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Giardino di Ninfa, “Il parco più bello del Pianeta
Nel 2015 è stato eletto il «giardino privato più bello d’Italia», mentre il New York Times lo ha definito «il parco più bello e romantico del mondo». Il giardino di Ninfa è un’oasi di bellezza, di pace e di riflessione a un’oretta da Roma e non troppo distante neppure da Napoli. Otto ettari di territorio nel comune di Cisterna di Latina che ospitano 1300 specie botaniche provenienti dai cinque continenti, con la presenza costante dell’acqua a fare da filo conduttore. E non solo. Lo splendido sito, dichiarato monumento naturale nel 2000 dalla Regione Lazio, sorge sulle rovine di un’antica città che lo storico tedesco Ferdinand Gregorovius nelle sue Passeggiate romane definì«la Pompei del Medioevo». Un passato che riaffiora in ogni scorcio, in ogni angolo del giardino e che rende questo luogo davvero unico.
Da 700 anni la famiglia Caetani è proprietaria di questo territorio e di altri siti circostanti, come il castello di Sermoneta. E fu proprio Gelasio Caetani, nel 1920, a dar inizio alla realizzazione dello splendido giardino all’inglese che oggi è diventato una delle attrazioni più ammirate in Italia e nel mondo. Ad accompagnarci idealmente nel tour tra i colori, i profumi e le ricchezze del giardino di Ninfa, il cui nome deriva da un tempietto di età classica dedicato alle ninfe presente su un isolotto del piccolo lago, è il direttore Antonella Ponsillo, che cura il giardino per conto della Fondazione Roffredo Caetani: «L’unicità di Ninfa risiede nel fatto che è un giardino sorto su una città medievale con le sue strade, sette chiese, ben 150 edifici, ognuno costituente un piccolo scrigno di biodiversità. La città antica non soccombe alla vegetazione, ma la integra, con una molteplicità e diversità di ambienti che è la vera ricchezza di questo posto. Tutte le case diventano nicchie, fanno da scenario agli attori che sono le piante, mentre l’elemento unificante è rappresentato dall’acqua. La prima diga fu realizzata nell’antichità, il fiume è alimentato da sorgenti di origine carsica».
Tra magnolie e ciliegi, meli e betulle, aceri giapponesi e piante rampicanti si possono ammirare vere e proprie primizie come la gunnera manicata tipica del Sudamerica, l’avocado, i banani e soprattutto le rose. Ma, oltre alle bellezze della natura, ci sono anche le meraviglie create dall’uomo: «Le chiese presentano affreschi ancora visibili, tutti databili tra il 1000 e il 1300. E l’Hortus conclusus del XVI secolo contiene decorazioni cinquecentesche, oltre a un portale d’ingresso del 1595, una vasca ot-
Oltre 1300 piante provenienti che si sviluppano tra le rovine di un’antica città medievale
tagonale e un meraviglioso ninfeo», prosegue il direttore Ponsillo che passa poi a spiegare qual è il periodo migliore per una visita al giardino: «Ogni stagione ha i suoi colori predominanti. Il verde è una costante di tutto l’anno, mentre in primavera prevalgono le tinte chiare, soprattutto a causa delle fioriture dei ciliegi giapponesi, dei meli e dei prunus. Ad aprile, maggio e giugno è tutta un’esplosione di rose, mentre d’estate c’è un alternarsi tra luce e ombra, col boschetto che offre una piacevole frescura. Molto belli anche i colori autunnali degli aceri, mentre in inverno peccato che il sito non sia visitabile perché gli arbusti offrono dei profumi e delle essenze eccezionali».
L’insidia maggiore nella cura di piante provenienti da ecosistemi spesso molto diversi è rappresentata soprattutto dall’acqua: «La presenza di una falda acquifera superficiale per i grandi alberi è un problema, manca loro un apparato radicale tale da poterli ancorare bene al suolo. Più crescono rapidamente, più sono fragili. Ci sono alberi secolari che manifestano segni di debolezza, c’è bisogno di attenzioni e costanti e ovviamente qui i normali mezzi di manutenzione non possono accedere, bisogna fare tutto manualmente. L’altro aspetto è legato alla quantità di alberi e al clima. Vero è che una catena collinare ci ripara dai venti che arrivano
dal nord, ma è vero anche che il caldo favorisce la crescita a dismisura delle piante spontanee, che vanno a danneggiare le altre». Della manutenzione si occupano otto giardinieri, mentre intorno al giardino vero e proprio è stata creata un’area di circa cento ettari, una sorta di fascia di protezione dall’aspetto simile a quello che era il territorio pontino prima della bonifica, in cui si è sviluppata una ricca fauna fondamentale per evitare lo sviluppo di patogeni. «Sia il fiume Ninfa che le zone circostanti sono state dichiarate Sic, sito di importanza comunitaria», prosegue Antonella Ponsillo. «Attorno al fiume è sorta una vegetazione acquatica spontanea molto rara, nelle acque sono presenti specie rarissime come delle particolari varietà di trota e di rovella. Tra gli alberi, poi, vivono diverse famigliole di scoiattolo nero italiano. Si nutrono di noci e nocciole, molto spesso è possibile vederli».
Due i grandi progetti in cantiere per il giardino di Ninfa, che nel 2020 ha festeggiato – purtroppo tra chiusure a singhiozzo – il suo centenario: «Il primo è la creazione di una scuola di giardinaggio per perfezionare la manutenzione delle piante, a vantaggio del territorio. Il secondo, più prossimo alla realizzazione, è la creazione di un vivaio in cui si possano vendere al pubblico delle piante cresciute in loco». Allo studio, come racconta il direttore, anche un’altra importante novità per i visitatori: «La realizzazione, all’interno di una chiesa di Ninfa, di una sala multimediale dove, dopo il tour, si possa ammirare la ricostruzione della città fatta dai tecnici della Sapienza. Entro un paio d’anni dovrebbe essere pronta».
Logo Fondazione Caetani.
“L’unicità di Ninfa risiede nel fatto che è un giardino sorto su una città medievale con le sue strade, sette chiese, ben 150 edifici, ognuno costituente un piccolo scrigno di biodiversità”.