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Inserto speciale: Italia, Paese marittimo

biamento climatico e la salvaguardia dell’ambiente attraverso la ricerca di maggiore efficienza energetica; - aumento di un’architettura digitale in grado di sfruttare le capacità di “decision support” (ausilio al Comandante/decisore), “processazione” e “storage” (archiviazione) dei Big Data anche attraverso l’utilizzo di Cloud (spazio di archiviazione). La Marina Militare intende dotarsi delle corvette europee (EPC) in collaborazione con i paesi dell’UE, nell’ottica di una sempre maggiore collaborazione nella Difesa comune, in cui la Marina intende mantenere una posizione di rilievo. L’obiettivo è quello di perseguire una sempre maggiore sinergia ed ottimizzazione ai fini dello sviluppo delle capacità dello strumento marittimo e, al contempo, superare la frammentazione che caratterizza oggi l’UE, dove esistono più di 30 tipi di classe di unità (dalle 500 alle 4000 tonnellate) e conseguire maggiore interoperabilità. Il contratto per la realizzazione delle corvette europee (EPC) potrebbe essere firmato già dal 2026 e l’impostazione della prima nave (taglio della prima lamiera) potrebbe avvenire nel 2027.

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Prefazione del capo di Stato Maggiore della Marina

Le parole dell’ammiraglio di squadra Enrico Credendino sull’importanza della marittimità per il benessere sociale ed economico per il nostro Paese

Il 2022 è appena iniziato e voglio cogliere questa opportunità, attraverso le pagine del Notiziario della Marina, per trattare uno dei temi che mi stanno più a cuore: l’importanza del mare per l’Italia media potenza regionale marittima con interessi globali. La Marina Militare contribuisce a favorire la diffusione di una maggiore consapevolezza sul ruolo vitale del mare per la crescita, il benessere e lo sviluppo dell’Italia, attraverso molteplici iniziative, seminari, dibattiti e articoli, come questo. L’Italia è un Paese marittimo: una media potenza regionale marittima con 8000 km di costa pari ai 7/8 dei confini nazionali, al centro del Mediterraneo; con un’industria prevalentemente di trasformazione che importa via mare la maggior parte delle merci, riceve via mare le risorse energetiche ed esporta via mare i prodotti finiti. Il benessere, la crescita e lo sviluppo dell’Italia sono legati al mare in maniera indissolubile, così come la sua sicurezza. Il mare è una risorsa da tutelare e proteggere. Il 50% dell’ossigeno che respiriamo proviene dal mare, l’anidride carbonica che espiriamo ritorna in mare. Gli oceani sono il motore della meteorologia e delle stagioni. L’80% della popolazione vive entro i 200 km dalla costa, quindi è facilmente accessibile via mare e ancora una volta il mare rappresenta la via più economica e più ecologica per muovere mezzi e persone. Oggi la regione del Mediterraneo, nella sua accezione allargata, comprendendo quindi anche il bacino somalo, il golfo di Guinea e Hormuz, vive un equilibrio instabile. Ciò che avviene in quest’area strategica si ripercuote immediatamente sui nostri porti e sul nostro sistema economico. Il Mediterraneo è un sistema molto complesso, un medio-oceano, che rappresenta la via più rapida, sicura e veloce per collegare l’Atlantico con l’Indopacifico. Nel mezzo di questa autostrada c’è lo Stretto di Sicilia, un choke point fondamentale, nel quale la Marina Militare è in prima linea. L’incidente della Ever Given lo scorso marzo a Suez, con il blocco del canale, ha drammaticamente messo in evidenza il valore e i costi associati all’interruzione del traffico commerciale via mare. Analogamente, negli anni di picco degli attacchi, la pirateria marittima nel golfo di Aden e nel bacino Somalo ha comportato l’aumento dei costi delle assicurazioni con un aumento della materia prima immediato stimato, allora, del 30% e la tendenza a circumnavigare l’Africa, con il rischio di marginalizzare i porti del Mediterraneo. Poi, grazie anche alle missioni navali dell’Unione Europea e della NATO, cui l’Italia ha fornito un contributo determinante, la libertà di navigazione è stata ripristinata. La Difesa, attraverso la sua Componente navale, rappresenta una costola fondamentale del dominio marittimo che consente agli altri attori del cluster marittimo nazionale come ad esempio il Ministero dello Sviluppo Economico, quello delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili o la Confederazione Italiana Armatori (Confitarma), di operare sul mare in piena sicurezza. La Difesa possiede le capacità e le competenze per proteggere e tutelare l’ambiente marino, con le grandi navi e con tutte le articolazioni della Marina Militare. La Marina Militare difende, sorveglia e protegge il mare in tutti i suoi molteplici aspetti, nel più ampio contesto interforze, inter-istituzionale e inter-agenzia, senza confini, grazie alla sua naturale predisposizione multi-dominio e alla capacità di proiezione che le permette di essere autonoma nel portare a compimento le proprie missioni e intercettare le minacce quando sono ancora lontane dai confini, ovvero prima che queste si riverberino sul territorio nazionale.Per conseguire questi obiettivi non siamo soli; il dialogo e la cooperazione con le altre Forze Armate nazionali e alleate, sono fondamentali per ottimizzare l’efficienza e l’interoperabilità. Valorizzare le potenzialità del dominio marittimo e il ruolo strategico che il mare ha per l’Italia assume un ruolo importante a livello geopolitico e sulla scena internazionale.Essere consapevoli dell’importanza del mare per l’Italia è un primo importante passo per rafforzare la nostra identità di Paese marittimo e quindi consolidare la nostra economia che dal mare trae linfa vitale. La diffusione di questa consapevolezza è quindi uno degli obiettivi strategici che la Marina Militare persegue, attraverso la sua comunicazione istituzionale. A noi “marinai”, il compito di essere all’altezza dei tempi, delle sfide e delle opportunità, facendo leva sui nostri valori, sulla nostra competenza e sulla nostra credibilità. Buona lettura dell’inserto interno “Italia, Paese marittimo”

