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Il sistema di navigazione degli squali
Il segreto del loro sistema di orientamento è nei campi magnetici che rappresentano un “GPS” naturale
Più che “ m a dove vanno i marinai” e “come fanno i marinai”, come cantavano Francesco De Gregori e Lucio Dalla, in mare vien da chiedersi “ma dove vanno gli squali” e “come fanno gli squali”? Già, come fanno per esempio ogni anno molte specie di squali a migrare per centinaia di miglia, ad attraversare gli oceani e tornare sempre nello stesso punto? Ad esempio i grandi squali bianchi che nuotano dalla California al mezzo del Pacifico, o altri ancora che fanno la spola fra Sudafrica e Australia. Una risposta, potrebbe esserci: usano anche loro una sorta di Gps, i campi magnetici.
Affrontano, grazie alla capacità di sfruttare i campi magnetici terrestri, lunghissime migrazioni, come fanno già diverse altre specie, tra cui le tartarughe. L’ipotesi dell’uso dei campi da parte dei biologi marini è teorizzata da tempo, ma essendo questi animali complessi da studiare e monitorare, non è stato facile negli ultimi decenni affermare la capacità degli squali di usare una sorta di mappa magnetica. Ora sulla rivista Current Biology un team di ricercatori guidati da Bryan Keller, capo progetto della Save Our Seas Foundation e del Coastal and Marine Laboratory della Florida State University, sostiene nello studio “Map-like use of Earth’s magnetic field in sharks” grazie ad alcuni test effettuati di aver trovato le prove dell’uso dei campi magnetici. Una teoria basata su alcuni esperimenti effettuati su giovani squali martello, i bonnethead (Sphyrna tiburo). Come spiega Keller finora «non è stato risolto il modo in cui gli squali sono riusciti a navigare con successo durante le migrazioni verso precise località e questa ricerca supporta la teoria secondo cui usano il campo magnetico terrestre per trovare la loro strada, in sostanza si muovono grazie a quello che è il Gps della natura».
Per scoprire questa capacità il team di Keller ha realizzato delle piccole piscine all’interno di una gabbia di rame attraversata da corrente in modo da ottenere un campo magnetico, simile a quello che portava gli animali a nuotare seguendo una direzione precisa, verso il loro habitat. Dopo diversi test effettuati su 20 giovani esemplari di squali martello gli scienziati hanno ipotizzato l’uso dei campi spiegando anche che i risultati potrebbero essere estesi anche ad altre specie, come
© frantisekhojdysz/shutterstock.com
lo squalo bianco.
«Sarà necessario approfondire gli studi per comprendere i meccanismi alla base di questa capacità - commenta Michael Winklhofer, biofisico presso l’Università Carl von Ossietzky di Oldenburg in Germania e non coinvolto nello studio - le ipotesi più accreditate attualmente riguardano la presenza di cellule contenenti un minerale ferromagnetico o i criptocromi, delle proteine coinvolte nei ritmi circadiani e nel rilevamento dei campi magnetici in un certo numero di specie».
«Ad essere onesti - aggiunge Keller - sono sorpreso che abbia funzionato. Uno dei motivi per cui questo enigma è stata irrisolto per 50 anni è perché gli squali sono difficili da studiare».
La scelta di studiare i bonnethead è legata al fatto che sono squali che affrontano lunghi spostamenti e ritorni in luoghi specifici ogni anno dimostrando di sapere dove si trova “casa”. Dagli esperimenti fatti gli esperti hanno dedotto che gli squali ricavano informazioni sulla posizione dal campo geomagnetico e i ricercatori hanno previsto l’orientamento verso nord nel campo magnetico meridionale e l’orientamento verso sud in quello settentrionale, visto che gli squali hanno tentato ogni volta di compensare il loro spostamento percepito. In poche parole, gli squali hanno agito come supposto dagli scienziati quando sono stati esposti a campi nel loro raggio d’azione naturale. Ora i biologi marini si chiedono se questa capacità di navigare in base ai campi magnetici possa anche contribuire per esempio alla struttura della popolazione degli squali e se gli stessi comportamenti registrati siano tipici anche di altre specie, come il grande squalo bianco che è stato osservato mentre migra tra il Sudafrica e l’Australia per poi tornare.
«Quanto è bello che uno squalo possa nuotare per 20mila chilometri tra andata e ritorno in un oceano tornando nello stesso sito? È davvero strabiliante. In un mondo in cui le persone usano il Gps per navigare quasi ovunque, loro hanno questa capacità naturale che è davvero notevole» dice Keller. Lui e il suo team si chiedono anche se le attività antropiche, legate per esempio a cavi sottomarini, possano interferire con con la capacità degli squali di usare i campi magnetici e la Save Our Seas Foundation e il Coastal and Marine Laboratory della Florida State University stanno cercando di approfondire proprio questo aspetto. Altri ricercatori, come Alex Fox, ricordano che «è noto che gli squali hanno recettori speciali – minuscole fosse piene di gelatina chiamate ampolle di Lorenzini che sono raggruppate intorno ai loro nasi – che possono percepire i cambiamenti di tensione nell’ambiente circostante. In teoria, questi elettrorecettori, che di solito vengono utilizzati per rilevare gli impulsi nervosi elettrici della preda, potrebbero captare il campo magnetico terrestre». C’è però chi contesta l’idea della “mappa”, come James Anderson della California State University, che sostiene che quello di Keller «è un buon studio, ma quello che non mi piace è che dimostri l’uso di una mappa magnetica. Dimostra che gli squali martello potrebbero orientarsi verso casa, ma una mappa magnetica implica che l’animale non sa solo dove si trova e dove sta andando, ma anche la sua destinazione finale, ad esempio. E non sono sicuro che lo abbiano dimostrato». (G. T.).
Ora i biologi marini si chiedono se questa capacità di navigare in base ai campi magnetici possa essere tipica anche di altre specie.