LA RIVISTA DEI CONDIMENTI
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MAGAZINE
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ISSN 2611-5239
EURO 15,00
L’ECCELLENZA
OUTSTANDING NUTRIRSI BENE È UN’ARTE. THE ART OF HEALTHY EATING.
ITALIA ITALY
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DELLA PUGLIA. PUGLIA
LA RIVISTA DEI CONDIMENTI
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Il nuovo volto di OOF Cosa ha di speciale la rivista OOF? Tutto. Intanto siamo l’unica rivista in edizione cartacea dedicata ai condimenti in Italia – e, salvo smentite, crediamo anche l’unica nel resto del mondo. In realtà, il protagonista quasi assoluto delle nostre pagine è stato l’olio extra vergine di oliva, e di questo un po’ ci dispiace: non siamo evidentemente equi. Ci impegneremo comunque a esserlo, da qui in avanti. Una buona ragione per scusarci? È che sentivamo l’urgenza di dare massima priorità all’olio estratto dalle olive. Sì, paradossalmente, perché rimane un alimento molto utilizzato ovunque ma tuttora poco conosciuto ed esplorato – e soprattutto, aspetto che ci mette un po’ d’ansia, non viene visto quale marcatore culturale, ruolo che invece meriterebbe di gran lunga. C’era l’urgenza di ribadire questo ruolo e abbiamo un po’ trascurato gli altri ingredienti. Significa allora che daremo corso a un cambiamento. Ecco, il cambiamento. Cosa si intende per cambiamento? Un ribaltamento di quanto finora fatto, forse? O una naturale evoluzione del nostro percorso? Oppure una riforma sostanziale? E se si trattasse invece di una trasmutazione? Bene, lo scoprirete scorrendo queste pagine. Forse. Intanto, un’avvertenza. A partire da questo numero 16, OOF, la rivista in edizione cartacea di Olio Officina, non sarà più in lingua inglese. Cosa significa? State pur certi che non rinunciamo affatto a un’eco internazionale, con Olio Officina. Svilupperemo semplicemente un progetto nuovo, sartoriale, dedicato su misura
all’utenza cui ci rivolgeremo. In modo che non si tratti solo della versione in lingua inglese di qualcosa di già pensato, vissuto e scritto in italiano e dall’Italia. Amiamo le sfide, e anche le complicazioni che queste comportano. Non ci mancheranno certo entusiasmo, risolutezza e perseveranza. Ora, però: quando c’è un passaggio, inevitabilmente una simile occasione comporta come sempre la necessità di intraprendere un cammino diverso. Si aprono pertanto nuovi varchi. Il cambiamento richiede sempre e comunque una svolta, ma anche la rinuncia a quanto già in precedenza sviluppato. Ecco allora la nuova veste grafica, un progetto e una visione inediti. Per quello che siamo stati, per quello che abbiamo realizzato, ringraziamo innanzitutto coloro che hanno dato un volto e una forma a OOF: Cristina Menotti e Fabio Berrettini. Tutti hanno apprezzato e ammirato in questi anni il loro lavoro. E grazie anche al gruppo di traduttori guidati da Anthony Green. Con l’ingresso nel nuovo ciclo di OOF, ringraziamo lo studio PR-A e il creative director Michelangelo Petralito per aver accolto l’invito a dare una differente forma alla rivista. Ricordate, però: la forma è sostanza. Sempre. Il titolo dell’editoriale del numero 1 di OOF era già di per sé una dichiarazione di intenti, che noi qui ribadiamo a chiare lettere: “Nessuna paura del nuovo”. E ora ci facciamo un augurio: che tanta audacia e tenacia ci accompagnino in continuazione. Grazie ai tanti lettori, e soprattutto gra-
zie agli abbonati che hanno creduto nel progetto (una raccomandazione, tuttavia: non dimenticate di rinnovare l’abbonamento, ma anche di regalarlo). Grazie pure al comitato scientifico e a tutti coloro che hanno collaborato a testi e immagini. Un grande grazie in particolare alle imprese che hanno compreso il valore di OOF, testimoniandolo in modo concreto e generoso attraverso la presenza costante della pubblicità. Fare cultura ha un costo, ma l’indipendenza di una rivista ha costi ancor più elevati di quelli abituali. La cultura va sostenuta in tutti i modi possibili. Chi ci sostiene rappresenta il volto bello e virtuoso di un mondo che non sa rinunciare alla sfide. Grazie, grazie, grazie.
*Residui ≤ a 0,01 mg/kg. Prodotto finito certificato da SGS Italia.
UNO ZERO CHE VALE ORO. Costa d’Oro presenta il primo extra vergine in Italia certificato Zero Pesticidi Residui*. Un olio che riscrive le regole della qualità degli extra vergini d’oliva.
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8Q WULSXGLR GL IULƔL EHQHGHƔL Che sia ferro, rame, ghisa o alluminio, porgo il mio dorso vegetale o animale al maestoso olio che fluttua e ribolle e salta e frizza e canta gioioso il nostro mutare in asciutti e croccanti desideri culinari. Di bocca in bocca leggeri, corposi, fragranti scrocchiamo: un tripudio di fritti benedetti da un olio che nutre e ci rende immortali. Stefania Morgante
Illustrazione di copertina Stefania Morgante stefaniamorgante.com IG: @stefmorgante
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Il volto nuovo di OOF
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Illustrazione e testo di Stefania Morgante
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di Maria Carla Squeo
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Intervista a Tullia Gallina Toschi 9RFH DOOD VFLHQ]D ũQRQ FL VRQR HYLGHQ]H FKH FRQGDQQLQR VHQ]D DSSHOOR LO IULƔRŪ
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Intervista a Salvatore Falco ,O ODERUDWRULR" )RQGDPHQWDOH QHOOD IRUPXOD]LRQH GHJOL ROL SHU IULƔXUH
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di Luigi Caricato
Intervista a Nicoletta Polliotto e Ilaria Legato ,O IULƔR GHYH GLYHQWDUH XQŧHVSHULHQ]D di Luigi Caricato
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Nuovo corso &ŧª GD FDPELDUH LO PRGR GL YHGHUH H LQWHQGHUH OD IULƔXUD
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Due gustose ricette d’esempio )ULƔXULQD FURFFDQWH %DUED GL IUDWH LQ SDVWHOOD DO JUDQR VDUDFHQR H ]HQ]HUR di Giuseppe Capano
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di Mario Portera e Maria Gabriella Dongarrà
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di Mario Portera e Maria Gabriella Dongarrà
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di Chiara Di Modugno
109 Quattro ricette, di Simona Pahontu 6DUGH LQ VDRU Fish and chips $OLFL DOOD VFDSHFH 3HVFH IULƔR H PDULQDWR DOOD JUHFD
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di Giuseppe De Carli
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Direttore Luigi Caricato Coordinamento redazionale Tamara Lovric Redazione Chiara Di Modugno Art Buyer Maria Carla Squeo Pubblicazione periodica Giugno 2023, anno 7, numero 16 ISSN 2611-5239 Olio Officina ISBN 978-88-94887-47-1 Editore Olio Officina
Art Director Michelangelo Petralito Progetto grafico e impaginazione PR-A, Milano
Illustrazioni Domenico Boscia, Huza Studio, Stefania Morgante, Doriano Strologo
Redazione Via Giovanni Rasori 9 20145 Milano - Italia Tel. 0039 02 8465223
Comitato scientifico Luigi Caricato, Rosalia Cavalieri, Lorenzo Cerretani, Daniela Marcheschi, Antonio Monte, Massimo Occhinegro, Alfonso Pascale
E-mail redazione@olioofficina.it
Stampatore Editrice Salentina, Galatina (Lecce) - Italia Distribuzione in libreria Unicopli - Trezzano sul Naviglio, Milano Pubblicità Olio Officina, pubblicita@olioofficina.it
Fotografie Gianfranco Maggio, Lorenzo Cerretani, Jacopo Carré et al.
Olio Officina Srl Società unipersonale Via Francesco Brioschi 86 20141 Milano - Italia
Siti Internet magazine olioofficina.it festival olioofficina.com edizioni olioofficina.eu
Hanno collaborato Giuseppe Capano, Luigi Caricato, Lorenzo Cerretani, Giuseppe De Carli, Chiara Di Modugno, Maria Gabriella Dongarrà, Giovanni Lercker, Daniela Marcheschi, Stefania Morgante, Simona Pahontu, Mario Portera, Maria Carla Squeo
Il numero 16 di OOF Magazine, giugno 2023, è il supplemento del numero 507 della testata giornalistica OlioOfficina Magazine, registrata presso il Tribunale di Milano, n. 326 del 18 ottobre 2013. Direttore responsabile: Luigi Caricato. La rivista OOF Magazine viene distribuita in libreria e la si può ricevere anche direttamente al proprio recapito su abbonamento (Info: posta@olioofficina.eu). Costo dell’abbonamento a quattro numeri di OOF Magazine: euro 60,00 per l’Italia, euro 80,00 per Europa e Bacino del Mediterraneo; euro 100,00 Americhe, Asia, altri Paesi dell’Africa; euro 110,00 per Oceania. È possibile acquistare copia digitale sfogliabile della rivista su piattaforma Issuu alla voce Olio Officina.
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8QD ULFHƔD SHU FRPLQFLDUH “Frittelle magre di pome e di fichi per piatti sei”, tratta dal Libro novo nel qual s’insegna a far d’ogni sorte di vivande secondo la diversità de i tempi così di carne come di pesce, prima edizione nel 1559, autore Cristoforo di Messisbugo, provveditore ducale alla corte Estense di Ferrara. Indicazioni per l’esecuzione: “Piglia pome monde tagliate minute numero dieci, e libbra una di fichi tagliati minuti; e poi piglia una scutella e mezza di farina bianca, e oncie 2 d’olio buono e oncie 3 di uva passa, e un bicchiero di vino bianco dolce, e un poco di zaffarano, e incorpora bene ogni cosa insieme, giungendoli tanta acqua che detta composizione venga come una colla. E incorporarai bene ogni cosa insieme; e poi averai la patella con olio caldo, e con la gucchiara gli andrai ponendo le tue frittelle, ad una, ad una, dentro. E fritte, per imbandirsi, gli porrai sopra oncie 6 di miele purgato, e oncie 4 di zuccaro sopra il miele; seranno fatte”.
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&RVH IULƔH H ULIULƔH Nei vocabolari il verbo friggere è associato a molteplici significati, tutti riconducibili all’atto di cuocere in padella, nell’olio o in altro grasso bollente. Dal latino frigere, si tratta di “uno dei modi tradizionalmente più gustosi e diffusi di cuocere le vivande”, come appunto opportunamente viene precisato nel Dizionario italiano ragionato diretto da Angelo Gianni. La pratica della frittura rappresenta un metodo di cottura tanto in voga da ricorrere di frequente in diverse espressioni comuni. Dall’esclamazione di fastidio vai a farti friggere alla più drastica esser fritto, propria di chi sente oramai perduto, spacciato, senza più speranze; dal friggere di rabbia, di chi non ne può più, all’impazienza di chi frigge nell’attesa di una notizia o di una risposta importante. Espressioni comuni, ora scherzose, ora di carattere spregiativo, molte delle quali di ampio utilizzo, e altre per contro meno consuete, o datate, o in ogni caso confinate in ambiti strettamente localistici, riconducibili ad antichi proverbi e modi di dire, tanto che in alcuni si tratta – è proprio il caso di dire – di cose fritte e rifritte.
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7DQWR HURV QHOOD IULƔXUD Chi l’avrebbe mai detto che l’esercizio della frittura, e, in un senso più esteso, tutto ciò che si frigge, sia metafora degli organi genitali maschili e femminili? Nel Dizionario storico del lessico erotico italiano gli autori Valter Boggione e Giovanni Casalegno alla voce “frittella” associano l’immagine della ciambella bucata e unta al sesso femminile. Nel Veneto questa si dice frìtola; infatti troviamo citata questa espressione nel romanzo Libera nos a malo di Luigi Meneghello: “Ecco dunque: si possono fare i pettegolezzi sul culo, ma sulla frìtola no”. Con la parola “frìtola” si indicava peraltro una ragazza allegra, di facili costumi. Pure il poeta Giuseppe Gioacchino Belli è altrettanto esplicito: “Noantri fijacci de mignotta / dimo... / sorca, vaschetta, fodero, frittella”. Fin qui i riferimenti alla vagina, ma anche il sesso maschile è implicato in questo gioco di metafore. Nei versi del poeta Carlo Porta si legge questo passaggio: “Oh quanti parentell han tiraa in pee / per nominà i cojon! Gh’han ditt / ... / frittur”. La frittura in questo caso rimanda ai testicoli, secondo l’interpretazione del filologo Dante Isella, che ne ha collegato il senso alla consuetudine di friggere le animelle delle bestie macellate. Infine, pure il vocabolo “frittata”, inteso in senso allegorico, esprime erotismo, lasciando intendere il mescolarsi e intrecciarsi dei sessi, al pari della frittata, appunto, che si ottiene mescolando i diversi ingredienti.
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gni volta che entro in un ristorante, ovunque, in qualsiasi parte del mondo, chiedo sempre, con sguardo supplichevole e un po’ divertito: patatine fritte! È come un mantra, ormai. Tra lo stupore di chi prende nota, incerto se presentare la porzione in apertura o in altro momento del pasto, e il mio appagamento soddisfatto e anche un po’ gaudente nell’apprendere la certezza della disponibilità rapida se non addirittura quasi immediata di quanto richiesto, mi rendo conto di come per me la frittura sia veramente la misura di ogni cosa. Un ristorante che non è in grado di realizzare delle buone patatine fritte è un ristorante da cancellare. È come una cartina al tornasole attraverso la quale ci si rende conto da un pur così mimino dettaglio della buona organizzazione o meno di una cucina professionale. Posso confermare che sono rare, rarissime le volte in cui resto estasiato, nella gran parte delle occasioni è ordinaria amministrazione, ti offrono il minimo sindacale: patate surgelate pronte per la frittura, ma senza alcuna poesia, senza alcuna immaginazione, senza alcun tocco magico che faccia sognare, senza alcuna concessione alla fantasia. Patate già tagliate e pronte per l’impiego. Tutto rientrante nell’ottica del pronto e servito, rare le volte in cui si vada oltre la sfera dell’ordinario. Si apre svogliatamente la busta. Si versano direttamente le patate pronte per l’uso, comode, veloci, affogandole nel bagno di frittura. Patate magari anche buone, senz’altro buone (si spera) ma senza storia. L’unica consolazione è sperare in un olio ancora fresco, scelto con cognizione di causa, adatto alle alte temperature, senza quella malsana e ricorrente idea di ridurre sempre e ad ogni modo i costi. La frittura deve essere qualcosa che ti sveglia dentro e ti rende felice, pronto alla vita. La frittura è catartica nel momento in cui riesce a sollevarti da ogni pensiero e preoccupazione e ti fa abbandonare al piacere fisico e spirituale quasi fosse un rito di purifica-
zione che ti sgancia e libera da ogni contaminazione. È evidente che inquadrata in questo modo la frittura non può assolutamente essere lasciata al caso. Tutto deve essere eseguito al meglio, secondo regole ferree e non badando mai a contenere i costi. Risparmiare sull’esecuzione di un fritto è da dissennati. Salute e gusto sono l’obiettivo da conseguire ogni volta. Vincere i pregiudizi aiuta a essere persone migliori. La scelta del liquido di frittura è anche una scelta etica. Significa avere a cuore le persone per le quali si è provveduto a cucinare. La frittura è la cartina al tornasole che ci permette di giudicare l’operato di una cucina professionale o domestica. Il bello e il buono di un fritto è tutto nella cura che mettiamo nel prepararlo. Mai nessun olio è sprecato in frittura. Più è buono l’olio, più fa bene e più è buono il fritto. Solo così, con queste premesse, la frittura è catartica.
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VEDI ALLA FRITT
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Frittura: sost. f., XVI secolo; da sost. m. e anche agg. fritto (dal part. pass. del verbo friggere: < lat. frīgĕre) più suffisso ura (lat. -ūra), con valore collettivo a indicare sia l’operazione della cottura in olio, burro o similia bollenti, sia ogni vivanda di pesce, verdura e altri fritti. Cfr. almeno il “classico” Pellegrino Artusi, La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, 2a ediz., Firenze, Tipografia Salvatore Landi, 1891 (e successive ristampe); Giuseppe Capano-Luigi Caricato, Friggere bene, Milano, Tecniche Nuove, 2009 e Giuseppe Capano-Luigi Caricato, Olio: crudo e cotto, Milano, Tecniche Nuove, 2012.
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Ciò che ci differenzia dagli animali in fatto di alimentazione è che noi cuciniamo il cibo, loro no. Tutto era partito dall’esigenza di conservare il più a lungo possibile il cibo, rendendolo anche più fruibile e appetibile. La cottura degli alimenti è stata una grande intuizione. Utilizzare il fuoco a proprio vantaggio è stato un apporto di civiltà. L’uomo primitivo ebbe l’ingegno di comprendere che alcune parti degli animali si scioglievano sotto l’azione del calore, diventando più stuzzicanti e tenere. Le parti muscolose della carne si “friggevano” nel liquido che si andava costituendo. Quel liquido era il grasso contenuto nella carne che si scioglieva sotto gli effetti della fiamma. Lo stesso liquido grasso una volta raffreddato facilitava la conservazione stessa del cibo. Dalle prime esperienze ebbero inizio, e in seguito si affinarono, le varie tecniche di cottura. Il primo approccio consisteva nello scottare il cibo su pietre roventi, poi di arrostirlo dopo averlo infilzato su alcuni bastoni. Poi si introdusse l’animale in apposite buche scavate nel terreno preventivamente riscaldate facendo ardere dei rami secchi. La carne macellata veniva ricoperta di erbe aromatiche e sopra si accendeva il fuoco per completare la cottura. A partire da queste primordiali forme di cottura si concepirono una serie di arnesi appositi. Il tempo, si sa, scorre inarrestabile e da una prima forma di cucina, risalente a circa mezzo milione di anni fa, all’epoca dell’uomo di Neanderthal, si è arrivati ad oggi, a una forma di cucina molto più complessa e articolata, fino a giungere a una cucina molecolare, dall’approccio e dall’impostazione espressamente scientifico-sperimentale. Chissà cosa ci riserva il futuro.