ITALIA, PAESE MARITTIMO

ITALIA, PAESE MARITTIMO

Il Mare

Il mare è tutto: non per nulla copre i sette decimi del globo. Ha un’aria pura e sana, è il deserto immenso dove l’uomo non è mai solo, perché sente la vita fremergli accanto. Il mare è il veicolo di un’esistenza soprannaturale e prodigiosa, è movimento ed amore, è l’infinito vivente

Jules Verne

Il porto di Genova fa parte di un sistema portuale al primo posto in Italia per volumi di traffico merci e passeggeri, diversificazione produttiva e valore economico (fonte www.portsofgenoa.com). Se ci soffermiamo a pensare al mare non c’è modo migliore che iniziare prendendo un respiro profondo. Oltre il 50% dell’ossigeno che avremo inspirato sarà stato generato dal mare, la fonte primaria di vita sulla Terra che occupa circa il 70% della superficie terrestre rappresentando il 97% della idrosfera (il rimanente 3% è acqua dolce). Nell’acqua sono nate le prime forme di vita batterica, le cui successive mutazioni hanno portato a una biodiversità tanto vasta da racchiudere le più differenti forme animali e vegetali. Il complesso degli oceani determina le condizioni metereologiche del pianeta, produce più della metà dell’ossigeno che respiriamo e assorbe circa un terzo dell’anidride carbonica immessa nell’atmosfera. Quando si cercano forme di vita su altri pianeti uno degli elementi cardine di cui si indaga la presenza è l’acqua. Oggi circa l’80% della popolazione mondiale vive entro 200 km dalla costa. L’acqua è dunque un elemento fondamentale del nostro vivere quotidiano. Sul mare – e grazie al mare – si sono sviluppate le prime comunità che, da esso, hanno dapprima tratto giovamento per aspetti di natura climatica e di sostentamento e, successivamente, per i traffici commerciali ed espansionistici per i quali il mare ha rappresentato un ponte. Alexander Pope1 ha scritto: “Il Mare unisce i Paesi che separa”; non un mezzo di separazione quindi ma di unione, che attraverso i secoli ha garantito prosperità riducendo le distanze, favorendo gli scambi, stimolando la cooperazione internazionale nonché lo sviluppo scientifico rivolto, in particolare – ma non in maniera esclusiva – all’approvvigionamento di risorse energetiche. Il concetto di mare deve essere letto oltre il suo significato puramente geografico, poiché comprende una serie di aspetti ben più ampi della sola dimensione fisica. Oltre che essere un prezioso – ma non inesauribile – contenitore di risorse alimentari, materie prime e fonti energetiche, il mare è anche il più grande sistema di comunicazione globale per il trasferimento di materiali e di merci, dimostrandosi cruciale per lo sviluppo economico mondiale. Il mare è quindi un “ponte”, un “confine”, una “risorsa”. Economia, energia, alimentazione, sicurezza, comunicazioni, tecnologia, cultura: tutti i grandi snodi della globalizzazione passano dal mare. La globalizzazione ha modificato il concetto di distanza e di spazi geografici facendo assumere, al mare, un ruolo di importanza vitale quale elemento di unione per le economie nazionali e per l'interdipendenza tra le nazioni. Basta pensare il 99% delle informazioni digitali che ci arrivano tramite internet e oltre il 90% del traffico merci mondiale viaggiano attraverso il mare, facendo leva su un processo di standardizzazione unico, che rappresenta un modello di efficienza per altri ambiti produttivi ed organizzativi. A titolo di esempio, nessun altro mezzo inventato dall’uomo è in grado di tra-

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sportare le quantità di merci che può muovere una nave, con un impatto sull’ambiente decisamente minore in termini di inquinamento: il treno più lungo che esiste ha 120 vagoni e il massimo che può trasportare, se si raddoppiano i container (cioè se si mettono l’uno sopra l’altro), può arrivare a 240 mentre la più grande nave portacontainer ne arriva a trasportare fino a 24.000 (ovvero il 2000% in più); una nave portacontainer di medie dimensioni garantisce il trasporto di 4.000 container sostituendo - di fatto - 4.000 camion che, a parità di distanza percorsa e tralasciando le considerazioni sul traffico su gomma, emettono una quantità di CO2 di ben cinque volte superiore a quella prodotta dalla nave. Nessun Paese, nessuna moderna economia può fare a meno dell’uso del mare e delle vie marittime, poiché i fattori fondamentali per la stabilità, sia domestica che internazionale, per la prosperità e per lo sviluppo si fondano sull’approvvigionamento delle risorse e sulla garanzia del loro trasferimento. Ciò vale in particolare per l'Italia,

Paese dalla vocazione marittima

per eccellenza, che deve al mare e alle attività ad esso connesse gran parte della sua prosperità, del suo benessere e della sua sicurezza e che presenta una frontiera terrestre sicura a nord con i Paesi europei e una “frontiera liquida”, aperta a sud, il Mar Mediterraneo. Il mare è vita, benessere, prosperità e progresso per l’Italia, Paese che si protende sul mare con i suoi 8.000 chilometri di coste e che dipende fortemente – in ragione della sua economia prettamente di trasformazione – la componente internazionale del trasporto marittimo è sempre rilevante (nonostante gli effetti della pandemia sull’economia mondiale). In particolare, nel 2020 ancorché si sia registrato un -17% rispetto al 2019, il valore complessivo degli scambi commerciali via mare si è attestato su oltre 206 mld€, mentre nel primo trimestre del 2021, l’import/export via mare ha registrato un significativo +3%. L’insieme delle attività dell’economia del mare italiana (blue economy) rappresenta una componente determinante per l’intera economia nazionale e, nel 2020, è arrivato a produrre circa 47 miliardi di euro di valore aggiunto, pari a circa il 2.9 per cento del prodotto interno lordo complessivo. I dati soprariportati sono solo alcuni tra quelli che possono dare un’idea della valenza del mare per l’Italia, una

penisola che si protende nel cuore del Mar Mediterraneo – che costituisce una vera e propria cerniera di tre continenti (Europa,

