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La dieta delle cellule staminali embrionali
Come accade per il nostro organismo, che ha bisogno di un regime alimentare corretto per funzionare al meglio, lo stesso avviene a livello cellulare
di Marco Modugno
Un gruppo di ricercatori guidati da Graziano Martello, dell’Università di Padova, ha scoperto che, come avviene per il nostro organismo, dove è necessario osservare una corretta dieta alimentare se vogliamo che esso funzioni nel migliore dei modi, anche per le cellule, il meccanismo che determina il loro corretto funzionamento ne deve necessariamente osservare una.
Andando nello specifico, i ricercatori hanno capito che il metabolismo delle cellule staminali di tipo embrionale è condizionato da un particolare aminoacido, la glutammina, il più abbondante amminoacido presente nel corpo umano, che si presuppone sia fondamentale per il loro corretto funzionamento. «Eliminando la glutammina dalla dieta delle cellule - commenta Riccardo Betto, giovane ricercatore dell’Ateneo patavino e prima firma dello studio – o rendendole incapaci di metabolizzarla, le staminali, le cellule che danno origine a tutti i tessuti del nostro corpo, diventano incapaci di differenziarsi correttamente».
I ricercatori durante il loro studio per capire bene quale fosse il ruolo svolto dalla glutammina, hanno studiato approfonditamente il meccanismo attraverso cui il metabolismo influenza la differenziazione delle staminali embrionali. Una volta analizzati i dati del loro studio, il team di ricerca è giunto alla conclusione che non è la sequenza del DNA delle cellule a cambiare, bensì solo alcune proprietà chimiche che di conseguenza rendono regioni specifiche del DNA meno attive. «Possiamo dire che l’ambiente, in questo caso attraverso la dieta, può modificare l’attività del nostro DNA influenzando il comportamento delle nostre cellule - afferma il Prof. Salvatore Oliviero, esperto internazionale di epigenetica all’Università di Torino e all’Italian Institute for Genomic Medicine (IIGM), ente strumentale della Fondazione Compagnia di San Paolo -. Possiamo ipotizzare che si tratti di un meccanismo evolutivo: in carenza di determinati nutrienti, magari dovuta a condizioni ambientali sfavorevoli, l’organismo si tutela bloccando il differenziamento cellulare e l’evoluzione di una nuova vita».
Questa particolare scoperta apre così la strada verso nuove potenziali scoperte, forte anche dalle conferme arrivate dai meccanismi descritti in vitro che si riscontrano anche negli embrioni di topo da cui esse derivano. «Questo riscontro ci porta a pensare che la glutammina possa avere un ruolo fondamentale durante le prime fasi dello sviluppo embrionale - sottolinea Graziano Martello, leader dell’Armenise-Harvard Pluripotent Stem cell laboratory dell’Università di Padova –. In futuro sarà necessario studiare, per esempio, quanto sia importante la corretta assunzione di alimenti con apporto di glutammina dalla dieta durante le prime fasi della gravidanza». «Questa scoperta può avere ricadute anche nella ricerca sulle patologie, poiché tali meccanismi sono stati osservati anche in cellule tumorali e in altri contesti patologici - conclude il Prof. Nico Mitro dell’Università Statale di Milano, esperto di metabolismo cellulare e anche lui vincitore della borsa della Fondazione Armenise Harvard –. Studiare come il DNA della cellula si modifica in risposta a cambiamenti del metabolismo e della dieta delle cellule potrebbe diventare una promettente strada per contrastare queste malattie».
Lo studio è frutto della cooperazione internazionale di team di ricercatori, che oltre alle tre Università italiane già menzionate, Padova, Milano e Torino, ha visto anche il coinvolgimento della prestigiosa Università di Cambridge e quella di Parigi, ed è stato reso possibile grazie al supporto proveniente dall’European Reserach Council, dalla Fondazione Armenise-Harvard e dall’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro. Un ruolo importante è stato svolto da Salvatore Oliviero, grazie alla sua pluriennale esperienza all’estero, prima all’Istituto di ricerca Europeo di Biologia Molecolare EMBL, dove si è interessato dello studio della regolazione dei geni coinvolti nella risposta infiammatoria, e successivamente alla Harvard Medical School di Boston, dove si è occupato dello studio dei meccanismi molecolari di oncogeni nucleari nella trasformazione tumorale. Nel 2013 ha fatto rientro in Italia, prima Siena poi a Torino, dove dirige un gruppo di ricerca che studia il ruolo delle modificazioni epigenetiche coinvolte nelle prime fasi di differenziazione delle cellule staminali embrionali.
Il metabolismo delle cellule staminali di tipo embrionale è condizionato da un particolare aminoacido, la glutammina, il più abbondante amminoacido presente all’interno del corpo umano
© Danijela Maksimovic/shutterstock.com
La glutammina
La glutammina è l’aminoacido più abbondante del corpo umano e il suo fabbisogno può aumentare in casi di stress, traumi chirurgici, nel contrasto ad effetti collaterali di trattamenti medici, come la chemioterapia, per migliorare le performance sportive o in caso di esercizio fisico intenso. Si utilizza per proteggere il sistema immunitario e l’apparato digerente in caso di radioterapia contro il cancro all’esofago, per migliorare il recupero da un trapianto di midollo osseo, prevenire infezioni e migliorare il recupero dopo incidenti traumatici. Viene anche usata in caso di problemi all’apparato digerente, depressione, umore mutevole, irritabilità, ansia, insonnia, disturbo da deficit di attenzione-iperattività, anemia falciforme e astinenza da alcolici. In natura è presente in alimenti ricchi di proteine come carne, pesce (soprattutto il salmone), uova e nei latticini, ma anche nei fagioli, e nella frutta secca. In ambito sportivo ha proprietà detossificanti. Svolge attività immunoprotettive preziose, proteggere il muscolo dall’azione lesiva dei radicali liberi in caso di allenamento intenso.