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Il De Re Coquinaria è un testo molto complesso e costituito da ricette di salse e di piatti completi. Il suo latino era povero dal punto di vista letterario, ma adatto al linguaggio dei cuochi dell’epoca. Si trattava di un’opera di uso corrente, alla quale si aggiungevano in margine varianti e nuove ricette, dando così vita poco a poco, edizione dopo edizione al corpus di cui disponiamo.
uando si iniziò a estrarre l’olio dalle olive, o da altri frutti o semi, il tentativo di scaldarlo per usi alimentari rivoluzionò l’idea stessa di cucina. Si scoprì che la natura chimico-fisica dei grassi determinava un rapido accumulo di calore, con esiti stupefacenti, ben diversi da altre modalità di cottura. Il cibo si percepiva più buono e croccante. Nel celebre trattato De re coquinaria di Apicio, le fritture riguardavano soprattutto pesci, verdure e carni. Tante le ricette, ma di studi specifici sul tema non c’è traccia. La frittura era tuttavia largamente praticata un po’ ovunque, con frequenza e con successo. Si ricorreva non solo all’olio ma anche al grasso d’oca o d’anatra, o in ogni caso ad altri grassi disponibili. Al fritto non si rinunciava e l’esercizio della frittura divenne metafora letteraria, espressione di costume e segno di appartenenza. Il commediografo Tito Maccio Plauto racconta nelle Bacchides di uno schiavo che minacciava di friggere il proprio padrone allo stesso modo con cui si andavano friggendo i ceci. Il grammatico greco Ateneo, vissuto nel secondo secolo dopo Cristo, elargiva ai suoi tanti estimatori ghiotte ricette di fritti e d’altro. Nel suo Dipnosophistarum sive coenae sapientum, opera composta da quindici volumi, fotografò fedelmente la gastronomia dell’epoca, riportando l’elenco di circa 1500 pubblicazioni, con l’indicazione di ben 700 autori, a testimonianza di come l’arte culinaria avesse anche in quel tempo un certo seguito. Ateneo riportò una serie di ricette elaborate dal poeta epicureo Archestrato,
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Tito Maccio Plauto (in latino: Titus Maccius Plautus o Titus Maccus Plautus; Sarsina, tra il 255 e il 250 a.C. – Roma, 184 a.C.) è stato un commediografo romano. Plauto fu uno dei più prolifici e importanti autori dell’antichità latina e l’autore teatrale che più influenzò il teatro occidentale.
vissuto in Grecia nel quarto secolo avanti Cristo. Una tra le più emblematiche ricette ci fa comprendere quanto fossero già perfettamente acquisite le procedure tecniche necessarie per ottenere buoni esiti di frittura. La ricetta dei pesciolini fritti serve a capire quanto fossero chiare le regole per ottenere un buon fritto: rispetto dei tempi di cottura, necessariamente brevi per evitare che il cibo assorbisse liquido di frittura. Archestrato raccomandava di friggere in olio con ortiche di mare e pisellini ancora dolci. I pesciolini a parer suo dovevano rimanere pochissimo in padella: “solo qualche istante e sono già cotti”. Nel susseguirsi dei secoli le ricette a base di frittura trovarono ampio spazio in tutta la pubblicistica di maggior successo. Si va da Guglielmo Tirel - conosciuto con il nome di Taillevent, autore del primo importante libro di cucina francese, il Viandier, scritto con ogni probabilità nel 1380 - al tanto celebrato ricettario dell’Anonimo Toscano e a molti altri testi ancora, noti e meno noti. Un’opera chiave del Rinascimento italiano, il De honesta voluptate et valetudine, di cui è autore l’umanista lombardo Bartolomeo Sacchi, detto Platina, era prodiga di consigli. La ricetta ova fricta florentinorum more è un classico: “In una padella ove stia bollendo dell’olio - scrive Platina - butta delle uova fresche avendo cura di staccarle, sui bordi tutto intorno, con un cucchiaio. Quando cominciano a prendere colore, sappi che sono cotte. È necessario che restino tenerelle nell’interno. Questa cottura - avverte infine
Guillaume Tirel, anche noto con lo pseudonimo Taillevent (Tagliavento) (Pont-Audemer, 1310 – Saint-Germain-en-Laye, 1395), è stato un cuoco francese al servizio di numerosi sovrani francesi, tra i quali Filippo VI, Carlo V e Carlo VI, ed è considerato l’autore del celebre manoscritto di cucina chiamato Le Viandier.
l’autore - è molto difficile”. Non tutti però sono stati propensi a dispensare consigli dettagliati. L’arte del cucinare andava carpita e custodita in segreto. Tuttavia, presso le maggiori corti italiane vi erano molti esperti che si dilettavano in tecniche gastronomiche dispensando consigli ed esortazioni. Come nel caso del gastronomo Cristoforo di Messisbugo. Nel suo Libro novo. nel qual s’insegna a far d’ogni sorte di vivande secondo la diversità de i tempi così di carne come di pesce, pubblicato a Ferrara nel 1549, riportava gran parte delle sue invenzioni, offrendo interessanti rielaborazioni di ricette valide per ogni occasione. Rivedeva le tradizioni popolari rielaborando all’occorrenza alcune tra le più antiche ricette della cucina contadina, o adattava ricette esotiche mutuate da altri Paesi. Le idee non mancavano. In un ricco banchetto organizzato dallo stesso Messisbugo, e di cui ci è giunto il menu, si poneva grande attenzione ai fritti. Si andava dalle polpe di capponi involte in bianco mangiare fritte con zucchero fino sopra alle code di trutte fritte accarpionate con limoni tagliati sopra, dai piccioni casalenghi in baffetta, fritti con cedri tagliati sopra ai passarotti fritti caldi con arance sopra, dai rombi fritti coperti di salsa sapor bianco e mostarda alle aguselle di mare fritte. Con grande generosità d’animo Messisbugo non disdegnò di fornire preziosi suggerimenti anche sulla gestione della temperatura: sconsigliava di dare “troppo fuoco all’oglio bogliente”, giacché le frittelle amano “esser cotte adagio”. Tornando invece a Platina, nel suo noto
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Bartolomeo Sacchi, detto il Plàtina (Piadena, 1421 – Roma, 21 settembre 1481), è stato un umanista e gastronomo italiano.
Cristoforo da Messisbugo, o Messi Sbugo, (... – Ferrara, 1548) è stato un cuoco italiano.
ricettario scende in dotte disquisizioni intorno alla tipologia di oli da utilizzare in frittura, suggerendo di volta in volta gli abbinamenti più idonei e confacenti. Riteneva che gli oli “dolci polputi” fossero i meno adatti alla frittura, rivelandosi per contro più idonei se utilizzati con minestre. Questione di punti di vista. La preferenza la accordava agli oli “men grassi e chiari”, ritenendo pure, altrettanto “perfettissimi”, gli oli “che ritirano al verde, essendo di olive cernute e non smaccate”. C’è da considerare che il grado di conoscenza degli oli era all’epoca piuttosto limitato, ma Platina riusciva in qualche modo a intuire le soluzioni più opportune da seguire. Anche se si tratta di opinioni a volte bisognose di revisioni, i suoi ragionamenti, supportati dalle conoscenze della sua epoca, dettero un impulso a ulteriori approfondimenti sul tema: “Quando l’oglio fa schiuma nel friggere, non sarà troppo buono; così anco quando creperà, ma quando si scalderà senza far moto et non renderà tristo odore, alhora sarà perfetto”. Le considerazioni di Platina intorno alla frittura ispirarono molti altri gastronomi contemporanei. Bartolomeo Stefani fornì utili chiarimenti in merito alla quantità di liquido di frittura necessaria per ottenere risultati apprezzabili: “Se haverai un pesce d’un’oncia scrive - per friggerlo si ricerchi un’oncia d’oglio, crescendo a oncia a oncia tanto il pesce quanto l’oglio”. Alla luce delle acquisizioni attuali, a leggere i volumi scritti nel corso dei vari secoli, alcuni sono discutibili e superati, ma testimoniano la costanza di attenzio-
ni riservate al tema frittura. In un libro del 1998, Fritto all’olio di oliva, Piero Antolini non ha esitato a bacchettare Jean Anthelme Brillat-Savarin (1755-1826), autore di Fisiologia del gusto. Antolini è severissimo: si tratta di “uno dei primi gastronomi che amò la tavola per diletto e cultura, non per competenza culinaria”. Brillat-Savarin “non ha evidentemente mai tenuto il manico d’una padella per friggere nella sinistra e la reticella o paletta forata nella destra”. Nel capitolo “Teoria della frittura”, Brillat-Savarin scrive sulla base di conoscenze, all’epoca, alquanto limitate in fatto di chimica dei grassi: “L’esperienza ha insegnato che non bisogna servirsi d’olio di oliva che per quelle operazioni che possono compiersi in poco tempo e che non esigono un grande calore, perché l’ebollizione prolungata vi sviluppa un sapore empireumatico e sgradevole che deriva da alcune particelle di parenchima dalle quali è difficilissimo sbarazzarsi e che si carbonizzano”. Un errore di valutazione, perché sappiamo bene come l’olio ricavato dalle olive sia di fatto il più stabile tra tutti i grassi, oltre che il più ricco in sostanze antiossidanti. Un plauso lo merita invece il libro di Giovanni Felice Luraschi, Nuovo cuoco milanese economico, pubblicato nel 1829, dove si affronta in modo più completo, sistematico, corretto ed esaustivo la frittura, attraverso un ampio ricettario e una serie di preziosi consigli, tra i quali il suggerimento di servire le fritture su salviette, con sopra prezzemolo o foglie di sedano o foglie di salvia fritti. Non è da trascura-
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Nuovo cuoco milanese economico, opera pubblicata a Milano nel 1829 dall’editore Carrara (Il titolo completo dell’opera è: “Nuovo cuoco milanese economico che contiene la cucina grassa, magra e d’olio e serve pranzi all’uso inglese, russo, francese ed italiano utile ai cuochi, ai principianti ed ai particolari, esperimentato dal cuoco milanese Giovanni Felice Luraschi”). Il cuoco galante scritto nel 1773 da Vincenzo Corrado (Oria, 18 gennaio 1736 – Napoli, 11 novembre 1836) , definito all’epoca un libro di alta cucina, testo richiesto in tutto il mondo dalle principali autorità dell’epoca, e ristampato per ordini del principe per ben sei volte.
Il fritto all’olio di oliva Piero Antolini, fondatore della Corporazione dei Mastri Oleari, ha introdotto, con questo e altri libri, un nuovo e moderno approccio al modo di intendere e impiegare l’olio da olive nelle varie formulazioni alimentari.
re nemmeno il libro di un altro esperto gastronomo, l’abate partenopeo Vincenzo Corrado, autore de Il cuoco galante, che riserva il giusto rilievo alla figura del cuoco friggitore, e, a dimostrazione e a supporto del detto napoletano secondo cui tutto ciò che si frigge è buono, riporta una serie di utili indicazioni su come sia possibile friggere di tutto, perfino i fiori di sambuco, le cimette di rosmarino, i rametti teneri di salvia, o il prezzemolo. La fantasia in cucina di certo non è mai mancata, soprattutto se si ha a che fare con le tradizioni popolari. Da qui la centralità della cucina di strada, strutturata in modo semplice tra botteghe di rosticceria e friggitorie ambulanti, rimodulata nel rinnovato spirito dello street food. Non a caso, molte tra le tante ricette regionali sono nate a partire dall’abitudine di mangiare per strada, come già avveniva ai tempi degli antichi romani. Solo per restare in Italia, si va dalle olive ripiene alla crema fritta, dalla pizza fritta ai panzerotti, dagli arancini ai cannoli, dai carciofi alla giudìa ai fiori di zucca, aprendo di volta in volta a un vasto e composito elenco di specialità che di regione in regione si rende sempre più appetitoso, fino a giungere all’infinita gamma di frittate e dolci della tradizione, dai krapfen alle zeppole. Una fantasia che nel tempo non è mai venuta meno, come si deduce dal libro Cucina di strettissimo magro, di padre Gaspare Delle Piane, pubblicato nel 1880. All’interno del volume compare un corposo capitolo dedicato alle fritture, dove si offre al lettore un catalogo essenziale “di taluni pesci che si solitano
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Pellegrino Artusi (Forlimpopoli, 4 agosto 1820 – Firenze, 30 marzo 1911) è stato uno scrittore, gastronomo e critico letterario italiano. È conosciuto principalmente per essere stato l’autore del libro di ricette italiano più popolare di sempre: La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene.
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4XDQGR SHU IULJƐHUH VL WUDƔD GL RSWDUH SHU OŧROLR R SHU LO ODUGR $UWXVL PHGLD WUD OH GXH VFXROH GL SHQVLHUR VXJƐHUHQdo in alcuni casi la PDQLHUD HPLOLDQD FRQ LO ODUGR LQ DOWUL OD PDQLHUD WRVFDQD mangiar fritti, tenendo conto della stagione nella quale convien farne uso”, e si FRQ OŧROLR GL ROLYD va dalle polpette fritte di pesce a quelle di riso, dai ravioli fritti alle cialde fritte, dai crostini di pane fritti alla salsa di tartufi, e dai crostini fritti di frutti di mare a molto altro ancora. A sorprendere, qui, è soprattutto, l’attualità delle ricette, segno che l’evoluzione del fritto ha conosciuto, negli ultimi anni dell’Ottocento, pur con fasi alterne, una costante e virtuosa evoluzione. Anche Pellegrino Artusi, con la celeberrima opera La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, pubblicato nel 1891, ha saputo prendere in seria considerazione l’arte della frittura. Ha riservato un intero capitolo ai fritti, in cui oltre a un repertorio classico, compaiono alcune insolite ricette come il fritto di pesche, o di mele: gli spicchi, non troppo grossi, vengono avvolti nella pastella e successivamente spolverizzati di zucchero dopo la cottura. Artusi non trascura le tradizioni locali: ecco allora i granelli fritti, tipica espressione della Maremma toscana nel giorno della castratura dei puledri. Quando per friggere si tratta di optare per l’olio o per il lardo, Artusi media tra le due scuole di pensiero, suggerendo in alcuni casi la maniera emiliana (con il lardo), in altri la maniera toscana (con l’olio di oliva). Nulla di strano, perché la contrapposizione tra gli oli da olive e i grassi animali, burro e strutto, era molto avvertita fino a qualche decennio fa. Infatti, come opportunamente evidenzia Giuseppe Mantovano nel suo L’avventura del cibo. Origini, misteri, storie e simboli del nostro mangiare quotidiano,
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L’avventura del cibo Con questo libro edito da Gremese nel 1989, l’autore, Giuseppe Mantovano, prende in considerazione le origini, i misteri, le storie e le simbologie del nostro mangiare quotidiano.
Giuseppe Gioachino Belli (Roma, 7 settembre 1791 – Roma, 21 dicembre 1863) è stato un poeta italiano. Nei suoi 2279 Sonetti romaneschi, composti in vernacolo romanesco, raccolse la voce del popolo romano del XIX secolo. Friggere bene Con questo libro gli autori, Luigi Caricato e Giuseppe Capano, si propongono di sfatare preconcetti molto diffusi e di affrontare con chiarezza i temi cardine per ottenere una buona frittura: dai grassi più adatti, agli strumenti più utili, alle temperature di cottura, agli accorgimenti tecnici.
è solo con l’avanzare dello sviluppo industriale, e con il progresso della tecnologia, che si assiste alla massiccia diffusione degli oli ricavati dalle olive. Nel passato, a eccezione dei luoghi di produzione a maggior vocazione, l’olio veniva impiegato solo per le insalate e sul pesce. A dominare la scena è stato lo strutto, ma solo per una questione di pura economia, perlopiù. L’olio era riservato ai pochi che se lo potevano permettere. Una poesia di Giuseppe Gioachino Belli ci chiarisce a suo modo le idee su come stiano le cose: “Sì è bona la cucina co lo strutto, / anzi lo strutto er barbiere m’ha detto / ch’è un connimento che fa bene ar petto. / Come fa er pepe ch’arifresca tutto. / S’addatta a li grostini cor presciutto / ar pollame (...) a l’arrosto de lommetto (...), / a lo stufato, all’umido, ar guazzetto (...), / ma addopprallo in ner fritto è un uso brutto. / Vòi frigge er pesce co lo strutto? Eh zitto. / Er pesce fritto in nell’ojo va cotto: / l’ojo è la morte sua p’er pesce fritto, / che magnà da stroppiati! io ne so matto. / E guarda er papa che davero è jotto: / ce se lecca li baffi com’un gatto”. La poesia del Belli ci fa ben capire come, in fatto di grassi, sia necessario far sempre le dovute distinzioni, perché c’è grasso e grasso. Con le conoscenze odierne sappiamo bene che non tutti i grassi alimentari sono idonei a sostenere le alte temperature, e non tutti risultano altrettanto efficaci quanto a gusto e appetibilità. Ciò che importa, sopra ogni cosa, è ottenere un fritto sano e piacevole. Ora, rispetto al passato in cui mancavano conoscenze specifiche, la letteratura sul
tema frittura è supportata da numerosi studi scientifici. E altrettanti sono i vademecum oggi disponibili, dal taglio divulgativo. Segnalo in particolare un libro di cui sono autore insieme con il maestro di cucina Giuseppe Capano, Friggere bene, pubblicato per le edizioni Tecniche nuove. Ciò che comunque importa sapere sopra ogni cosa, è che una frittura a regola d’arte, con l’olio più adatto, è senz’altro salutare (per quanto possa essere salutare un fritto, s’intende), purché non se ne abusi in quantità e in frequenza di consumo. Se si frigge in modo corretto, in relazione al valore nutritivo degli alimenti, la frittura è senz’altro meno aggressiva di molte altre tecniche di cottura.
Lorenzo Cerretani Studioso di tecnologie alimentari, ricercatore, oleologo, assaggiatore di olio da olive e capo panel, è autore di molte pubblicazioni scientifiche e di altre divulgative, tra cui, per le edizioni Olio Officina, il volume L’olio spiegato alle mie figlie. È attualmente amministratore delegato di una nota società alimentare e vicepresidente dell’Ordine dei Tecnologi alimentari della Regione Abruzzo.