Africa, Asia) – che pur rappresentando solo l’1% della superficie acquea globale è interessato dal 20% del traffico marittimo mondiale (27% del traffico container), che sale al 30% per quanto riguarda il petrolio e al 65% per le altre risorse energetiche comprese quelle trasportate dai gasdotti sottomarini. Il Mediterraneo è inoltre il centro geografico, geopolitico ed economico di una serie di arterie digitali formate da cavi che scorrono sott’acqua e attraverso cui transita quasi tutto il traffico internet mondiale.

Foto satellitare - credits NASA.

1 Poeta inglese (Londra 1688 - Twickenham 1744), considerato uno dei più importanti del XVIII secolo.

L’italia e il mare

ITALIA, PAESE MARITTIMO

La posizione geografica dell’Italia, centrale rispetto ai due passaggi ristretti di Gibilterra e Suez, pone i porti nazionali in un importante crocevia strategico che interseca il traffico commerciale diretto verso l’area atlantica (alla volta dei mercati nord e sud americani e delle nuove frontiere energetiche e commerciali del CentroAfrica occidentale), verso l’area mediorientale (dove si trovano le maggiori riserve mondiali di energia fossile fruibili dell’Africa occidentale) e verso l’area continentale europea, cuore industriale dell’Unione, in cui il 36% degli scambi intracomunitari avviene via mare. Risulta quindi chiaro che una posizione baricentrica nel Mediterraneo e un clima favorevole hanno consentito all’Italia di svilupparsi come Paese marittimo e diventare la culla di una delle più grandi civiltà della storia. Secoli di incontrastato dominio da parte della gens italica hanno fatto del Mediterraneo il Mare nostrum, ovvero un luogo di incontri, confronti, scontri, interscambi intellettuali e religiosi, crocevia di commerci, epicentro di esportazione culturale, economica e sociale tra continenti. Il rapporto diretto e quotidiano con il mare ha permesso la nascita di illustri marinai ed esploratori italiani che hanno contribuito a scoprire il mondo come oggi lo conosciamo. Storicamente il mare ha sempre condizionato la crescita e il progresso degli abitanti della nostra penisola, rappresentando una grande opportunità per l’aumento del benessere della popolazione nei momenti di massimo sfruttamento delle rotte commerciali. La possibilità di accedere e operare liberamente e in modo sicuro sul mare consente di sviluppare numerosissime attività, dai traffici commerciali ed energetici, alla cantieristica navale, alla pesca, al turismo marittimo e crocieristico e, non da ultimo, alle telecomunicazioni: in sintesi, un’enorme e continua opportunità di crescita da valorizzare e impiegare in modo sostenibile, nonché da tutelare opportunamente. Come accennato, gli interessi strategici italiani passano inevitabilmente attraverso il mare. E l’Italia non può fare a meno di riflettere sulla propria strategia marittima. Un fattore troppo spesso sottovalutato, dato quasi per scontato. Come se il mare interessasse solo il settore esclusivamente marittimo, senza

Storicamente il mare ha sempre condizionato la crescita e il progresso degli abitanti della nostra penisola, rappresentando una grande opportunità per l’aumento del benessere della popolazione nei momenti di massimo sfruttamento delle rotte commerciali

che si comprenda che invece è il mare, con i suoi collegamenti, i suoi fondali, i suoi porti, le sue rotte e le sue risorse ad essere il vero fulcro della economia e delle strategie nazionali. In tale ambito, di preminente interesse per l’Italia è il cosiddetto Mediterraneo Allargato, regione che parte dal Mar Mediterraneo e si allarga ad oriente verso il Mar Nero, il Medio Oriente e – tramite Suez – il Mar Rosso, il Golfo Persico, il Corno d’Africa, l’Oceano Indiano e, a occidente – attraverso Gibilterra – il Golfo di Guinea; un concetto geopolitico già promosso negli anni Novanta e poi sviluppato in relazione al progressivo allargamento delle aree geografiche le cui dinamiche politiche e socio economiche sono strategicamente legate a quelle della Regione mediterranea. Si tratta di un’area molto estesa, densa di opportunità per la nostra realtà commerciale, ma anche di minacce che ne mettono a rischio gli interessi. Nell’area, la rilevanza dell’ambiente marittimo è inoltre particolarmente significativa se si considera che la popolazione è concentrata per oltre l’80% in una fascia distante meno di 150 km dalla costa e può essere facilmente raggiunta attraverso il mare, che rappresenta il sistema più vantaggioso per muovere ingenti quantità di merci tra Paesi produttori e consumatori. Il legame che unisce l’Italia al mare è dunque indissolubile. Dalla sua solidità dipende la nostra prosperità e il nostro futuro. E per capire a fondo l’importanza e la necessità di mantenere e preservare questo legame nell’interesse collettivo, analizziamo il “concetto di mare” in tre sue fondamentali dimensioni.

