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Pedote, l’Ironman della vela
Il toscano ha concluso all’ottavo posto al Vendée Globe, giro del mondo in solitaria, senza possibilità di attracco o assistenza esterna
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Più che una regata velistica, un test di resistenza fisica, emotiva e mentale. Si chiama “Vendée Globe” ed è un giro del mondo in solitaria, la circumnavigazione completa dell’Antartide, senza possibilità di attracco e di assistenza esterna, con partenza e arrivo a Les Sables-d’Olonne, in Francia. Fra i protagonisti dell’Everest del mare, nell’edizione 2020-2021, c’è stato il navigatore filosofo Giancarlo Pedote, sostenuto da Prysmian Group. Oltre all’ottavo posto finale, che ne ha fatto il miglior italiano di sempre alla Vendée Globe, Pedote ha ottenuto un risultato importante anche sul piano della solidarietà con Electriciens sans frontières. E oggi, malgrado la fatica fisica e mentale della competizione, non vede l’ora di ripeterla, come racconta ai lettori de “Il Giornale dei Biologi”.
Giancarlo, il Vendée Globe, giro del mondo in solitaria e senza scalo, era il suo sogno nel cassetto. Cosa è cambiato tra il sogno e la realtà?
Quando sogni qualcosa hai un’immagine artificiale, la realtà è diversa dall’immaginazione. Indubbiamente, essendo un navigatore solitario già da 15 anni, alla partenza del Vendée Globe mi aspettavo che sarebbe stata una regata dura, una prova difficile, che sarei stato messo a dura prova. Ho trovato tutto quello che immaginavo, ma quando vivi le cose per esperienza diretta ne rimani marcato, perché la vivi sulla tua pelle.
Quali esperienze l’hanno segnata maggiormente?
È una competizione estrema, sono rimasto da solo in una barca per ottanta giorni. Sono tanti i fattori che agiscono contemporaneamente: la solitudine, la stanchezza, il fatto che la barca non si ferma mai, non riesci mai a fare un sonno senza sobbalzare sulla brandina o concludere un pasto senza che tutto salti. Anche se la barca è ferma perché non c’è vento, devi farla ripartire. E quando va lenta, c’è qualche danno da riparare. Non esiste mai relax, sono ottanta giorni non stop.
Completare il Vendée Globe è più raro che scalare l’Everest. Lei si è addirittura classificato fra i primi 10: come si raggiunge un simile traguardo?
Devi cercare di preparare bene te stesso e la barca, senza lasciare nulla al caso. Devi accantonare l’emotività e l’impulsività, basa-
re le scelte su fondato raziocinio, freddezza, esperienza, visione a lungo termine. Impresa non facile, perché sono tutte scelte che non si prendono mai a mente riposata ma in uno stato di stanchezza crescente.
24.365 miglia: quali sono state quelle che le sono sembrate più lunghe?
Senz’altro il passaggio nell’Oceano Indiano, complesso per tutta la flotta. Quando ci trovavamo nel Pacifico sono invece andato in testa d’albero, per problemi all’anemometro. Altri giorni sono stati resi lunghi dalla nostalgia per la famiglia e dalla solitudine. Invece l’ultima settimana è volata, ero concentrato nel portare la barca al massimo della velocità.
E i momenti più duri, fisicamente?
Il passaggio di Capo Horn, dove ho dovuto fare un’impegnativa sequenza di manovre. Le tempeste tropicali. E la rottura di una cima molto importante, che determina la possibilità di aprire e chiudere le vele, un’avaria che mi ha estenuato.
Ha svolto una preparazione atletica specifica per questa avventura? Su cosa si insiste, prima di questo tipo di imprese?
Giancarlo Pedote.
“Faccio molta attenzione alla qualità dei cibi e cerco di evitare prodotti particolarmente confezionati. Cerco di avere un’alimentazione equilibrata in termini di apporto calorico, fra proteine e carboidrati, vitamine e fibre”.
Navigare è la base. Poi sono fondamentalmente una persona molto sportiva, mi piace praticare svariate discipline, dallo sci al surf da onda, dal triathlon all’ultra trail, fino al golf. Questo contribuisce ad aumentare l’elasticità e la mia capacità di reazione e di adattamento.
Ipotizziamo che l’alimentazione giochi un ruolo di primo piano in una simile avventura: come si è alimentato durante le giornate e quali alimenti ha privilegiato, durante l’intera Vendée o in particolari momenti della giornata?
Faccio molta attenzione alla qualità dei cibi e cerco di evitare prodotti particolarmente confezionati. Cerco di avere un’alimentazione equilibrata in termini di apporto calorico, fra proteine e carboidrati, vitamine e fibre e via discorrendo. Utilizzo inoltre complementi alimentari, visto che a bordo utilizzo acqua desalinizzata. Per il resto, dieta libera senza ossessione del grammo in più o in meno.
Di tanti posti ai confini del mondo, quali sono le immagini e i luoghi che le sono rimasti più impressi?
Navigare vicino all’Antartide è stato momento molto particolare, perché quei luoghi disabitati, lontani da ogni forma di vita, hanno un fascino unico.
La Vendée Globe è stato il culmine di anni di sacrifici e privazioni. Qual è il primo sfizio che si è tolto, ad avventura conclusa?
Due o tre settimane dopo la conclusione del Vendée Globe, sono andato a sciare con la mia famiglia al gran completo. E anche se ho dovuto lavorare abbastanza, perché sollecitato mediaticamente, sono riuscito a concedermi delle giornate di riposo assoluto.
Ha concluso con ottimo risultato sportivo, ma non solo: l’operazione “1 click - 1 metro” permetterà la realizzazione di tre progetti di Electriciens sans frontiéres con il supporto del suo partner Prysmian Group. Quanto è stato gratificante?
Sapere che la nostra avventura ha aiutato persone in difficoltà è una grande soddisfazione, ci si sente utili per qualcuno che ha bisogno.
Qual è il prossimo sogno nel cassetto?
Rifare il Vendée Globe e migliorare in modo considerevole il risultato ottenuto la prima volta.
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