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/ŧDOLPHQWR IULJƐH YLEUDQGR LPPHUVR QHOOŧROLR VRVWHQXWR GDO YDSRUH DFTXHR FKH OR DEEDQGRQD LQ PLQXWH EROOLFLQH FXRFH H VL GLVLGUDWD IRUPDQGR OD FURVWD
FENOMENOLOGIA DELLA FRITTURA
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Ossigeno
Acqua
Aerazione
Vapore, Composti volatili
Assorbimento
Vapore
Ossigeno
Ossidazione Idroperossidi, Dieni coniugati Alcoli, Chetoni, Aldeidi Acidi
Idrocarburi
Vaporizzazione
Patatine fritte
Disidratazione
Idrolisi
Dimeri,Trimeri, Epossidi, Alcoli, Idrocarburi
Acidi grassi liberi, Diacilgliceroli, Gliceroli, Monoacilgliceroli
Polimerizzazione
Dimeri Composti ciclici
Fonte di calore
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/D FKLPLFD GHOOD IULƔXUD di Lorenzo Cerretani
Dietro l’apparente semplicità del gesto, nel momento in
/D IULƔXUD LQ IRQGR cui decidiamo di friggere si verifica tuttavia una comFRVŧª" FRPH XQ JLRFR GL plessa serie di fenomeni che tutti i comuni mortali in geHTXLOLEULR 3URSULR SHU nere ignorano. TXHVWR ª PROWR LPSRUWDQ- Non appena immergiamo il cibo nell’olio, le reazioni che si scatenano sono infatti molteplici, come si può ben noWH OD FRPSRVL]LRQH FKLPLFR ƉVLFD GHO OLTXLGR GL tare nel dettaglio dello schema. IULƔXUD Ciò che è certo, è che il risultato è sempre appagante in
Fonte: Kathleen A. Warner, Food Uses for Soybean Oil and Alternatives to Trans Fatty Acids in Foods. In: Soybeans - Chemistry, Production, Processing, and Utilization (2008) Edited by: Lawrence A. Johnson, Pamela J. White and Richard Galloway.
termini di gusto e palatabilità ogni qualvolta vengano eseguite correttamente le indicazioni per una frittura a regola d’arte. La frittura, in fondo, cos’è? È come un gioco di equilibrio. Proprio per questo è molto importante la composizione chimico-fisica del liquido di frittura. Sappiamo che con le alte temperature gli oli si degradano per via dei processi di ossidazione, idrolisi e polimerizzazione. La scelta degli oli diventa pertanto cruciale. Anche perché nel corso della frittura gli oli si decompongono dando origine a prodotti volatili e non, con cui si alterano le qualità funzionali, sensoriali e nutrizionali degli oli. Friggere bene richiede applicazione, capacità e scelte oculate.
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Alimenti ricchi di acqua: verdure, patate, frutta
Alimenti fritti in pastella, infarinati o impanati, per fritture croccanti
TEMPERATURA MEDIA
130-145°C
TEMPERATURA ELEVATA
155-170°C
Alimenti piccoli ed eventualmente già precotti, TEMPERATURA MOLTO ELEVATA per fritture rapide, ad es. patate a bastoncino (french fries), crocchette (small)
Photo di Lorenzo Cerretani
175-180°C
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7HPSHUDWXUH GL IULƔXUD DOLPHQWL di Lorenzo Cerretani
Per ottenere una buona frittura, asciutta e leggera, la temperatura dell’olio gioca un ruolo importante. Raggiungere la temperatura perfetta permette di far rapprendere rapidamente la superficie esterna dell’alimento, dando luogo alla formazione di una crosticina che di fatto impedisce al grasso di entrare nel cibo. Per non compromettere il buon esito dell’operazione, occorre osservare la massima accortezza nel non eccedere con la temperatura di immersione, anche perché se questa è troppo elevata la crosta esterna si brucia impedendo la cottura completa dell’alimento. Ogni cibo richiede comunque un’attenzione specifica. La temperatura dell’olio nel corso di una frittura non può essere sempre uguale, ma varia in funzione degli alimenti che si intendono cuocere, raggiungendo un valore ottimale intorno ai 180°C. Raggiunta ogni volta la temperatura ideale, via via che l’alimento cuoce all’interno della crosticina si verifica una emissione di vapore che a sua volta dà luogo alla formazione di tante bollicine e al caratteristico sfrigolamento, il che significa assicurare la giusta umidità all’interno dell’alimento fritto e la certezza di pochissimo grasso assorbito.
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&RVD VXFFHGH DO FLER LPPHUVR LQ ROLR EROOHQWH Il cibo con le alte temperature del liquido di frittura si disidrata in modo rapido. Attraverso la disidratazione, nonché la reazione di Maillard, si crea la caratteristica crosticina dorata all’esterno e i tipici sentori gustativi. Aspetto molto importante, questo, perché senza tali fenomeni il cibo non avrebbe la piacevole sensazione di croccantezza.
Quantità di olio assorbite in diversi alimenti fritti (Rossell J.B., 2001) Prodotto French fries
% di olio assorbito *
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Patate fresche
Tanto più è rapida la formazione della crosticina tanto meno olio viene assorbito dal cibo. L’alimento dopo la frittura resta di conseguenza più asciutto al suo interno. La crosticina funge da barriera all’ingresso della materia grassa nell’alimento.
Alimenti impastellati (pesci/pollo)
L’assorbimento di olio dipende inoltre anche dall’abbassamento della temperatura dell’olio, quando questo viene a contatto con l’alimento da friggere.
Alimenti impanati (pesci/pollo)
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Patate a fette (chips) a basso tenore di grasso
Patate a fette (chips) tradizionali
Frittelle dolci **
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15-20 35-40 15-20
* Percentuale a prodotto finito ** Contengono circa il 10% di grassi, impiegati nella preparazione dell’impasto
7XƔH OH GRPDQGH R TXDVL H L GXEEL (tanti) FKH PROWL VL SRQJRQR IRUVH TXDQGR VL PHƔRQR D IULJƐHUH
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4XDQGR VL SX´ GLUH GL XQ IULƔR FKH ª XQ EXRQ IULƔR" Quando dal punto di vista sensoriale e gastronomico l’alimento lo si percepisce croccante, asciutto e poco unto. Quando, sempre sul piano sensoriale, il sapore originario dell’alimento resta tale anche una volta terminata la cottura. Quando dal punto di vista nutrizionale l’olio utilizzato in frittura non apporta quantità elevate di grassi saturi. Quando l’olio del bagno di frittura resiste più di altri grassi alle ossidazioni, evitando di conseguenza l’insorgere di eventuali sostanze sgradevoli per l’organismo.
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&RVŧª TXHVWD VWRULD GHO SXQWR GL IXPR Il “punto di fumo” è come un segnale prelimi- Il parametro del “punto di fumo” non vale tutnare. Si rende evidente quando dalla padella si tavia per gli oli extra vergini di oliva. Il fumo in sprigiona il fumo. questo caso si sviluppa in ragione della peculiare composizione in acidi grassi e anche per la Tutto, in sostanza, si gioca sui livelli di tempe- presenza di sostanze volatili aromatiche, le quaratura raggiunti dall’olio. Per questo la tempe- li, evaporando con il calore, generano fumi a una ratura va tenuta sempre sotto osservazione, in temperatura intorno ai 210°C. È sempre bene, in modo da evitare che l’olio raggiunga il fatidico ogni caso, non superare tale soglia. “punto di fumo”. La temperatura ottimale per una frittura a regola Il “punto di fumo” più elevato si attesta sui 235°C d’arte sarebbe bene che si attesti sui160/170°C, e appartiene all’olio di arachide. L’olio extra ver- non oltre. gine di oliva si ferma invece sui 210°C. Importante: il ricorso al termometro, preziosissimo, consente di avere sempre sotto controllo i valori critici. Punti di fumo *
Olio di arachide Olio di mais Olio di girasole Olio di soia Olio extra vergine di oliva Olio di cocco Olio di palma Burro Margarina
235° 230° 225° 220° 210° 180° 180° 170° 170°
* È la temperatura critica con cui l’olio comincia a produrre fumo e liberare sostanze tossiche. Quando si vede il fumo liberarsi nell’aria è segno che le molecole ossidate si sprigionano dall’olio. Quando ciò avviene, il grasso inizia a decomporsi, si idrolizza, alterando la propria struttura molecolare e formando tra le altre anche l’acroleina, una sostanza tossica e cancerogena.
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,O SXQWR GL IXPR VSLHJDWR EHQH GDO SURIHVVRU *LRYDQQL /HUFNHU Il punto di fumo è stata una valutazione della sostanza grassa molto utile prima dell’avvento delle tecniche analitiche moderne. Infatti serviva per valutare l’acidità libera insieme ai prodotti volatili di ossidazione, responsabili dell’abbassamento del valore della temperatura alla quale apparivano i fumi. Oggi sarebbe più importante conoscere quanti digliceridi sono presenti nell’olio per valutare le caratteristiche del prodotto cotto. Infatti i digliceridi sono emulsionanti capaci di ridurre il trasferimento del calore attraverso la formazione di schiume, portando a una cattiva frittura corrispondente. La formazione di queste sostanze, anche durante l’impiego dello stesso olio per diverse fritture, porta a peggiorare sempre di più il risultato. È il caso delle fritture da rosticceria, da mense di grossa dimensione e di quelle industriali.
Olio Dante.
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/ŧDQDOLVL VHQVRULDOH GHOOH IULƔXUH di Lorenzo Cerretani
Un metodo di analisi sensoriale per le fritture è sicuramente realizzabile, l’importante è che faccia riferimento a un approccio scientifico. Non si tratta di un lavoro semplice. Per codificare un metodo è necessario seguire le fasi previste per la messa a punto di una procedura di analisi sensoriale: — — — — — — — — — — — —
tavole rotonde per l’individuazione dei descrittori dei prodotti alimentari fritti individuazione del vocabolario dei descrittori dei prodotti alimentari fritti messa a punto di una scheda di assaggio di alimenti fritti verifica della scheda di assaggio individuazione di modalità standardizzate per lo svolgimento delle sessioni di analisi sensoriale sperimentazione della metodologia di assaggio su alimenti fritti eventuale revisione del metodo formazione dei giudici/assaggiatori rispetto alla metodologia e agli strumenti utilizzati valutazione e costituzione del gruppo (panel) di giudici dei prodotti fritti svolgimento delle sedute di analisi sensoriale dei prodotti fritti analisi statistiche dei risultati dei test sensoriali emissione di report di analisi sensoriali di alimenti fritti
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,O JUDQGH PDWFK 0HJOLR IULJƐHUH LQ ROLR H[WUD YHUJLQH GL ROLYD R LQ ROL GD VHPH" di Luigi Caricato essun pregiudizio, per carità, di fronte a una simile domanda. Ciascuno è libero di scegliere il liquido di frittura che ritiene più opportuno per sé, individuando l’olio più adatto secondo i propri gusti personali. La questione, tuttavia, è ricorrente e in molti si chiedono se sia da preferire l’olio extra vergine di oliva o uno tra i tanti oli da seme in commercio, cercando sempre di optare, ovviamente, per gli oli più stabili alle alte temperature, quelli in grado di reggere meglio gli effetti del calore. C’è tuttavia da evidenziare che spesso ci si dimentica di come, nell’ambito dell’ampia categoria commerciale degli oli da olive, vi siano altre opzioni tra le quali scegliere. Per esempio, l’olio di oliva vergine. Oppure: l’olio di oliva. O, altra soluzione da non trascurare: l’olio di sansa di oliva. Sono tutti oli che scaturiscono dalla medesima materia prima, l’oliva, e sono tutti adatti alle alte temperature. Così, mentre sul piano dell’intensità delle note aromatiche l’olio di oliva vergine non è tanto dissimile dall’extra vergine, se non in una scala di valore qualitativa di poco inferiore, sia l’olio di oliva, sia l’olio di sansa di oliva, non incidono allo stesso modo sui sapori di altri cibi, proprio per la loro ridotta percezione delle note sensoriali. Rispetto agli oli da seme, sia l’olio di oliva, sia l’olio di sansa di oliva hanno il vantaggio di essere strutturalmente più stabili e resistenti alle alte temperature. Gli oli di oliva e di sansa sono senza dubbio più funzionali per il fatto di essere sensorialmente poco caratterizzati, non prevalendo pertanto sul sapore degli alimenti da friggere.
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Oli Evo YHUVXV ROL GD VHPH Il confronto eniamo però al confronto tra extra vergini e oli da seme. Quanto al “punto di fumo”, i primi giocano più o meno alla pari, e in ogni caso non sono certo penalizzati rispetto agli oli da seme. Riguardo invece alla tanto evocata percezione che in molti definiscono leggerezza, gli oli da seme possono senza dubbio ritenersi più indicati. Infatti, tanto più la composizione degli oli è polinsatura, tanto più l’olio sarà fluido e come spesso avviene minore sarà la percezione di materia grassa adesa all’alimento. Di conseguenza, considerando che gli extra vergini contengono principalmente l’acido grasso monoinsaturo oleico, ma anche in misura inferiore acidi grassi saturi quali il palmitico e lo stearico, mentre dall’altro canto alcuni oli da seme possono essere caratterizzati da alte percentuali di polinsaturi, per questi oli si può registrare un maggior senso di leggerezza. La stessa carica aromatica degli extra vergini apporta modificazioni dell’alimento fritto più o meno sensibili. La questione però rimane aperta, anche perché ci sono extra vergini delicati ed extra vergini più sapidi e dalle note amare e piccanti più accentuate. Basta scegliere quello più adeguato allo scopo. La stessa natura del cibo ha la sua incidenza sui criteri di scelta: friggere carciofi in olio extra vergine è ben più efficace al confronto con qualsiasi olio da seme. Tutto, di conseguenza, è in funzione degli alimenti che decidiamo di friggere. Ma cosa ha di particolare l’olio extra vergine di oliva, al punto da ritenerlo più adatto alle fritture? La sua composizione chimica, ricca appunto di acidi grassi monoinsaturi che si degradano più lentamente rispetto ai polinsaturi, oltre alla presenza di tocoferoli naturali (vitamina E), biofenoli e squa-
lene. Quanto ai biofenoli, in particolare l’idrossitirosolo, questi impediscono anche l’ossidazione del colesterolo endogeno, quello “fabbricato” dal nostro organismo, proteggendo così anche le arterie dalla formazione della placca e dall’inizio del processo arteriosclerotico. C’è inoltre da osservare che proprio per la sua specifica natura gli extra vergini sono in grado di resistere all’ossidazione per parecchie ore alle alte temperature della frittura. Le molte prove sperimentali dimostrano come la maggior parte degli oli da olive resistano a test di ossidazione forzata tra le venti e le trenta ore e, in casi particolari, il tempo di induzione all’ossidazione raggiunge anche le cinquanta ore. Gli oli di semi, per contro, resistono a tale prova sperimentale non più di poche ore. È un dato di fatto. Dal punto di vista nutrizionale, di conseguenza, sono certamente da evitare tutti i grassi che per le loro caratteristiche chimiche si ossidano più facilmente dando origine a sostanze indesiderate non odorose, poco digeribili e talvolta anche pericolose.
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La frittura con grassi di origine vegetale Olio extra vergine di oliva ***** È consigliabile scegliere tra i vari tipi di extra vergini individuando di volta per volta quelli più adatti in base all’intensità delle note sensoriali e in stretta relazione e coerenza con le caratteristiche organolettiche degli alimenti. Olio di oliva vergine **** Per le caratteristiche note sensoriali degli oli vergini di oliva, meno spiccate e più dolci al palato rispetto agli extra vergini, risulta adatto con alimenti che non richiedano oli amari e piccanti. Olio di oliva, composto di olio di oliva raffinato e olio di oliva vergine *** Ha le proprietà tipiche degli oli ricavati dalle olive, seppure in misura inferiore, e non presenta sapori o profumi marcati tali da coprire i sapori dei cibi da friggere. Ha inoltre il vantaggio di un minor costo rispetto agli extra vergini. Olio di sansa di oliva *** Particolarmente adatto con alimenti che richiedano una carica aromatica più neutra. Consigliato sia per la ristorazione collettiva, sia per i processi industriali, anche in ragione del basso costo rispetto agli oli vergini ed extra vergini di oliva. Olio di arachidi *** È l’olio da seme più indicato per le alte temperature. Presenta infatti una buona stabilità e non determina alterazioni del gusto. Olio di palma ** Stabile ai trattamenti termici e resistente alle ossidazioni, viene perlopiù utilizzato nelle fritture industriali. È idoneo ma con riserva perché prevalgono i grassi saturi.
Olio di vinaccioli * Risulta poco stabile alle alte temperature. Olio di mais * Risulta poco stabile alle alte temperature. Si ossida peraltro facilmente. Olio di sesamo ** Sopporta moderatamente il calore, ma è resistente alle ossidazioni. Olio di colza e di ravizzone * Con criteri di selezione vegetale delle piante, si è abbassato il livello di erucico fino a valori prossimi allo 0, ma resta comunque sconsigliabile, anche se zero-erucico, per via dell’alto contenuto in acido linolenico. Olio di soia * È meno stabile all’ossidazione (“fragile”) e pertanto poco resistente ai trattamenti termici, inadatto soprattutto alle fritture. Si irrancidisce in fretta e sviluppa tossine. Blend di oli vegetali specifici per la frittura ** Si tratta di miscele per lo più di oli di palma con altri tipi di oli frazionati, dall’alta concentrazione in acidi grassi saturi. Non è vero che resistano di più al rancimat test, secondo alcune sperimentazioni effettuate. Non si caratterizzerebbero pertanto per una più elevata resistenza alle alte temperature e sono di conseguenza paragonabili ai comuni oli di seme. In alcuni casi risultano costituiti da una composizione di oli di semi di girasole alto linoleico e di girasole alto oleico, cui viene aggiunta una piccola quantità di olio essenziale di coriandolo per limitare lo sviluppo di odori nel corso della frittura.
Olio di riso ** Ci sono pochi studi sulla stabilità dell’olio di riso.
Altri oli * Altri oli, tutti inadatti alla frittura, si ottengono dai semi di pomodoro, senape, nocciola, noce, cocco, cotone, tabacco e papavero.