Attraverso il mare si muovono i principali flussi di import e di export planetari (90% del commercio mondiale), con una crescita globale, che negli anni passati si è attestata su circa il 3% e scambi che hanno superato i 10 miliardi di tonnellate (per il 2021 si è registrato un incremento di circa il 4,2% per volumi complessivi maggiori di 12 miliardi di tonnellate, superiori quindi ai livelli pre-COVID-19, mentre per il 2022 si stima un ulteriore incremento del 3,1%). Anche in Europa viene replicata questa tendenza, con statistiche che presentano un settore in continua espansione e interscambi che valgono più di 1.200 miliardi di euro. Ciò anche grazie all’allargamento del Canale di Suez, ultimato nel 2018, che ha consentito, nel 2020 il trasferimento annuale di oltre un miliardo di tonnellate di merci da e per il Vecchio Continente. Il presupposto primario dell’odierno sistema produttivo e consumistico globalizzato si basa sul principio secondo il quale un bene viene realizzato laddove esistono condizioni più convenienti per il produttore (costi, tecnologia, risorse, ecc.), per essere poi massivamente trasportato e distribuito nei mercati da cui proviene la maggiore richiesta, secondo un costante e ininterrotto flusso di distribuzione, senza limiti di spazio, confini e tempo. Ciò è alla base dell’economia di trasformazione, di fondamentale importanza per il nostro Paese che, a parte in qualche settore, è strutturalmente in deficit di materie prime. L’Italia riceve via mare quasi la totalità delle materie prime per la nostra industria manifatturiera Nel 2020, 60,7 milioni

La dimensione economico-commerciale marittima

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di tonnellate che vengono processate in semilavorati e prodotti finiti da destinare ad altri mercati in Europa e nel mondo (nel 2019, 65 milioni di tonnellate). In tale contesto, le coste italiane rappresentano un’enorme opportunità di collegamento attraverso le numerose rotte commerciali aperte su scala internazionale. L’orografia del Paese ha consentito, infatti, di disporre di insenature naturali in cui si sono facilmente sviluppati porti commerciali di importanza e rilevanza mondiale per la marineria mercantile e gli interscambi. In particolare, i porti italiani sono tra i primi in Europa per volumi di merce trasportata: le linee di navigazione internazionali e di cabotaggio hanno movimentato nel 2020 circa 470 milioni di tonnellate complessive: 181 milioni di merci liquide alla rinfusa, 66 milioni di rinfuse solide, 223 milioni di merci varie (di cui 94 milioni rotabili e 95 milioni in container). Oltre il 90% del commercio globale utilizza il trasporto marittimo, del 4,2% per volumi complessivi maggiori di 12 miliardi di tonnellate, superiori quindi ai livelli pre COVID-19, e per il 2022 un ulteriore incremento del 3,1%.

Dopo quasi tre millenni, il futuro dell’Italia continua a dipendere fortemente dal mare e dalle opportunità che esso offre.

Nel 2020, il saldo della bilancia commerciale nazionale ha registrato un attivo di circa 75 miliardi di euro, continuando in un trend positivo che aveva posto il Paese tra i primi al mondo. Ciò soprattutto grazie alla quinta

flotta mercantile nazionale per controllo armatoriale (sesta per flotta di bandiera) nell’ambito

dell’Unione Europea, che si situa sui 15,5 milioni di tonnellate di stazza. Se si considera tuttavia il genuine link tra bandiera della nave e nazionalità dell’armatore la flotta italiana è addirittura la quarta in UE – con posizioni di primato o di grande rilievo nei settori più sofisticati (unità “Ro-Ro”2 , navi da crociera, navi-cisterna speciali per prodotti chimici e petroliferi). Il nostro Paese mantiene la leadership europea nel traffico crocieristico pur con le limitazioni determinate dal lockdown causa COVID-19 (con 1.447 “toccate nave” nel 2021), nonché il 3° posto in Europa - dopo molti anni di primato - per importazioni ed esportazioni di merci via mare attraverso il sistema portuale. La flotta da pesca italiana è la seconda del Mediterraneo ed è in grande sviluppo l’acquacoltura; è in crescita la formazione marittima e l’occupazione, aumentano anche gli investimenti nella tutela dell’ambiente nel settore marittimo. Il nostro Paese è anche leader nell’industria navalmeccanica mondiale, annoverando uno tra i più importanti complessi cantieristici al mondo. In tale ambito, l’Italia è considerata all’avanguardia nell’industria navale in Europa, nonché guida nella progettazione e in tutti i settori della navalmeccanica ad alta tecnologia, dalle navi crociera e militari all’offshore, dalle navi speciali e traghetti ad elevata complessità ai mega-yacht, nonché nelle riparazioni, nelle trasformazioni navali, nella produzione di sistemi e componenti, nell’offerta di servizi post-vendita. L’impatto sull’economia italiana delle attività marittime va quindi ben oltre gli aspetti più strettamente legati alla loro dimensione trasportistica e coinvolge direttamente anche i settori produttivi, manifatturieri e terziari, dell’economia. L’economia del mare italiana dà occupazione a circa 900 mila addetti, tra diretti e indiretti (3,5% dell’occupazione del Paese), e a 5 milioni di lavoratori nell’indotto, con oltre 200 mila imprese impegnate nel settore ed una spesa annuale di oltre 20 miliardi di euro in acquisti di beni e servizi. Si tratta, di fatto, di un insieme di attività che non si esaurisce nelle sole attività marittime ma si estende a molte altre attività che vengono attivate indirettamente: esiste in pratica un moltiplicatore per cui per ogni euro prodotto da un’attività legata al mare se ne attivano altri sul resto dell’economia. Nel 2019, i 47,5 miliardi di euro di valore aggiunto prodotti dalla blue economy hanno attivato 89,5 miliardi di euro di valore aggiunto sul resto dell’economia, per un ammontare produttivo complessivo pari a 136,9 miliardi di euro (ovvero l’8,6% dell’intera economia nazionale). In altre parole, per ogni euro prodotto dalla blue economy se ne attivano sul resto dell’economia altri 1,9 euro.

