4 minute read
Dal volley giocato al training: la nuova Nadia
Leggenda della pallavolo azzurra con 315 presenze e un argento europeo, la Centoni lavora oggi come preparatrice atletica con Il Bisonte Firenze e i gruppi giovanili della Nazionale
«S mettere, a volte, è più difficile che cominciare» recitava Henry Fonda in un noto western all’italiana. È così anche nello sport e lo sanno bene atleti di primo piano, tornati alle competizioni dopo il primo annuncio di ritiro: da Michael Schumacher (F1) a Juan Sebastian Veron (calcio), da Filippo Magnini (nuoto) a Francesca Piccinini (pallavolo). Così come lo sanno il portiere della Juventus, Gigi Buffon (calcio), il pluri-iridato della Moto GP, Valentino Rossi, l’asso del football americano Tom Brady, over 40 che continuano senza sosta a calcare con diverse fortune la scena agonistica. Smettere, del resto, è un salto del buio. A meno che non si inizi, quando si è ancora in attività, a porre le basi per la seconda vita.
È quanto ha fatto Nadia Centoni, 40 anni il prossimo 19 giugno, pallavolista toscana più volte regina di Franca con la RC Cannes e argento europeo con la nazionale italiana nel 2005. Ritiratasi senza rimpianti tre anni fa - “quando ero al top”, ama sottolineare - l’opposto di Braga (Lucca) ha fatto del suo interesse per la preparazione atletica un lavoro e oggi si divide fra Il Bisonte Firenze, giovanili azzurre e il ruolo di segretario della commissione atleti della Confédération Européenne de Volleyball (CEV), organo di governo della pallavolo e del beach volley europei.
«Negli anni ho cercato di costruirmi il momento in cui avrei smesso. Ho deciso quando, alzandomi la mattina, la passione e la voglia si sono scontrati con il “non ce la faccio più”. Dopo sette anni in Francia e tre in Turchia, ho iniziato a sentire nostalgia della famiglia, così ho giocato un’ultima stagione a Cannes e ho smesso. Tanto, i miei obiettivi li avevo raggiunti e sarebbe stato difficile far meglio» racconta Nadia. Aggiungendo: «Ci tengo a dire con orgoglio che
Nadia Centoni con il suo cane.
ero all’apice della forma e ho ricevuto più proposte quell’anno che in tutte le altre stagioni».
Superati i 30 anni, Nadia ha iniziato a chiedersi cosa fare da grande, da un lato godendosi gli anni migliori dal punto di vista sportivo, dall’altro ascoltando quella “vocina” che le diceva di preparare il futuro. Per una ragazza cresciuta a pane e volley, il futuro però non poteva che essere in palestra. «Mi hanno sempre incuriosito gli aspetti legati alla preparazione atletica e così mi sono appassionata. Mi sono messa a studiare per capire cosa servisse per farmi stare bene ed essere performante, perché volevo essere al cento per cento, mentalmente e fisicamente. Ho un po’ sperimentato su me stessa. Poi mi sono iscritta a Scienze Motorie – racconta la Centoni - e seguito fatto corsi specifici con federazione e Coni per diventare preparazione atletico: mi sono messa subito all’opera, lavorando con bravi ed esperti professionisti».
L’atleta lucchese di sfide ne ha affrontate tante, sul campo: campionessa del mondo U19 in azzurro, 315 volte in campo con la Nazionale maggiore, è stata sette volte campionessa di Francia, più volte miglior giocatrice e miglior opposto della Ligue A, miglior attaccante della Champions League 2009/2010. La sfida più difficile, però, è stata confrontarsi con un universo totalmente nuovo: le giovanissime. «Vengo dal professionismo d’élite – spiega – e quello è il mondo che mi è più familiare. Invece negli ultimi tre anni mi sono messa in gioco con le ragazzine, un mondo più difficile che mi ha fatto confrontare con aspetti che non conoscevo. È diventato l’ambito che mi sta appassionando di più, tant’è che ho la possibilità di lavorare anche con le nazionali giovanili: ora partirò con l’under 16, l’estate scorsa ho lavorato con la pre-juniores, categorie di ragazze abbastanza giovani, così come l’U18 e l’U16 del Bisonte Firenze».
Una sfida nuova, stimolante, motivante. Una ricerca continua di suggerimenti, per provare a trasformare delle ragazze in atlete, per stare bene prima ancora che per arrivare in Serie A: «Devono capire che il benessere fisico è importante e le aiuta a giocare meglio, ma anche a stare meglio. Essere riuscita a far capire loro che la preparazione fisica è fondamentale per saltare di più, giocare meglio, divertirsi di più, è stata la mia vittoria più grande».
Chi si confronta con i giovani, oggi, sa che ogni generazione ha caratteristiche differenti. E se a Nadia non piacere dire “ai miei tempi”, perché i tempi cambiano, la leggenda azzurra non può fare a meno di osservare che oggi c’è meno spirito di sacrificio, perché in generale si dà meno importanza al fare fatica, all’appassionarsi, perché sembra che tutto arrivi facilmente e basta poco per essere al settimo cielo o per dire “faccio schifo”. Nell’epoca dell’apparire, del successo, diventa fondamentale saper crescere senza necessariamente vincere: «Chi fa, sbaglia. E sbagliando si impara. L’importanza dell’errore è fondamentale nel processo di crescita e di apprendimento. Può far migliorare o può indirizzare verso altri percorsi, insegnare qual è la propria strada. Ci sono tante ‘promesse’ che si perdono perché magari non hanno la testa per diventare professionisti o magari perché praticavano una disciplina solo perché spinti dai genitori». (A. P.)
La leggenda azzurra non può fare a meno di osservare che oggi c’è meno spirito di sacrificio, perché in generale si dà meno importanza al fare fatica.
© Scarc/shutterstock.com