Olio di girasole * Seppure largamente utilizzato, l’alto contenuto di polinsaturi (tra l’85 e il 90%), tra cui spicca il linoleico (50%), lo rende poco stabile.
Margarina * Il punto di fumo raggiunge temperature basse.
Olio di girasole alto oleico *** È l’evoluzione tecnologica dell’olio di girasole. Contenente un alto contenuto in acido oleico, viene anche arricchito con vitamina E ed antiossidanti naturali, risultando di conseguenza più stabile alle alte temperature.
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I grassi di origine animale I grassi animali sono particolarmente idonei alla frittura, se non fosse per l’inconveniente, di ordine salutistico, di presentarsi con una quota elevata di acidi grassi saturi. Burro ** Pur essendo particolarmente indicato per la frittura, ha la sola controindicazione della cospicua presenza di acidi grassi saturi. Strutto *** È il grasso più idoneo alla frittura dal punto di vista chimico. Ha un’alta resistenza al calore e regge bene le alte temperature. Ha tuttavia un inconveniente: lascia nel cibo una quantità maggiore di grasso. E poi, altro aspetto da non sottovalutare, dal punto di vista nutrizionale è poco indicato per l’alto contenuto in acidi grassi saturi. Nonostante ciò, è da preferire di gran lunga ad altri grassi, l’importante è non farne un uso frequente.
LEGENDA ***** Altamente idoneo alla frittura **** Molto idoneo alla frittura *** Idoneo alla frittura ** Idoneo (con riserva) alla frittura * Non idoneo alla frittura
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Illustrazione di Doriano Strologo
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7XƔH OH YROWH FKH VL GLFH IULƔXUD di Luigi Caricato La frittura domestica è senza dubbio la più convincente (quanto meno sul piano teorico). Prevede un singolo impiego del bagno d’olio e vi è la concreta possibilità di scegliere il grasso migliore, il più resistente tra tutti alle alte temperature. Il fritto casalingo comporta inoltre un rapido periodo di conservazione del cibo stesso, in quanto le fritture vengono consumate di solito al momento. E se da una parte la rapida cottura porta a buoni esiti, l’unico inconveniente è che la frittura avviene spesso in condizioni non sempre controllate; ma oggi, va pur detto, è possibile avvalersi di appositi rivelatori di temperatura, per ovviare a eventuali problemi. La questione di fondo però è un’altra: si è davvero così bravi a friggere? La frittura “fuori casa” è di fatto la più frequente, quella che possiamo ormai definire d’abitudine. Si frigge infatti sempre meno nelle proprie cucine domestiche, perché, anche se il fritto piace, resta comunque una operazione fin troppo laboriosa e complessa, e poi, con tutta sincerità, vogliamo mettere gli odori che si diffondono in ogni stanza? Così, affidan-
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La frittura industriale, tra tutte, garantisce di più sull’esattezza delle procedure, avendo tra l’altro il grande vantaggio di poter controllare ogni fase in maniera metodica e impeccabile, ma l’incertezza semmai si concentra tutta sulla qualità degli alimenti da friggere e sul liquido di frittura utilizzato, ma questi aspetti dipendono unicamente dagli obiettivi strategici che ciascuna azienda si pone. Il vantaggio delle friggitrici industriali, rispetto a quelle utilizzate nei ristoranti, nelle rosticcerie e nei fast food, è che non sottopongono l’olio a temperature continuamente elevate, e nemmeno a periodi più o meno lunghi di inattività. Queste friggitrici sono sempre dotate di sistemi di filtrazione che permettono di rimuovere in continuo i residui/sfridi dei prodotti fritti che se non fossero allontanati con questo sistema si accumulerebbero sul fondo rischiando di carbonizzare e quindi di disperdere nell’olio e nel prodotto particelle sgradevoli e “insalubri”. La tecnologia oggi a disposizione mette in campo tre tipi di friggitrici: una di gruppo, una continua e una a vuoto. Quella definita “di gruppo”, viene impiegata esclusivamente per piccoli volumi di produzione o per ottenere prodotti specifici come le patatine fritte. La “friggitrice di gruppo” prevede che il liquido di frittura venga introdotto in una vasca e scaldato dal basso. Il processo di frittura ricorda quello comunemente praticato nei ristoranti: quando
Illustrazione di Doriano Strologo
doci a chi cucina per mestiere, quando ci si trova di fronte a professionisti coscienziosi, la frittura praticata nei ristoranti e nelle rosticcerie possiamo ritenerla di per sé perfetta, purché, tuttavia, non si punti su una esasperata riduzione dei costi a scapito di qualità e salubrità. Le migliori friggitrici da banco sono dotate di sistemi di filtrazione dell’olio per rimuovere gli sfridi di filtrazione.
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l’olio raggiunge i livelli di impostazione prefissati si procede con l’aggiunta del cibo “a pacchetti” nel piano di frittura. La conseguenza immediata è che la temperatura dell’olio si va ad abbassare fino a raggiungere il livello di deidratazione desiderato. L’alimento, rimescolato e successivamente rimosso dalla friggitrice attraverso un cestello di estrazione, viene a sua volta centrifugato o vibrato, in modo da rimuovere l’olio presente in eccesso, per poi procedere con l’impacchettamento del prodotto finito. La “friggitrice in continuo” viene utilizzata per le produzioni su vasta scala. In questo caso l’olio viene scaldato in un piano di frittura a ferro di cavallo, o diritto, con controlli accurati della temperatura e del livello. Il cibo da friggere viene introdotto in continuazione da una parte del piano ed estratto dall’altra, secondo un procedimento semplice e lineare. La “friggitrice a vuoto” richiede un macchinario che opera con una minore capacità produttiva rispetto alle altre due friggitrici. L’operazione avviene sottovuoto, a una temperatura di 120°C, allo scopo di preservare al massimo il colore naturale del cibo, tollerando solo un minimo di imbrunimento. Si utilizza questa tecnologia in particolare per friggere verdure o frutti.
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Casalinga
— cottura rapida, in condizioni non controllate — breve periodo di conservazione del cibo cotto — singolo impiego del bagno d’olio
Rosticcerie: negozi di gastronomia, ambulanti, street food — cottura saltuaria, in condizioni relativamente controllate — breve periodo di conservazione del cibo cotto — riscaldamento quasi continuo del bagno d’olio
Nella ristorazione collettiva: ristoranti e mense
— cottura ciclica organizzata, in condizioni controllate — breve periodo di conservazione del cibo cotto — riscaldamento ciclico o saltuario del bagno d’olio
Industriale
Fonte: Giovanni Lercker, Dipartimento di Scienze degli alimenti, Università degli Studi di Bologna
Illustrazione di Doriano Strologo
— cottura continua, in condizioni controllate — prolungato periodo di conservazione del cibo cotto — riscaldamento continuo del bagno d’olio
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sservare le buone regole significa garantire un fritto buono, gustoso, sano e salutare a chi ne fruisce. È per questo motivo che l’11 gennaio 1991 venne diramata una circolare dell’allora Ministero della Sanità dove venivano riportate le “istruzioni” a partire dalle quali sarebbe di fatto impossibile commettere errori. Tali raccomandazioni, validissime ancora oggi, sono riassunte in otto punti.
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Utilizzare per la frittura solo gli oli o i grassi alimentari idonei a tale trattamento in quanto più resistenti al calore.
Curare una adeguata preparazione degli alimenti da friggere, evitando per quanto possibile la presenza di acqua e l’aggiunta di sale e spezie che accelerano l’alterazione degli oli e dei grassi. Il sale e le spezie dovrebbero essere aggiunti all’alimento preferibilmente dopo la frittura.
Provvedere a una frequente sostituzione degli oli e dei grassi. Vigilare sulla qualità dell’olio durante la frittura, tenendo presente che un olio molto usato si può già riconoscere dall’imbrunimento, dalla viscosità e dalla tendenza a produrre fumo durante la frittura.
Filtrare l’olio usato, se ancora atto alla frittura, su idonei sistemi e/o sostanze inerti (coadiuvanti di filtrazione); pulire a fondo il filtro e la vasca dell’olio. Le croste carbonizzate, i residui oleosi-viscosi o i resti di un olio vecchio accelerano l’alterazione dell’olio.
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Evitare tassativamente che la Dopo la frittura è bene temperatura delI’olio superi agevolare mediante i 180°C. Temperature supe- scolatura l’eliminazione riori accelerano infatti l’alte- dell’eccesso di olio assorbito razione degli oli e dei grassi. dall’alimento. È opportuno quindi munire la friggitrice di un termostato.
Evitare tassativamente la Proteggere gli oli e i grassi pratica della ricolmatura dalla luce. (aggiunta di olio fresco all’olio usato). L’olio fresco si altera molto più rapidamente a contatto con l’olio usato.
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Le migliori fritture richiedono sempre strumenti adeguati. Ecco perché occorre scegliere padelle in grado di garantire performance efficienti e operativamente sicure. Sono pertanto diverse le tipologie di padelle che si possono utilizzare. C’è la più comune e diffusa padella dritta, ma anche quella ovale, e c’è il wok, oggi tanto in voga, come pure la padella a mantecare, che si presta bene per le fritture, e, per quanti desiderano una maggiore praticità d’impiego, vi è, alquanto rassicurante, il padellone con cestello interno. Non sono infine da trascurare nemmeno le friggitrici, siano esse elettriche o a gas, anche se in verità sono da ritenere poco adatte per fritture casalinghe, visto l’uso saltuario e occasionale che se ne fa, quanto invece ben più utili e funzionali per le rosticcerie e i ristoranti. In ultimo, sono di recente divenute popolari anche le friggitrici ad aria, con le quali l’olio non è addirittura presente, o vi si ricorre solo con quantità estremamente ridotte.
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Le padelle
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La padella ovale, provvista di manico lungo, ha forma ovale, bordo alto e fondo piano. Seppur poco diffusa, è ideale per friggere più agevolmente i pesci per via della loro forma allungata.
C’è una regola molto importante da osservare: il bordo della padella è necessario che sia sempre alto, sia per evitare gli schizzi d’olio bollente, sia, soprattutto, per fare in modo che il cibo venga totalmente immerso in abbondante bagno di frittura. Ogni forma e materiale ha la propria ragione d’essere, nulla può essere lasciato al caso. La padella a mantecare, provvista di manico lungo, ha forma circolare, bordi alti e svasati, fondo stretto.
Le forme Il wok, provvisto di manico lungo perché non diventi bollente durante la cottura, ha forma semisferica e conica, bordo alto e fondo piano. Qui il cibo, per via della caratteristica forma conica, si concentra verso il centro, dove il calore è più elevato.
Il padellone con cestello in acciaio smaltato, provvisto di due manici corti, ha bordi molto alti in modo da consentire di accogliere all’interno un cestello forato in filo di metallo nel quale collocare il cibo da friggere; il cestello, provvisto di due manici con prolunghe che si appoggiano ai manici esterni, viene infine sollevato al termine della cottura. La padella dritta, provvista di manico lungo, ha forma circolare, bordi alti e dritti, fondo piatto e largo.
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Il materiale Le padelle in ferro sono adatte a gestire temperature elevate e sono anche in grado, nel contempo, di trattenere a lungo il calore e limitare l’innalzamento della temperatura dell’olio al punto di fumo. Le padelle in alluminio, essendo ad alta conducibilità termica, permettono anche di ottenere una distribuzione più omogenea del calore. Le padelle in rame smaltato, essendo ad altissima conducibilità di calore, consentono di far riscaldare più velocemente il liquido di frittura. Le padelle in acciaio inox si contraddistinguono per la loro bassa conducibilità termica con il vantaggio di un maggior controllo e mantenimento della giusta temperatura.
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Le friggitrici ad aria Le friggitrici ad aria – secondo l’oleologo e tecnologo alimentare Lorenzo Cerretani – meritano una breve trattazione a parte, per via della diffusione raggiunta negli ultimi tempi. “Al di là del nome – chiarisce Cerretani – non si tratta di una vera e propria friggitrice perché manca l’elemento di base per definire tale lo strumento: cottura in immersione in bagno d’olio. Al contrario, le friggitrici ad aria non sono altro che fornetti ventilati e nascono per rinvenire prodotti surgelati già prefritti come ad esempio le patate prefritte surgelate”. “Le friggitrici ad aria – prosegue Cerretani – hanno trovato larga diffusione anche perché permettono di ottenere prodotti più salubri in quanto meno grassi con un buon compromesso di gusto e struttura (croccantezza). Oggi grazie alla diffusione che questo strumento ha raggiunto, sono numerose le applicazioni e le ricette che vedono la friggitrice ad aria utilizzata per cuocere e scottare tanti cibi”. Sempre in merito alle friggitrici ad aria, diventa molto interessante il punto di vista del maestro di cucina. Ci conferma a tal proposito anche lo chef Giuseppe Capano che non si tratti di friggitrici vere e proprie, ma, in pratica, “di piccoli forni ad alta efficienza che riescono con pochi grassi in alcuni casi a imitare in qualche modo una reale frittura ma senza raggiungerne la qualità finale. Non sono strumenti inutili – ammette Capano – perché consentono di realizzare diverse preparazioni interessanti grazie alla loro prestazione complessiva, e non solo ad alte temperature; ad esempio, tengono molto bene le basse temperature e possono diventare degli efficienti essiccatori con l’unica pecca del poco spazio disponibile. Diciamo – conclude Giuseppe Capano – che il nome costruito ad arte dal punto di vista del marketing, per vendere di più, in realtà non fa giustizia a uno strumento che è valido di per sé, indipendentemente dalla frittura, ma che, va chiarito, imita la frittura spesso solo malamente”.
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Gli utensili Non sono molti gli accessori che si possono utilizzare nel corso di una frittura: si va dal termometro da cucina oggi nella sua evoluzione a infrarossi, per avere sotto controllo la temperatura, al coperchio paraschizzi, dalle palette per girare, mescolare e sollevare il cibo, con o senza foratura, alla schiumarola a rete. Per tutto il resto ci vuole grande attenzione, metodo, olio e cibi buoni.
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Coordinatrice di progetti di ricerca internazionali, la professoressa Tullia Gallina Toschi collabora con numerosi atenei e diversi istituti europei. Docente presso l’Università di Bologna, è tra gli esperti chimici degli oli di oliva della Commissione europea e del Consiglio oleicolo internazionale. A lei abbiamo posto alcune domande di stretta attualità, in materia di frittura, in modo da sciogliere ogni dubbio in merito alle tante dicerie che si leggono e si ascoltano intorno a un metodo di cottura tanto controverso quanto largamente praticato con grande soddisfazione per i nostri sensi.
La frittura è un metodo di cottura spesso visto in chiave negativa: il fritto piace, ma fa male. Non basta osservare le giuste regole ed evitare errori nella scelta del bagno di frittura? Basterebbe poi il buon senso e non eccedere nelle quantità da ingerire e nella frequenza di consumo. È così? O ci sono evidenze scientifiche che condannano in ogni caso il fritto? Non ci sono evidenze che condannino senza appello il fritto, ma ci sono alcune considerazioni da fare. I problemi principali della frittura sono tre. Uno riguarda la qualità dell’olio, che, almeno in casa, non dovrebbe essere riutilizzato, un secondo riguarda, al contrario, la sostenibilità, e quindi il quantitativo di olio che dovrebbe essere così buttato (e quello che viene finemente nebulizzato nell’ambiente), e l’ultimo riguarda il quantitativo di olio che ogni alimento fritto è in grado di assorbire e che quindi viene consumato insieme alla frittura stessa. In merito alla salute la qualità dell’olio di frittura resta il punto chiave. Nella ristorazione, dove il bagno di frittura non può essere certamente cambiato ad ogni ciclo, l’olio deve essere filtrato e controllato, in termini di formazione di composti ossidati o altre sostanze potenzialmente tossiche generate dal riscaldamento prolungato ad alte temperature e la friggitrice svuotata e lavata accuratamente ad ogni cambio di olio. Oramai esistono strumenti anche poco costosi, ben più precisi di una valutazione visiva del colore, della presenza di schiuma o del cambiamento della viscosità, per determinare la qualità dell’olio durante la frittura. Gli oli da utilizzare, poi, devono contenere trigliceridi con una buona percentuale di acidi grassi resistenti all’ossidazione, come l’acido oleico. Si utilizzano, ad esempio, l’olio di arachide, l’olio di girasole ad alto oleico o miscele di oli di semi con caratteristiche simili. Ci sono oli in commercio specificamente formulati per le friggitorie e la ristorazione. Se si utilizzano correttamente, se chi li acquista non pensa solo al risparmio, il fritto, consumato episodicamente, non può essere considerato un problema di sicurezza alimentare. Se parliamo, invece, di frittura casalinga gli oli di frittura da utilizzare
possono essere i medesimi che ho citato, ma il problema di sviluppo di sostanze ossidate è minore perché, come ho già detto, l’olio non dovrebbe essere riutilizzato. Non è pensabile far raffreddare un bagno di frittura casalingo, conservarlo una settimana o più e poi scaldarlo di nuovo e, magari, ripetere ancora questa operazione. L’ossidazione non si ferma, quindi a casa dopo la frittura l’olio restante deve essere correttamente smaltito. Per riassumere, una porzione non eccessiva di buon fritto consumata ogni tanto, in assenza di specifiche patologie o restrizioni imposte da un regime dietetico, non si può considerare un problema. Un consumo maggiore sarebbe da valutare con attenzione come abitudine alimentare, anche in relazione alla quantità di olio o grasso (e spesso di sale) che ogni alimento fritto porta con sé. Tuttavia, sarebbe sbagliato pensare, al mattino, a colazione, per esempio trovandosi a Modena, che scegliere un croissant integrale ai frutti rossi, al posto di uno gnocco fritto sarebbe più salutare. Il croissant quasi certamente conterrebbe molto più grasso e di peggiore qualità, più zuccheri semplici e sarebbe stato probabilmente congelato e riscaldato due volte. In questo caso la decisione da prendere, sia sul piano culturale, sia sul piano della sostenibilità sensoriale, sarebbe lo gnocco. La decisione che prendiamo quando etichette mentali come “integrale” o “fritto” compaiono nella nostra mente non sempre è giusta!