Golfo di Guinea, marzo 2021. La fregata Luigi Rizzo fornisce supporto e cornice di sicurezza alla porta-elicotteri anfibia Dixmude (Marina francese) che ispezione il mercantile "Najlan", in transito in acque internazionali. Nell’operazione sono state rinvenute più di 6 tonnellate di cocaina, dal valore stimato di 1.3 miliardi di dollari.

2Roll-on/roll-off , termine inglese per indicare una nave-traghetto per il trasporto con modalità di imbarco e sbarco di veicoli gommati e di carichi.

La dimensione energetica marittima

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Come per qualunque forma di commercio, anche sotto il profilo energetico il mare assume una duplice valenza: da un lato l’export energetico è un’importante fonte di introito a supporto della bilancia commerciale interna, dall’altro l’import energetico è vitale per chi, come l’Italia – povera di fonti energetiche – necessita di forniture esterne per soddisfare un mercato sempre più “energivoro”. Grazie ad aziende di primissimo livello nella prospezione del fondale marino e con una fitta rete di approvvigionamenti di petrolio e gas altamente diversificata che eviti la fornitura in forma esclusiva, possibili situazioni di monopolio e di insicurezza energetica, l’Italia esercita i suoi interessi in questo ambito con i partner dell’area nordafricana, euroasiatica, mediorientale, e, in maniera crescente, anche centroafricana occidentale del Golfo di Guinea. Volendo corroborare con qualche numero quanto appena esposto, nel 2020, la domanda di gas naturale in Italia è stata di 70,4 miliardi di mc, di cui 4,1 di produzione interna e 66,3 di importazione, l’importanza del mare e della sicurezza marittima per la nostra dimensione energetica è facilmente riscontrabile con qualche dato aggiuntivo a quelli già presentati: due dei quattro gasdotti che servono l’Italia attraversano il Mediterraneo centro-meridionale, mentre il quinto (in costruzione) attraverserà il Basso Adriatico. Il GNL che arriva, come detto, con le gasiere è convertito allo stato aeriforme tramite tre rigassificatori marini, due nel Tirreno settentrionale e uno in NordAdriatico, mentre la quasi totalità del petrolio che raggiunge il nostro Paese è trasportato tramite le petroliere. Un approvvigionamento energetico affidabile, conveniente e sicuro è fondamentale per la qualità della nostra vita: un’interruzione della fornitura di energia può causare un blocco totale per molte attività. È quindi evidente come le con-

dotte sottomarine e la flotta mer-

cantile nazionale siano essenziali per l’Italia che riceve, per il loro tramite, la quasi totalità del fabbisogno dell’industria nazionale. La Strategia Energetica Nazionale3 ha altresì riaffermato la necessità di accelerare il percorso per rendere il sistema energetico italiano sempre più sostenibile, attraverso la progressiva chiusura degli impianti offshore ubicati nelle acque di giurisdizione nazionale, i cui pozzi sono peraltro in fase di esaurimento, e al non avvio di nuove trivellazioni. Questo percorso da un lato ridurrà – entro pochi anni – la produzione nazionale di energia fossile (si pensi che nel solo periodo compreso tra il 2018 e il 2019 la riduzione è stata del 1.8%), mentre dall’altro sosterrà ancor più lo studio e lo sviluppo di soluzioni per trovare fonti energetiche sostenibili, sempre di origine marina4 . Il 99% delle telecomunicazioni digitali viaggia, infatti, tramite le moderne dorsali marine dei flussi dati, replicando sottacqua – per dimensione – le reti degli altri traffici che avvengono in superficie. Sono 487 i cavi sottomarini adagiati sul fondo del mare, per un totale di oltre 1,3 milioni di chilometri.

Il 99% delle telecomunicazioni digitali viaggia, tramite le moderne dorsali marine dei flussi dati, replicando sottacqua – per dimensione – le reti degli altri traffici che avvengono in superficie. Sono 487 i cavi sottomarini adagiati sul fondo del mare, per un totale di oltre 1,3 milioni di chilometri.

La fregata Carlo Bergamini in prossimità di una piattaforma energetica. La Marina Militare supporta il potenziamento della sicurezza energetica a protezione degli interessi nazionali in campo marittimo.

3Elaborata nel 2017 dai Ministeri dello sviluppo economico e dell’ambiente in forma congiunta. 4Ad esempi: Progetto Sealines Mediterranean Safety Network portato avanti dal MiSE nell’ambito di una partnership europea riguardante il Programma Horizon 2020 sullo studio sul riuso delle piattaforme Oil&Gas per la produzione di energia da fonti rinnovabili, la conversione in idrogeno e lo stoccaggio nelle sealines connesse alla piattaforma.

La dimensione cibernetica marittima

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Contrariamente alla percezione comune, che associa la prevalenza dei traffici dati con i satelliti, il fondo del mare accoglie una fitta rete di cavi che assicurano la quasi totalità delle trasmissioni su scala globale, fondamentale per lo sviluppo informativo ed economico e per i collegamenti web e telefonici tra tutti i continenti. Il 99% delle telecomunicazioni digitali viaggia, infatti, tramite le moderne dorsali marine dei flussi dati, replicando sottacqua – per dimensione – le reti degli altri traffici che avvengono in superficie. Sono 487 i cavi sottomarini adagiati sul fondo del mare, per un totale di oltre 1,3 milioni di chilometri, indispensabili per gestire efficacemente le esigenze di comunicazione della moderna economia e società digitale, lungo una rotta ideale che collega l’Estremo Oriente agli Stati Uniti, passando per l’Europa via canale di Suez, Sicilia, Marsiglia e poi a terra fino ad Amsterdam e Londra dove ripartono i cavi transatlantici. Si tratta di un sistema che oggi è di vitale importanza per tutto il genere umano e, in quanto tale, bisognoso di grande attenzione e protezione in considerazione della possibilità concreta di violabilità di tali reti con conseguenti problemi di sicurezza cibernetica. Pensiamo ad esempio alla fruizione non autorizzata dei dati a scopo di spionaggio, al taglio fisico dei cavi, ma anche a danni accidentali: le conseguenze su tutti i servizi erogati attraverso la rete – dall’economia, alla previdenza, ai trasporti, alla sanità, all’informazione, all’energia, alla sicurezza – sarebbero di estrema gravità.

