsabilità di un equipaggio di 60 persone oltre che di un mezzo all’avanguardia dotato anche di elicottero. I suoi coetanei, magari i suoi ex compagni di scuola come vedono la sua professione? È senza ombra di dubbio un’immensa soddisfazione, alimentata ogni giorno da grandi oneri e responsabilità. Diventare comandante è ciò per cui mi sono preparato fin dai primi momenti vissuti nella Marina Militare, ciò che sognavo da quando ho iniziato il mio percorso in Accademia navale allontanandomi – ma solo da un punto di vista fisico - dalla mia famiglia e dagli amici. Proprio questi ultimi, talvolta, non nascondono la loro curiosità nei confronti della mia professionalità e una certa stima verso il mio incarico, per ciò che faccio per il Paese. Credo che il pattugliatore Sirio sia una delle realtà più belle della Marina. È un’unità versatile, ma allo stesso tempo complessa nella gestione e nel mantenimento in efficienza di tutti i suoi mezzi, compreso l’elicottero imbarcato che di fatto, aumenta le capacità di scoperta e intervento quando siamo in alto mare. In ogni caso, ciò che rende unica questa esperienza è senza dubbio il mio equipaggio, che vede in me un punto di riferimento per ogni problema, dubbio o confronto. C’è un sincero rapporto di collaborazione e di stima reciproca con ognuno di loro e la mia sfida giornaliera è rimanere me stesso, nella speranza di apparire ai loro occhi come leader e non come “capo”. Luogotenente Antonio Piras

Luogotenente Antonio Piras, lei è entrato in Marina nel 1993 ed è alla soglia dei trenta anni di carriera con le stellette. Quindi, grande esperienza e grandi responsabilità tecniche. Quale è il suo segreto nel trasmettere professionalità e passione ai giovani sottufficiali e marinai appena imbarcati? È vero, sono entrato nel lontano 1993 e da lì ho ricoperto diversi incarichi fino ad ora che sul pattugliatore Sirio sono il conduttore di macchina, ma per tutti “il Dire” (il Direttore n.d.r.). Come tanti tecnici sono nato e cresciuto sul campo: in sala macchine e nella mia amata T.A.G., turbina a gas per quelli meno avvezzi. Adesso invece mi ritrovo in un mondo più articolato, fatto anche di burocrazia, scadenze di legge e certificati. Sono grato e fortunato nell’avere una componente formata da sottufficiali e graduati di grande esperienza che mi supportano in ogni modo: mi sento di dire con un po’ di orgoglio e senso di appartenenza che siamo una vera squadra. Mi piace pensare di essere un punto di riferimento, mi impegno ogni giorno per esserlo. Cerco di ascoltare tutti i miei collaboratori senza dimenticarmi che anche io ero al loro posto qualche anno fa. Cerco di conoscerli, supportarli e insegnare loro quello che ho imparato via via nel tempo, che secondo me vale molto di più di quanto sta scritto in certi libri. Soprattutto, cerco di dare le giuste gratificazioni quando un lavoro è portato a termine o quando vengono risolte avarie assai complesse. In sintesi, il mio modo di lavorare? Dare il massimo ogni giorno ed essere di esempio.

l’Italia è coordinatore del principale progetto di sviluppo della Difesa europea per il dominio marittimo.

di Andrea Quondamatteo

Il progetto European Patrol Corvette (EPC) si inquadra nell’ambito della Permanent Structured Cooperation (PESCO), ovvero la cooperazione internazionale strutturata dell’Unione europea nel settore della Difesa. In particolare, EPC è un progetto proposto dalla Marina Militare, supportato dal Ministero della Difesa e approvato dalla Commissione Europea il 12 novembre 2019. L’iniziativa, nata a seguito della firma avvenuta il 3 giugno 2019 di una lettera d’intenti congiunta con la Marina Militare francese, ha suscitato l’interesse di diverse nazioni che hanno in seguito manifestato l’intenzione di aderire in qualità di partecipant Member State – pMS: ad oggi composto da Italia (coordinatore del progetto), Francia, Grecia e Spagna o di osservatore quale il Portogallo. Il progetto EPC è caratterizzato dalla realizzazione di navi militari del tipo pattugliatori, dotati di spiccate doti di modularità e flessibilità in grado di svolgere molteplici missioni e pertanto sia compiti di “presenza e sorveglianza” che quelli con un profilo “combat”, anche se con le limitazioni dovute al fatto d’essere “navi di seconda linea”, con un dislocamento di poco superiore alle 3000 tonnellate. Grazie al supporto della European Defence Agency (EDA), referente istituzionale per la fase di definizione ed armonizzazione dei requisiti comuni, è stata trovata una convergenza per la redazione dei documenti d’impianto iniziali con l’obiettivo di stabilire le linee di sviluppo dell’intero programma. Al riguardo, risale al novembre 2020 la Outline Description che definisce con maggior dettaglio le diverse fasi del progetto da affidare all’EDA. Nel progetto, Spagna e Francia hanno concordato una versione comune denominata Long Range Multipurpose (LRM); mentre è emersa l’opportunità di convergere su un’unica versione italo-greca denominata Full Combat Multipurpose (FCM). Tali versioni della “corvetta europea” si diversificano per compiti e funzioni: - LRM (Francia/Spagna), dotata di grande autonomia per svolgere attività di presenza e sorveglianza nei territori oltremare lontani dalle nazioni d’appartenenza. L’armamento prevede sistemi di autodifesa contro minacce asimmetriche. Anche in questo caso la nave disporrà di capacità aggiuntive modulari. - FCM (Italia/Grecia), da impiegare nell’ambito del Mediterraneo allargato, con focus specifico sul Mediterraneo centrale e orientale, per compiti in prevalenza di presenza e sorveglianza, dotata di una varietà di sistemi in grado di garantire l’autodifesa in tutte le forme di lotta, ovvero: capacità di contrasto dal cielo (AAW - Anti-Aircraft Warfare), dal mare (ASuW - Anti-Surface Warfare) e da sotto la superficie del mare (ASW - Anti-Submarine Warfar). Questo tipo di nave potrà aumentare le sue capacità grazie ad un approccio modulare (multi-mission bay per moduli di missione); Nel dettaglio, la versione italiana avrà le seguenti caratteristiche: velocità massima 25 nodi; autonomia 4.000 miglia nautiche (a 14 nodi); sistema missilistico antiaereo (AAW) in due varianti (corto raggio e medio raggio); lotta sottomarina (ASW) completo di sonar a scafo, sistema passivo trainato e hard kill. Dal punto di vista industriale la joint venture (accordo fra aziende) denominata NAVIRIS (partecipata al 50% da Fincantieri e Naval Group), si è fatta promotrice del coordinamento di un consorzio formato dalle maggiori aziende cantieristiche: Fincantieri, Naval Group e Navantia. NAVIRIS ha prospettato l’opportunità che il programma EPC preveda dei technological bricks, ovvero dei “mattoncini di innovazione tecnologica”, per rendere il progetto competitivo e versatile per l’export, anche in base alla considerazione che il programma in esame interesserà gli anni dal 2030 al 2070 e, pertanto, è necessario che lo stesso intersechi trend e tecnologie emergenti oggi realizzabili e ritenute paganti. Sono tre le direzioni principali individuate in fase preliminare e oggetto di ricerca e sviluppo da parte dell’industria privata in tal senso: - miglioramento delle capacità operative, prevedendo l’integrazione di veicoli ed assetti unmanned (che non prevedono la presenza dell’essere umano); - greening (rispetto dell’ambiente) e riduzione dell’impronta carbonica, per combattere il cam-

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