Un recentissimo studio viene dalla Cina. Secondo i ricercatori della facoltà di medicina dell’ateneo di Zhejiang, il consumo frequente di alimenti fritti, e in particolare di patatine, può far insorgere ansia e disturbi depressivi, incrementando di conseguenza il rischio nella misura del 12% e del 7%. La ricerca, effettuata su un campione di 140.728 soggetti, pubblicata sulla rivista Pnas, mette ancora una volta in evidenza il ruolo negativo dell’acrilammide, in questo caso anche nel provocare una neuroinfiammazione cerebrale. Cosa ne pensa al riguardo? La questione dell’acrilammide (AA) è complessa. Si tratta di una molecola tossica (neurotossica, mutagena), molto solubile in acqua, che si forma in cottura, ad alte temperature (di norma al di sopra dei 120°C) e in presenza di poca umidità, quando sono presenti zuccheri e, in particolare, l’amminoacido asparagina. Questa condizione si può verificare, ad esempio, nel processo di torrefazione, nella frittura o nella cottura ad alte temperature, anche in forno, di tanti alimenti, dalle patate fritte, al pollo arrosto o al pane. L’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) considera un limite di esposizione giornaliero all’acrilammide pari a 170 µg/kg ma, teoricamente, ogni
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condizione che ne riduca l’assunzione è auspicabile. Questo significa che ognuno di noi magari bevendo un caffè, mangiando una fetta di pane, un pezzetto di carne abbrustolito, il lembo bruciato di una pizza, addentando una patata al forno cotta a lungo, o consumando dei cereali al mattino, introduce nell’organismo un certo quantitativo di acrilammide. È senz’altro una sfida delle tecnologie alimentari abbassare questo livello. Come? Con una corretta informazione e con delle strategie. L’EFSA consiglia, per esempio, il lavaggio delle patate una volta tagliate e prima della cottura con acqua e limone (riduzione livelli di AA fino al 70%), sconsiglia la conservazione delle patate al di sotto degli 8°C e si raccomanda molto riguardo alle temperature di cottura. Le tante trasmissioni televisive hanno trasformato tutte e tutti noi in “tecno-cuochi” e, in effetti, dotarsi di un termometro da cucina non è una scelta sbagliata. Una regola su tutte è non cuocere al di sopra di 175° e questo vale sia per la frittura che per le cotture in forno, ovviamente, in quest’ultimo caso, nelle condizioni che ho precedentemente citato (tempi lunghi, scarsa umidità, presenza di carboidrati e proteine). Bisogna abituarsi a dorare e a non bruciare gli alimenti ed insegnare ai bambini a distinguere il tostato (fragrante odore di pane, odore di popcorn), dal bruciato (odore acre di fumo). Ci sono poi delle strategie cosiddette di mitigazione, come utilizzare soluzioni contenenti l’enzima asparaginasi da aggiungere agli alimenti prima della cottura al fine di convertire l’asparagina in acido aspartico, prevenendo così la formazione di acrilammide. Per rispondere, quindi, alla domanda iniziale non è solo la frittura il possibile tramite della assunzione di acrilammide (la cottura delle patate in forno può essere ben più a rischio, se condotta molto a lungo e ad alte temperature) ma una corretta informazione, una dieta varia e bilanciata e il buon senso, possono ridurre l’esposizione a questa sostanza. Se poi ci riferiamo alla Cina è bene ricordare il ruolo estremamente centrale della frittura in quella cultura enogastronomica e quindi non meraviglia il fatto che vi siano ricerche e campagne di prevenzione che mettano in guardia i cittadini, o gli studenti, come nello studio citato, dal consumare alimenti fritti tutti i giorni.
Cosa si può ricavare dagli studi effettuati nel corso degli anni dall’Università di Bologna, visto che avete spesso affrontato il tema della frittura, come pure quello di altri metodi di cottura? Noi ci siamo molto occupati di ossidazione, che è una reazione di degenerazione che avviene, in particolare, a carico degli oli e dei grassi e che produce composti potenzialmente tossici e abbiamo cercato dei metodi per misurare questa reazione durante la conservazione o la cottura degli alimenti. La conoscenza dei composti
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che si formano, come ad esempio i prodotti di ossidazione del colesterolo e la loro quantificazione nei diversi alimenti, sono aspetti fondamentali per limitarne la formazione o l’esposizione. Abbiamo studiato e studieremo anche le strategie sensoriali per adottare dei comportamenti corretti. Un esempio è dato dal nostro olfatto, il riconoscimento e il rifiuto di alimenti rancidi ci protegge dalla loro assunzione e quindi dagli effetti potenzialmente tossici dei prodotti di ossidazione. In termini pratici questo significa che se un fritto sa di rancido allora sì che dobbiamo rifiutarlo. Ma come possiamo riconoscere il rancido? Si tratta dell’odore di un’oliera non pulita, della cotenna del prosciutto esposta all’aria o di una nocciolina mal conservata. Il riconoscimento del rancido, come il rifiuto del bruciato sono competenze sensoriali che ci proteggono. E la scelta di un buon olio extra vergine di oliva introduce nella nostra dieta quantitativi di sostanze antiossidanti, i polifenoli o biofenoli, capaci di limitare il processo ossidativo. Sul piano tecnologico ci occupiamo anche di prevedere la shel-life, letteralmente la vita di scaffale, ossia la “scadenza” degli oli e dei grassi e di verificare quanto l’aggiunta di estratti di rosmarino, catechine del tè o polifenoli dell’oliva possano prolungarne la vita, sia in condizioni di conservazione casalinga, sia in condizioni di cottura industriale.
Ultima domanda, per ricapitolare: qual è il liquido di frittura ideale? Quale olio, tra tutti quelli disponibili in commercio, è più indicato tra tutti? Mi piacerebbe avere due risposte: una da studiosa, l’altra da fruitrice del fritto. Come già risposto, per casa va bene un olio vegetale appena acquistato. Si può avere così la condizione che sia stato raffinato di fresco e che non contenga prodotti di ossidazione. Gli oli più insaturi come l’olio di soia sono più fluidi, quindi vengono meno trattenuti dall’alimento, quelli più saturi resistono maggiormente al processo ossidativo. L’olio, in ogni caso, non deve essere riutilizzato ma correttamente smaltito per essere impiegato industrialmente in altro modo. Ad esempio, oltre a vari altri usi proposti gli oli esausti possono essere utilizzati per la produzione di poliuretani, così da essere pienamente utilizzati come risorsa, non come scarto. C’è poi chi pensa che si possa friggere in olio di oliva. Io sono un po’ perplessa, almeno ad utilizzarlo da solo. La scelta di un olio di oliva non porta differenze sostanziali rispetto all’uso di un olio di girasole ad alto oleico, perché sono entrambi raffinati e il contenuto di polifenoli che proteggono l’olio di oliva dall’ossidazione è, di norma, limitato; inoltre l’olio di oliva contiene molti composti volatili che si percepiscono all’olfatto e non sempre la frittura richiede un “imprinting” così evidente. Se ci fosse in commercio un olio di oliva molto deodorato e ancora ricco di antiossidanti ci si potrebbe pensare… D’alto canto,
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se da un lato potrebbe essere ragionevole friggere con un extra vergine di oliva, straordinariamente resistente all’ossidazione perché “nativo” e molto ricco di polifenoli antiossidanti, l’impronta olfattiva potrebbe essere ancora più intensa e poi si dovrebbe smaltire un olio, dopo un solo uso, di grandissimo valore nutrizionale. Sia sul piano culturale che sul piano della sostenibilità in cucina, mi pare uno spreco. Gli oli extra vergini vanno usati soprattutto a crudo per preservare intatte le caratteristiche sensoriali e nutrizionali, oppure in cottura, ma in alimenti nei quali l’olio resti all’interno del piatto, come fettine, pasta, sughi, frittate, pizza o torte salate. Volendo fare un po’ i chimici in cucina per friggere, sia a casa che (a maggior ragione!) al ristorante, si potrebbe utilizzare un olio vegetale tra quelli che ho citato aggiungendo un filo di extra vergine molto ricco di polifenoli, come una Coratina, a proteggere il bagno d’olio. Questa, sì, potrebbe essere una buona idea!
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Alcuni riferimenti bibliografici Alonso-Salces, R. M., Gallo, B., Collado, M. I., Sasía-Arriba, A., Viacava, G. E., García-González, D. L., Gallina Toschi, T., Servili, M. & Berrueta, L. Á. (2021). 1H–NMR fingerprinting and supervised pattern recognition to evaluate the stability of virgin olive oil during storage. Food Control, 123 doi:10.1016/j.foodcont.2020.107831 Asare, M. A., De Souza, F. M., & Gupta, R. K. (2022). Waste to resource: Synthesis of polyurethanes from waste cooking oil. Industrial and Engineering Chemistry Research, 61(50), 18400-18411. doi:10.1021/acs.iecr.2c03718 Bendini, A., Barbieri, S., Valli, E., Buchecker, K., Canavari, M., & Gallina Toschi, T. (2011). Quality evaluation of cold pressed sunflower oils by sensory and chemical analysis. European Journal of Lipid Science and Technology, 113(11), 13751384. doi:10.1002/ejlt.201100095 Covino, C., Sorrentino, A., Pierro, P. D., Aiello, A., Romano, R., & Masi, P. (2023). Asparaginase enzyme reduces acrylamide levels in fried and wood oven baked pizza base. Food Chemistry Advances, 2 doi:10.1016/j.focha.2023.100206 Garcia-Llatas, G., Mercatante, D., López-García, G., & Rodriguez-Estrada, M. T. (2021). Oxysterols — how much do we know about food occurrence, dietary intake and absorption? Current Opinion in Food Science, 41, 231-239. doi:10.1016/j. cofs.2021.08.001 Issaoui, M., Bendini, A., Souid, S., Flamini, G., Barbieri, S., Gallina Toschi, T., & Hammami, M. (2019). Flavored olive oils: Focus on their acceptability and thermal stability. Grasas y Aceites, 70(1) doi:10.3989/gya.0224181 Khaled, A. Y., Aziz, S. A., & Rokhani, F. Z. (2015). Capacitive sensor probe to assess frying oil degradation. Information Processing in Agriculture, 2(2), 142-148. doi:10.1016/j.inpa.2015.07.002 Rodriguez-Estrada, M. T., Cardenia, V., Poirot, M., Iuliano, L., & Lizard, G. (2020). Oxysterols and sterols: From lipidomics to food sciences. Journal of Steroid Biochemistry and Molecular Biology, 196 doi:10.1016/j.jsbmb.2019.105515 Tang, R., & Pfrang, C. (2023). Indoor particulate matter (PM) from cooking in UK students’ studio flats and associated intervention strategies: evaluation of cooking methods, PM concentrations and personal exposures using low-cost sensors. Environmental Science: Atmospheres, 3(3), 537-551. doi:10.1039/D2EA00171C Tura, M., Ansorena, D., Astiasarán, I., Mandrioli, M., & Gallina Toschi, T. (2022). Evaluation of hemp seed oils stability under accelerated storage test. Antioxidants, 11(3) doi:10.3390/antiox11030490 Tura, M., Mandrioli, M., Valli, E., Dinnella, C., & Gallina Toschi, T. (2023). Sensory wheel and lexicon for the description of cold-pressed hemp seed oil. Foods, 12(3) doi:10.3390/foods12030661
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ulla è lasciato al caso. Si selezionano e si studiano i singoli componenti, valutando di volta in volta le caratteristiche di ciascun olio, simulando le diverse formulazioni e tenendo conto non solo dei parametri analitici ufficiali, ma anche delle valutazioni organolettiche dei diversi alimenti fritti, compresa la loro gradevolezza quanto a colore, fragranza e croccantezza
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Salvatore Falco Laureato in Scienze e tecnologie alimentari nel 2000, presso il Dipartimento di Scienza degli alimenti dell’Università di Napoli Federico II, nel 2001 ha iniziato a lavorare presso la Olio Dante SpA, dove oggi è responsabile di laboratorio e dei processi produttivi degli oli sfusi (filtrazione, miscelazione, raffinazione). Assaggiatore esperto di olio extra vergine di oliva e capo panel, ha partecipato a diversi progetti di ricerca realizzati dalla Divisione Ricerca&Sviluppo della Olio Dante, occupandosi principalmente della valorizzazione dei sottoprodotti dell’industria olearia, della caratterizzazione degli antiossidanti dell’olio e della valutazione della stabilità qualitativa e della salubrità dei prodotti.
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La frittura è cosa seria, piace molto, ma è attraversata da tanti pregiudizi difficili da scalfire. Il fritto fa bene o fa male? Certamente, rispetto alle tante dicerie attraversate da altrettanti luoghi comuni, qualcosa sta cambiando. Si intuisce, finalmente, che affrontare il discorso con uno spirito diverso aiuta a farci riconsiderare la frittura in una nuova e più serena chiave di lettura. Ne abbiamo parlato con il tecnologo alimentare Salvatore Falco, responsabile del laboratorio e dei processi di lavorazione degli oli sfusi di Olio Dante, il quale, per superare ogni ostile e infondato preconcetto sulla frittura, enuncia tre principi fondamentali: olio buono, temperatura di cottura adeguata e cambio frequente dell’olio nella friggitrice.
Oggi la frittura non spaventa più. Fissiamo un presupposto, la frittura è uno dei più antichi e utilizzati metodi di cottura che conferisce al cibo un aroma, una fragranza e una consistenza che altri tipi di cottura, considerati più salutari, non riescono a garantire. Infatti, la frittura è ampiamente utilizzata sia nei settori professionali come quello dell’industria alimentare e in particolar modo quella afferente alla produzione degli snack, o come quello della ristorazione professionale, sia essa catering, ristoranti, street o fast food, ma è anche largamente utilizzata nel contesto casalingo in tutti gli angoli di mondo. Nonostante numerosi studi presenti in letteratura scientifica dimostrino che la frittura è sicura, ancora oggi, purtroppo, la frittura è demonizzata e considerata poco salutare in taluni contesti. Le cattive abitudini di alcuni nel processo di cottura e la bassa qualità degli ingredienti utilizzati possono contribuire a spiegare questa cattiva reputazione.
È ormai un dato acquisito il fatto che la tecnica di cottura sia di per sé sana e salutare, se questa avviene nel rispetto delle buone regole e ricorrendo agli oli più idonei per il bagno di frittura. Come appunto dicevamo, per aver un buon fritto è assolutamente necessario seguire poche ma imprescindibili regole che consentono di ottenere un risultato di qualità. I principi basilari sono ormai noti a tutti gli operatori professionali del settore e i confezionatori del settore food industriale usano etichette che sono sicuramente di aiuto e riportano tutte le indicazioni necessarie. Le si può sintetizzare in tre principi fondamentali: olio buono, temperatura di cottura adeguata e cambio frequente dell’olio nella friggitrice.
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Quanto è importante il ruolo di un laboratorio per realizzare gli oli più adatti, appositamente finalizzati alla frittura, in grado di garantire ottime performance in termini di gusto, senza venir meno alla stabilità degli oli alle alte temperature? Nel settore degli oli alimentari il laboratorio è determinante. Innanzitutto è necessario monitorare i parametri normati e previsti dalla legge, di tipo qualitativo (acidità, parametri ossidativi ecc.), gli indici di genuinità (acidi grassi, frazione sterolica ecc.) e igienicità (contaminanti quali idrocarburi, ftalati, pesticidi ecc.). Il monitoraggio e il controllo di questi parametri ufficiali permette non solo di proporre al consumatore un prodotto a norma ma anche di selezionare le materie prime migliori. Un altro aspetto fondamentale di un laboratorio attrezzato e specifico per l’analisi degli oli alimentari è che, attraverso le determinazioni analitiche non ufficiali, è possibile ottenere informazioni utili alla realizzazione di nuovi prodotti. Infatti nella formulazione degli oli per fritture attraverso l’analisi dei composti polari, degli indici spettrofotometrici, della determinazione e quantificazione di prodotti secondari di ossidazione, è possibile valutare la degradazione dell’olio in cottura.
Quanto studio c’è dietro l’ampia gamma di prodotti destinati alla frittura? Avete quelli specifici come il “Friggì” a marchio Topazio, l’olio di semi di arachide OiO e l’Olita Frittura croccante. Come siete giunti a trovare la combinazione perfetta? In effetti c’è molto studio: selezionare i singoli componenti, valutare singolarmente le caratteristiche di ogni olio e/o componente, simulare le diverse formulazioni e tutto questo tenendo conto non solo dei parametri analitici ufficiali, ma lavorando molto sulle valutazioni organolettiche dei diversi alimenti fritti e quindi sulla loro gradevolezza, su colore, fragranza, croccantezza ecc. Fondamentale, poi, è la determinazione dei principali parametri analitici per la valutazione della degradazione dell’olio nel corso del processo di termossidazione, valutando tali indici nel corso di più cicli di frittura. Ad esempio, noi valutiamo il decremento dei tocoferoli (antiossidanti lipofili) nelle varie forme ਞ, ਟ, ਠ, ਡ, come indicatori dello stress ossidativo che subisce l’olio nel corso della frittura e/o anche la determinazione quantitativa dei composti polari quali monogliceridi, digliceridi, acidi grassi liberi e prodotti polari di trasformazione che si formano durante la frittura e/o durante il riscaldamento.