Il 99% delle telecomunicazioni digitali viaggia tramite le dorsali ma-

rine dedicate ai flussi dati. Ecco dunque che i mari e gli oceani continueranno a rappresentare una fondamentale risorsa anche nel settore delle energie rinnovabili (sfruttando l’enorme potenziale di onde, vento, maree, gradiente di salinità e gradiente di temperatura), destinato ad una rapidissima crescita in previsione dell’aumento, nei prossimi decenni, del consumo energetico mondiale. Con la sua decisione C (2020) 3667 dell’11 giugno 2020, la Commissione Europea ha approvato, fino alla fine del 2023, la proroga delle misure, messe in atto dall’Italia in sostegno al settore del trasporto marittimo per il quale si stima, a fronte di un ipotetico incrementando del 10% del numero dei marittimi oggi beneficiati di tale aiuto, l’attivazione di circa 8.600 nuovi posti di lavoro. Il quadro fin qui tracciato dipinge un assetto del mare che si fonda sull’uso di esso e sulle opportunità che si aprono grazie al progredire continuo della tecnologia. È tuttavia necessario soffermarsi a riflettere anche sui rischi e sui pericoli legati alla messa in opera di comportamenti indifferenti alla fragilità dell’ambiente marino e alle minacce che si sviluppano sul mare e dal mare provengono. Se, da un lato, le opportunità di natura socio-economica sono il motore dello sviluppo marittimo e del benessere della popolazione, dall’altro il mare pone importanti sfide che sollecitano quel legame indissolubile che l’Italia ha creato con esso sin dai primordi e che riguardano la libertà di navigazione,

il commercio marittimo e gli interessi economici, le risorse energetiche e la prospezione sostenibile delle geo-risorse nelle zone dell’alto mare.

Ampliando il discorso alla Regione mediterranea, questa è caratterizzata da numerosi fattori di instabilità e dimensioni conflittuali intra e interstatali, con focolai di crisi e minacce che inevitabilmente si riverberano sul bacino e ne influenzano le attività marittime, rilevanti per la sicurezza e la prosperità dell’Italia e dell’Unione Europea. Crisi e minacce che spaziano dai conflitti di varia natura alle crisi tradizionali – soprattutto nella sponda sud dell’area – dal crimine organizzato – inclusa la pirateria marittima5 – al traffico di esseri umani, di armi e droga, all’immigrazione irregolare, al contrabbando, al terrorismo/ecoterrorismo ed alle attività illegali intenzionali rivolte contro navi, merci, equipaggi e passeggeri, attrezzature portuali e infrastrutture critiche marittime ed energetiche, inclusi gli attacchi cibernetici. Persino il legittimo sfruttamento delle risorse marine, fortemente condizionato dai crescenti fenomeni della cosiddetta “territorializzazione”6 e della “urbanizzazione” di ampie porzioni dell’Alto Mare – che determina la riduzione delle acque soggette alla piena libertà di navigazione – è potenziale fonte di conflittualità tra i Paesi rivieraschi. Il mare aperto – fondamentale per i liberi scambi commerciali ed energetici – si sta riducendo, mentre le dispute per i confini marittimi stanno aumentando in molte aree regionali, quale risultato delle strategie periferiche attuate da molti Stati.

Il 99% delle telecomunicazioni digitali viaggia tramite le dorsali marine dedicate ai flussi dati. (Ricostruzione grafica cavi sottomarini - fonte internet).

5La pirateria è oggi ancora diffusa soprattutto nel Corno d’Africa, nel Golfo di Guinea, dove si concentrano i nostri principali interessi energetici marittimi, nello Stretto di Malacca e nei Caraibi. 6La situazione degli spazi marittimi del Mediterraneo va verso una progressiva territorializzazione: le proclamazioni di zone di giurisdizione nazionale quali le Zone Economiche Esclusive (ZEE) hanno infatti determinato la riduzione delle aree di alto mare rendendo quindi necessaria la cooperazione tra gli Stati rivieraschi per l’esercizio dei loro diritti.

Sfide e minacce

ITALIA, PAESE MARITTIMO

Il libero movimento sul mare è essenziale per alimentare il considerevole volume del commercio marittimo che dall’Italia transita in Europa e per sostenere l’industria di trasformazione del Paese, oltre che per influenzare in maniera positiva situazioni di crisi e di condurre operazioni di sostegno alle popolazioni colpite da calamità naturali. Qualunque tentativo di restringere le capacità di movimento dei vettori economici italiani in ogni parte del mondo, costituisce di fatto una minaccia ed un attentato alla sicurezza nazionale. In tale contesto, un esempio significativo è rappresentato dal fenomeno della pirateria marittima, che costituisce da secoli una grave minaccia alla libertà e alla sicurezza nella navigazione, in particolar modo per quel che riguarda i traffici commerciali. Scrivere delle origini della pirateria significherebbe scrivere la storia marittima del mondo poiché la sua nascita è concomitante con l’inizio dei traffici per mare. Tuttavia, essa è tutt’altro che un ricordo legato al passato e alla storia. Alla base del continuo processo rigenerativo del fenomeno vi sono condizioni di precarietà economica e di instabilità socio-politica presenti in alcune regioni che, al contempo, vedono transitare di fronte alle loro coste la maggior parte del traffico mercantile mondiale. Dopo alcuni eventi risalenti agli anni 70 e 80 del secolo scorso e relativi a Asia e Africa Occidentale, a partire dal 2005 si è assistito a un incremento esponenziale degli episodi che si sono estesi successivamente all’Oceano Indiano e agli Stretti di Hormuz e Malacca. Ad oggi, il Golfo di Guinea è l’hotspot mondiale della pirateria: la maggior parte dei 195 tentativi di attacco registrati nel 2020 è avvenuta al largo del Golfo. Peraltro, detta area è stata oggetto, nel 2021, del 43% degli incidenti. Al fenomeno sono associate conseguenze che si estrinsecano ben oltre la semplice perdita derivante dai danni alla nave attaccata o al carico da essa trasportato, poiché hanno importanti riflessi sia macroeconomici sia geopolitici. Si pensi, solo per citare un esempio, al sovraprezzo delle polizze assicurative per i rischi aggiuntivi dovuti alla pirateria che, a titolo statistico, nel periodo 2009 e 2010 hanno toccato gli 1,5 miliardi di dollari7. Inoltre, si valuta, che l’utilizzo di rotte alternative (re-routing) per evitare le aree più esposte ai pericoli della pirateria, comporti, a causa dell’allungamento delle tratte, un costo addizionale di circa 1 miliardo di dollari l’anno8 . Il re-routing oltre a implicare, alla pari del sovrapprezzo delle polizze assicurative, un aumento dei costi di trasporto, incide pesantemente anche sulle economie dei Paesi interessati dalla diminuzione dei traffici.

Il libero movimento sul mare risulta essenziale per alimentare il considerevole volume del commercio marittimo che dall’Italia transita in Europa ma, soprattutto, per sostenere l’industria di trasformazione

del Paese. Basti pensare, a titolo di esempio, ai mancati introiti per l’economia egiziana ogni qualvolta parte del traffico commerciale, al fine di evitare il golfo di Aden, circumnaviga l’Africa e non transita per il canale di Suez. Di fatto, la difesa dell’agibilità completa e sicura del canale di Suez e l’eliminazione del fenomeno della pirateria marittima nelle acque dell’Oceano Indiano sono questioni di assoluto rilievo anche e soprattutto per l’Italia. Un ulteriore spostamento dei traffici dalle rotte per Suez a favore di quelle che circumnavigano l’Africa, con il conseguente punto di imbarco e sbarco delle merci nei porti nordeuropei (come, ad esempio, Rotterdam), potrebbe, infatti, condurre alla “marginalizzazione” del Mediterraneo e del nostro Paese. Da quanto esposto appare evidente come nella Regione mediterranea le pressioni di carattere politico, economico, religioso, ideologico e criminale troveranno sempre più sul mare il campo di applicazione in quanto, proprio sul mare, i margini di sicurezza atti a evitare reazioni non controllabili risultano ben più ampi di quelli consentiti dalla rigidità dei confini terrestri. Di contro tali fenomeni, se subordinati alle convenzionali regole del diritto internazionale – in primis la Convenzione sul Diritto del mare siglata a Montego Bay nel 1982 – consentiranno lo sfruttamento disciplinato e sostenibile delle aree di mare un tempo oggetto di scontro fra Paesi rivieraschi e contribuiranno a incrementare la sicurezza marittima anche nei confronti di altri rischi e minacce, mantenendo l’alto mare un’area di cooperazione e non di competizione. Le situazioni di instabilità cui abbiamo accennato riguardano l’intera comunità internazionale che, come l’Italia, è legata indissolubilmente al mare, essendo i confini marittimi fluidi per loro stessa natura e quindi permeabili ai citati rischi e minacce. Mai come oggi geo-strategia, economia e situazione politico-culturale si presentano interconnesse e intrecciate da forti nodi problematici. In tale prospettiva l’Italia, costituendo l’anello di raccordo tra l’Europa, l’Africa e il vicino Oriente, si può proporre – per posizione geografica, cultura e storia – quale referente naturale per i Paesi nord-africani e mediorientali. Al contempo, il Paese può risultare particolarmente rilevante, agendo anche quale partner abilitante dell’Unione Europea e della NATO nell’opera di dialogo e cooperazione con gli Stati rivieraschi.

Oggi, lo sviluppo e il progresso del Paese si basa fortemente sulla certezza di mari e oceani sicuri, protetti e puliti.

Immagine tratta dal film “Captain Phillips – Attacco in mare aperto” del 2013 del regista Paul Greengrass. Il film portò alla ribalta internazionale la piaga della pirateria marittima al largo della Somalia. A seguire, la portacontainer Ever Given, nel marzo del 2021 s’incagliò nel Canale di Suez provocandone il blocco per sei giorni. La perdita economica giornaliera stimata è stata di 9.6 miliardi di dollari di cui 5,1 generati dal traffico marittimo che va dal Mediterraneo verso l’Oceano Indiano e 4.5 quello relativo alla direzione opposta. 7Cfr. F. Biloslavo e P. Quercia, Il tesoro dei pirati. Sequestri, riscatti, riciclaggio. La dimensione economica della pirateria somala - Ministero della Difesa, supplemento al numero di Marzo 2013 della Rivista Marittima. Cap V pag. 84. 8Ibid. Cap V pag. 85.