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Gli oli da olive sembrano essere in generale molto penalizzati sul fronte frittura. Le stesse aziende che li commercializzano rinunciano a destinarli a tale impiego. È solo perché sono poco competitivi rispetto agli altri oli vegetali, per via dei prezzi più elevati? Non ha la sensazione che manchi una comunicazione specifica, dedicata, che orienti il consumatore all’utilizzo di tutta la gamma, sia degli extra vergini, sia degli oli di oliva, sia del tanto bistrattato olio di sansa di oliva? È solo un problema di ordine culturale questa scarsa attenzione? Purtroppo veniamo da un lungo periodo di non comunicazione sul prodotto, a seguito del quale gli oli alimentari e in particolare gli oli di oliva, sono passati dall’essere un prodotto d’eccellenza del Made in Italy ad una “commodity”. Questo è successo un po’ per colpa dei produttori e un po’ per mancanza di marketing specifico degli operatori della Gdo, che ormai rappresenta il principale e quasi monopolizzante canale di distribuzione del prodotto oleario. Si è dato poco spazio alle innumerevoli peculiarità del prodotto olio in base alla propria provenienza e alla propria origine, a favore della leva prezzo, rendendo simili, e appiattendo i vari prodotti che il consumatore vede sullo scaffale. Io personalmente credo che ci sia bisogno di due strategie fondamentali. Da un lato perseguire una politica di differenziazione che consenta al consumatore di apprezzare le differenze e le caratteristiche organolettiche di un olio rispetto ad un altro o, ancora meglio, di un olio italiano rispetto a un olio comunitario o tunisino. Per quanto riguarda gli oli di oliva, per un loro utilizzo come mezzo di frittura, bisognerebbe differenziare in funzione delle diverse categorie, tenendo conto anche dell’apporto nutrizionale che, ad esempio, un olio extra vergine può garantire rispetto agli oli raffinati. Ovviamente l’utilizzo di un olio extra vergine, potrebbe caratterizzare, in modo ritenuto da alcuni eccessivo, il gusto e l’aroma del cibo fritto, e qui mi sento quindi di consigliare gli oli di oliva e gli oli di sansa, che rappresentano un buon compromesso in termini di apporto nutrizionale (percentuale di acido oleico), gradevolezza organolettica dell’alimento fritto e food cost. Infine, come seconda linea strategica, è necessario puntare nuovamente sui marchi, sulla loro storia, sulla loro filosofia di produzione e sulla loro capacità di essere custodi di una storia e garanti di un prodotto di qualità, genuino e facilmente identificabile.
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Foto di Jacopo Cané
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di Luigi Caricato
Cosa pensano del fritto nei ristoranti Nicoletta Polliotto e Ilaria Legato, autrici del volume Creative Restaurant Branding®. Il metodo per far emergere l’identità straordinaria del tuo locale, pubblicato nel 2021 per le edizioni Hoepli? Il loro parere è certamente interessante, anche perché da anni affrontano, seppur da angolazioni diverse ma confluenti, il settore ristorativo inquadrato in una chiave di lettura nuova e originale, facendo leva soprattutto sul valore e sulle opportunità del brand. Nicoletta Polliotto è digital project manager e brand strategist, nonché esperta di food & restaurant marketing e nota conference speaker nel mondo turistico-alberghiero, oltre che autrice di svariati libri. Ilaria Legato, a sua volta, è brand e food designer, proprio nell’ambito del settore Horeca, ed è fondatrice del gruppo “I Food Designer”, nonché coordinatrice del Master in Brand Design and Management for Food, Wine and Tourism allo IED di Firenze. C’è molto da riflettere sulle opportunità che possono scaturire da un’attenzione più qualificata sulla frittura nei ristoranti. Ecco il loro pensiero.
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Nelle cucine domestiche ormai la frittura non è più molto praticata come un tempo, si mangiano i fritti solo al ristorante, o nelle rosticcerie. Come ritenete che sia presentata la frittura oggi al ristorante? Molto spesso il punto di debolezza è rappresentato soprattutto dal liquido di frittura, scelto più con l’ottica del risparmio che non della qualità dei grassi in funzione della loro resistenza e maggiore stabilità alle alte temperature. Cosa ne pensate? Nicoletta Polliotto: Certamente il bisogno forte di un’alimentazione più sana, sobria e leggera, ci ha portati a diminuire l’utilizzo della frittura nelle nostre preparazioni domestiche. Il fritto, per realizzare il quale gioca anche la necessità di tempo che sempre meno dedichiamo alla preparazione dei nostri pasti, è quindi vissuto come un’eccezione, uno strappo alla consuetudine, una coccola che ci concediamo al ristorante. Purtroppo, ritengo che questo bisogno non venga completamente compreso ed evaso dalle insegne ristorative. Il fritto è ancora appannaggio o del fast food o del ristorante tipico che propone le ricette classiche. Ecco perché non si ritiene necessario lavorare sulla qualità, sia della scelta dell’olio, sia della giusta tecnica/trattamento di questo ingrediente durante la fase della frittura. Ovviamente la scelta di un ingrediente adeguato, e della procedura più corretta (banalmente il non riutilizzo dell’olio di cottura), implica maggiore attenzione, ma anche un costo superiore che va narrato e proposto nella maniera più efficace. Ilaria Legato: Dopo un periodo in cui i fritti erano stati messi un po’ da parte in alcuni ristoranti a favore di un cibo più “sano”, proprio nel momento in cui venivano relegati ai luoghi classici del “junk food”, ora i fritti stanno vivendo una presenza diversa e rinnovata al ristorante. Sono sicuramente complici di questa nuova vita dei fritti i macchinari pensati appositamente per una frittura “sana”, frutto di ricerca e innovazione. Nel contempo si fa sentire l’effetto dei vantaggi derivanti dalla disponibilità di tutti quegli strumenti relativi al controllo e alla pulizia dell’olio. E anche lo stesso ingresso nelle cucine di tanti oli specializzati per questa tipologia di cottura, permettono oggi di ottenere fritti più leggeri, più sani e buoni. Tutti questi aspetti sono stati il motivo e l’occasione di un rilancio dei fritti al ristorante. .
Cosa dovrebbero fare i ristoratori per valorizzare, anche nella stessa presentazione, le loro fritture? Esistono esempi virtuosi di ristoranti specializzati nella frittura? Cosa suggerite al riguardo? Nicoletta Polliotto: Come già accennato, il racconto, per esempio nella presentazione del piatto, ma anche - a monte - sul blog e sul website e sui social media, dev’essere accurato e mai lasciato al caso. Il fritto deve diventare un’esperienza, così come viene chiesto e vissuto dall’avventore. Consiglio anche di puntare, nello storytelling, su tutti gli aspetti che possono rendere il fritto leggero e più digeribile, aspetto sul quale i clienti sono molto sensibili. Anche il piatto tradizionale può diventare protagonista di un racconto inedito, fatto di segreti svelati e ritualità a cui la sua matrice antropologica lo lega. Altro suggerimento: raccontare la tecnica di friggitura e/o di impanatura attraverso gli aspetti chimici, organolettici (temperatura, croccantezza, tempi di immersione...). Senza trascurare il giusto pairing, per esaltare sapori e contrastare eccessi di unto, grasso, pesante, rischi sempre dietro l’angolo in piatti di questo tipo. Ilaria Legato: Il più famoso fritto misto di pesce in Italia - ma anche del mondo, forse - è quello del tristellato “Da Vittorio”, a Brusaporto: un monumentale e perfetto insieme di pesci, crostacei, frutta e verdura servito in una “paella” direttamente al centro del tavolo. In Toscana il luogo del cuore per il fritto è da “Romano”, a Viareggio; oltre cinquant’anni di buona cucina curata da Romano Franceschini con la moglie Franca, in un ambiente di livello, dove il fritto misto è davvero irrinunciabile.
È nato qui.
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di Giuseppe Capano Chef e maestro di cucina
rospettare un cambiamento netto del modo di vedere e intendere la frittura in tutti i suoi aspetti è più che mai doveroso e urgente. Si tratta anche di una questione di giustizia, se è vero che non esiste in cucina una tecnica scevra da effetti negativi sulla salute quando questa viene utilizzata male. È proprio l’utilizzo errato, e non la tecnica in sé, il problema: conoscere come, quanto, cosa e il perché delle procedure da seguire è la soluzione. Oggi il mondo della frittura risulta complesso in quanto avvolto da enormi e ingiustificati pregiudizi e dall’errato modo di vedere i grassi considerati a priori elementi negativi, dimenticando invece la loro vitale importanza per le normali funzioni dell’organismo. Una buona frittura non è solo quello che normalmente si immagina. Un piatto di fumanti patatine a bastoncino. Morbidi panzerotti ripieni di formaggio. Frittelle di verdure contorte e colorate. Dolci biscottati ricoperti di zucchero esterno. Molto più spesso la frittura è quel passaggio fondamentale che all’interno di una ricetta determina la riuscita bontà finale e senza il quale il piatto assumerebbe caratteristiche organolettiche più modeste e meno invitanti. Per dirla in poche parole, la frittura è la trovata geniale che trasforma un semplice piatto di pasta povera, o il classico abbinamento melanzane-pomodoro, in piccoli capolavori di bontà. Tutto ciò, inserito in
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un quadro di alimentazione attenta, non porta alcun danno, ma tante soddisfazioni e una situazione di grande benessere edonistico. Il punto, quindi, non è bandire o limitare la frittura in sé, quanto invece preoccuparsi di sapere come eseguire al meglio questa particolare cottura. Solo se mal realizzata la frittura porta conseguenze poco piacevoli sul piano salutistico e aromatico. È bene avere coscienza della sua natura intrinseca e della periodicità con cui è bene portarla in tavola.
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&ŧª GD FDPELDUH LO PRGR GL YHGHUH H LQWHQGHUH OD IULƔXUD Persistono troppi pregiudizi* intorno a un metodo di cottura più volte ingiustamente demonizzato. Per ottenere un fritto sano e gustoso occorre semplicemente friggere bene e imparare a conoscere nel dettaglio come, quanto, cosa e il perché di alcune fondamentali procedure da seguire
Il pregiudizio, pur se inconsapevole, agisce in modo incisivo nel modificare il nostro modo di percepire e vedere la realtà. Attenzione a non cadere in inganno.
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Gli elementi essenziali l primo elemento da tener presente è senza dubbio l’olio. Scegliendo oli di qualità possiamo realizzare ottime fritture e inserirle con intelligenza nella nostra linea di cucina o nei piatti che maggiormente amiamo. Una serie di consigli molto utili a tal proposito si possono leggere nel libro Friggere bene, scritto insieme con Luigi Caricato. Interessante è notare che, al contrario di quello che molti credono, l’utilizzo di un olio derivato dalle olive non solo è possibile, ma è spesso consigliato proprio per le sue indubbie caratteristiche di resistenza alle alte temperature e alle peculiarità protettive delle sostanze presenti in natura negli extra vergini. A sciogliere ogni dubbio, tra i vari extra vergini la scelta di indirizzo generale prevede il ricorso a oli dal fruttato leggero. Non si escludono tuttavia altre tipologie, più intense, di extra vergine. Per esempio, quando l’alimento che stiamo preparando si intona in maniera vantaggiosa con l’intensità e sapidità delle note sensoriali dell’olio. Oppure quando l’olio ricorda le caratteristiche salienti del cibo che intendiamo friggere, contribuendo a esaltarle ancor di più. Questo vale soprattutto, e in maniera intelligente, quando non si eseguono fritture pure fini a se stesse, ma quando la frittura in piccolo è parte integrante di una ricetta che prevede anche altre cotture e passaggi, diventando così il segreto vincente del piatto finale. Altri oli dal profilo tecnico elevato sono poi disponibili e consigliabili, a cominciare dall’olio di girasole “alto oleico” che mostra performance elevatissime mantenendo una base neutra, come anche il più conosciuto olio di arachide.
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In questi ultimi anni si trovano inoltre sul mercato formulazioni appositamente studiate per la frittura, che possono fornire ottimi risultati, anche se vanno comunque scelte con attenzione. Oltre alla individuazione dell’olio più adatto, sono estremamente importanti anche altri aspetti, da curare con attenzione: — utilizzo di appositi strumenti di cottura con, in primo piano, le efficienti friggitrici moderne, o, in alternativa, l’impiego di padelle possibilmente in ferro dai bordi alti (un tipico wok potrebbe essere una buona scelta); — il controllo della temperatura corretta prima di introdurre gli alimenti, e, se lo strumento di cottura usato non lo contempli, un economico termometro laser/ infrarossi o ad ago per fritti può risolvere il problema; — la verifica della quantità di olio usata (che deve essere sempre abbondante) e gli alimenti da friggere (che non devono essere aggiunti in proporzioni eccessive: rispetto a una quantità media di 1 litro di olio, il peso degli alimenti da inserire non deve preferibilmente superare il rapporto del 10-12%, ovvero ruotare intorno ai 100-120 g). Pastelle speciali, combinazioni di farine, l’alternanza del freddo in contrasto al caldo, e altre indicazioni attente, completeranno poi il tutto. Con tali accorgimenti si riusciranno a ottenere ottimi fritti e non è una eresia, o un controsenso, affermare che un olio extra vergine di oliva di qualità può comparire - se ben calibrato e pensato anche nelle salse di accompagnamento al fritto, ricordandone magari, a crudo, i sentori di partenza, e migliorando la degustazione del piatto con una calibrazione attenta delle dosi, portando altri importanti elementi salutari.
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Un utile e pratico decalogo (in diciannove punti)
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Strumento ideale Il mondo dell’olio è un comparto che ha necessità di rinnovarsi. Tale spinta propulsiva deve essere avvertita come esigenza improcrastinabile. Olio di elezione L’olio extra vergine di oliva, modulando le intensità in base all’alimento da preparare; l’olio di girasole alto oleico o di arachide. Risultato ottimale Velocità di cottura e abbondante crosta esterna. Range di temperatura indicativi Media: 150-160 gradi Alta: 170 gradi Molto alta: 180-185 gradi. Limite di temperatura da non superare mai 185 gradi. Strumento di controllo della temperatura ideale Termometro interno alla friggitrice, termometro laser/infrarossi o a ago per fritti. Dimensione del fornello di cottura (se non si usa una friggitrice) Inferiore al diametro della padella. Regolazione del fornello di cottura (se non si usa una friggitrice) — Su valore medio, fino al raggiungimento della temperatura ideale — Su valore medio, prima di aggiungere gli alimenti ricontrollando la temperatura ideale — Su valore massimo, durante la cottura vera e propria — Su valore medio, durante la colatura degli alimenti e fino al nuovo raggiungimento della temperatura ideale
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Preparazione degli alimenti Tutti delle stesse dimensioni (possibilmente piccoli) e ben asciutti – pastelle lievitate in base alla stagione.
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Introduzione alimenti in olio Ben scrollati da farine e impanatura e aggiunti solo a temperatura stabilita. Operazioni durante la cottura Rimescolamento dei pezzi con una forchetta o un mestolo forato.
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Facilitazione per il recupero di calore da parte dell’olio Introduzione di alimenti non freddi, ma a temperatura ambiente, a meno di pastelle speciali come la tempura. Alimenti cotti e pronti Scolati con l’apposito cestello o una schiumarola a ragno e depositati su carta assorbente. Aggiunta di sale e spezie Solo a fine cottura. Quantitativo standard di olio per ricetta 1 litro. Proporzione alimenti rispetto all’olio 10-12% massimo. Operazioni limite consentite con olio in buone condizioni Filtrazione dell’olio e riuso per altre 1-2 volte. Operazioni vietate in ogni caso Aggiunta di olio fresco nel liquido di frittura. Gestione dell’olio esausto Smaltito negli appositi contenitori e portato in discarica.
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)ULƔXULQD FURFFDQWH Ingredienti per 4 persone — 250 ml di acqua quasi ghiacciata e preferibilmente gasata — 120 g di farina di riso — 80 g di maizena — 600 g circa di verdure di stagione come sedano rapa, finocchi, carciofi, asparagi, ravanelli, zucchine, melanzane, ecc. — 20 grandi foglie di salvia
Procedimento Il giorno prima ricordarsi di collocare l’acqua in frigorifero, e, per renderla ancora più fredda, si può prevedere un passaggio nel congelatore per un tempo di circa 15-20 minuti. Pulire con cura le verdure scelte tagliandole in sottili fettine e avendo cura di lavare bene anche le foglie di salvia fresche. Scaldare l’olio. Disporre in una grande scodella di vetro o acciaio la farina di riso e la maizena. Mescolare brevemente gli elementi secchi e versare l’acqua ghiacciata solo quando l’olio è quasi pronto, mescolando il minimo indispensabile per formare una densa pastella. Appoggiare la scodella della pastella su un contenitore con dentro del ghiaccio, in modo da mantenere il più fredda possibile la temperatura. Immergere in successione le verdure a fette e le foglie di salvia nella pastella e trasferirle nell’olio caldo unendone poche per volta in modo da non abbassare troppo la temperatura. Friggere le verdure e dorarle da ambo i lati per alcuni minuti. Una volta pronte scolarle con una schiumarola e trasferirle su carta assorbente. Continuare così fino ad esaurire tutte le parti da friggere. Aggiungere poco sale, solo una volta pronte, e consumare subito.
— Olio extravergine di oliva dal fruttato leggero (oppure olio di girasole ad alto contenuto oleico) — Sale
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%DUED GL IUDWH LQ SDVWHOOD DO JUDQR VDUDFHQR H ]HQ]HUR Ingredienti per 4 persone — 400 g di barba di frate (agretti) — 80 g di farina di riso — 80 g di farina di grano saraceno — 1 bicchiere circa di acqua gasata gelata — 1 cucchiaio abbondante di zenzero fresco grattugiato — Olio extra vergine di oliva dal fruttato leggero (o olio di girasole ad alto contenuto oleico). — Sale
Procedimento Mondare la barba di frate cercando di lasciarla in singoli ciuffetti ed eliminando le parti più dure e fibrose. Lavarla con cura in acqua abbondante, per eliminare ogni traccia di terra e scottarla in abbondante acqua salata bollente per 2-3 minuti, o a vapore per 5 minuti. Trasferire la barba di frate in una ciotola colma di acqua fredda con dentro possibilmente del ghiaccio e dopo cinque minuti scolarla, asciugandola parzialmente con un panno pulito. Mettere in una ciotola le due farine mescolate insieme. Diluire con l’acqua gasata molto fredda, sufficiente a ottenere una pastella semi densa da aromatizzare con lo zenzero grattugiato. Scaldare abbondante olio. Immergere singoli ciuffetti di barba di frate nella pastella, scolarli parzialmente e metterli nell’olio caldo. Friggerli con cura per alcuni minuti. rigirandoli una volta. Scolarli su carta assorbente, salarli e servirli subito.
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Illustrazione di Domenico Boscia
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JLXVWR FRQFHGHUH L IULƔL DL EDPELQL" ( D FKH HW¢ SRVVRQR LQL]LDUH D PDQJLDUOL" Mario Portera Freelancer of Public Health, esperto di sanità pubblica, epidemiologia, promozione della salute, laboratorio analisi. Titolare di azienda agricola specializzata nella produzione di olio Evo di qualità certificata a marchio Dop Valdemone, Igp Sicilia e Biologico.
di Mario Portera e Maria Gabriella Dongarrà I bambini sono il nostro presente e soprattutto il nostro futuro. Ognuno di loro è come una pallina di morbida spugna pronta a balzare nella direzione voluta dalla corrente e soprattutto pronta ad assumere la forma di chi la prende in mano, ad assorbire colori, odori, sapori dell’ambiente che la circonda. A noi adulti spetta il compito di accogliere questi piccoli tesori e accompagnarli nella conoscenza del mondo. Il bambino, dall’ambiente circostante e dagli adulti che lo affiancano, assorbe tutto e vive un’infinità di esperienze: impara a conoscere l’amore, la gioia, il piacere di condividere ma anche il dolore, l’ansia, la solitudine. In questo viaggio verso le tappe che lo porteranno a crescere il bambino ascolta, vede e accoglie tutto dentro di sé. Tutto questo vale naturalmente anche per l’acquisizione delle abitudini alimentari e delle preferenze nella scelta dei cibi. Il bambino impara a mangiare guardando gli adulti che per lui sono punti di riferimento. Quindi tenderà a preferire e amare i cibi che è abituato a mangiare in famiglia. Se in casa si mangiano spesso cibi fritti il bambino amerà e preferirà il cibo fritto.
Le fritture sono adatte ai bambini? La risposta è una sola: il fritto, quando si esagera, fa male ai bambini come pure agli adulti. Bisogna però riconoscere che tutti siamo attratti dalle fritture. Chi non è attratto dalle patatine fritte? In verità, qualsiasi cibo, se fritto, diventa più buono.
Una domanda posta spesso dalle mamme: a che età il primo fritto? Una volta raggiunto il traguardo del primo anno di vita, i bambini entrano in una fase in cui l’alimentazione può e deve essere sempre più simile a quella degli adulti. Essendo un processo che varia da bambino a bambino, e non segue tempi e modalità standard, non è possibile identificare il momento perfetto per il primo fritto ma suggerirei dopo il primo anno di vita.
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Cosa rispondere a una mamma che chiede se dare del cibo fritto al proprio bimbo? Ci sentiamo di dare pochi e semplici consigli: 1 La frittura deve essere una presenza occasionale nella dieta del bambino, da mangiare ogni tanto, in un momento di festa o di condivisione. 2 Durante la frittura, a causa dell’alta temperatura, i cibi perdono parte dei principi nutritivi, come per esempio le vitamine C, E ed A. 3 L’olio utilizzato durante la frittura aumenta il contenuto calorico dell’alimento, e ciò può contribuire all’aumento di peso. 4 Evitare cibi fritti dei quali non si conosce l’olio utilizzato per la frittura. 5 Cambiare olio a ogni frittura, perché ogni volta si formano sostanze perossidate dannose per l’organismo. Da evitare l’abitudine di aggiungere altro olio a quello già presente e utilizzato in padella. 6 Friggere all’orientale, in una padella tipo wok, dove l’olio si concentra sul fondo concavo riducendo così la quantità necessaria a “bagnare” l’alimento da cuocere. 7 Asciugare il fritto a ogni fine cottura, utilizzando carta da cucina da rimuovere quando completamente intrisa d’olio.
Gabriella Dongarrà Dirigente medico pediatra presso il P.O. di Sant’Agata di Militello. Esperta di pediatria, scienze dell’alimentazione, promozione della salute, svezzamento dei bambini. Co-founder del sito pappablog.it
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influenzate dal contenuto di polifenoli, in Quale olio misura minore tocoferoli e dall’alta percentuale di acido oleico. utilizzare per le Un olio amaro e piccante avrà un punfritture destinate ai to di fumo superiore ma soprattutto una superiore stabilità ossidativa. bambini La stabilità ossidativa, e non il punto Grazie alla resistenza alle alte temperature, l’olio extra vergine di oliva è un ottimo olio per friggere. I due parametri per valutare quale olio scegliere sono il punto di fumo e la stabilità ossidativa. Il punto di fumo (temperatura alla quale, in determinate condizioni, dall’olio emergono sufficienti composti volatili e un fumo bluastro diventa chiaramente visibile) varia da 190 a 210°C. Il punto di fumo indica i gradi di temperatura ai quali i grassi dell’olio si bruciano dando vita a sostanze tossiche. Un olio che ha raggiunto e superato il suo punto di fumo: 1) libera fumo grigio e cattivo odore 2) perde i suoi valori nutrizionali 3) inizia a sprigionare sostanze tossiche L’olio Evo ha una tolleranza al calore piuttosto alta: 210 gradi contro i 130 dell’olio di girasole e i 160 dell’olio di mais. È fondamentale mantenere la temperatura dell’olio tra i 150 e i 170 gradi durante la frittura, misurandola con apposito termometro, o, se si preferisce ricorrere a un metodo antico, empirico, immergendo una crosta di pane, così che quando sfrigola l’olio significa che è pronto per iniziare a friggere. La stabilità ossidativa (è un parametro multivariabile, cui contribuiscono diversi fattori: il contenuto in acidi grassi liberi, il numero di perossidi, l’assorbanza specifica, il punteggio organolettico e i composti fenolici). Non tutti gli oli extra vergini di oliva sono uguali, infatti le loro performance sono
fumo, è il miglior fattore predittivo di come si comporta un olio durante la cottura. È quando un olio perde la sua stabilità ossidativa che si formano composti indesiderati e potenzialmente dannosi. Quindi, per preservare la nostra salute, sarà bene utilizzare un extra vergine dall’alto contenuto in acido oleico, polifenoli e tocoferoli. La degradazione degli antiossidanti negli oli extra vergini con un elevato contenuto di antiossidanti è “eccellente” dopo 240 giorni di conservazione a 40 °C. Conseguentemente, le proprietà benefiche degli oli, dovute all’attività antiossidante, si mantengono tali per tutta la loro vita commerciale. L’olio d’oliva può essere considerato il miglior olio per friggere per via del contenuto, molto alto (in media il 65-70%), di acido oleico (acido monoinsaturo, meno ossidabile dei polinsaturi), e per la protezione aggiuntiva che possono fornire gli antiossidanti: 1 i tocoferoli lipofili sono termolabili, e quindi vengono distrutti o inattivati già a 180 °C; 2 i polifenoli (o biofenoli) idrofili resistono più a lungo, e, sacrificandosi pian piano, proteggono l’olio. Questi ultimi sono esclusivamente presenti negli oli extra vergini e vergini di oliva.
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I bambini percepiscono i difetti dell’olio I bambini, particolarmente sottoposti al consumo di junk food come le patate o le chips fritte in olio di scarsa qualità, sono i più abituati al difetto di riscaldo o di rancido e non associano più, come dovrebbero, il gusto che percepiscono a qualcosa di negativo. Quindi i dubbi sensoriali, in merito all’uso dell’extra vergine in cottura, più che per l’abbinamento, che è vario e stimolante, sono nella mancanza di una diffusa cultura del “gusto dell’olio”.
Come scegliere un olio Evo per le fritture Anche dal punto di vista gustativo non tutti gli oli extra vergini sono uguali, anche se da tutti è possibile ottenere una frittura leggera e facilmente digeribile. Se volessimo tuttavia un piatto in cui il sapore dell’olio non copra quello degli altri ingredienti dovremmo utilizzare l’olio più adatto. Un olio dal fruttato leggero per certi crostacei dolci o pesci delicati, per arrivare invece a fruttati intensi per le carni e alcune verdure. Se è il gusto a dettare la linea, dovremo trovare la combinazione che ci soddisfa di più, ma essendo consapevoli che un olio dal fruttato leggero, tanto più se al termine della propria vita, non va utilizzato a 190°C, allora sarebbe meglio abbassare le temperature a 160°C, o meno, ricordando sempre di asciugare bene il cibo prima di immergerlo nell’olio, perché l’acqua è nemica della frittura
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perfetta. Si può concludere sostenendo che cucinare con un extra vergine sia un’ottima scelta, per il gusto come per la salute, purché l’olio sia di qualità e venga scelto con criterio: fresco e a bassa acidità.
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Come funziona la friggitrice ad aria Oggi esiste una possibilità per realizzare cibi fritti e croccanti ma leggeri, digeribili e poco calorici, adatti a grandi e piccini: la frittura in friggitrice ad aria. Cosa accade all’interno della friggitrice? L’aria viene riscaldata ad alta temperatura e viene fatta circolare grazie a una ventola ad alta velocità. Il cibo risulta così ben cotto e molto croccante, senza essere immerso in olio come accade con la frittura tradizionale. Con questa tecnica di cottura, senza rinunciare al gusto, è possibile ridurre l’assunzione di grassi e calorie e portare così a tavola cibi leggeri e più digeribili.
Con la friggitrice ad aria si cucina senza olio? Per molte ricette è possibile non usare olio. Per esempio, non richiedono olio i cibi congelati quali patatine, nuggets di pollo, crocchette di patate, verdure in pastella. Su questi cibi non sarà necessario spennellare alcun tipo di olio. Per tanti altri, e soprattutto per gli alimenti panati, se ne usa molto poco. Basta infatti spennellare una piccola quantità di olio Evo sul cibo prima di inserirlo nel cestello. Si ottiene un ottimo risultato, con forte riduzione del consumo di olio. Con questa tecnica di cottura si riesce ad apprezzare meglio il sapore del cibo rispetto alla frittura tradizionale.
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Quale olio utilizzare nella friggitrice ad aria? Anche se in piccole quantità, la friggitrice ad aria prevede l’utilizzo dell’olio. Lo scopo è rendere gli alimenti croccanti fuori e morbidi dentro, come è tipico di ogni frittura. È ormai noto che l’olio Evo è il miglior olio da usare per le fritture grazie al punto di fumo più alto. Con la friggitrice ad aria l’olio Evo mantiene intatte le sue pregiate caratteristiche nutrizionali.
5LVSHƔDUH OŧDPELHQWH FRQ SLFFROL JHVWL TXRWLGLDQL ª SRVVLELOH LQVHJQDQGR DOOH QXRYH JHQHUD]LRQL Come smaltire L FRUUHƔL PHWRGL GL l’olio utilizzato per la frittura VPDOWLPHQWR GHOOŧROLR IULƔR Rispettare l’ambiente con piccoli gesti
quotidiani è possibile insegnando alle nuove generazioni i corretti metodi di smaltimento dell’olio fritto. Una volta terminata la frittura non bisogna gettare l’olio nel lavandino o nel wc, ma è necessario raccoglierlo e, una volta raffreddato, riporlo in un recipiente e portarlo presso le isole ecologiche quale forma di rispetto e salvaguardia del pianeta.
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Una ricetta da preparare in pochi minuti, pensata per bambini di età maggiore di 12 mesi ma che piace a tutta la famiglia di Mario Portera e Maria Gabriella Dongarrà Massima attenzione all’olio extra vergine di oliva. Tra tutti gli ingredienti è fondamentale, perché esalta al meglio le caratteristiche sensoriali del piatto. Ingredienti — 30 g parmigiano grattugiato — 240 g tonno in scatola — 200 g robiola — 2 fette di pane — Un trito di erbe aromatiche fresche — Un paio di capperi sott’olio (facoltativo) — Un uovo e pangrattato q.b. per impanare — Olio extra vergine di oliva q.b. Tempo di preparazione 18 minuti Preparazione Prendete due fette di pane. Togliete la crosta. Sbriciolate finemente la mollica. In una ciotola mettete il tonno in scatola, ben scolato, la robiola, il parmigiano grattugiato, la mollica sbriciolata, il trito di erbe aromatiche e i capperi sminuzzati finemente. Mescolate con un cucchiaio fino a ottenere un impasto leggermente morbido. Con le mani umide modellate le polpette e passatele nell’uovo sbattuto e poi nel pangrattato. Disponete le polpette in una teglia ricoperta da un foglio di carta forno. In forno preriscaldato a 180 gradi cuocete le polpette per circa quindici minuti, fino a che appaiano ben dorate. Se preferite una versione meno light, potete friggere le polpette in olio Evo bollente. Una valida alternativa è cuocerle in friggitrice ad aria. Riscaldate la friggitrice a 180 gradi, per tre minuti. Spennellate le polpette su entrambi i lati con olio evo e disponetele nel cestello della friggitrice. Cuocete a 180 gradi per quindici minuti. Il tempo può variare leggermente in rapporto alle dimensioni della friggitrice. Girate a metà cottura. Con questa tecnica di cottura otterrete polpette croccanti fuori e molto cremose all’interno, con pochissimo olio. Il cibo risulta meno calorico e soprattutto più digeribile. Le polpette tonno e robiola sono ottime sia calde, sia fredde. Consigli Servite le polpette su un letto di insalata mista. Scegliete uova fresche, di galline di razze rustiche, a provenienza controllata, da allevamenti biologici, che razzolino a terra e all’aperto. Con la dose proposta otterrete circa dodici polpette. Potete sostituire la robiola con un altro formaggio cremoso a vostra scelta, come per esempio la Philadelphia. Conservazione Le polpette impanate e non cotte possono essere conservate in frigo per 24 ore. Anche le polpette già cotte possono essere conservate in frigo per 24 ore. Potete riscaldarle ponendole in forno elettrico per 10-12 minuti circa. Oppure preriscaldate la friggitrice ad aria a 180 gradi per 2 minuti e disponete le polpette nel cestello della friggitrice. In 3-4 minuti a 180 gradi le polpette saranno calde e soprattutto molto croccanti.
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Fruttato leggero, gusto delicato Frantoio di Sant’Agata d’Oneglia, Gran Cru - Taggiasca di montagna Latte dolce fritto Fruttato medio, gusto sapido Bono, Igp Sicilia Arancini di riso
Fruttato medio, gusto sapido Palazzo di Varignana, Stiffonte - Correggiolo Filetto di ombrina impanato con lenticchie nere
FRITTURE IN OLIO
Fruttato medio, gusto sapido Carapelli, Oro Verde Fritto di calamari
Fruttato medio, gusto sapido Costa d’Oro, L’integrale non filtrato Nasello con peperoni Fruttato leggero, gusto delicato Turri, Biologico Radicchio fritto
Fruttato medio, gusto sapido Coricelli, Profilo D’Autore Zucca fritta
Fruttato medio, gusto sapido Agridè, Carmine 100% italiano Fritto misto di pesce e patate
Fruttato leggero, gusto delicato Frantoio Salvagno, Classico Tortellini fritti di Valeggio
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Fruttato medio, gusto sapido Colavita, Selezione italiana Calamari fritti al limone Fruttato medio, gusto sapido Rocchi, Gocce d’Oro, Igp Toscano Funghi porcini fritti
Fruttato medio, gusto sapido San Giuliano, Bosana Panadas
Fruttato medio, gusto sapido Frantoio Ortore, Femminile, Biologico Tranci di nasello al pomodoro
EXTRA VERGINE DI OLIVA
Fruttato medio, gusto sapido Fiorentini, Col di Fiore Pizza fritta
Fruttato intenso, gusto potente Masserie di Sant’Eramo, Fruttato intenso Peperoni cruschi
Fruttato intenso, gusto potente Pantaleo, Igp Olio di Puglia Coniglio impanato e fritto
Fruttato intenso, gusto potente Filippo Berio, Gran Cru, Igp Toscano Pollo fritto
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Monini, Anfora Polpette di gamberi e spinaci
Sagra Gnocco fritto
FRITTURE IN OLIO DA OLIVE Sasso Zeppole
Carli Sofficini di merluzzo
Pantaleo Alici fritte in erbe aromatiche Filippo Berio filetti di ricciola impanati
Olio di sansa di oliva Pantaleo Sarde fritte con anelli di cipolla rossa
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Olio da seme di girasole alto oleico Olitalia, Frienn Bastoncini di pesce
Blend di oli Olita, Alto punto di fumo 220° Frittura di pesce, molluschi e crostacei
Coricelli, Olio di semi di Vinacciolo Palline croccanti di ricotta
FRITTURE IN OLI DA SEME Oli da seme di arachide OiO, i Tuttanatura Frittelle dolci di pane
Blend di oli Fratelli Mantova, 230° olio spray per friggitrici ad aria Chips di patatine
Blend di oli Topazio, Friggì Gamberi fritti in tempura
Blend di oli Friol Fiori di zucca Blend di oli Sagra, Frì Max Crocchette e frittelle
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Illustrazione di Stefania Morgante
Avvertenza Ritaglia la pagina; oppure fotocopiala, se vuoi colorarla con colori diversi. Prendi matite o pennarelli e colora come più ti piace.
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Visioni DFHWRFHQWULFKH &RVD FŧHQWUD OŧDFHWR FRQ OH IULƔXUH"
di Chiara Di Modugno Il fritto chiama l’olio, sia quello estratto dalle olive, sia quello ricavato dai semi di altre specie vegetali. Questo però non esclude che alcune fasi possano prevedere l’utilizzo di un altro condimento, durante la preparazione stessa, o al termine: sì, stiamo proprio pensando all’aceto. Dopo aver osservato tutti i passaggi essenziali, quest’ultimo contribuisce a rendere perfetta la preparazione. Infatti, immergendo per pochi istanti in una bacinella di acqua e aceto – dove le parti si equivalgono – la pietanza che si intende poi friggere, la farina in eccesso viene rimossa, così come l’amido presente nella farina; in questo modo il rischio che la frittura bruci il cibo in questione è molto bassa. Serve anche ricordare che attraverso questo passaggio si otterrà un piatto finale dalla consistenza molto più compatta e soda, e per quanto sia un rimedio da sempre utilizzato nelle cucine, molti non ne sono a conoscenza. Ma l’aceto svolge anche un’altra funzione, quella di conservare il fritto ed evitare che gli avanzi vengano sprecati. La tecnica a cui facciamo riferimento è la marinatura, una tecnica che nasce proprio per prolungare la conservazione degli alimenti. Nel tempo i suoi impieghi si sono ampliati e si sono scoperte le sue capacità di insaporire e ammorbidire i diversi cibi prima di essere cucinati, ma tutt’oggi la marinatura con l’aceto risulta essere uno dei migliori modi per riutilizzare ciò che è stato fritto, come è appunto il caso del pesce. La marinatura può essere realizzata in due distinti modi, alla tartara, o al carpione, e permette di consumare il piatto fino a una settimana. Anche la scapece, metodo di origine araba, diffuso e reinterpretato a seconda delle tradizioni in Italia, Spagna e Portogallo, è molto conosciuto per conservare gli alimenti sotto aceto, e indica sia il procedimento stesso che il prodotto ottenuto. La marinata può essere realizzata con diversi prodotti – zafferano, alloro, aceto, vino, menta o pepe – a seconda dell’alimento principale. In Puglia è possibile degustare la “scapece gallipolina”, che, come suggerisce il nome, è una ricetta tipica di Gallipoli. Dopo aver fritto il pesce nell’olio, quest’ultimo viene fatto marinare a strati alternati con mollica di pane precedentemente imbevuta con aceto e zafferano. Mentre in Liguria, dove il dialetto vuole che si pronunci “scabeccio”, dopo aver infarinato e fritto i pesci – in particolar modo triglie, acciughe e altri di piccole dimensioni – vengono fatti marinare per almeno un giorno in aceto, olio, sale, aglio, cipolle e rosmarino. Le ricette regionali che prevedono l’impiego dell’aceto per questo tipo di preparazione sono molte, e sarebbe molto interessante portare avanti un ricettario in cui, a partire proprio dalla tradizione, si possano raccogliere ricette che prevedano il fritto, o la sequenza successiva, con l’aceto.