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Il potere marittimo

Asimilitudine dell’apparato cardiovascolare umano, la fitta rete viaria marittima planetaria è più che mai vitale per la sostenibilità dell’uomo: infatti la libera, sicura e ininterrotta fruibilità di tale rete è garanzia per lo sviluppo e il rafforzamento delle economie di ciascun Paese. La tutela delle frontiere marine, della sicurezza delle vie di comunicazione marittima, dello stesso ambiente marino e di tutte le attività ad esso connesse, impone il continuo impegno della comunità internazionale, azione che – all’atto pratico – è resa possibile in maniera preminente dall’opera delle Marine militari. Ciò richiede a ciascun Paese di disporre di uno strumento marittimo credibile, efficace, adeguatamente dimensionato e dotato di tutte le capacità necessarie a garantire l’assunzione di tale responsabilità. In tale contesto, la capacità di utilizzare il mare per i propri fini, per difenderne le risorse e gli stessi confini marittimi nazionali si identifica con il potere marittimo che afferisce, secondo l’accezione generalmente riconosciuta, non solo alla sfera militare, ma include quella economica, commerciale, sociale e culturale, tramite lo sviluppo della flotta mercantile, della cantieristica, dei porti e della necessaria logistica integrata e il radicamento di una cultura marinara tra la popolazione9 . Attesa l’importanza del mare non solo per l’Italia ma per molti altri Paesi, risulta essenziale mettere a fuoco le situazioni che rischiano di arrecare pregiudizio al naturale equilibrio marino, soprattutto in quelle regioni ad alta concentrazione di interessi. Come precedentemente accennato, ne è un esempio la regione del Mediterraneo allargato dove, affacciandosi nazioni dalle differenti culture, tradizioni storiche, religioni e con pretese di giurisdizione extra-territoriale, i problemi inerenti la sfera della difesa e della sicurezza marittima sono complicati e molteplici e, spesso, si generano anche in zone lontane dalle coste nazionali. La pirateria, il terrorismo e i traffici illeciti dilagano, mentre i flussi migratori via mare e i problemi dei rifugiati, l’assertività nei confronti di un uso sempre più esclusivo del mare e delle sue risorse minacciano non solo i Paesi costieri, come l’Italia, ma l’intera comunità internazionale, sempre più interconnessa e globalizzata. Queste sfide dimostrano come il concetto di potere marittimo sia non solo attuale ma anche suscettibile di un approfondimento e di una rivisitazione continua, al fine di renderlo un volano di sviluppo economico, tecnologico e culturale, promotore di sicurezza e benessere delle popolazioni. A prescindere dalla forma in cui si intenda aggregare e leggere i dati evidenziati in queste pagine, appare evidente come il mare sia un fattore essenziale per la prosperità dell’Italia, oltre che per la sua sicurezza. La protezione del territorio nazionale e di chi opera nell’ambiente marittimo da rischi e minacce che sul mare si sviluppano e dal mare provengono, la tutela del complesso sistema produttivo e di trasporto marittimo – linee di co-

Navi della Squadra navale in formazione. Il Comando in Capo della Squadra Navale (Cincnav), con sede a Santa Rosa (Roma), è il vertice dell’organizzazione operativa della Marina Militare. 9Attribuita allo storico americano contrammiraglio Alfred Tayer Mahan (1840-1914).

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municazione marittima; oleodotti, gasdotti e cavi per trasmissione dati sottomarini; porti; interporti; centri nodali di smistamento; navi; piattaforme petrolifere – e l’investimento nella marittimità sono essenziali per lo sviluppo del Paese. Le opportunità che risiedono nell’intera dimensione marittima offrono un ampio bacino di soluzioni per il mantenimento e il miglioramento del benessere del Paese e della sua popolazione, purché si segua un approccio che consideri le peculiarità naturali del mare, preservandone gli equilibri biochimici e la biodiversità, utilizzando in maniera sostenibile le risorse marine (che non sono inesauribili) e sviluppando le pertinenti tecnologie. Ciò detto, risulta evidente che siano ancora ampi i margini di miglioramento e di progresso volti a conferire alla dimensione marittima nazionale il dovuto rilievo e la necessaria centralità. Un processo – questo – che deve partire dalla presa di coscienza della peculiarità della tematica per l’Italia. In tal senso occorre sviluppare una maggiore consapevolezza individuale e collettiva della fondamentale im-

portanza della marittimità per il

Paese, che faccia leva sulla partecipazione attiva non solo delle Istituzioni e degli esperti di settore ma anche, e soprattutto, dei cittadini, consci che la sicurezza e il benessere dell’Italia dipendono fortemente e imprescindibilmente dal mare. La parola d’ordine è quindi consapevolezza: consapevolezza dell’importanza del mare per l’Italia, consapevolezza che l’Italia è una potenza marittima. È dunque necessario promuovere un’efficace azione che coinvolga tutti gli stakeholder che possono contribuire al rilancio della politica marittima nazionale (organizzazioni governative e non governative, Marina Militare, mondo dell’istruzione e della ricerca, industria, terzo settore e attori privati) attraverso la valorizzazione delle esperienze e delle conoscenze. La misura in cui l’Italia riuscirà a cogliere questa opportunità potrà definire gli equilibri geopolitici ed economici futuri, passando attraverso l’inquadramento di una governance globale dei mari volta a consentirne uno sfruttamento disciplinato e sostenibile, tutelandone l’ecosistema, contribuendo a incrementare la sicurezza marittima nei confronti di rischi e minacce che provengono dal mare – la frontiera “esposta” del Paese – mantenendo l’alto mare un’area di cooperazione e non di competizione. Solo assumendo con decisione tale responsabilità, l’Italia potrà acquisire una maggiore valenza a livello internazionale – contribuendo anche al recupero della credibilità del Paese – ed essere sostenuta dall’Europa in un progetto che dia al Mediterraneo priorità e centralità nelle scelte politiche. Ciò consentirà alla Nazione anche di tutelare nel bacino mediterraneo i propri vitali interessi che, come detto, includono tanto la sicurezza e lo sviluppo dell’economia, quanto la tutela dell’ambiente e l’utilizzo sostenibile delle risorse energetiche e alimentari del nostro mare. In conclusione, dalle crisi nordafri-

cane alla questione dei migranti, dalle nuove rotte commerciali alle partite per gas e petrolio, una fetta delle più importanti priorità italiana è sul mare.

Golfo di Taranto, ottobre 2021. Gruppo navale della Marina Militare in navigazione durante l’esercitazione Mare Aperto 21.

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