Illustrazione di Doriano Strologo
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4XDƔUR ULFHƔH GL 6LPRQD 3DKRQWX 6DUGH LQ VDRU Ingredienti — 500 g di sarde — 700 g di cipolle — 200 ml di aceto di vino — 2 cucchiaini di zucchero — q.b. di sale — q.b. di pepe — q.b. di uvetta — q.b. di olio extra vergine di oliva Turri, Monocultivar Leccino — q.b. di farina 00
Simona Pahontu, dell’Acetaia Pahontu, ci ha raccontato la ricetta di un piatto tradizionale veneto, le Sarde in saor. «Fanno parte della cucina veneta, ma sono conosciute ed amate anche in altre regioni d’Italia. Le sarde in saor, infatti, costituiscono una piacevole scoperta per chi poco conosce la tradizione veneziana» spiega. Di seguito, la ricetta come vuole la tradizione.
Le indicazioni relative a ingredienti ed esecuzione delle ricette sono di Simona Pahontu
Preparazione Per iniziare la preparazione delle sarde in saor secondo la ricetta veneta la prima cosa da fare sarà partire dalle cipolle, che dovranno essere private delle sfoglie esterne, poi tagliate a metà e messe in ammollo in acqua fredda mentre si preparano le sarde. Dapprima dovranno essere eliminate la testa e la lisca centrale aprendole in modo tale da non separare le due parti. Una volta ben pulite e tamponate infarinarle per bene da entrambe le parti, eliminando gli eccessi. Continuare in questo modo fino a quando avrete pulito e preparato tutte le vostre sardine. Solo a questo punto si procede con la cottura, che deve avvenire in abbondante olio extra vergine di oliva dal gusto delicato, portato ad una temperatura di 180°C. Cuocere fino a leggera doratura e adagiare su un piatto coperto con carta assorbente così da eliminare l’olio in eccesso. A questo punto aggiustare di sale in base ai propri gusti. È il momento di riprendere le cipolle, privarle dell’acqua in cui sono state tenute in ammollo e quindi affettarle finemente. In una padella ben capiente mettete a scaldare dell’olio extra vergine di oliva. Aggiungere quindi, le cipolle e fare saltare per circa 15/20 minuti o fino a quando inizieranno ad appassire. Aggiungere quindi l’aceto e lo zucchero e sfumare. Proseguire la cottura, aggiustare con sale e pepe in base ai propri gusti e spegnere la fiamma. A questo punto non resta che creare all’interno di una pirofila o su un piatto da portata degli strati di sarde fritte e uno di cipolle in agrodolce. Aggiungere in questa fase l’uvetta, precedentemente tenuta in ammollo per farla ammorbidire. Aggiungere pinoli o pepe in grani, se lo si preferisce. Continuare con la stratificazione fino ad esaurimento degli ingredienti. Fare riposare per circa 12 ore prima di servire.
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)LVK DQG FKLSV Ingredienti — 600 g di filetti di merluzzo — 600 g di patate — 5 cucchiai di farina di grano tenero 00 — ½ cucchiaio di bicarbonato di sodio — 150 ml di birra fredda — 1 cucchiaio di aceto di vino — 400 ml di olio di arachidi — Sale q.b. Preparazione Iniziare sciacquando i filetti di merluzzo, tagliandoli a bocconcini della stessa dimensione: rettangoli spessi circa 4-5 centimetri e lunghi una decina di centimetri. Poi sbucciare le patate, dopodiché vanno sciacquate e asciugate bene. Si tagliano quindi a bastoncini larghi circa 1 centimetro.
«Un’altra ricetta che mi viene in mente – ci racconta sempre Simona Pahontu - è il Fish and chips, uno dei piatti simbolo della cucina anglosassone, nonché uno degli street food più apprezzati in tutto il mondo. I filetti di pesce, solitamente di merluzzo, pollack o eglefino, vengono pastellati, fritti in abbondante olio. Alla pastella in cui vengono immersi i filetti prima della frittura, viene aggiunto dell’aceto di vino. E per dare un tocco ancora più fresco e leggero al filetto fritto, a fine cottura, prima di essere servito, viene spruzzato con l’aceto di vino». Di seguito, ricetta e preparazione.
Per la pastella Versare un po’ di farina, circa due cucchiai, in un piatto piano. Prendere la farina rimanente e metterla in una ciotola: aggiungere un pizzico di sale e il bicarbonato e mescolare. Versare anche l’aceto e irrorare il tutto con la birra, unendola a filo e mescolando con una frusta a mano fino a ottenere una pastella omogenea e dalla consistenza piuttosto densa. Tutti gli ingredienti necessari per il fish and chips sono pronti: procedere con la frittura. Scaldare l’olio dividendolo in due padelle. In una ci vanno le patatine. Nell’altra padella portare l’olio a una temperatura di circa 160°C, dopodiché passare i bocconcini di merluzzo prima nella farina, poi nella pastella: metterli immediatamente in cottura, facendoli dorare in modo uniforme, scolando anch’essi con la schiumarola e adagiandoli in un altro piatto con carta assorbente. Prima di servire aggiustare di sale e spruzzare con altro aceto, se si preferisce, per una maggiore freschezza e leggerezza.
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$OLFL DOOD VFDSHFH Ingredienti — 400 g di acciughe (alici) già eviscerate — Farina 00 q.b. — Sale fino q.b. — Olio extra vergine di oliva Caricato Factory, Tatanoso, per friggere q.b. Per la marinatura — 2 spicchi d’aglio — Menta q.b. — 200 ml di aceto di vino bianco moscato — 100 ml di acqua — 50 ml di olio extra vergine di oliva
Le alici alla scapece sono un antipasto della tradizione casalinga molto diffuso nel sud Italia, caratterizzato da sapori forti e decisi. Come tutte le preparazioni “a scapece”, anche qui ritroviamo la frittura del pesce e poi la tipica marinatura aromatizzata all’aceto di vino, ingrediente insostituibile in questa ricetta. Il risultato è un piatto dal sapore semplice e genuino, da personalizzare a piacimento, variando ad esempio le erbe aromatiche o aggiungendo una nota piccante con del peperoncino fresco.
Le indicazioni relative a ingredienti ed esecuzione delle ricette sono di Simona Pahontu
Preparazione Per preparare le alici alla scapece per prima cosa sciacquare le alici già pulite, scolarle e tamponarle con carta assorbente. Quindi infarinarle. Eliminare la farina in eccesso e tenere da parte. Tritare gli spicchi d’aglio e la menta fresca. In un pentolino versare il trito di aromi. Unire anche l’aceto, l’acqua e l’olio extra vergine di oliva. Scaldare la marinatura sul fuoco senza farla bollire per 10 minuti a fiamma bassa. Passare poi alla frittura: portare a temperatura di 170° l’olio extra vergine di oliva in una padella e friggere poche alici alla volta per 2 minuti circa. Scolare le alici su carta per fritti o carta assorbente poi salarle leggermente. Versare la marinatura sulle alici. Coprire le alici a scapece con pellicola trasparente e mettere in frigo per una notte prima di servirle.
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3HVFH IULƔR H PDULQDWR DOOD JUHFD Ingredienti — 1 kg di triglie, sardine, latterini (pesci piccoli in generale) — ½ bicchiere di aceto di vino — ½ bicchiere di vino bianco — 1 bicchiere di olio extra vergine di oliva Santagata 1907, Selezione Oro — 1 bicchiere di acqua — 1 rametto di rosmarino — Farina qb — Sale qb — Pepe nero qb
Questa che segue, invece, è una preparazione della cucina greca che si trova molto facilmente nei ristoranti greci.
,O FRQVLJOLR C’è un altro impiego, non strettamente alimentare, dell’aceto. Per evitare che l’odore di fritto si propaghi in tutta la casa, è possibile collocare sul fuoco un pentolino con acqua e aceto: in questo modo l’effluvio sprigionato dall’ebollizione favorirà l’assorbimento degli odori rilasciati dalla frittura, bonificando l’ambiente.
Preparazione Pulire i pesci, salare, infarinare e friggere. In un tegame preparare la salsa. Mettere l’olio a scaldare, aggiungere la farina e mescolare. Versare il vino, l’aceto, salare, pepare e unire il rosmarino. Subito dopo versare l’acqua e lasciare amalgamare la salsa. Unire in seguito i pesci e farli bollire 5 minuti nella salsa appena realizzata e servire.
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“Vir” è un’edizione limitata e fuori commercio di Maria Luisa Durante. Estratto da olive Leccino - nel Salento, a Lecce - si ispira nel nome alla figlia Virginia. Destinato in parte per l’autoconsumo, in parte a essere regalato agli amici, rappresenta in maniera emblematica il lato bello e artistico dell’olivicoltura familiare. Eravamo abituati a immaginare un olio anonimo e senza identità, per le produzioni familiari che tanto contraddistinguono l’Italia. Invece qui si cura oltre alla qualità del contenuto anche l’aspetto estetico e l’estro. A partire da questo numero di OOF Magazine, il 16, segnaleremo di volta in volta un’etichetta che eleviamo a simbolo di rinascenza. Il Salento, si sa, è afflitto dalla Xylella, e proprio per questo ha bisogno di esprimere tanta energia e brio. Il disegno eseguito dalla piccola Virginia nei mesi della pandemia è il ritratto di Frida Kahlo. L’olio ha freschi sentori erbacei e un impatto dolce al palato. Morbido, di buona fluidità e finezza, dalle note amare e piccanti armoniche, chiude con eleganti e persistenti richiami alle erbe di campo. (F. C.)
llustrazione di Stefania Morgante
* * Olive oil brings out the flavours in food
Caricato Factory San Pietro in Lama [ Lecce - Puglia - Italia ] caricato.it
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,O OXQJR YLDJƐLR GHOOŧROLR DƔUDYHUVR OD ƉODWHOLD di Giuseppe De Carli
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l mondo dell’olio da olive è stato celebrato in tante nazioni, portando la cultura della sua produzione in giro per il mondo. In tal senso lo strumento filatelico rappresenta un eccezionale veicolo di trasmissione di un messaggio che sta mantenendo vivo nel tempo la produzione olearia.
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mmergersi nel mondo dell’olio è un’esperienza unica, dove tutti i sensi vengono stimolati e trovano un percorso magico, affascinante e naturale. Madre Natura ha voluto davvero donare all’umanità qualcosa di unico, con tutte le sue varietà che identificano territori lontani tra loro, con culture diverse e un passato non comune; eppure, a unirle è il frutto di un albero che mantiene vivo il senso della vita, il senso del bello e il senso del semplice. Olio Officina, che ha fatto della cultura dell’olio una vera e propria missione, da dodici edizioni con Olio Officina Festival trasferisce la grande Milano, l’industriale Milano, la tecnologica e poliedrica Milano, in un virtuale giardino dove il verde intenso, mediterraneo e aromatico, ingentilisce lo skyline della città e la fa diventare la capitale del gusto unico e sempre diverso di questo nettare divino. In un caleidoscopio di colori e di parole che inneggiano alle caratteristiche sensoriali dell’olio e alla cultura di questo ramo dell’agricoltura sostenibile, si inserisce ormai con una tradizione consolidata, la filatelia. Ma prima di raccontare il percorso che Olio Officina ha intrapreso con Poste Italiane nel 2015, proviamo a fare un viaggio a ritroso nel tempo, percorrendo idealmente un’emozione che solo la filatelia è in grado di offrire: i francobolli che hanno raccontato questo mondo speciale che tutti noi amiamo. La rassegna non può essere esaustiva, ma rappresenta un omaggio che tante nazioni, soprattutto quelle dell’area mediterranea, hanno voluto dedicare all’olio e al suo mondo. Come si può ben apprezzare ammirando i molti francobolli dedicati, vi sono tanti territori diversi, lingue differenti, consuetudini di coltivazione distinte, ma sempre unite da un filo logico condutto-
re e da un messaggio univoco trasmesso da quel veicolo postale che il francobollo porta indissolubilmente con sé. Sono pertanto innumerevoli i richiami all’ulivo come simbolo di pace, ma qui abbiamo voluto ripercorrere soprattutto il prodotto e la sua lavorazione. Luigi Caricato ha sin da subito creduto nel messaggio filatelico, nella sua validità mediatica e culturale, che sa di storia, di arte, di tipicità, di territori e di tutto quanto può essere rappresentato da un annullo filatelico, da una cartolina e da un francobollo. Con gesti semplici, in passato, si mandavano messaggi o lettere con la nobile arte della scrittura manuale appresa con l’esercizio sui banchi di scuola. Si aveva il tempo di riflettere su quello che si voleva comunicare e si affidava a una busta o a una cartolina i nostri pensieri, le nostre confidenze, i nostri obiettivi e, in fin dei conti, il nostro stato d’animo. Ormai puntuale, l’appuntamento con il richiamo filatelico, ricorda il periodo della fioritura dell’olivo, preludio di un frutto di cui ormai conosciamo tutto ma che ci permette sempre di scoprire qualcosa. Un appuntamento che è diventato arte, non fosse altro che per gli artisti che di volta in volta si sono cimentati nella realizzazione dei bozzetti.
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OOF MAGAZINE N. 16
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2019 23 gennaio
2015
IV edizione Olio Officina Festival: “Le forme dell’olio”, bozzetto di Valerio Marini dedicato al design degli oli.
VIII edizione Olio Officina Festival: “Cattedra ambulante di olivicoltura”, bozzetto di Giulia Serafin. VIII edizione Olio Officina Festival: “Memoria su I saggi diversi di olio – G. Presta”, bozzetto di Giulia Serafin.
7, 8 febbraio
2020
IX edizione Olio Officina Festival: “60 anni dalla classificazione merceologica Extra Vergine”, bozzetto di Antonio Mele. IX edizione Olio Officina Festival: “10 anni di Olio Officina – La cultura dell’olio”, bozzetto di Antonio Mele.
4 febbraio
X edizione Olio Officina Festival: “L’olivo rinasce”, bozzetto di Giulia Serafin
22, 23 gennaio
2016 V edizione Olio Officina Festival: “Avanguardia. L’olio del futuro”, due bozzetti di Valerio Marini dedicati all’assaggio dell’olio.
3, 4 febbraio
2017
18, 19 marzo
2022 VI edizione Olio Officina Festival: “Energia. Olio in movimento”, bozzetto di Valerio Marini dedicato alla figura professionale dell’oleologo. VI edizione Olio Officina Festival: “Innesto olivi contro la xylella”, bozzetto di Valerio Marini dedicato al flagello che si è abbattuto sugli olivi nel Salento.
2, 3 febbraio
2018
2021
XI edizione Olio Officina Festival: due bozzetti di Stefania Morgante, “L’olio della bellezza” e “L’oliere”.
15 novembre
2022
Olio e design. Olio Officina e Simei presentano l’oliena: bozzetto di Mauro Olivieri
2, 4 marzo
XII edizione Olio Officina Festival: “L’olio è progresso”, bozzetto di Stefania Morgante. XII edizione Olio Officina Festival: “Omaggio a Giuseppe Pontiggia a vent’anni dalla morte”, bozzetto di Stefania Morgante.
VII edizione Olio Officina Festival: “Io sono un albero”, due bozzetti di Doriano Strologo: il primo con due alberi secolari, il secondo con un olivicoltore nell’atto di raccogliere le olive.
2023
LA RIVISTA DEI CONDIMENTI
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uesto insolito viaggio filatelico ha dimostrato, se ancora ce ne fosse bisogno, che olio è anche cultura, arte (del lavoro, della coltivazione, dell’indotto che crea, del sapere antico) in un mondo che chiama al progresso, ma che non può avere un senso senza una visione del passato, come lo strumento del francobollo che dal passato arriva per lanciarsi verso un futuro sempre più innovativo nel solco della tradizione.
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LA RIVISTA DEI CONDIMENTI
Illustrazione di Stefania Morgante
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OOF MAGAZINE N. 16
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La cerimonia si è svolta sabato 6 maggio, presso l’Abbazia di Westminster
di Chiara Di Modugno
Non si tratta di un olio qualsiasi, ma di un olio facente parte di una lunghissima tradizione secolare, impiegato per l’unzione dei monarchi di tutti i tempi. La consacrazione del succo di olive è avvenuta a Gerusalemme, presso la Chiesa del Santo Sepolcro, per mano di Sua Beatitudine Theophilos III, patriarca di Gerusalemme, e del reverendo Hosam Naoum, arcivescovo anglicano. Le olive da cui è stato ricavato l’olio sono state raccolte presso il Monte degli Ulivi del Monastero di Maria Maddalena e del Monastero dell’Ascensione. Il Monastero di Maria Maddalena, in particolare, è un luogo molto caro a Re Carlo III. Vi è sepolta la principessa Alice di Battenberg, madre del principe Filippo di Edimburgo e nonna di Sua Maestà. Nata nel Castello di Windsor nel 1885, la nobildonna è stata principessa di Battenberg, Grecia e Danimarca ed è venuta a mancare nel 1969. Quanto alle olive, queste sono state spremute con ogni cura in un frantoio poco distante da Betlemme. L’olio estratto, profumato con oli essenziali di sesamo, rosa, gelsomino, cannella, neroli, benzoino e ambra, è stato accompagnato dai fiori d’arancio. Una formula specifica studiata nei minimi particolari e utilizzata per centinaia di anni.
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L’olio extra vergine
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